TUTTI LO VOGLIONO ALLA PORTA MA BERLUSCONI NON MOLLA LA POLTRONA: PREVALGONO I SUOI INTERESSI PERSONALI
DALLA LEGGE PER L’EREDITA’ AI PROCESSI ANCORA IN CORSO… AL PREMIER BASTA RESTARE A GALLA
A luglio ha dovuto rinunciare alla norma “salva Mondadori”, un codicillo appositamente inserito nella manovra estiva.
È stata la prima pietra a rotolare giù: la circostanza ha costretto la Mondadori di Silvio Berlusconi a sborsare alla Cir di Carlo De Benedetti la bella cifra di 560 milioni di euro senza ottenere le dilazioni che aveva previsto quella legge finita al macero.
Di questo, Berlusconi, in pubblico e in privato, ancora si lagna.
Eppure quello doveva essere il primo campanello a suonare: allarme, la maggioranza non tiene neanche sulle leggi che servono al premier.
Poi, sulla roccia che si è andata sbriciolando sotto Palazzo Chigi, sono state messe le reti di diversi voti di fiducia.
La montagna ha retto alle richieste di chiarimento di magistratura e opposizioni su Marco Milanese e Saverio Romano.
E ha fatto finta che nulla fosse successo.
Le cronache dei nostri giorni ci raccontano di altri smottamenti: la marcia indietro sulle intercettazioni, con il testo che non sarà all’attenzione dell’aula della Camera nemmeno per novembre.
E la sospensione dell’iter sulla prescrizione breve al Senato, dove il provvedimento è finito nelle sabbie mobili della commissione Giustizia, affossato da 150 emendamenti e dall’ostruzionismo delle opposizioni.
Sono un modo per tenere su la parete mentre sotto Palazzo Chigi continuano a sgretolarsi pezzi di roccia.
Non passa settimana, che, barricati nell’aula di Montecitorio, deputati semplici e deputati ministri non vedano impallinato questo o quel provvedimento, dal rendiconto dello Stato (riapprovato al Senato, adesso è tornato in commissione Bilancio alla Camera sperando nel buon cuore delle opposizioni e della maggioranza), alle mozioni anche meno importanti. Incidenti di percorso sempre più ravvicinati che avrebbero mandato a casa qualsiasi altro governo.
Non questo che sopra la roccia friabile continua a resistere.
Dalle colonne del Giornale, l’amico Fedele Confalonieri consiglia a Berlusconi di “tenere duro”, come se la faccenda si riducesse a una questione personale, di carattere.
È uno che lo conosce, Fidèl: “Quando c’è da dar battaglia…”, ammicca.
Ma qual è la battaglia?
Politicamente è chiaro a tutti che il governo è a un passo dal tracollo.
Basta un incidente d’aula e la montagna frana tutta intera.
Il governicchio non riesce a fare le leggi “ad personam”, ma fatica pure su quelle “anche impopolari, da prendere ora”.
Eppure il presidente del Consiglio non solo non vuole farsi da parte (“è l’unico a non parlare mai del 2012 come data delle elezioni”, annota un ministro di peso), ma gli va bene anche andare avanti così.
È convinto di aver “salvato questo Paese” e che se qualcuno vuole metterlo alla porta deve avere il coraggio di votargli una sfiducia in Parlamento.
Di più: nonostante quello che affermano pubblicamente Roberto Formigoni e Gianni Alemanno, è convinto anche che, in ogni caso, sarà lui il candidato premier alle elezioni prossime venture.
Frattanto sta covando qualche rabbia.
Con il ministro Giulio Tremonti il problema è personale.
Il responsabile dell’Economia, raccontano, non fa mistero del fatto che Berlusconi se ne debba andare. Ma non c’è solo lui. Una certa insofferenza viene manifestata anche contro i direttori dei giornali che gli chiedono un passo indietro.
Ce l’ha con Repubblica e Corriere della Sera, dicono gli amici. Ce l’ha soprattutto con il direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano.
Ma perchè resta anche a prezzo di non governare?
Resta perchè l’uomo, come diceva Indro Montanelli “non ha idee, ha interessi”.
E i suoi interessi, adesso, sono quelli di provare a sistemare l’eredità dei figli di primo letto, Marina e Pier Silvio.
Nella bozza del decreto Sviluppo c’è una norma che gli permetterebbe di pilotare meglio la ripartizione dei beni di famiglia.
La politica, d’altronde, è andata di pari passo con la moltiplicazione della sua ricchezza personale.
Se nel 1993 Berlusconi aveva un patrimonio personale di poco più di un miliardo di euro, nel 2011 quelle ricchezze ammontano a oltre 5 miliardi e mezzo.
Segno che gli anni di governo hanno fatto bene alle aziende di famiglia.
Per questo, meglio non allontanarsi troppo dalla postazione di comando. Non foss’altro per l’ultimo consueto problema del nostro: i processi.
Da Mills a Ruby, passando per le intricate vicende di Napoli e Bari. Meglio stare dietro lo scudo di Palazzo Chigi, a giovarsi di impedimenti legittimi.
Anche se sul palazzo le crepe sono evidenti, che la montagna sta franando, e che sotto di questa, purtroppo per loro, ci sono gli italiani.
Eduardo Di Blasi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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