TORNARE ALLA LIRA? QUANTO PUÒ COSTARE L’AGONIA DELL’EURO
ABBANDONARE L’EURO COSA COSTEREBBE ALLA NOSTRA ECONOMIA E QUANTO INCIDEREBBE NELLA NOSTRA VITA QUOTIDIANA?
Molti sono convinti che dovremo prima o poi abbandonare l’euro.
Ma quali sono i vantaggi di cui abbiamo goduto e a cui dovremmo rinunciare?
Chi dice che con la vecchia lira si stava meglio, non sa (o fa finta di non sapere) che l’euro ha portato grandi vantaggi all’economia italiana.
In primo luogo, ci ha garantito quasi 15 anni di bassa inflazione.
In altre parole, il potere d’acquisto dei salari e dei risparmi degli italiani ha goduto di condizioni che non avevamo più visto dai tempi dell’ormai mitico miracolo economico degli anni Sessanta.
Senza l’euro avremmo subito in modo ben più grave i rialzi dei prezzi (in dollari) delle merci a cominciare da quello del petrolio.
Se soffrite ogni volta che fate il pieno, pensate che con la vecchia lira, che non si sarebbe certo rafforzata rispetto al dollaro, sarebbe stato molto peggio.
L’euro ha portato vantaggi alle imprese italiane?
Con una lira debole al posto di un euro forte, le imprese italiane avrebbero probabilmente esportato di più.
Il condizionale è d’obbligo perchè oggi non ci si può illudere di competere con i Paesi asiatici solo grazie a prezzi bassi.
La qualità e la tecnologia sono fattori ben più importanti.
E la perdita di competitività delle imprese italiane non dipende dai salari (che sono cresciuti anche meno degli altri Paesi), ma dalla bassa produttività che dipende anche da insufficienti investimenti in ricerca e sviluppo, cioè problemi che l’industria italiana aveva anche prima di entrare nell’euro.
È poi certo che le imprese hanno pagato tassi di interesse molto bassi sui loro debiti. Secondo i dati Mediobanca riferiti a tre quarti del sistema produttivo italiano, nel 2010 gli oneri finanziari erano il 3 per cento del fatturato, contro il 5,5 del 1991.
Se si considera che oggi l’utile netto si colloca al 4,8 per cento del fatturato, è facile capire che con l’incidenza di allora degli oneri finanziari, i profitti sarebbero praticamente dimezzati.
…e la Germania?
Anche la Germania ha avuto grandi vantaggi, in primo luogo perchè ha potuto esportare più facilmente i suoi prodotti all’interno di Eurolandia, che rappresenta la stragrande maggioranza del suo commercio estero.
Non solo: a fronte dei suoi surplus commerciali ha acquisito crediti nei confronti dei Paesi che importavano.
È sbagliato quindi dividere l’Europa in cicale spendaccione e formiche laboriose: le prime compravano anche Mercedes e Volkswagen e si indebitavano con le banche tedesche.
Era una situazione squilibrata d’accordo, ma finora le banche e le imprese delle formiche hanno prosperato grazie alle cicale che hanno comprato i prodotti e pagato gli interessi sui debiti accumulati per comprarli.
Cosa succederebbe se uno o più Paesi decidessero di abbandonare l’euro?
La situazione, già molto grave, precipiterebbe.
Nell’imminenza del provvedimento, le banche di quei Paesi sarebbero soggette a deflussi di fondi difficilmente sopportabili e le loro passività dovrebbero essere congelate.
Per evitare fughe di capitali che metterebbero definitivamente in ginocchio l’economia, bisognerebbe introdurre controlli sui movimenti dei capitali e forse anche restrizioni all’acquisto di valuta per motivi turistici.
In breve, si dovrebbe vivere per un po’ di tempo in una condizione da stato di guerra analogo a quello sperimentato dall’Argentina quando abbandonò l’ancoraggio al dollaro della sua moneta.
In quel caso, fu necessario congelare di fatto i depositi bancari per 12 mesi ed emettere dei buoni statali chiamati (con sublime ironia involontaria) patacones.
Quando la moneta muore (come dice il titolo di un bellissimo libro sulla fine della Repubblica di Weimar) il problema tecnico è difficilissimo da gestire, quelli che pagano sono le categorie meno protette e ogni scenario politico diventa possibile.
Senza il disastro inflazionistico di allora, Hitler non sarebbe mai arrivato (con elezioni) al Reichstag.
Ma perchè lo scenario di uscita dall’euro deve essere così catastrofico?
Il problema sono i debiti in euro accumulati dai Paesi che intendessero uscire dall’euro.
Per evitare di dover rimborsare con una moneta svalutata, dovrebbero anche dichiarare default, cioè proporre un rimborso parziale.
A quel punto si innesca una reazione a catena come in una centrale nucleare impazzita.
Lo ha affermato a chiare lettere proprio nei giorni scorsi un organismo autorevole e indipendente come l’Ocse, che ha testualmente previsto: ‘Forti cadute del Pil dei Paesi Ocse, ma soprattutto nell’area dell’euro’, che potrebbe essere ancora più forte se uno o più Paesi decidessero di abbandonare l’euro, nell’illusione di ottenere vantaggi di breve periodo.
In quel caso avremmo una svalutazione delle monete nazionali che implica “enormi perdite per i possessori di titoli, a cominciare dalle banche che diventerebbero insolventi”. Un quadro di ‘massiccia distruzione di ricchezza, fallimenti e crollo della fiducia nell’integrazione europea porterebbero a una profonda depressione’ non solo per i Paesi che escono, ma anche per quelli che rimangono.
E ovviamente, sarebbero le categorie più deboli, a cominciare dai lavoratori e dai risparmiatori quelli che non avrebbero alcuna difesa.
In altre parole, la svalutazione sarebbe uno choc inflazionistico micidiale per i lavoratori e per i detentori di obbligazioni, pubbliche o private.
Come è accaduto in Italia negli anni Settanta, quando peraltro la copertura della scala mobile era molto elevata e quindi il potere d’acquisto dei salari era relativamente protetto.
Oggi si tratterebbe di un salto nel vuoto senza paracadute.
Marco Onado
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply