“BOSSI, BASTA PAGLIACCIATE: IL VECCHIO CAPO HA PERSO CONTATTO CON LA REALTA'”
INTERVISTA A BEPI COVRE, PADRE DEL LEGHISMO VENETO: “E’ UN UOMO MALATO: CERTE COSE LE PENSANO TUTTI, MA NON C’E’ IL CORAGGIO DI DIRLE”
“È una cosa talmente fastidiosa e irritante…». A definire fastidiose e irritanti le parole di Umberto Bossi dell’altra sera, quando ha annunciato l’esecuzione di Monti da parte del Nord, non è un politico di sinistra e neppure di centro: è un leghista doc come Bepi Covre, deputato dal ’96 al 2001, commissario straordinario dell’ Inail dal 2002 al 2008, sindaco di Oderzo (Treviso) per due mandati dal 1993 al 2001.
Ma l’importanza di Covre per il leghismo veneto va ben oltre il suo formale curriculum. Giorgio Lago, indimenticato direttore del “Gazzettino” per molti anni, lo definì «il modello degli amministratori locali del Nord-Est» e lui, Covre, prese tanto sul serio la sua mission da fondare, nel 1995, il famoso «movimento dei sindaci» che unì tutti i primi cittadini – di destra e di sinistra del Triveneto.
Lo incontriamo nella sua fabbrica di Gorgo al Monticano, vicino a Oderzo: Bepi Covre è infatti anche un imprenditore, e quindi quando parla delle aspettative che gli imprenditori veneti ripongono nella Lega, sa di che cosa parla.
È un giorno importante perchè la mattina, sui più importanti quotidiani veneti, è apparso un manifesto-appello firmato da lui e da Marzio Favero, sindaco leghista di Montebelluna.
Il senso del documento è chiarissimo: basta con il linguaggio greve e minaccioso, basta con una classe dirigente che vive staccata dalla realtà .
L’invito a Bossi a passare il testimone è fin troppo evidente.
Covre, che cosa ha pensato quando ieri ha sentito Bossi usare proprio quel linguaggio greve e minaccioso?
«Ho pensato che una volta si potevano anche sopportare certe battute sui bergamaschi pronti a scendere dalle valli con il mitra, ma oggi un linguaggio così è intollerabile. La Lega è stata al governo, al ministero degli Interni ha ottenuto risultati eccellenti contro la criminalità . Non puoi parlare un giorno da tutore della legalità e un giorno da estremista, a seconda di dove ti trovi».
Forse parla così per scaldare il suo popolo in vista delle amministrative.
«Se pensa di raccogliere voti in questo modo, sbaglia. Prima dice una cosa, poi dice che ne intendeva dire un’ altra… Mi ha fatto tristezza sentire Bossi così».
Che cosa gli è successo, secondo lei?
«Certamente la prostrazione fisica e psichica ha la sua influenza. È un uomo malato, e tutti quei farmaci che prende qualche effetto collaterale ce l’avranno, immagino. Ma non è solo questo. Il punto è che anche lui, come tanti altri leader di partito, ha perso il contatto con la realtà . La gente ne ha le tasche piene di queste pagliacciate. Discorsi come quello dell’altra sera sono inconcludenti».
Lei pensa che Bossi sia un leader al tramonto?
«Io penso che sia il momento di chiamare Bossi e dirgli: caro Umberto, tu sei stato l’amministratore delegato della Lega per venticinque anni. Possiamo vedere un bilancio? Dove sono gli utili?»
Non ci sono?
«No. E visto che la fabbrica deve continuare, forse è il caso di mettere in discussione l’amministratore delegato».
Non è ingeneroso nei confronti di un uomo che ha creato un movimento politico che è protagonista da più di vent’anni?
«Bossi ha dato il massimo. Ha creato un monolite e l’ha tenuto insieme. Però adesso bisogna fare un bilancio. Sul federalismo siamo ancora all’anno zero. Non se ne parla nemmeno più. E questo è un dato di fatto. Così come è un dato di fatto che le elezioni del 2008 erano state stravinte: eppure abbiamo portato a casa un fallimento politico clamoroso».
Beh, il premier era Berlusconi, non Bossi…
«Senta: Berlusconi, con le sue Ruby e Noemi e con quell’altra pugliese, come si chiamava, la D’Addario, si è fatto ridere dietro da tutto il mondo, gettando il discredito sul Paese. La Lega avrebbe dovuto prenderlo per le orecchie e fermarlo per tempo, invece lo ha coperto, difeso, assecondato. Non è un errore da mettere a bilancio anche questo?».
Eh insomma, Roma sarà caduta, però al Nord…
«Al Nord cosa? Io chiedo a Bossi: ma come puoi parlare ancora di Padania se in Padania siamo il terzo partito? E come mai nelle grandi città non siamo mai stati il primo partito?»
Il Veneto sta per andare al voto con sondaggi che mettono paura alla Lega: si ipotizzano perdite superiori al dieci per cento. Quanti leghisti veneti condividono la sua analisi?
«Certe cose le pensano tutti, ma non c’è ancora il coraggio di uscire allo scoperto anche per motivi di affetto. A Bossi vogliamo tutti bene: ha dato la sua vita al movimento. Ma un conto è voler bene, un conto è guardare i risultati. Lui ha preso le redini della Lega più di vent’anni fa. Era un altro mondo. E quando cambia il mondo, è il momento anche di cambiare le strategie. E il generale».
Michele Brambilla
(da “La Stampa”)
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