STRETTO DI MESSINA SENZA PIU’ TRENI: TUTTI A PIEDI (CON I BAGAGLI)
DAL 13 GIUGNO I TRENI SI FERMERANNO A MESSINA E A VILLA SAN GIOVANNI: POI I PASSEGGERI DOVRANNO IMBARCARSI SU TRAGHETTI PRIVATI… DA 14 TRENI A 5 E ORA A UNO SOLO, UNA VERGOGNA DI STATO
A partire dal prossimo 13 giugno i treni per il Continente si fermeranno a Messina.
Da lì i passeggeri si imbarcheranno sui mezzi di Metromare e sbarcheranno a Villa San Giovanni dove saliranno sui treni per il Nord.
Stesso sistema per chi arriva dal Nord: in questo caso i convogli avranno come terminale Villa San Giovanni.
Lo avevamo anticipato una settimana addietro, e la decisione delle Fs è stata confermata dal management delle Ferrovie dello Stato durante il confronto di ieri a Roma con i sindacati.
In sostanza, prima c’erano 14 treni che collegavano la Sicilia con il Continente, con il tempo sono stati ridotti a 5, tre diurni e due notturni.
Ora dal prossimo giugno niente treni di giorno, ne resterà solo uno di notte e dei due traghetti delle Ferrovie attualmente i servizio sullo Stretto ce ne sarà soltanto uno.
Tir, pullmann, auto eccetera si imbarcheranno sui traghetti privati a Tremestieri.
Il presidente Crocetta ha subito spedito una nota di protesta al ministro dei Trasporti Maurizio Lupi per sottolineare come in questo modo «si interrompa la continuità territoriale della Sicilia con il resto del Paese. Non è pensabile che si valuti il problema soltanto in termini economici perchè i siciliani hanno diritto di poter usare i treni per salire in Continente senza dover sbarcare portandosi dietro le valigie. Sarebbe un’immagine desolante, perfino pietosa della Sicilia. Questa terra per sopravvivere deve fare turismo. E come potrebbe farlo se per arrivare in Sicilia e ripartire le aziende dello Stato pongono ostacoli praticamente insormontabili? Da Salerno in su gli italiani si muovono con i treni veloci, da Salerno in giù c’è un’Italia che procede al rallentatore.
La continuità territoriale, quella che lega la Sicilia al resto d’Italia non può essere soppressa da un’azienda dello Stato per risparmiare, ci sono dei diritti che non possono essere violati».
Poi come provocazione aggiunge: «A giugno vogliamo fare arrivare il presidente Mattarella in treno da Roma a Palermo? ».
Il sindacato dell’Orsa spiega in un comunicato che «il rappresentante delle Ferrovie, ing. Savino, ha precisato che il ministero dei Trasporti già dal 23 dicembre aveva autorizzato la soppressione dei treni e che al momento non sono disponibili neanche i 30 milioni per sovvenzionare il servizio Metromare perchè bloccati nell’iter burocratico. E in ogni caso, quando sbloccati, dovranno servire anche per il traghettamento dei viaggiatori a piedi per prendere i treni sulla sponda opposta».
Insomma, dovremo fare come Mosè che attraversò il Mar Rosso a piedi.
Solo che lui aveva Dio alle spalle, noi abbiamo Crocetta.
I sindacati stimano che con questa «compressione si registrano da subito 102 esuberi soltanto nel settore navigazione e la fine degli imbarchi periodici per circa 70 precari che ruotano nella flotta di Stato con contratto a tempo determinato. Con le ricadute sulla manovra, manutenzione e personale mobile di ferrovie, aggiunte al personale dell’indotto, la perdita di posti di lavoro si attesta intorno alle 700 unità ».
Per precari e indotto l’azienda ferroviaria non ha alcun obbligo di ricollocazione, significa che automaticamente andranno a ingrossare e file dei disoccupati.
I ferrovieri in esubero sarebbero invece impiegati nell’assistenza ai passeggeri del treno che dalla stazione centrale dovranno raggiungere i mezzi veloci per attraversare lo Stretto.
Insomma i ferrovieri diventerebbero «badanti» dei passeggeri, con un servizio che umilierebbe sia i ferrovieri che i passeggeri.
Sarebbe stato promesso dalle Ferrovie che per il faticoso trasporto dei bagagli sarebbe stato realizzato un lungo nastro trasportatore dalla stazione centrale sino all’imbarcadero, ma i sindacati credono che non ci sarà nemmeno questo da parte delle Ferrovie.
In tutto questo discorso non è stato tenuto conto di un fattore variabile, e cioè l’imbarcadero di Tremestieri si insabbia almeno una volta ogni dieci giorni.
Ora hanno fatto dei lavori per renderlo agibile con un’azienda del Nord che ha portato i suoi escavatori (ma in Sicilia non ce n’erano?).
Che accadrà il giorno in cui l’approdo dovesse insabbiarsi nuovamente a causa del gioco delle correnti?
Il trasporto dei prodotti siciliani resterà bloccato o Messina sarà nuovamente invasa? E chi pagherà i danni? Non certo le ferrovie dello Stato.
Diciamolo francamente, le ferrovie hanno abbandonato la Sicilia.
Stanno per migliorare il servizio interno di collegamento fra le tre città più grandi, Palermo, Catania e Messina mettendo in esercizio dei treni moderni, e così si stanno lavando la coscienza.
Ci sono stati stanziamenti per la tratta Catania-Palermo passando per Enna-Caltanissetta, ma ci vorranno circa 3 miliardi e quasi dieci anni di lavori.
Mi dicono anche che al momento non ci sarebbero nemmeno i progetti cantierabili.
Alla resa dei conti, la Sicilia continua ad avere il peggior servizio ferroviario del Continente europeo.
E non resta quindi che affidarci agli aerei, che però non tutti se lo possono permettere. Ho visto in Sudafrica e anche nei Paesi andini passeggeri che si portavano dappresso le galline e che sembravano veramente della povera gente, quindi è da presumere che i biglietti aerei lì siano alla portata di tutte le tasche.
Come possiamo aiutare dunque la mobilità dei siciliani?
In Sardegna la Regione stanzia ogni anno 50 milioni per la continuità territoriale, per cui un sardo spende 130 euro andata e ritorno per Roma e 150 per Milano. Sono tariffe fisse.
Un siciliano se a Roma prende un aereo all’ultimo momento e rientra all’ultimo momento senza avere il tempo di prenotare deve pagare qualcosa come 800 euro. Insomma, siamo emarginati e torchiati.
Che qualcuno si muova quindi, altrimenti questa terra resterà prigioniera di se stessa.
Tony Zermo
(da “La Sicilia.it“)
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