TERZO MANDATO, PIETRA TOMBALE SULL’IPOTESI: LA STESSA LEGA AVEVA DICHIARATO CHIUSA LA QUESTIONE, SALVO POI PRESENTARE UN EMENDAMENTO DI FACCIATA CHE SERVE SOLO A FINGERE DI AVER LOTTATO FINO ALLA FINE
GODE ANCHE GIORGIA MELONI: POTRÀ PRENDERSI IL VENETO, INVECE CHE PIAZZARE INUTILMENTE UNO DEI SUOI IN LOMBARDIA, DOVE COMANDANO I FRATELLI LA RUSSA
La Lega ci riprova, ma a dire che il re è nudo provvede Ignazio La Russa. «Il terzo mandato è
tramontato». Il presidente del Senato entra senza timori nella partita politica tutta interna al centrodestra e con apparente fatalismo certifica che il tentativo del partito di Matteo Salvini è destinato a fallire.
La Russa, che poi si corregge parzialmente («Prima avevo detto che l’ipotesi sembrava tramontata, ma può darsi che si tratti di un’eclissi, sapete quando il sole si nasconde»), parla nelle stesse ore in cui il senatore leghista Paolo Tosato in commissione
Affari costituzionali presenta l’emendamento al disegno di legge sul numero dei consiglieri regionali per togliere lo stop a nuovi mandati per chi, come il compagno di partito Luca Zaia, ne ha già (almeno) due alle spalle.
La posizione del Carroccio è ribadita con forza. E anche un leghista moderato come il governatore del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga non le manda a dire a chi si oppone a far saltare il tetto.
«Se c’è qualcuno che vuole vincere facendo fuori l’avversario e dicendo che non si può candidare è legittimo. Io vorrei vincere in realtà confrontandomi con l’avversario e magari essere scelto dai cittadini e non invece eliminare l’avversario per legge».
Parole senza destinatario ma che sono indirizzate alle componenti della maggioranza (soprattutto Forza Italia ma anche Noi moderati) che non hanno mai voluto saperne di prolungare la vita politica dei presidenti di Regione.
L’unica apertura era arrivata dal responsabile organizzativo di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli. Un’apertura imprevista, avallata da Giorgia Meloni, che però non ha smosso di un centimetro i contrari, al netto di qualche timido tentativo subito abortito di trovare una formula di scambio con altri temi scottanti (vedi lo ius scholae, caro a Forza Italia).
Per la Lega, quindi, l’emendamento che sarà messo in votazione domani con altissime possibilità di essere bocciato, è una sorta di bandiera da sventolare per far capire al proprio elettorato che la battaglia è stata condotta fino in fondo. Sull’esito della partita nessuno si fa illusioni
Al terzo mandato si oppongono anche i partiti del centrosinistra
(con un occhio alla Campania, dove l’uscente Vincenzo De Luca non deve creare problemi a Roberto Fico).
Perché la Lega si è incaponita? Un po’ per stanare FdI, come spiega il primo firmatario Paolo Tosato: «Vediamo qual è effettivamente la loro posizione al momento del voto». E un po’ per mostrare ai governatori del Nord di averci provato fino all’ultimo.
Matteo Salvini sa che c’è nervosismo, tra i presidenti di regione. Poco convinto anche il governatore veneto Luca Zaia: «Mi pare di capire che il terzo mandato non si faccia. L’emendamento? Non ne so nulla, ne prendo atto. Poi il Parlamento è sempre sovrano».
Nell’entourage del “Doge” raccontano che i contatti tra Zaia e il leader leghista sono azzerati da giorni, mentre le telefonate con Fedriga e il lombardo Attilio Fontana si sono intensificate (e c’è chi dice pure quelle con Giorgia Meloni).
Zaia prepara una trasferta a Roma, tra una settimana. «Incontri politici», trapela dai fedelissimi, che descrivono come «incomprensibile» la presentazione dell’emendamento sul terzo mandato, dopo che una settimana fa il partito ha dichiarato chiusa la questione, tramite il responsabile degli enti locali, Stefano Locatelli. Non a caso ieri Matteo Renzi, incrociando in Senato il capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo, pungeva: «Avete mollato Zaia, no?». Risposta: «Illazioni».
(da agenzie)
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