SECHI, IL SERGENTE CHE SPARA NAPALM NEL PAESE DEI TIFOSI
IL POVERETTO ERA STATO PER SEI MESI RESPONSABILE DELLA COMUNICAZIONE DELLA MELONI, ORA RIAPPARE IN TV PER DIRE CHE OCCORRE RADERE AL SUOLO GAZA
Non senza coraggio, o se preferite colpevole supponenza e smisurata incoscienza, Mario Sechi è tornato in tv mercoledì 4 ottobre. Era mancato a tutti moltissimo.
Per sei mesi, impreziositi dalla disastrosa conferenza stampa di Cutro, Sechi era stato il responsabile della comunicazione di Giorgia Meloni. Sechi, poverino, ha scelto come ritorno in tv (a Otto e mezzo) proprio il giorno in cui la Meloni aveva appena detto che nel suo primo anno a Palazzo Chigi era andato tutto da Dio tranne che per la talora comunicazione sua e del governo.
Una maniera decisamente impietosa per gridare al mondo che Mario Sechi non ne ha beccata mezza e che al prossimo giro Meloni sceglierà chiunque (financo Cappellini, Senaldi o Capezzone) pur di non ritrovarsi quello lì.
Ciò nonostante, innamorato dell’ex padrona (sic) come il più umile dei cani bastonati (dalla padrona), Sechi ribadì quella sera – e ripete ogni giorno – quanto il rapporto tra loro due sia idilliaco: “Ogni volta che ci vediamo, brindiamo”. Menomale. Sechi, sempre rutilante come una mazurka di Povia ascoltata su un mangianastri dell’82, arrivò persino a dire: “Non avete ancora capito che all’estero la Meloni è cercata da tutti, lei ormai è una star”. Me cojoni!
Sechi è ora direttore di Libero. Uno dei suoi primi titoli, come sempre in punta di fioretto, è stato: “Scafisti in toga”. Ce l’aveva con la giudice di Catania, rea di avere esplicitato in un’ordinanza – che Meloni chiama ancora “sentenza” – quanto i decreti Cutro trasudino disumanità e incostituzionalità.
Ora che l’Occidente si è riaccorto (male e per poco) che esiste una guerra in corso, in realtà da almeno 75 anni, Sechi non tradisce dubbi e spinge sul pedale dell’apocalisse bellica. Un po’ sembra un Luttwak senza pedigree militare e un po’ la versione divanista del sergente Hartman di Full Metal Jacket. I suoi interventi sono una mitraglia continua contro pacifisti, “gazisti” (eh?) e filo-terroristi.
Nel paese malato di tifo, dove dominano in ogni campo manicheismo e pensiero binario, Mario Sechi è l’ultrà perfetto di questa destra becerona e ignorante, satura di scalzacani e casi umani travestiti da statisti (e opinionisti).
Chi vi scrive ha visto al massimo Sechi due o tre volte dal vivo, sempre in uno studio tivù. Non fu mai scortese. In tutti quei casi, il nostro Mario “Bomba Facile” – fuori onda – parlò solo di Guns ‘n’ Roses: è la sua band preferita e la adora da pazzi. Classe ’68, nato a Cabras in provincia di Oristano, Sechi è tratteggiato da chi lo conosce bene come una persona oltremodo vanitosa, vendicativa e potentissima. Sia come sia, il fatto che le opinioni di Sechi non creino polemiche (sebbene non sia esperto di geopolitica) e quelle di Elena Basile (di certo competente in materia) sì, dice moltissimo su questo paese.
Giovedì scorso, sempre a Otto e mezzo, Sechi ha ribadito bello tronfio che l’unica soluzione è radere ben bene al suolo Gaza. Israele “deve dare una risposta dura”, e chi se ne frega se ci rimetteranno anzitutto donne e bambini: la guerra è questa roba qua, ricorda sempre il noto esperto di cose militari “Napalm” Sechi, e dunque Israele deve distruggere ogni cosa “come fecero gli alleati a Dresda nella Seconda guerra mondiale”. Vorremmo consigliare a Sechi Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut, incentrato proprio sulla mattanza di Dresda, ma sarebbe inutile come Italia Viva.
I media più alla moda crocifiggono chi osa ricordare quanto questo conflitto sia dannatamente complesso, mentre uno che – in nome della democrazia – “tifa” genocidio, sterminio e Armageddon, passa pure per fine pensatore.
Non c’è niente da fare: siamo un paese più irrecuperabile dei neuroni residui di Donzelli (con rispetto parlando). Condoglianze.
(da Il Fatto Quotidiano)
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