TERNI: INFERMIERI PAGATI PER INDOSSARE IL CAMICE, HANNO DIRITTO A UN SUPPLEMENTO DI 650 EURO L’ANNO
IL TRIBUNALE DEL LAVORO DI ORVIETO HA DATO RAGIONE A 2.500 INFERMIERI… CALCOLATI NELLO STIPENDIO 20 MINUTI AL GIORNO PER METTERE L’INDUMENTO DI LAVORO
Dopo la sentenza del tribunale del lavoro di Orvieto, che ha dato ragione a 2.500 infermieri, quelli dell’ospedale Santa Maria di Terni da questo mese avranno un aumento: 650 euro l’anno in più.
Un aumento di stipendio ottenuto per “indossare il camice”.
Quattrocentocinquanta addetti alle corsie si vedranno conteggiare in busta paga 20 minuti in più al giorno, tempo calcolato dalla Asl di Terni per mettere il camice.
Venti minuti che si trasformeranno, appunto, in 650 euro l’anno.
L’ha stabilito un regolamento del nosocomio che ha recepito una sentenza emanata pochi mesi fa dal tribunale del lavoro di Orvieto e che nel mondo della sanità sta facendo discutere.
Il tribunale, infatti, ha dato ragione a 2.500 infermieri degli ospedali di Perugia, Orvieto, Narni, Amelia, Todi, Foligno e Terni che nel 2008 avevano presentato ricorso contro le rispettive Asl denunciando che non veniva pagato loro il tempo del “cambio del camice”.
Quattro anni dopo è arrivato il pronunciamento che, adesso, per le casse della sanità umbra suona come una mazzata.
Il giudice Gianluca Forlani ha stabilito che i ricorrenti in questione hanno diritto a un risarcimento di 4.000 euro ciascuno.
“Non solo, se tutti i soggetti interessati che lavorano nelle strutture pubbliche dell’Umbria dovessero presentare ricorso si potrebbe arrivare anche ad una somma complessiva di 28 milioni di euro di risarcimento”.
E così la Asl di Terni per trovare una soluzione al problema ha deciso di introdurre da subito nel regolamento un aumento di orario di lavoro di 20 minuti in più al giorno da dedicare al cambio del camice, andando anche oltre la sentenza che invece ha calcolato in 15 minuti il tempo necessario per indossare la divisa.
Scrive il giudice: “L’ente (la Asl, ndr) che si oppone al ricorso sostiene l’infondatezza della domanda sostenendo che le divise adottate possono essere indossate in tre o cinque minuti”. Invece, prosegue il magistrato, “si deve tener conto del tempo necessario per raggiungere gli spogliatoi”.
E ancora “l’espressione lavoro effettivo deve essere inteso come sinonimo di prestazione lavorativa comprendendovi anche i periodi di mera attesa e l’elemento caratterizzante è la messa a disposizione delle energie psicofisiche del lavoratore a favore del proprio datore”.
E così “l’atto di indossare la divisa, antecedente all’inizio della prestazione, deve essere inquadrato non tra le pause bensì tra le attività preparatorie relative all’igiene della persona”, specie, specifica il giudice, nel contesto di un ospedale. Ed è per questo che “l’atto di vestizione in tale condizioni costituisce lavoro effettivo e dà diritto a retribuzione”.
La Uil funzione pubblica dell’Umbria canta vittoria. “Si tratta di una battaglia durata anni e che non riguarda solo gli infermieri ma anche i medici e il personale tecnico e ausiliario – spiega Gino Venturi, rappresentante a livello provinciale del sindacato – ora la politica e le Asl temono un effetto domino di questa sentenza che difenderemo in tutte le sedi”.
Giuseppe Caporale
(da “La Repubblica“)
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