TUTTE LA BALLE DI SALVINI SU OPEN ARMS, LA SUA MEMORIA DIFENSIVA FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI
NON E’ COMPITO DELLA STATO DI BANDIERA INDICARE IL POS, SALVINI HA VIOLATO IL PUNTO 6.8 DELLE LINEE GUIDA DELL’IMO, OLTRE ALLA SENTENZA DEL TAR… IL 2 AGOSTO OPEN ARMS HA CHIESTO ALL’ITALIA DI INDICARE IL PORTO SICURO PIU’ VICINO E PER DUE SETTIMANE I PROFUGHI A BORDO SONO STATI SEQUESTRATI… SI ERANO DISSOCIATI ANCHE I DUE MINISTRI TRENTA E TONINELLI
Archiviata — si fa per dire — la questione dell’autorizzazione a procedere del Senato nei confronti di Matteo Salvini per il caso Gregoretti all’attenzione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari è pervenuta la memoria del capo della Lega relativa ad un’altra richiesta di autorizzazione a procedere: quella per la Open Arms. Domani alle 13.00 si terrà la riunione della Giunta e in quella seduta il relatore della vicenda, il Presidente della Commissione, il senatore Maurizio Gasparri, farà la sua proposta, su cui si aprirà il dibattito in vista poi delle successive decisioni.
Per il caso Open Arms le accuse all’ex Ministro dell’Interno sono le stesse: plurimo sequestro di persona aggravato «per avere — si legge nella richiesta del Tribunale dei Ministri — nella sua qualità di ministro dell’Interno pro-tempore, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale 107 migranti di varie nazionalità giunti in prossimità delle coste di Lampedusa nella notte tra il 14 e il 15 agosto».
La vicenda, ultima della lunga serie della stagione dei “porti chiusi” del Governo Conte 1 ormai agli sgoccioli si era risolta con lo sbarco dei migranti a bordo dell’imbarcazione della ONG spagnola alla quale il Viminale aveva vietato lo sbarco a Lampedusa.
All’epoca molti migranti si erano gettati in mare ed erano stati poi caricati a bordo della Guardia Costiera e portati a riva.
Secondo la difesa di Salvini, che questa volta non può nemmeno tirare in ballo i suoi ex colleghi di governo, «l’Italia non aveva alcuna competenza e alcun obbligo con riferimento a tutti i salvataggi effettuati dalla nave spagnola Open Arms» avvenuti «al di fuori di aree di sua pertinenza».
Il salvataggio dei naufraghi era avvenuto infatti al di fuori della zona SAR di competenza dell’Italia e all’interno della cosiddetta SAR libica.
Una zona di search and rescue notificata all’IMO nel luglio del 2018 da molti considerata “fittizia” quando non addirittura un bluff o una vera e propria farsa.
Perchè la Libia — un paese in guerra — non ha i mezzi per effettuare le operazioni di ricerca e soccorso nell’area di sua competenza.
Con tanto di inchieste — giornalistiche e della magistratura — volte a fare chiarezza sul ruolo di coordinamento delle unità della Marina Militare italiana ormeggiate nel porto di Tripoli, che secondo alcuni sarebbero in buona sostanza la base operativa per gli interventi della sedicente guarda costiera libica.
Ma il punto centrale della difesa di Salvini, stando alle agenzie di stampa, sembra essere un altro. Nella memoria difensiva l’ex ministro spiega che «è sicuramente lo Stato di bandiera della nave che ha provveduto al salvataggio che deve indicare il Pos nei casi di operazioni effettuate in autonomia da navi Ong».
La questione è interessante. In primo luogo perchè implicitamente ammette che per il caso Gregoretti spettava all’Italia indicare il POS (cosa che il governo non ha fatto lasciando i migranti fermi nel porto di Augusta).
In secondo luogo perchè non è una tesi nuova. È anzi la stessa linea sostenuta dal Corriere della Sera per spiegare l’archiviazione a carico di Salvini del procedimento di indagine sulla Alan Kurdi.
Nel caso di Open Arms l’imbarcazione della ONG spagnola aveva chiesto il Pos all’Italia la sera del 2 agosto ma secondo l’ex ministro la competenza era dello stato di bandiera (la Spagna) o di quello più vicino all’area dove si erano svolte le operazioni di salvataggio (Malta).
Per quanto riguarda la posizione di La Valletta è semplice: Malta ha una sua zona SAR ma, visto che è un’isola relativamente piccola, non è in grado di svolgere o coordinare le operazioni di soccorso nè tanto meno di accogliere tutti i migranti che transitano per il Mediterrano Centrale. Per questo motivo l’Italia generalmente ha spesso assunto il ruolo di coordinamento delle operazioni SAR e di sbarco.
Ma torniamo alla questione dello stato bandiera.
Tocca tornare alla richiesta di archiviazione per la Alan Kurdi, fondata, secondo il ricercatore dell’ISPI Matteo Villa, su un palese errore di interpretazione di due articoli (il 3.1.3 e il 3.1.4) della Convenzione di Amburgo in base alla quale deve essere lo “Stato di primo contatto” (vale a dire lo stato bandiera) a dover procedere al coordinamento delle operazioni di salvataggio.
Ma quei due articoli della Convenzione di Amburgo riguardano invece la richiesta di ingresso, da parte di uno Stato nelle acque territoriali di un altro Paese allo scopo di compiere le operazioni di ricerca e di salvataggio in mare. Si tratta di rapporti di cooperazione tra Stati.
Sia nel caso della Alan Kurdi che della Open Arms non solo si parla di un’imbarcazione privata operata da un’organizzazione non governativa ma soprattutto il salvataggio è stato effettuato al di fuori delle acque territoriali perchè si è svolto nella zona SAR, che si estende ben oltre il limite delle acque nazionali (libiche o italiane o di qualsiasi altro Stato).
Inoltre quei due specifici articoli della Convenzione di Amburgo non parlano dell’indicazione del POS, il Place of Safety, ma di operazioni di soccorso in mare. L’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) stabilisce invece che sia il primo MRCC contattato a dover eventualmente trasferire la richiesta di soccorso al RCC responsabile per quell’area e che questo RCC debba «immediately accept responsibility for co-ordinating the rescue efforts, since related responsibilities, including arrangements for a place of safety for survivors» compito che ricade principalmente sul Governo responsabile per quell’area.
E che fine fa il RCC di primo contatto? Secondo l’IMO è responsabile per la gestione dei soccorsi fino a che l’RCC competente non assume la responsabilità dei soccorsi. Aggiungete a questo punto quanto detto in precedenza sul ruolo degli assetti della Marina Militare italiana nel coordinamento dei soccorsi “libici” da Tripoli e capirete che la questione non si risolve certo lavandosene pilatescamente le mani e dicendo che sono affari della Spagna.
Inoltre al punto 6.8 delle linee guida dell’IMO si legge che il governo e il MRCC responsabile dei soccorsi deve mettere in atto qualsiasi sforzo per «minimizzare il tempo di permanenza dei sopravvissuti a bordo della nave che ha prestato soccorso». Esattamente l’opposto di quello che ha fatto Salvini.
In base ai trattati e alle convenzioni internazionali non è vero quindi che spetta allo “stato bandiera” indicare il POS. Vi immaginate ad esempio se a soccorrere dei naufraghi nell’Egeo fosse un mercantile battente bandiera cinese o panamense?
Non ha alcun senso che si imponga lo sbarco in un porto distante migliaia di miglia quando ce ne sono di più vicini.
Impensabile quindi che una nave come la Open Arms potesse andare in Spagna dopo che il premier Sanchez aveva offerto il porto di Algeciras (il 18 agosto, sedici giorni dopo la prima richiesta all’Italia).
Salvini conclude ricordando che «gli eventi dell’agosto 2019 sono simili a quelli del 16 marzo 2018, che avevano coinvolto Open Arms e lo stesso comandante e rispetto ai quali la procura di Ragusa aveva già chiesto il rinvio a giudizio (accuse: violenza privata e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina)».
Ma non la racconta tutta, infatti dimentica che a carico del comandante della Open Arms c’era anche l’accusa di associazione a delinquere mossa dalla procura di Catania, che però è stata archiviata.
E non sarebbe la prima volta se anche il processo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina finisse in un nulla di fatto.
IL TRIBUNALE DEI MINISTRI di Palermo ha chiesto al Senato l’autorizzazione a procedere per l’ex ministro Salvini, accusato di sequestro di persona e omissione d’atti d’ufficio in concorso. Reati commessi dal 14 al 20 agosto 2019 per aver privato della libertà personale 164 migranti a bordo della ong catalana. Il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, a novembre aveva condiviso le ipotesi di reato con le quali il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, gli aveva inviato il fascicolo sul caso Open Arms.
Il Tribunale dei ministri ha condiviso le loro tesi accusatorie: secondo le tre giudici Caterina Greco, Lucia Fontana e Maria Cirrincione il decreto Sicurezza non può essere applicato a navi che soccorrono persone in difficoltà perchè «il soccorso in mare è obbligatorio» così come c’è sempre l’obbligo da parte degli stati «di indicare il pos, cioè un porto sicuro».
E ancora: «Non è stato un atto politico ma un atto amministrativo» deciso individualmente da Salvini, quindi non «condiviso» con gli altri esponenti del governo. I naufraghi erano stati salvati al largo della Libia, il primo agosto il Viminale firmò il divieto di ingresso nelle acque territoriali, atto poi siglato anche dai ministri 5S di Infrastrutture e Difesa del tempo, Toninelli e Trenta.
L’ong fece ricorso al Tar del Lazio che il 14 agosto dispose l’ingresso nei confini. Il Viminale firmò un secondo divieto ma Toninelli e Trenta, per la prima volta, si rifiutarono di sottoscriverlo. Così per una settimana la nave rimase alla fonda a un miglio da Lampedusa, soffrendo anche il mare in tempesta, perchè il ministro dell’Interno continuava a porre il veto allo sbarco.
IN TOTALE FURONO 19 i giorni passati sul ponte dell’Open Arms: i migranti, disperati, provarono persino a buttarsi in mare per raggiungere l’isola. Per sbloccare la situazione Patronaggio arrivò in elicottero a Lampedusa, salì a bordo per un’ispezione con medici e psichiatri, quindi dispose il sequestro facendo sbarcare naufraghi ed equipaggio. Nella sua ordinanza imputò al Viminale un atteggiamento «volutamente omissivo a danno dei migranti». Nel registro degli indagati finì anche il capo di gabinetto di Salvini, Matteo Piantedosi, perchè al vertice della catena di comando. Dieci giorni dopo toccò al gip di Agrigento, che scrisse: le persone hanno subito una «illecita e consapevole privazione della libertà personale. Erano presenti a bordo un centinaio di naufraghi con gravi rischi per la loro incolumità , per la loro salute fisica e psichica». Lo stesso gip dissequestrò la nave perchè «non sussistono esigenze probatorie e all’equipaggio non viene ascritta alcuna responsabilità ».
SECONDO IL TRIBUNALE dei ministri, Salvini ha «scientemente ignorato l’emergenza sanitaria mettendo veti alle autorità locali», non c’era poi alcun indizio che l’approdo potesse rappresentare un pericolo per l’ordine e la sicurezza, condizioni a cui il decreto Sicurezza bis subordina il divieto di sbarco. Inoltre aveva bloccato sulla nave anche i minori «nonostante un provvedimento del Tribunale» e «ignorato il Tar del Lazio con interpretazioni giuridiche» non valide. Il 12 febbraio il Senato deciderà se autorizzare il processo a Salvini sul caso Gregoretti.
Per il Tribunale dei ministri di Palermo l’ex titolare del Viminale “in violazione di convenzioni internazionali e di norme interne in materia di soccorso in mare e di tutela dei diritti umani ed abusando dei poteri allo stesso rimessi quale autorità nazionale di pubblica sicurezza, ometteva, senza giustificato motivo” di concedere un porto sicuro alla nave, si legge nelle oltre cento pagine di accusa. Salvini, sottolineano ancora i magistrati nel documento che è stato pubblicato sul sito della Giunta, non ha “esitato positivamente le richieste di Place of safety inoltrate al suo Ufficio di Gabinetto dall’Italian maritime rescue coordination center” per tre volte – il 14, il 15 e il 16 agosto – “così provocando consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale dei migranti, costringendoli a rimanere a bordo della nave per un tempo giuridicamente apprezzabile, precisamente dalla notte tra il 14 e il 15 agosto sino al 18, quanto ai soggetti minorenni, e per tutti gli altri sino al 20 agosto”, quando la Procura di Agrigento pose l’imbarcazione sotto sequestro preventivo e dispose lo sbarco di tutti. L’allora ministro, affermano ancora i giudici, avrebbe dovuto rispondere alle richieste “senza ritardo” “per ragioni di ordine e sicurezza pubblica, di igiene e sanità “.
(da agenzie)
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