TAX THE RICH! LA GENERAZIONE Z E’ STUFA DEL CAPITALISMO
YOUTREND: “IN USA E GRAN BRETAGNA HANNO I LORO LEADER, IN ITALIA ANCORA NO”
Tax the Rich. Uno slogan che fa sempre più rumore sui social network.
A rilanciarlo sono i giovanissimi. La generazione Z, quella dei nativi digitali, nati tra il 1995 e il 2010. Sempre più arrabbiata con le disuguaglianze di reddito. Owen Jones, tra le firme di riferimento del giornalismo politico d’oltremanica, ha dedicato loro un editoriale sul The Guardian.
“I giovani hanno fame e i ricchi sono sul menu” afferma Jones, riportando sondaggi che confermano il malcontento dei ventenni britannici verso le classi agiate.
Il 67% di loro, secondo un sondaggio del think-tank IEA, dice di preferire un sistema economico socialista rispetto a quello di mercato.
Un vento di insofferenza che soffia forte su entrambe le sponde dell’Atlantico.
Negli Stati Uniti, la paladina delle giovani generazioni che si affacciano per la prima volta nell’arena politica è la democrat Alexandria Ocasio-Cortez. 32 anni, newyorkese e appartenente alla minoranza dei latinos, la deputata ha attirato l’attenzione mediatica di mezzo pianeta quando al Met Gala 2021 ha indossato un abito bianco con ricamato sopra ‘Tax the rich’ in rosso.
“L’editoriale di Jones sul Guardian fa riflettere: i giovani vedono nella critica al capitalismo una via d’uscita, un’alternativa all’evidente disparità generazionale che subiscono” spiega ad HuffPost Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend, esperto di ricerche sociali e comunicazione politica.
“L’attuale modello economico ha penalizzato la generazione Z come nessun’altra negli ultimi decenni. E sotto tanti punti di vista: precarietà del lavoro, redditi bassi e pensioni a rischio. La voglia di cercare un modello alternativo deriva da questa realtà poco incoraggiante”.
Quello degli zoomers alternativi al sistema è un fenomeno cresciuto esponenzialmente nell’ultimo decennio. Secondo l’agenzia di ricerche di mercato Gallup, nel 2010 i giovani che si dichiaravano a favore del capitalismo erano al 68%. Dieci anni dopo, i loro coetanei del 2020, non la pensano allo stesso modo: il 45%, meno della metà, è soddisfatto dell’attuale sistema economico.
Il cambiamento di opinione è dovuto a tante ragioni.
A giocare un ruolo importante, negli ultimi dieci anni, sono stati i social network, diventati la maggiore fonte di news per chi ha meno di 30 anni.
“I social pesano. La carta stampata – spiega Pregliasco – ha una diffusione marginale tra la generazione Z. La grande differenza tra informazione tradizionale e via social è che in rete i giovani possono scegliersi in autonomia le fonti che preferiscono. Non c’è una selezione di notizie e punti di vista fatta da una redazione. C’è invece una molteplicità di informazioni che girano in maniera incontrollata. Un palinsesto che lo stesso lettore decide di crearsi”.
Uno scarto enorme nella dieta informativa di chi è sotto i 30 anni rispetto a chi è sopra. Tra l’altro, le piattaforme non sono tutte uguali. “Facebook ha un’età mediana di utenti superiore a quella di Instagram o TikTok”.
Il divario generazionale non riguarda solo i social. Proprio come i millennials, cioè la generazione nata a cavallo tra anni ’80 e ’90, entrata nel mondo del lavoro durante la crisi del 2008, anche gli zoomers sono convinti che i propri genitori, da giovani, stessero meglio di loro. “Una percezione molto diffusa, ed anche realistica. Oggi per una persona di 30 anni è molto più difficile comprare un immobile rispetto ad un coetaneo degli anni Ottanta”.
La frattura generazionale è anche politica. Sul Guardian, Jones sottolinea l’enorme differenza di voto tra giovani e meno giovani.
In Gran Bretagna il partito conservatore trionfa regolarmente alle elezioni politiche e guida il governo da oltre dieci anni. Un dominio tory che non coincide con le sensibilità progressiste delle nuove generazioni.
“In realtà questa spaccatura politica a livello anagrafico l’abbiamo vista, in parte, anche in Italia” ricorda Pregliasco. “Alle politiche del 2013, i giovani italiani hanno premiato il Movimento 5 Stelle molto di più rispetto al resto dell’elettorato”.
Anche se, però, la frattura generazionale si è nel frattempo appianata.
“Nel 2018, l’exploit dei grillini non era caratterizzato da un voto giovane. Ad oggi, a livello elettorale, non c’è un grande solco anagrafico”.
Differenza che però resta marcata in Gran Bretagna. “La spaccatura generazionale d’oltremanica è legata alla leadership laburista di Jeremy Corbyn, capace di far convergere sulla sua proposta gran parte delle preferenze dei millennials nel 2017 e nel 2019”. Per non parlare della Brexit, il referendum sull’uscita di Londra dall’Unione Europea, che nel 2016 ha visto trionfare gli euroscettici. I giovani britannici, nella capitale come in Scozia e in Irlanda del Nord, hanno votato in massa a favore del Remain.
Se in Italia, a livello elettorale, la spaccatura generazionale sembra per il momento essere rientrata, stesso discorso non lo si può fare sulla sensibilità verso certi temi della generazione Z.
“Ambiente, questioni di genere, diritti Lgbt e temi etici. Tutto ciò è prioritario nell’agenda politica dei giovani e giovanissimi italiani. Ma la centralità di queste issues non si traduce nell’affermazione di un unico soggetto politico che le rappresenti”. In Italia non c’è un Corbyn, o un Bernie Sanders, in grado di mobilitare buona parte dei giovanissimi sotto la stessa bandiera. “Da noi – conclude Pregliasco – la spaccatura tra genitori e figli c’è sui temi, ma non necessariamente sul comportamento di voto”.
(da Huffingtonpost)
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