SINISTRA IN SALSA SLOVACCA: COME PUO’ UN FIGURO COME FICO ESSERE AFFILIATO AL PARTITO SOCIALISTA EUROPEO?
UN POLITICO SPUTTANATO CHE LA SINISTRA NON HA ANCORA ESPULSO DAL GRUPPO
Dopo la vittoria in Slovacchia dello “sputtanatissimo ex (tre volte) premier Robert Fico” – rubo la definizione a Marco Travaglio – in molti si chiedono come mai un tale figuro resti affiliato al Partito socialista europeo che a intermittenza ha preso in considerazione e accantonato l’idea di espellerlo.
Temo di conoscere la risposta: perché il nazionalsocialismo rivendicato dallo Smer – partito socialdemocratico slovacco – alligna e permane come tentazione fortissima non solo a Est, ma anche nella sinistra occidentale.
Per fronteggiare l’avanzata dell’estrema destra Afd, pure il cancelliere tedesco Scholz sfodera una bella stretta anti-immigrati. Mentre in Italia Giuseppe Conte punta a sottrarre voti al Pd accusandolo di essere il partito delle frontiere aperte dopo che ha rinnegato la linea Minniti.
Torniamo alla piccola Slovacchia, ci aiuterà a capire. Ricordo quando feci visita nel 2015 al Parlamento di Bratislava. Bussai alla porta del deputato-filosofo Lubos Blaha, divenuto oggi il braccio destro di Fico. Con mio stupore la sua stanza era tappezzata di ritratti di Che Guevara, Fidel Castro, Marcuse. Non mancavano i testi di Toni Negri e Immanuel Wallerstein; in bella mostra teneva i libri di interpretazione del marxismo da lui scritti.
Blaha cominciò a spiegarmi: “Rispetto alla sinistra occidentale qui la socialdemocrazia è più concentrata sulle questioni socio-economiche, sulla critica del neoliberismo. Abbiamo molte più persone povere rispetto alla Germania, all’Italia, alla Francia. Le superpotenze coloniali attraverso i loro imperi sono entrate in contatto con altre culture in Africa e Medio Oriente. Qui le persone non hanno un rapporto reale con i musulmani. Li vedono in tv che tagliano le teste e commettono atti terroristici. Per questo non siamo il luogo adatto per accoglierli”.
Con le sue argomentazioni di sinistra Blaha sorvolava sulla propaganda xenofoba scatenata dal suo partito contro le minoranze rom e l’“immigrazionismo” dell’Ue. Per non parlare delle infiltrazioni criminali che in Slovacchia hanno alimentato la corruzione di una classe dirigente imbevuta di nazionalismo.
Già nel 2015 il Partito socialista europeo minacciava di espellere lo Smer. Ma guarda caso, un paio d’anni dopo, anche il Pd italiano decideva di pagare i libici per fermare gli sbarchi e accusava le Ong di collaborazionismo coi trafficanti. Nel mentre che un abile burocrate posto a capo del M5S, Luigi Di Maio, lanciava una campagna contro i “taxi del mare”. Non tirava più aria di espellere il Fico di Bratislava.
Ora, poi, con la guerra ucraina in pieno corso al confine orientale della Slovacchia, rieletto trionfalmente nonostante il suo profilo Facebook fosse bloccato con l’accusa di razzismo, Lubos Blaha può vantarsi di rappresentare la vera “sinistra classica” con lo slogan “Pane e pace. È così che si fa, dannazione!”.
Quanto alla linea del Partito socialista europeo, Blaha si compiace di irriderla: “In Occidente i socialdemocratici si occupano di gay, migranti, Greta e odio per la Russia. Sputano sui lavoratori e precipitano a capofitto”.
Non è ancora detta l’ultima parola sul prossimo governo slovacco, anche se per conseguire la maggioranza in Parlamento Fico si è detto disposto ad allearsi con l’estrema destra.
Cavalcare il sovranismo in chiave socialdemocratica, affermando che il tenore di vita delle classi subalterne può essere migliorato solo tramite politiche discriminatorie nei confronti degli stranieri, è una seduzione cui si è già adeguata la sinistra in Danimarca, pagando il prezzo di calpestare i diritti umani.
Il nazionalsocialismo implica di erigere muri nell’illusione di offrire una giustizia sociale riservata ai nativi. Si ammanta di una retorica patriottica (non a caso Orbán è stato il primo a festeggiare la vittoria di Fico) che finge di sfidare le multinazionali solo per favorire i capitalisti fiancheggiatori del potere politico locale.
E se questo manda all’aria l’integrazione europea, chi se ne importa. Ecco perché dobbiamo scongiurare il pericolo di cadere nel tranello di una sinistra in salsa slovacca. Magari spinti dalla convinzione che i diritti costituzionali delle minoranze e la sorte degli immigrati debbano venire dopo, e non insieme alla difesa dei salari, della sanità pubblica, dello stop alla guerra.
In Slovacchia abbiamo assistito alla vera e propria metamorfosi di un partito di sinistra che facendo proprie le cause di un nazionalismo e di un tradizionalismo storicamente reazionari ha preso le sembianze dell’estrema destra. Ma in Italia stiamo pur sicuri che di una svolta del genere se ne avvantaggerebbe direttamente la destra al potere.
(da La Stampa)
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