VALERIO ONIDA, COSTITUZIONALISTA: “INIZIATIVA CORRETTA DEL CAPO DELLO STATO: SI PUO’ ASCOLTARE IL QUIRINALE SOLO PER ALTO TRADIMENTO”
IL PARERE DELL’EX PRESIDENTE DELLA CORTE COSTITUZIONALE E DOCENTE DI DIRITTO COSTITUZIONALE PRESSO L’UNIVERSITA’ DI MILANO
Valerio Onida, professore di Diritto costituzionale presso l’Università di Milano, è stato presidente della Corte Costituzionale e attualmente presiede la Scuola superiore della magistratura.
Quindi si trova in una posizione privilegiata per dare un giudizio sull’iniziativa del Quirinale di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale nei confronti della Procura di Palermo.
Cosa ne pensa?
«Quella del Quirinale è un’iniziativa volta a fare chiarezza. E l’unica autorità che può chiarire è la Consulta: è solo la Corte a poter dire qual è la via corretta da seguire, in base alla legge, nel rapporto tra i due poteri. Il presidente Napolitano, nel decreto con cui viene sollevato il conflitto, non mostra alcun interesse diretto, ma sostiene che se lui tacesse si potrebbe precostituire un precedente suscettibile in futuro di incidere sulle prerogative del capo dello Stato».
Quali prerogative?
«La legge 219 dell’89 esplicitamente prevede che il presidente della Repubblica non possa essere sottoposto a intercettazione se non dopo essere stato sospeso dalle funzioni nel procedimento d’accusa previsto dall’articolo 90 della Costituzione, cioè per alto tradimento o attentato alla Costituzione».
Anche nelle indagini di Palermo siamo al solito problema delle cosiddette intercettazioni indirette…
«Il divieto previsto dalla legge per il capo dello Stato è assoluto. In ogni caso sarà la Corte a stabilire se tale divieto comporta anche la totale inutilizzabilità e l’obbligo di distruzione immediata delle conversazioni intercettate occasionalmente su altre utenze».
Non vede il pericolo che questo conflitto possa estendere le sue conseguenze ad altre cariche, ad esempio, il presidente del Consiglio?
«No, non credo proprio, perchè la disciplina per i componenti del governo è completamente diversa da quella per il capo dello Stato. Per loro, se indagati per reati ministeriali, non c’è divieto di intercettazione, ma una procedura autorizzativa della Camera di appartenenza o del Senato, se non parlamentare».
Ci sono precedenti nei quali il Quirinale ha sollevato un conflitto?
«Questa è la terza volta. Il primo caso è del 1981. Anche se allora il Quirinale agì insieme agli altri organi costituzionali contro la Corte dei Conti che voleva estendere la sua giurisdizione anche ai bilanci dei vertici dello Stato. Il secondo conflitto fu sollevato dall’allora presidente Ciampi. La Corte, allora, affermò che in materia di concessione della grazia, il ministro della Giustizia non può denegare la sua controfirma all’atto di clemenza presidenziale».
M. Antonietta Calabrò
(da “Il Corriere della Sera“)
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