STAVOLTA, LA ”GIORGIA DEI DUE MONDI” (COLLE OPPIO E GARBATELLA) L’HA COMBINATA GROSSA: “E’ UN’OFFESA ENORME AL SANTO PADRE, OLTRE CHE UN ERRORE DIPLOMATICO GRAVISSIMO”, È IL SENTIMENTO DI FORTISSIMA IRRITAZIONE CHE TRAPELA I PALAZZI APOSTOLICI ROMANI
IL BIG BANG IN VATICANO È ESPLOSO IL 22 MAGGIO QUANDO LA DUCETTA HA SBANDIERATO AI QUATTRO VENTI IL CONTENUTO DI UN COLLOQUIO TELEFONICO CON PAPA PREVOST CHE, PRIVO DI UN’AUTORIZZAZIONE DELLA SANTA SEDE, DOVEVA RIMANERE STRETTAMENTE RISERVATO… L’INDIGNAZIONE DELLA CURIA NEL VEDER IL VATICANO TRATTATO DA MELONI MANCO FOSSE UNA PROPAGGINE DEL SUO MINISTERO DEGLI ESTERI, AVREBBE SPINTO PAROLIN A PRENDERE CARTA E PENNA PER UNA NOTA DI PROTESTA ALL’AMBASCIATORE ITALIANO PRESSO LA SANTA SEDE
Questa volta, la Statista della Garbatella l’ha combinata grossa, ma grossa davvero. “E’ un’offesa enorme al Santo Padre, oltre che un errore diplomatico gravissimo”, è in sintesi il sentimento di fortissima irritazione che trapela dai palazzi apostolici romani.
E aggiungono, indignati: “Non si interloquisce con il Papa per poi sputtanare ai quattro venti il contenuto di un colloquio telefonico che, mancando di un’autorizzazione della Santa Sede, doveva rimanere strettamente riservato”.
Il big bang in Vaticano è esploso il 22 maggio dopo l’incontro a Palazzo Chigi di Meloni con il primo ministro danese, Mette Frederiksen.
Ai taccuini dei cronisti, la Ducetta ha dettato, pimpantissima, quanto segue: “In questi giorni siamo costantemente in contatto con diversi leader a livello europeo e americano. Ho sentito qualche ora fa Trump l’ultima volta, lavoriamo per avviare un nuovo turno di negoziati”.
E ha proseguito: “Siamo al lavoro con molti leader europei e Usa per arrivare prima possibile a negoziati che possano partire dal livello tecnico e poi raggiungere il livello politico”. Per concludere: “Penso sia molto preziosa la disponibilità che il Vaticano e il Pontefice, che ho sentito martedì scorso, hanno dato’’.
I lanci delle agenzie stampa sono stati pure rinforzati da un comunicato del governo, nel quale si legge che la signorina premier con una figlia poco cristianamente fuori dal santo matrimonio, ha trovato “nel Santo Padre la conferma della disponibilità ad ospitare in Vaticano i prossimi colloqui tra le parti“. Il confronto tra i due ha dato seguito, ci fa sapere la premier de’ noantri, alla “richiesta” di Donald Trump di sondare il terreno presso la Santa Sede rispetto ad un potenziale coinvolgimento della diplomazia pontificia nei negoziati in corso (o meglio in stallo) sulla guerra d’Ucraina.
Non solo la Ducetta si è arrogata il diritto di sbandierare ai quattro venti una telefonata privata con Papa Prevost che, del resto, fin dal primo giorno di pontificato ha espresso la disponibilità del Vaticano come cornice per i prossimi negoziati di pace tra Mosca e Kiev.
Ma quando, in preda alla folle ambizione e alla suprema arroganza, la
“Vedova” della special relationship con Trumpin, ha pensato che era giunto il momento di “arruolare” Papa Leone XIV, è arrivata al punto di straparlare di “negoziati che possano partire dal livello tecnico e poi raggiungere il livello politico”; beh, la misura della santa pazienza cristiana era colma.
L’irritazione (eufemismo) in Vaticano, nella pia persona di Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, ha toccato livelli infernali.
Quando mai la Santa Sede svolge un ruolo di mediatore politico? Il Papa americano, intanto, si era limitato ad offrire la semplice ospitalità delle stanze vaticane come ”territorio neutro” ad eventuali incontri negoziali. Secondo: in diplomazia, quella di spiattellare sulla pubblica piazza le connessioni che dovrebbero avvenire nel riserbo delle porte chiuse, è una pratica a dir poco insolita.
Ma la “Cosetta” di Palazzo Chigi, per mostrarsi presente nello scacchiere internazionale e non finire nel secchio dell’irrilevanza politica, si è beccata oggi l’ironia di Marco Travaglio, sul “Fatto quotidiano”: “Faccia da ponte. “Meloni sente il Papa” (Corriere della sera, Repubblica, Giornale, Nazione, 21.5). “Meloni chiama il Papa” (Messaggero, 21.5). “Meloni ottiene il sì del Papa” (Libero, 21.5). Già ponte fra Trump e l’Europa, ora lo è fra il Papa e il Padreterno”.
L’indignazione vaticana, che nelle loro pie parole si traduce in “forte disagio”, nel veder il Santo Padre trattato da Meloni manco fosse una propaggine del suo ministero degli Esteri, avrebbe addirittura spinto Parolin a prendere carta e penna per una nota di protesta all’ambasciatore italiano presso la Santa Sede. Iniziatva che, per ora, a quanto pare, giace sulla scrivania del Pontefice priva del suo assenso.
Quello che è certo che d’ora in poi, al Palazzo Apostolico saranno meno disponibili a ricevere telefonate dalla diabolica “influencer” di Palazzo Chigi.
Oltre tutto, al di là del Tevere, tengono molto alla discrezione e al basso profilo, soprattutto per evitare che le operazioni diplomatiche in corso, come quelle per il rimpatrio dei bambini ucraini e lo scambio dei prigionieri, possano essere sabotate da improvvide dichiarazioni di propaganda politica.
E infatti, il coinvolgimento del Vaticano, evocato dalla premier verticalmente svantaggiata, ha immediatamente indispettito la Russia, che prima con il ministro degli Esteri Lavrov e poi con il patriarca della chiesa ortodossa russa Kirill hanno preso le nette distanze da un’eventuale trattativa di pace sul suolo della Santa Sede.
l patriarca fedelissimo di Putin, e schieratissimo per l’intervento militare (la guerra va combattuta per “Lealtà al piano di Dio”), ha chiuso la porta all’ospitalità del Vaticano precisando che il Trono di Pietro dovrebbe piuttosto impegnarsi a difendere la libertà religiosa degli ortodossi fedeli al Patriarcato moscovita in Ucraina.
E’ la prima ”crisi diplomatica” del novello pontificato di Papa Prevost, il cui percorso sarà nettamente diverso dal pontificato di Bergoglio.
Tanto era mediaticamente esposto e pasticcione Papa Francesco, tanto è discreto e attento alle forme il missionario agostiniano Prevost (che non a caso evita di parlare a braccio e prepara prima i suoi discorsi). Un pontefice che non viene da fuori ma, come ex responsabile del Dicastero dei Vescovi, conosce bene la giungla della Curia romana, quindi, come si dice a Roma, sta in campana: rispetta tutti ma non dà confidenza a nessuno.
Ma non è finita. Lo scivolone egolatrico di Giorgia Meloni ha offeso la struttura diplomatica della Curia romana anche perché è avvenuto in coda all’incontro con la premier di un Paese, la luterana Danimarca, il cui capo religioso è il re, Frederik X, che ha una conoscenza marginale del cattolicesimo.
”L’offesa enorme” della Giorgia dei due mondi (per la cronaca, Colle Oppio e Garbatella) si poteva evitare? Forse un più attento monitoraggio e controllo da parte del Dicastero della comunicazione vaticana avrebbe limitato i danni.
La squadra composta da Paolo Ruffini (Prefetto del Dicastero per la comunicazione) e Andrea Tornielli, (Direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede) è attualmente in prorogatio dopo la morte di Bergoglio (con la formula “Donec aliter provideatur”, “finché non si provveda diversamente”).
Ruffini e Tornielli sono stati i dioscuri dell’era Bergoglio, gestendo con molti inciampi, e tanti svarioni, i 12 anni del suo pontificato, ivi compresa la disastrosa comunicazione nei giorni della scomparsa di Francesco e il conseguente Conclave.
Ora, Leone XIV potrebbe considerare conclusa una precisa fase della comunicazione vaticana, che molto ha risentito del protagonismo movimentista del Pontefice argentino, e procedere, più in là, a un cambio al vertice.
Nel mirino potrebbe finire anche Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa, che si è fatto notare il giorno della morte di Bergoglio per una figura barbina. Dopo l’annuncio ufficiale dei cardinali Farrell, Parolin e Pena Parra, un giornalista americano. da secchione, gli ha chiesto: “La notizia può essere considerata ufficiale?”. E lui ha risposto: “Adesso mi informo…”
(da Dagoreport)
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