TRUMP, UN CAZZARO PIENO DI SE’: DISSE CHE AVREBBE PORTATO LA PACE IN UCRAINA IN 24 ORE E DOPO MESI NON TOCCA PALLA, NONOSTANTE ABBIA CALATO LE BRAGHE A PUTIN
HA SOSTENUTO DI AVER RIPORTATO LA CALMA TRA INDIA E PAKISTAN OFFRENDO A ENTRAMBI I PAESI “INCENTIVI E FACILITAZIONI COMMERCIALI” MA E’ STATO SMENTITO SECCAMENTE DAL GOVERNO DI NUOVA DELHI… LA PROPOSTA DI TREGUA A GAZA NON E’ MAI ANDATA IN PORTO E MENTRE GLI STATI UNITI ANCORA TRATTAVANO CON GLI EMISSARI DI TEHERAN, ISRAELE HA ATTACCATO
Nell’intervista di domenica scorsa alla tv Abc, Donald Trump si è lamentato a lungo perché «nessuno gli ha riconosciuto il
merito di essere un grande mediatore». Il presidente americano ha ricordato i suoi «interventi pacificatori» già nel primo mandato alla Casa Bianca (2017-2021): le «dispute» tra Serbia e Kosovo nonché tra Egitto ed Etiopia.
Infine ha sostenuto di aver riportato la calma tra India e Pakistan offrendo a entrambi i Paesi «incentivi e facilitazioni commerciali». Una versione, però, smentita seccamente dal governo di Nuova Delhi.
Trump ha affidato i dossier politici più complicati non a diplomatici con grande esperienza, ma a un businessman scafato come lui e come lui appassionato di golf: Steve Witkoff. L’immobiliarista 68enne oggi tratta praticamente con tutti: Vladimir Putin, Volodymyr Zelensky, Benjamin Netanyahu, gli emissari di Ali Khamenei. […] Ma, dopo quasi 6 mesi, il bilancio della formula Trump è di fatto a zero.
Il caso più vistoso resta lo stallo sull’Ucraina. «The Donald» ha riallacciato il dialogo con Putin, lo ha blandito. Poi ha iniziato a vacillare, alternando aperture e scatti d’ira nei confronti del Cremlino. Tutto ciò, almeno per ora, non è servito a niente. […] Il vero negoziato non è neanche iniziato. L’essenza stessa del metodo trumpiano, il mix di incentivi e di minacce, non ha funzionato.
Dalla Russia a Israele e all’Iran. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, è evidente che il presidente americano si sia fatto sfilare da Netanyahu la gestione della crisi. Vero: la Casa Bianca aveva «concesso» 60 giorni a Teheran per siglare una nuova intesa sul nucleare e quel tempo era scaduto giovedì 12 giugno. Vero anche che, quello stesso giorno, Rafael Mariano Grossi, direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia
atomica, aveva accusato il regime degli ayatollah di aver violato gli obblighi previsti dal Trattato di non proliferazione nucleare, in vigore dal 1970.
Tuttavia, il negoziato era ancora in corso. Il team americano si preparava a raggiungere l’Oman, per il sesto incontro con gli iraniani, previsto per domenica 15 giugno. Netanyahu non solo ha strappato la trama, ma ha ordinato di eliminare anche il capo delegazione di Teheran, Ali Shamkhani, stretto collaboratore della Guida suprema Ali Khamenei.
Secondo le indiscrezioni, Trump si è reso conto che non sarebbe riuscito a fermare Netanyahu. E, soprattutto, si è trovato a corto di alternative.
Alla fine non ha trovato di meglio che assumere una posizione ambigua: andate avanti, se volete, ma non coinvolgeteci. Gli Stati Uniti potrebbero trovarsi risucchiati in una guerra che volevano assolutamente evitare. Più o meno lo stesso discorso vale per Gaza. La tregua immaginata da Witkoff non si è mai materializzata. Netanyahu e i leader di Hamas si sono rimpallati la responsabilità del fallimento. Trump ha provato a rilanciare, ma senza esito.
(da Corriere della Sera)
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