TRASFORMISTA PER CONVENIENZA: IL “BLOCCO NAVALE” DELLA MELONI HA CAMBIATO VESTE
OGGI RISPOLVERA LO SLOGAN MA QUANDO SPIEGA IN COSA CONSISTEREBBE VIENE DA RIDERE RISPETTO A QUANTO DICEVA FINO A POCHI MESI FA
“Il tema degli sbarchi si deve affrontare col blocco navale, che altro non è che una missione europea, da concordare con le istituzioni europee, per trattare insieme alla Libia la possibilità che si fermino i barconi in partenza, l’apertura in Africa degli hotspot, la valutazione in Africa di chi ha diritto a essere rifugiato e di chi è irregolare, la distribuzione dei veri profughi e rispedire indietro gli altri”
Lo ha detto la leader di FdI, Giorgia Meloni, a Studio Aperto, su Italia 1.
Una spiegazione condita da una serie di corbellerie che in ogni caso ribalta il “blocco navale” invocato a suo tempo dalla Meloni.
1) In origine la Meloni voleva schierare la nostra Marina militare per bloccare i barconi appena usciti dalle acque territoriali libiche, rispedendoli indietro. Questo in violazione delle leggi internazionali che vietano i respingimenti verso Paesi come la Libia che non rispettano i diritti umani.
2) Ora il “blocco navale” diventa invece “una missione europea, da concordare con le istituzioni europee, per trattare insieme alla Libia la possibilità che si fermino i barconi in partenza”.
Quindi occorre :
a) che la Ue sia d’accordo e promuova “una missione europea”
b) trattare con la Libia
3) Con quale Libia bisognerebbe trattare? Con quale dei due governi e con quali reali possibilità? O forse con i criminali della Guardia Costiera libica che l’Italia finanzia e che taglieggiano i migranti facendosi pagare per chiudere entrambi gli occhi quando pagano il pizzo?
4) La Meloni propone “l’apertura in Africa e in Libia degli hotspot per valutare chi ha diritto sd essere rifugiato e chi no”.
Ma ha una pallida idea di cosa sta accadendo in Libia? C’è una situazione di tensione che cova da mesi, culminata nell’assalto di venerdì al parlamento di Tobruk, che ha allarmato anche l’Onu. Le immagini del parlamento sventrato da un bulldozer e saccheggiato, con dense colonne di fumo, hanno fatto il giro del mondo. Ma il venerdì nero ha investito le strade di tutto il Paese passando da Tobruk ad al-Baida e Bengasi, culla della rivolta del 2011, e poi a Sebha, nel sud, fin nell’ovest, a Misurata e a Tripoli.
“Vogliamo avere la luce” scandivano i manifestanti riferendosi alle interruzione di energia per molte ore al giorno, aggravate dal blocco di diverse installazioni petrolifere, provocato tra le tensioni tra le fazioni rivali.
L’oggetto della rabbia della gente è la classe politica, giudicata incapace di dare risposte concrete ai problemi quotidiani, e che non è stata nemmeno in grado di convocare nuove elezioni, dopo l’annullamento di quelle previste lo scorso dicembre, visto il fallimento dei negoziati che non sono riusciti a mettere d’accordo il governo di Tripoli con quello rivale dell’altro premier Fathi Bashaga, sostenuto dal generale Khalifa Haftar.
E in questo contesto noi dovremmo creare un hotspot in Libia mentre due governi si sparano a vicenda e la popolazione è in rivolta?
E se poi i barchini arrivano a Lampedusa uno per uno dalla Tunisia che facciamo? Gli diamo il biglietto da visita dell’hotspot più vicino dicendo di rivolgersi prima a loro?
La Meloni parla di “rispedire indietro gli altri”. Indietro dove? Ci vuole l’accordo con i Paesi di origine, qualcuno glielo ha spiegato?
Non una parola poi, da parte della Meloni, sulle prigioni libiche, sulle violenze e sugli stupri, non un cenno al comandante della Guardia costiera di Zawiya, Abd al-Rahman al-Milad, noto anche come al-Bija (1989), militare e criminale libico, a capo dei trafficanti.
Prima di sparare cazzate, la Meloni legga, si informi.
Gli slogan servono solo a nascondere l’ignoranza.
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