SILVIO GRIDA AL RICATTO: “VOGLIONO IL PASSO INDIETRO, MA SENZA DI ME NON C’E’ PIU’ LA MAGGIORANZA”
IL PREMIER E I MINISTRI PD: “NON ESISTE UNA SOLUZIONE POLITICA PER LA CONDANNA”
Sotto «ricatto». Silvio Berlusconi avverte in queste ore di essere finito all’angolo, sotto scopa, in una condizione di estrema debolezza politica, figlia della condanna definitiva.
Perfino sotto «ricatto», appunto, come ormai vanno ripetendo nell’entourage del Cavaliere dopo la sortita da Baku del premier.
Enrico Letta lascia intendere che la responsabilità di una crisi e il pagamento della doppia rata Imu ricadrebbe per intero su di loro, se il Pdl pensasse davvero di rovesciare il tavolo.
E su Letta e sul governo, la nascitura Forza Italia fa scendere il gelo.
Berlusconi annulla lo spostamento previsto ieri a Villa Campari, a Lesa, sulla sponda piemontese del lago Maggiore.
Le frasi del presidente del Consiglio hanno contribuito a rendere ancora più amara una giornata già nera trascorsa ancora ad Arcore, stando a chi lo ha sentito.
«Nel Pd ormai c’è la corsa a chi la spara più grossa per metterci in difficoltà – è stato il ragionamento a caldo del leader – ma Enrico ricordi che è lì anche coi nostri voti». A fargli perdere la pazienza è la percezione crescente che una via d’uscita immediata per lui non c’è.
Il Colle si è trincerato dietro un «riflessivo» silenzio, comunque per nulla intenzionato a forzare le regole pur di salvarlo.
Gianni Letta con molta probabilità cercherà di incontrare per gli auguri il presidente Napolitano nel suo ritiro a Castel Porziano, forse anche prima di Ferragosto, ma a ieri non si aveva conferma di un incontro in agenda.
Difficile che un responso dal Quirinale comunque maturi a breve, come sognano i falchi pidiellini.
«Continuano propormi di lasciare il seggio e di accettare la condanna – ripete un Berlusconi sempre più irritato – con la prospettiva di un salvataggio a patto che inizi a scontare la pena. Ma non accetterò mai. E soprattutto dimenticano che il problema sarà pure mio, ma rischiano di trovarsi senza rappresentanza dieci milioni di italiani e senza leader un partito che sostiene il governo ».
Il messaggio è chiaro: se cado io, resta acefala Forza Italia e viene meno il patto che regge l’esecutivo.
Il clima è quello che è, se un senatore che ha un filo diretto col capo, come Augusto Minzolini, si lascia andare senza peli sulla lingua: «Come previsto, Letta ricatta, senza governo si paga l’Imu. Rinvierà a dicembre, allungherà il ricatto».
Per chiudere la finestra elettorale, sottinteso.
Ma sono giorni in cui ormai nel partito non c’è più distinzione tra colombe alla Cicchitto e falchi alla Santanchè, tutti avvertono Letta a stare «attento a non andare a sbattere »
Quel che è certo è che premier e ministri Pd non hanno alcuna intenzione di togliere le castagne dal fuoco a Berlusconi. L’uno e gli altri considerano impraticabile qualsiasi soluzione politica per garantire una exit strategy al leader condannato. Il ministro per i rapporti col Parlamento, Dario Franceschini, lo ripete da giorni a suoi colleghi di partito: «Ci mancherebbe altro, per quanto ci riguarda, non imboccheremo mai quella strada».
Il presidente del Consiglio Letta, nei colloqui avuti a margine della visita di ieri a Baku non è da meno: «Di queste cose io non intendo occuparmi, se lo facessi poi dovrei rimanere in Azerbaigian».
Che poi è il concetto che, pur con toni più diplomatici, ha ribadito in conferenza stampa («Pensiamo al Paese»). Nelle ultime 24 ore è circolata voce che lo staff legale del leader forzista sia al lavoro sulla richiesta di grazia.
«Non è affatto vero» smentisce in serata l’avvocato Niccolò Ghedini. Per concederla, legge alla mano, occorrerebbe che la condanna fosse comminata integralmente, mentre deve essere ancora rideterminata in appello l’interdizione.
E il condannato dovrebbe aver iniziato a scontare la pena, ma per Berlusconi domiciliari o servizi sociali scatteranno solo dopo dal 15 ottobre e lui non intende accettare nè gli uni nè gli altri.
Mancherebbero perfino i presupposti, ma il Cavaliere pretende un salvataggio qualunque sia.
Un quadro assai complicato, in cui ai vertici berlusconiani iniziano a saltare i nervi. Stato d’animo diametralmente opposto nella segreteria Epifani e nella squadra democratica di governo.
«Loro non hanno via d’uscita, mentre noi, due o tre carte da giocare le abbiamo, anche se si precipitasse verso elezioni anticipate», ragionano tra Palazzo Chigi e Largo del Nazareno.
Letta potrebbe prendere atto dello stallo e staccare lui la spina e ricandidarsi in autunno, se la situazione precipitasse.
Ma il Pd potrebbe anche puntare su Matteo Renzi.
In ogni caso, Forza Italia in questo momento sarebbe senza leader eleggibile, senza un candidato premier, all’angolo, appunto.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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