TRAPPOLA ITALIA: COSÌ SI VIVE QUANDO SI SOSPENDE SCHENGEN
NESSUNO LO DICE MA, A CAUSA DEL G7, NON C’E’ LIBERA CIRCOLAZIONE FINO AL 15 GIUGNO…. E I “TRANSITANTI” RESTANO BLOCCATI DALLE FRONTIERE CHIUSE
“Adesso è scattata la trappola: alle spalle il mare, davanti agli occhi le frontiere chiuse di Schengen. Il problema è che in trappola ci siamo anche noi, c’è l’Italia”.
La voce del poliziotto in servizio in queste ore a Ventimiglia arriva via telefono.
È lungo la frontiera dove da qualche giorno sta ingrossando un piccolo esercito di migranti, per lo più eritrei e sudanesi, arrivati in Italia dal mare, ma con un chiaro progetto migratorio che li porta nei paesi del nord Europa.
Un giovane sudanese tira su un cartello dove è scritto: “Grazie Italia per tutto, ma vogliamo andarcene”.
Ecco, dice il poliziotto, “il fatto è che in Francia non riescono ad entrare, in Italia non vogliono restare e meno che mai vogliono farsi identificare. Se entrano nel circuito Eurodac dall’Italia (se si fanno prendere le impronte digitali in Italia, ndr) poi dovranno attendere tutta la procedura per la richiesta di asilo nel nostro Paese”.
Ogni procedura impiega in media 215 giorni, e siamo anche molto migliorati.
È il famoso accordo di Dublino, la madre di tutte le trappole che risale ai governi di Silvio Berlusconi, è stato reiterato con Roberto Maroni ministro e l’ultima volta sotto il governo di Enrico Letta.
E quindi che succede?
Adesso parla uno dei dirigenti del Viminale che si occupa di immigrazione: “Quello a cui assistiamo in questi giorni è un fenomeno atteso: li chiamiamo i transitanti, migranti che sbarcano in Italia, nei confronti dei quali non esiste l’obbligo di identificazione e che si mettono nuovamente in viaggio risalendo la penisola per raggiungere i paesi del nord Europa”.
Le “criticità ” di questi giorni, il numero sempre più alto di stranieri fermi nelle grandi stazioni di Milano e Roma, sono il risultato del numero di sbarchi sempre più alto ma anche del fatto che in occasione del G7 in Germania, Angela Merkel ha chiesto e ottenuto di sospendere Schengen e ripristinare i controlli alle frontiere per motivi di sicurezza legati allo svolgimento del summit internazionale a Garmish.
A Berlino si è accodata Vienna. La commissione europea ha detto sì.
E dal primo al 15 giugno le frontiere europee sono tornate chiuse.
Il G7 a Garmish è durato 48 ore, lo scorso week end. Ma per precauzione le frontiere restano chiuse.
Ora, la sospensione di Schengen è una prassi in occasione dei vertici internazionali (chissà perchè a noi italiani riesce sempre molto poco), ma farla durare due settimane rispetto ad un evento di poche ore, sembra un po’ una scusa.
Nessuno però ha obiettato quando la Commissione Ue l’ha autorizzata.
Il risultato è quello che vediamo: frontiere chiuse al Brennero e dintorni. Sull’onda del G7 si sono accodati anche altri valichi, compresi quelli della Francia di Francois Hollande.
“Ecco che a Milano — spiega il funzionario dell’immigrazione – dove in genere i transitanti sostano al massimo 36 ore, il tempo di rifocillarsi, riposare e ripartire, in questi giorni restano fermi nei pressi della stazione anche una settimana”.
Analogo discorso può essere fatto per Roma, per Ventimiglia.
È come se ci fosse un tappo: senza lo sbocco, i migranti restano chiusi, in trappola.
E l’Italia con loro.
Il sospetto, che avanza qualcuno anche al Viminale, è che “questo Schengen sia stato una prova generale per decisioni più a lungo termine”.
Il resto d’Europa – quello che non vuole le quote di migranti, ha mandato le navi nel Mediterraneo per soccorrere barconi e gommoni ed evitare naufragi e li consegna sempre ai porti italiani — accusa l’Italia di non rispettare gli accordi.
Angela Merkel non perde occasione per rimproverarci di “non sapere fare finger printing”. Cioè di non voler identificare i nuovi arrivati che altrimenti, in base a Dublino (lo status di rifugiato è a carico del paese delle prima identificazione) , dovrebbero restare in Italia per un tempo lunghissimo.
Si spiega al Viminale: “Per identificare tremila persone, sempre che siano consenzienti, servono in media venti giorni. In un week end sono arrivate seimila persone. Come possiamo fare?”. E’ chiaro che vengano lasciati andare. “Vogliono raggiungere il nord Europa e non abbiamo alcuna possibilità di fermarli perchè non esiste l’obbligo di identificazione”.
Al di là delle parole parlano i numeri: nel 2014 sono sbarcate sulle nostre coste 170 persone. Nei Centri sono state assistite 70 mila persone.
Gli altri centomila hanno silenziosamente superato i valichi di frontiera. Che adesso sono stati chiusi. Momentaneamente. Almeno si spera.
(da “Huffingtonpost”)
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