UN ABILE LAVORO DI CACCIAVITE
CON UN OCCHIO AL REFERENDUM, TANTE MICRO-MISURE CHE PREMIANO MONDI LONTANI: PENSIONATI, IMPRESE, SINDACATI E POPOLO DI DESTRA
Nessuna scossa, nessuno shock, nessuna ideona: la manovra 2017 è fatta da tante piccole misure con uno smaccato occhio al consenso elettorale. Non a caso va a premiare mondi molto lontani fra loro: pensionati, grandi industrie, sindacati, piccole imprese, enti locali, presunti evasori e dipendenti pubblici. Del resto il referendum è vicino
La terza legge di bilancio dell’era Renzi-Padoan segna una specie di ritorno al passato recente ovvero ai governi Monti e Letta, quando i presidenti del consiglio andavano ripetendo che per far ripartire il paese era meglio concentrarsi su tanti piccoli interventi che mettere tutte le (pochissime) risorse su un solo tavolo.
Ovvero quando si sprecavano le metafore sul lavoro di cacciavite (Enrico Letta), sulle tante piccole idee che messe in fila fanno una ideona (Corrado Passera), sul grande piano di piccole opere (Pier Luigi Bersani).
Sono passati poco meno di tre anni e l’attuale presidente del Consiglio sembra tornare sulle orme dei suoi predecessori, peraltro per sua stessa ammissione: dieci giorni fa durante una iniziativa elettorale ha anticipato i contenuti della manovra ammettendo che non ci sarebbe stato “nessuno shock fiscale ma tanti passettini”.
Effettivamente i passettini sono tanti e ognuno di questi guarda va nel verso di una precisa categoria sociale, e ovviamente un bacino elettorale.
Si può partire dalla numerosa categoria dei pensionati, a cui l’anno prossimo andranno quasi 2 miliardi di euro in più fra estensione della quattordicesima e anticipo pensionistico.
Poi ci sono i dipendenti pubblici, ai quali fra rinnovo del contratto e nuove assunzioni per medici e forze dell’ordine andranno altri 2 miliardi.
A essere contenti sono sicuramente i sindacati, che con questa manovra sono tornati a essere interlocutori del governo, incassando più soldi per i pensionati (categoria più numerosa per Cgil, Cisl e Uil) e qualcosina per gli statali.
E’ andata sicuramente bene anche agli imprenditori, sia quelli piccoli (un miliardo al fondo di garanzia per le pmi) che a quelli grandi (Industria 4.0 e sforbiciata all’Ires). Qualche miliardo arriva poi anche ai bistrattati enti locali.
Senza dimenticare la misura più popolare, soprattutto in quegli ambienti che di solito sono insofferenti a tasse e balzelli: la chiusura di Equitalia, la mini-sanatoria sulle cartelle e il rinnovo della voluntary disclosure (quest’ultima è una misura che agevola il rientro dei capitali nascosti all’estero).
Ebbene, se traduciamo i miliardi dati a queste categorie in voti sonanti, ci si accorge di tutta l’abilità politica del presidente del consiglio.
Renzi infatti è stato capace di fare un’operazione di redistribuzione delle poche risorse a disposizione – non più di una decina di miliardi al netto del disinnesco delle clausole di salvaguardia – in modo da non scontentare nessuno, o quanto meno scontentare il meno possibile.
Ma è appunto in questa sapiente distribuzione di pani e di pesci che si nasconde la vera inefficacia della legge di bilancio.
Come visto in passato, solo una grande frustata può far schiodare l’economia italiana dalla sfilza di zero virgola.
Insomma, con il cacciavite si può forse vincere un referendum, di certo non si può dare un futuro all’Italia.
Gianni Del Vecchio
(da “Huffingtonpost“)
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