NCD SQUASSATO, L’IRA DI LUPI E META’ PARTITO VUOLE ROMPERE
ANDARE CON IL PD O CON IL CENTRODESTRA?
Scena di ieri. In capigruppo si sta definendo il calendario della Camera, quando Nunzia De Girolamo chiede di dare priorità alla responsabilità civile dei magistrati.
Il ministro Maria Elena Boschi risponde: «Non c’è una scadenza e c’è la riforma costituzionale in sospeso».
Tradotto, la responsabilità civile dei magistrati può attendere. «Così non va» chiosa De Girolamo. Gli alleati di governo sono in disaccordo su tutto, ultimamente.
Ncd è davanti a un bivio esistenziale: morire renziano o strappare.
Sono ore complicate, e i neocentristi tentano di uscire dall’angolo dove li ha costretti la mossa di Matteo Renzi sul Quirinale.
Niente veti o vertici di maggioranza vecchia maniera: ribadisce il premier, ben consapevole che da qui in avanti ogni ddl, ogni decreto potrebbe trasformarsi in una mina.
Basta sentire i senatori di Ncd, agguerritissimi sulla legge che trasforma le banche popolari in Spa. «Se non cambia non la votiamo»: Pippo Pagano, uno di quelli che acceso dall’orgoglio siciliano aveva spinto per Mattarella sin dall’inizio, lo ha messo per iscritto in un comunicato.
Spedito direttamente a Renzi. «Corre, corre, ma ‘ndo corre senza voti…» fa velenoso al premier Carlo Giovanardi che, come memento, stila l’elenco delle cose di cui disfarsi: «Legge sulle banche, indottrinamento gender nelle scuole, riforma del lavoro».
Ecco il terreno minato. Vogliono un segnale, i neocentristi.
Da Renzi, ma anche da Angelino Alfano. Il leader resta dov’è, ma avrà un mandato condizionato per il governo.
Roberto Formigoni la mette così: «Facciamo una verifica. Renzi e Alfano annuncino il programma della seconda fase della legislatura. Punto per punto».
Il tagliando non dovrebbe risparmiare nemmeno la compagine governativa di Ncd, secondo Formigoni: «Sono gli stessi ministri scelti da Berlusconi. Ci farebbe bene cambiare un po’, forse».
Ma toccare Alfano potrebbe essere controproducente, lo indebolirebbe ulteriormente, dopo il pasticcio del Quirinale.
A nessuno è sfuggito che Maurizio Lupi ieri fosse l’unico ministro non seduto tra i banchi del governo, mentre Alfano se la rideva con Renzi.
In vista delle regionali è al ministro dei Trasporti che starebbero pensando in tanti per guidare il partito.
Gaetano Quagliariello gli lascerebbe il posto di coordinatore, per coprire il ruolo di capogruppo in Senato lasciato vacante da Maurizio Sacconi, che potrà così dedicarsi a riempire di spine i decreti attuativi sul Jobs act.
C’è solo un’incognita: il premier guarderà a sinistra?
Nell’agenda ha rimesso ius soli, diritti civili, e quant’altro possa essere indigesto ai cattolici di Area Popolare.
Mentre dagli ex 5 Stelle a Sel, dopo l’asse su Mattarella, si aspetta solo di essere lusingati ancora. Alfano deve imparare da Renzi, e giocare su più tavoli.
Perchè è tempo di fare i conti con se stessi, e con la maturazione di un progetto che rischia di evaporare nell’irrilevanza.
Eppure ancora ieri, alla riunione dei coordinatori di Ncd, non è stata data la risposta alla grande domanda che coinvolge le sette regioni prossime al voto: andare con il Pd o con il centrodestra?
Ilario Lombardo
(da “La Stampa”)
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