TURNI DI 60 ORE A SETTIMANA E STRAORDINARI NON PAGATI: I RACCONTI DEI LAVORATORI SFRUTTATI
L’INCHIESTA IN EMILIA-ROMAGNA: “INCOLPANO IL REDDITO DI CITTADINANZA, POI FATTURANO TUTTO IN NERO”
Otto su dieci dichiarano di lavorare più ore rispetto a quelle previste dal contratto. E queste ore “extra”, per quasi la metà dei lavoratori, non vengono retribuite. Ma non solo.
Emerge questo e tanto altro dal progetto ‘Zero schiavi in riviera’ lanciato dalla Uiltucs Emilia-Romagna, sindacato di categoria della Uil che rappresenta i lavoratori del terziario, turismo, commercio e servizi. Il sondaggio, creato in collaborazione con l’ufficio vertenze, è nato per dare voce a chi lavora in attività stagionali della riviera Romagnola, raccogliendone le testimonianze e offrendo allo stesso tempo un supporto a chi vuole conoscere e difendere i propri diritti.
Negli ultimi anni è nato un forte dibattito riguardo al tema del lavoro stagionale nel settore turistico, che ha fatto emergere posizioni contrapposte.
Quella imprenditoriale, che lamenta carenza di manodopera formata e che sostiene che i giovani “non hanno più voglia di lavorare” e di “fare la gavetta”. E quella dei lavoratori, giovani e non, che denunciano un sistema fatto, troppo spesso, di condizioni di lavoro al limite dello sfruttamento, paghe non rispettose del minimo contrattuale e orari pesanti. Prima dell’inizio della stagione in un’inchiesta per Today abbiamo provato a candidarci ad alcune offerte nel settore, portando alla luce tante irregolarità, non solo in Romagna ma anche al sud Italia.
E quello che emerge dal sondaggio Uil – al quale è ancora possibile rispondere rilasciando la propria testimonianza anonima – conferma quanto rilevato dalle inchieste. Al momento i lavoratori di hotel, bar, ristoranti e stabilimenti balneari che hanno deciso di prendere parte al progetto sono circa 70, ma il sindacato si aspetta che molte altre risposte arriveranno a fine stagione, quando i lavoratori si presenteranno per fare richiesta per la domanda di disoccupazione.
Quasi 8 su 10 lavorano più ore rispetto al contratto, molti senza retribuzione
Di questi 70 lavoratori, il 79% dichiara di lavorare più ore rispetto a quelle contrattualmente previste. “È il problema dei contratti che non rispecchiano la realtà” spiega Maura Zavaglini, responsabile dell’ufficio vertenze della Uil di Ravenna. “Molto spesso i lavoratori sono inquadrati part-time o a chiamata, a fronte di prestazioni full time e oltre. Questo determina anche un risvolto negativo sui contributi Inps ai fini della disoccupazione e della pensione”.
Ma non è tutto: dal sondaggio emerge come, per il 41% dei lavoratori, le ore “extra” non vengano retribuite. Anche quando invece vengono pagate, solo il 39% dichiara di ricevere il compenso in busta paga, mentre per il restante 61% sono pagate con gli ormai famosi “fuori busta”. Se si guarda poi alla paga oraria, si scopre che la tariffa per le ore extra fuori busta (se si ha la “fortuna” di vedersele pagate) per il 22% dei lavoratori è meno di 5 euro netti all’ora, mentre per il 30% si assesta tra i 5 e i 7 euro. “Sono tariffe infime, considerando che un’ora di straordinario fuori busta dovrebbe essere pagata almeno 8 o 10 euro”, commenta la sindacalista.
“Il 50% delle persone dichiara tariffe da vero sfruttamento, considerando che il 41% spiega di non percepire pagamento per le ore extra che sono comprese nel forfait generale, che parte solitamente da 1300 euro per arrivare a 1500/1700 euro, ma bisogna considerare che all’interno di questo importo c’è tutto: tredicesima, quattordicesima, Tfr, ferie, permessi ed eventuali straordinari” continua Zavaglini. “È pertanto evidente che tale cifra quasi non copre la retribuzione complessiva prevista dal contratto collettivo del Turismo, che è scaduto a fine 2019. Se venissero retribuite tutte le ore lavorate, avremmo retribuzioni complessive sopra i 2000 euro netti al mese. Il problema è che viene richiesto a un solo lavoratore di effettuare prestazioni per due persone e, per di più, lo si retribuisce con tariffe più basse di quelle contrattuali. Gli imprenditori non possono lamentare che il costo del lavoro sia aumentato in tale settore, in quanto le retribuzioni sono ferme da anni, mentre ciò che continua ad aumentare sono le tariffe dei servizi e della ristorazione”.
Orari massacranti e giorni di riposo inesistenti
Se si guarda poi agli orari di lavoro, si scopre come essi siano davvero estenuanti: il 63% dei lavoratori stagionali, secondo l’indagine, lavora oltre il limite fissato dal contratto. Nello specifico, il 17,5% dichiara di lavorare più di 60 ore settimanali, il 19% tra le 50 e le 60 ore e il 27% tra le 40 e le 50. “Questo tema è importante anche in correlazione a quello della sicurezza sul lavoro” precisa la sindacalista Uil. “Se io lavoro 60 ore alla settimana e magari faccio anche il turno serale, in che condizioni torno a casa? In strada sono un pericolo per me e per gli altri”.
Correlato a questo tema c’è quello del giorno di riposo settimanale (lo ricordiamo, obbligatorio per legge): solo il 57,8% dei lavoratori stagionali della riviera Romagnola ne fruisce regolarmente. Il 25% dichiara di fruirne solo “a volte”, mentre il 17,2% non ha un giorno di riposo, ma lavora 7 giorni su 7 per tutta la stagione (che spesso parte a Pasqua e dura fino a metà settembre). L’84% dei lavoratori, comprensibilmente, dichiara di non sentirsi equamente retribuito, con il 74% di loro che ha pensato di licenziarsi prima della fine della stagione.
“Dai dati finora raccolti emerge chiaramente che non vi è una giusta remunerazione delle ore di lavoro svolto – conclude la sindacalista – Si pretendono prestazioni infinite non rispettando i diritti più basilari, sia in termini retributivi, sia riguardo al rispetto della normativa sull’orario di lavoro. Le persone non si sentono rispettate nei loro diritti minimi umani. C’è un risvolto sulla persona e sullo stato di salute fisico-psicologico: i maltrattamenti verbali, l’essere trattati male e umiliati dai datori di lavoro fa sì che i lavoratori poi, comprensibilmente, si orientino su altri settori”.
“Trattati come se non fossimo esseri umani, ma numeri”
E questa disperazione emerge chiaramente dalle dichiarazioni rilasciate nel sondaggio: “La paga è troppo bassa per la stanchezza mentale e fisica che si prova in stagione”, scrive un lavoratore. “Sfruttamento con pressione e poca retribuzione”, aggiunge un altro. “Lavoro circa 70 ore settimanali e la busta è riferita a 36 ore” descrive uno stagionale. “Il maggiore problema è che, anche se lavoro più del doppio delle ore, quanto mi viene riconosciuto non è il doppio, e in più mi vengono conteggiati meno contributi”. “Mi ha causato problemi di salute, ma dovevo farlo per bisogno”, testimonia un altro.
Oltre allo sfruttamento lavorativo, ciò che emerge è il trattamento (dis)umano riservato a questa categoria: “Nell’hotel dove lavoro i dipendenti vengono trattati come nemmeno esseri umani. Sono un numero e se hanno un problema non vengono nemmeno considerati. Umanità zero!”. Spiega un altro: “Esperienza assurda svolta tra maltrattamenti, mancati pagamenti delle ore straordinarie e veri e propri problemi sociali. Totalmente fuori dal comune e da una giusta sanità non solo morale, ma fisica. Contratto non rispettato”. “Mi fa ridere a crepapelle vedere gli imprenditori stagionali lamentarsi al telegiornale che non trovano personale” precisa uno degli intervistati. “Incolpano il reddito di cittadinanza e le persone che chiedono dignità vengono definite dei fannulloni, quando invece loro durante la stagione fanno talmente tanto fatturato in nero da comprarsi villette in contanti o se ne stanno in vacanza per tutto l’inverno con i soldi risparmiati grazie all’evasione fiscale e il non pagare adeguatamente i dipendenti. Ci vorrebbe più umanità in questo settore, perché noi stagionali siamo esseri umani, e non carne da macello da sacrificare per i loro comodi”.
(da today.it)
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