Destra di Popolo.net

LE TRUPPE DI VANNACCI SONO UNA SCHEGGIA IMPAZZITA NELLA LEGA: A VARESE STEFANIA BARDELLI ANNUNCIA CHE ALLE PROSSIME AMMINISTRATIVE CI SARÀ UNA LISTA CIVICA DELL’EX GENERALE: “NON È CHE LA LEGA PUO’ VENIRE A DIRMI CHE COSA POSSO FARE”

Ottobre 24th, 2025 Riccardo Fucile

I CAPIGRUPPO IN PARLAMENTO, MOLINARI E ROMEO, PRENDONO LE DISTANZE: “I TEAM DI VANNACCI NON POSSONO ESSERE STRUTTURE POLITICHE PARALLELE O ALTERNATIVE A QUELLE DEL PARTITO”

Lega contro team Vannacci e team Vannacci contro la Lega. Il doppio binario del generale — vicesegretario della Lega e ispiratore dei team con il suo nome — continua a creare tensioni. Con molti leghisti che prendono tutta la distanza possibili dai team. E i vannacciani che non rinunciano agli atteggiamenti di sfida.
A Varese, culla della Lega, la «Bersagliera di Vannacci» Stefania Bardelli annuncia che alle prossime elezioni
amministrative ci sarà una lista civica da lei promossa: «Sono una libera cittadina italiana e nessuno ha il diritto di dirmi che cosa devo fare».
Probabile però che a Varese la Lega esprimerà un suo candidato: «Non è che la Lega possa venire a dirmi che cosa posso o devo fare.
Lo stesso Roberto Vannacci è stato chiaro: non abbiamo alcun dovere. Noi non ci ispiriamo alla Lega ma al “Mondo al contrario”». Ma perché entrare proprio in rotta di collisione? «Io sono di Varese: se in vent’anni non mi sono mai avvicinata alla Lega un motivo ci sarà. Varese è una città a pezzi».
Ma il partito marca la differenza. Per il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, «è ovvio che ogni cittadino, se vuole candidarsi in un partito, può farlo. Ma i team non possono essere strutture politiche parallele o alternative a quelle del partito». Lo stesso Salvini «ha ribadito che i team vanno bene se sono circoli culturali. Se fanno attività politica, no».
Il capogruppo al Senato e segretario della Lega lombarda, Massimiliano Romeo, è netto: «No a un partito nel partito». E certamente «non si possono pretendere delle quote all’interno del partito».
E intanto arrivano nuove disposizioni riguardo a come intitolare i team: quello di Aritzo, in Sardegna, ispirato a Junio Valerio Borghese, comandante della Decima Mas e organizzatore del mancato golpe del 1970, dovrà cambiare nome.
Ma in Calabria c’è anche un team dedicato al sindacalista fascista Luigi Razza. La nuova norma pare un po’ democristiana: i team devono essere intitolati, salvo deroghe, «a una personalitàstorica o politica deceduta da almeno 70 anni».
(da agenzie)

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NON SI FERMANO LE PROTESTE DEI DIPENDENTI DEL TEATRO LA FENICE PER LA NOMINA DI BEATRICE VENEZI A DIRETTRICE MUSICALE, ANZI. LE MAESTRANZE HANNO CHIESTO UFFICIALMENTE ANCHE LA REVOCA DEL SOVRINTENDENTE NICOLA COLABIANCHI: “QUESTA GESTIONE HA ROTTO IN MODO IRREPARABILE IL RAPPORTO DI FIDUCIA CON LE LAVORATRICI E I LAVORATORI”

Ottobre 24th, 2025 Riccardo Fucile

LE DIMISSIONI DEL SOVRITENDENTE AZZEREREBBERO TUTTE LE CARICHE, COMPRESA QUELLA DELLA VENEZI: UNICO MODO PER SALVARE LA FACCIA DELLA “BACCHETTA NERA” CARA AI MELONI D’ITALIA

Non c’è aria di pace al Teatro La Fenice di Venezia, anzi. Dopo un mese di proteste per la nomina di Beatrice Venezi a direttrice musicale, le maestranze giovedì hanno chiesto ufficialmente anche la revoca del sovrintendente Nicola Colabianchi.
Proprio in mattinata il sindaco Luigi Brugnaro aveva ribadito che non c’era nessuna volontà di fare marcia indietro, ma di essere pronto a parlare se si fosse riaperto uno spiraglio di dialogo. Poche ore dopo però, è arrivato un altro macigno che taglia definitivamente ogni rapporto con la direzione.
«Questa gestione ha rotto in modo irreparabile il rapporto di fiducia con le lavoratrici e i lavoratori», ha scritto in un documento la Rsu, seguita dalla stessa richiesta firmata Usb. Queste in sintesi le ragioni chiave: la nomina di Venezi avvenuta senza trasparenza, né condivisione e l’assenza di un dialogo reale con le rappresentanze sindacali dato che l’ultimo colloquio con il sovrintendente è stato più di due settimane fa.
«Il risultato della manifestazione del 17 ottobre con oltre duemila persone — proseguono le maestranze — ha dimostrato che la Fenice non accetta di essere guidata senza rispetto, senza ascolto e senza visione».
Da qui la richiesta di un dietrofront del sovrintendente e della direttrice musicale e di un intervento urgente da parte delle istituzioni competenti — Comune, Regione e ministero della Cultura — nell’interesse di tutti. «La mobilitazione — conclude la Rsu — non si fermerà fino a quando non verrà ristabilito un clima di rispetto, trasparenza e partecipazione all’altezza della Fenice».
Nessuna risposta da Colabianchi. Il clima di fiducia che si stava instaurando tra le due parti negli ultimi mesi, lasciava intendere che prima della nomina ci sarebbe stato un confronto. Lo stesso Colabianchi lo aveva assicurato. «È tra la rosa dei candidati, ma c’è un anno di tempo» aveva detto.
Nell’arco di 48 ore però ne annunciava l’improvvisa nomina. In quel momento è iniziata la rivolta contro Venezi, considerata non adeguata al ruolo assegnatole, e contro Colabianchi, considerato un traditore.
Una settimana dopo è stato dichiarato lo stato di agitazione che ha visto l’apice delle azioni con lo sciopero di venerdì 17 e ieri con la richiesta di revoca ufficiale. «Ho cercato di mediare e riportare un clima di dialogo, ma se non si vuole parlare, cosa devo fare? — ha detto ieri il sindaco —. Trovo questa situazione irrispettosa verso il pubblico e violenta contro Venezi. Non si era mai visto nulla di simile».
Brugnaro non si dice preoccupato per l’intenzione di alcuni abbonanti di andarsene e ha anche dimostrato perplessità sul concerto in campo.
(da Corriere del Veneto)

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SONDAGGIO DI “IZI”: IL 54,1% DEI CITTADINI È CONTRARIO ALLA ROTTAMAZIONE FISCALE, PERCHÉ È “UN MODO DI PREMIARE CHI NON VERSA LE IMPOSTE”. MA IL 45,9% STA CON GLI EVASORI

Ottobre 24th, 2025 Riccardo Fucile

IL 77% È CONTRARIO AL POSSIBILE AUMENTO DELL’ETÀ PENSIONABILE… BOCCIATO L’AUMENTO DELLA TASSA SUGLI AFFITTI BREVI: IL 54,5% PENSA CHE “PENALIZZI LA LIBERA INIZIATIVA IMPRENDITORIALE”

Gli italiani non guardano con favore alle novità della manovra : nel complesso il giudizio sulle principali misure annunciate dal governo Meloni in legge di bilancio è negativo .
È quanto emerge da un sondaggio realizzato da Izi, azienda di analisi e valutazioni economiche e politiche, presentato questa mattina nel corso della trasmissione l’Aria che Tira condotta da David Parenzo su La 7.
Alla domanda sull’aumento dell’età pensionabile, la stragrande maggioranza degli italiani, il 77%, si dice contrario alla misura che “danneggia i lavoratori e i più deboli”, solo il 23% è d’accordo, ritenendo che sia “un piccolo sacrificio necessario anche per ragioni demografiche”.
Interessante notare come anche tra gli elettori dei partiti di governo la percentuale di coloro che sono contrari è altissima : il 70%. Quasi plebiscitaria, l’82% , la percentuale dei contrari all’aumento dell’età pensionabile tra gli elettori di opposizione.
Per quanto riguarda la rottamazione delle cartelle esattoriali – con la cosiddetta pace fiscale che prevede la cancellazione di interessi e sanzioni e la possibilità di pagare il debito nel corso di 9 anni -, più della metà la degli italiani, il 54,1% si dice contrario, poiché “è un modo di premiare gli evasori” ma è
comunque una percentuale molto alta, il 45,9% che si dice d’accordo motivando come “spesso sono imposte inique comunque garantiscono allo Stato il rientro di risorse importanti”.
Qui gli elettori di governo e di opposizione sono in contrasto : i primi sono favorevoli alla rottamazione per il 62,8% , mentre i secondi contrari per il 77,9%.
Sulla proposta di aumentare la tassa sugli affitti brevi, più della metà degli italiani, il 54,5% è contrario perché “penalizza la libera iniziativa imprenditoriale e il turismo”, mentre il 45,5% è favorevole, dato che sono rendite di posizione e vanno tassate.
Interessante notare come tra gli elettori dei partiti di governo la proposta sugli affitti brevi pur riguardando un aumento di tassazione , sia accolta con più favore che tra coloro che scelgono i partiti di opposizione (52% contro 43,9%).
“Sui temi più strettamente economici le opinioni degli italiani sono decisamente più trasversali rispetto a quelli più strettamente ideologici. Si supera il concetto di tifo per verificare nei provvedimenti qual è il proprio interesse. È un dato importante su cui i partiti devono riflettere”, spiega Giacomo Spaini, presidente e ceo di Izi.
(da agenzie)

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C’È LA MALA ALBANESE DIETRO L’ATTENTATO A RANUCCI ? LA PROCURA DI ROMA PUNTA SOPRATTUTTO SULLA PISTA DEL NARCOTRAFFICO

Ottobre 24th, 2025 Riccardo Fucile

“DOMANI” PUBBLICA LA LETTERA ANONIMA AGLI ATTI DELL’INDAGINE, CHE INDICA COME MATRICE DELL’ESPLOSIONE LA MAFIA ALBANESE: “IL MANDANTE DELL’ATTENTATO A RANUCCI È IL POTENTISSIMO NARCOTRAFFICANTE ALBANESE E ASSASSINO MOLTO PERICOLOSO…” … L’INTRECCIO CON IL BOSS DELLA MALA, ARTUR SHEHU, ORA RESIDENTE A MIAMI

La bomba piazzata davanti casa di Ranucci poteva essere una strage: l’ordigno, seppure rudimentale (ma qualcuno parla già di un livello di preparazione non banale), era stato piazzato vicino le auto del giornalista e della figlia, entrambe alimentate a gas.
Chi ha posizionato l’ordigno sapeva che i veicoli potevano saltare in aria e causare una strage? E ha costruito di proposito un’arma scadente per depistare rispetto ai reali mandanti?
Per ora l’inchiesta della procura di Roma è ancora in alto mare, e le risposte non arriveranno presto. Ma Domani ha avuto accesso a una lettera anonima agli atti dell’indagine, che indica come matrice dell’esplosione la mafia albanese. Una missiva inviata venti ore dopo l’attentato alla Direzione investigativa antimafia, e che ora è finita nel fascicolo.
Nei giorni scorsi il quotidiano La Repubblica aveva già riferito di «informazioni arrivate dall’Albania» alla nostra antimafia. Ora questo giornale è in grado di rivelare il contenuto e l’origine della missiva che contiene quelle informazioni, con elementi che formano una pista investigativa definita, almeno per chi l’ha scritta.
Perché, al contrario, la procura e gli investigatori non stanno privilegiando una sola pista: nulla è lasciato al caso. E però anche se dovesse trattarsi di un falso per indirizzare le indagini contro facili obiettivi risulterebbe di pari interesse: chi e perché ha interesse a spostare l’attenzione sui clan albanesi?
La lettera inviata da un indirizzo mail criptato inizia così: «Il mandante dell’attentato al giornalista Sigfrido Ranucci è il potentissimo narcotrafficante albanese e assassino molto pericoloso…». Le prime due righe non lasciano spazio all’immaginazione. Le successive non sono da meno: «L’esecutore materiale dell’attentato è…».
Insomma nomi, cognomi, soprannomi e ruoli nell’organigramma della criminalità organizzata albanese che evitiamo di riportare integralmente perché sono appunti scritti in una segnalazione senza firma in mano ora anche a chi indaga sulla bomba esplosa giovedì 16 ottobre, poco prima che scoccassero le dieci e trenta di sera, davanti casa di Ranucci. I boss indicati hanno messo radici anche in Italia, in particolare in Toscana, nella zona di Prato.
Il documento non è firmato, ma a pagina due l’autore si descrive come un ex procuratore di una città albanese molto nota, che in passato avrebbe subito a sua volta intimidazioni dal medesimo clan con ordigni della stessa fattura.
Domani ha provato a verificare autonomamente, anche con autorevoli fonti investigative a Tirana, se esistesse un magistrato con questa storia: esiste una toga che ha lasciato la magistratura per via di un procedimento penale, ma non ci risulta sia stato obiettivo di minacce, come scritto nell’anonimo sul quale stanno effettuando verifiche gli investigatori.
Positivo, invece, il nostro riscontro sui due narcos indicati quali esecutori. Le medesime fonti investigative albanesi dicono: esistono entrambi, uno in particolare compare in una vecchia
indagine di dodici anni fa, sospettato di un omicidio.
Su di loro non esistono tracce su fonti aperte, né sono mai stati citati in articoli di alcun giornale italiano. In questo senso l’autore misterioso della missiva sull’attentato a Ranucci mostra di conoscere nel dettaglio il milieu della mafia albanese.
In particolare l’organizzazione conosciuta con il nome di cartello di Sinaloa sezione di Valona. Un brand di cui si è occupato Report in una delle sue puntate sui centri italiani per deportare i migranti nel regno di Rama.
Ed è in riferimento al cartello del crimine che nel documento si fa riferimento ad Artur Shehu: i due killer farebbero parte del suo giro, secondo la manina che ha vergato il rapporto inviato ai detective italiani. Oggi è un affermato imprenditore, solo sospettato di essere a capo di un clan potente e temuto in mezzo mondo.
Vive nel lusso della sua villa a Miami. Di Shehu in Albania si parla molto in queste settimane. Perché è il signore che avrebbe incontrato mezzo governo Rama su un’isola caraibica per discutere di affari. Lo ha rivelato Nello Trocchia, nel suo libro appena pubblicato dal titolo Invincibili, un’indagine sulla mafia albanese dall’Italia al mondo.
(da Domani)

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PERCHE’ L’ECONOMIA ITALIANA E’ BLOCCATA E GLI STIPENDI RESTANO BASSISSIMI

Ottobre 24th, 2025 Riccardo Fucile

SALARI PIU’BASSI RISPETTO AL 2020 E PIL FERMO, PIU’ L’EFFETTO DI DAZI

È un momento difficile per l’economia italiana, da tempo tornata a una crescita del Pil molto ridotta. Nel periodo luglio-settembre di quest’anno, il prodotto interno lordo è stato “stagnante”. L’occupazione ha continuato a salire, ma di appena lo 0,1%. E i salari hanno rallentato, restando lontanissimi dai livelli del 2020, in termini reali (che tengono conto del potere d’acquisto). Intanto, i dazi statunitensi fanno sentire i loro primi effetti. Sono
alcuni dei dati che emergono dalla nuova nota congiunturale dell’Ufficio parlamentare di bilancio.
L’occupazione rallenta, giovani in difficoltà
In primavera l’occupazione ha tenuto: sono scesi i lavoratori dipendenti, ma sono aumentati gli autonomi, quindi il numero di persone con un lavoro è lievemente salito (anche se questo numero va sempre messo nel contesto giusto). In estate, secondo stime preliminari riportate dall’Upb, l’aumento dell’occupazione sarebbe stato di appena lo 0,1%.
Ciò che può preoccupare, però, è l’andamento delle varie fasce d’età. A pochi giorni dal rapporto Istat che certifica l’ennesimo record negativo della natalità nel 2024, si conferma che sul lavoro i giovani sono in difficoltà. Tra gli occupati infatti aumentano i 50-64enni. I motivi sono due: la popolazione invecchia; e andare in pensione è sempre più difficile. Una situazione che certo non migliorerà con la prossima legge di bilancio. Allo stesso tempo, la “quota di lavoratori più giovani” si è ridotta. E si è alzato il numero degli inattivi: quelli che né hanno un lavoro, né lo cercano.
Gli stipendi reali sono ancora lontanissimi dal 2020
Se l’occupazione, cavallo di battaglia del governo Meloni, inizia a mostrare delle crepe, la situazione non è migliore per quanto riguarda gli stipendi. L’aumento dei salari in termini reali è un altro dei risultati che il governo ha rivendicato: ovvero il fatto che, negli ultimi anni, gli stipendi siano saliti più di quanto è aumentata l’inflazione (e quindi i prezzi). È un meccanismo necessario per mantenere il potere d’acquisto.
Il problema è che nel 2022 e 2023 c’è stato un picco dell’inflazione che non si vedeva da decenni. In quel periodo le buste paga hanno perso parecchio potere d’acquisto. I prezzi schizzavano alle stelle, gli stipendi restavano fermi o aumentavano di pochissimo. E di fatto questa situazione non è ancora stata risolta, il ‘buco’ che si è creato allora non è stato riempito.
Anzi, nella primavera di quest’anno l’aumento degli stipendi ha rallentato, scendendo al 3,2%. Certo, è comunque un dato più alto dell’inflazione, ferma per ora all’1,6%. Ma il gap enorme rimane. Rispetto al 2020, i salari reali sono più bassi dell’8,8%. Concretamente: se i prezzi non fossero cambiati, è come se uno stipendio da 1.800 euro al mese in questi cinque anni si fosse abbassato a circa 1.640 euro al mese.
Pil stagnante e i dazi di Trump si fanno sentire per le aziende
Le previsioni sul Pil non sono ottimistiche. Era accelerato in inverno, mentre ad aprile-giugno è addirittura sceso (dello 0,1%), cosa che non accadeva da quasi tre anni. In estate, invece, è stato “pressoché stagnante”. Ora, ci si aspetta che verso la fine dell’anno ci sia una ripresa. La previsione è che alla fine si arrivi nel 2025 a far crescere il Pil dello 0,5%. Ma ci sono “rischi significativi” che il risultato effettivo sia più basso.
I problemi sono noti. Ad esempio, le famiglie spendono poco: se ricevono soldi in più, preferiscono metterli da parte. Uno dei motivi è l’incertezza nel futuro. L’incertezza di famiglie e imprese calcolata dall’Upb “è su valori prossimi ai massimi storici”, se si esclude il periodo della pandemia. In più, l’attività delle industrie si è indebolita ancora. Per di più sono anche scese
le esportazioni, soprattutto verso gli Stati Uniti, stando a dati preliminari.
Più incertezza sul futuro, meno esportazioni verso gli Usa: questi sono alcuni dei primi effetti dei dazi imposti dall’amministrazione di Donald Trump. Effetti che comunque “si dispiegheranno nel tempo”, specifica l’Ufficio parlamentare di bilancio. È normale che da parte delle imprese – soprattutto in settori come abbigliamento e bevande – ci siano dei timori: l’Upb stima che le tariffe statunitensi, insieme all’indebolimento del dollaro registrato dall’inizio dell’anno, causino una spesa aggiuntiva di circa il 30% per un importatore negli Usa. A queste condizioni, vendere i propri prodotti per le aziende italiane diventa molto più complicato.

(da Fanpage)

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L’EX CONSIGLIERE COMUNALE DI VERONA ANDREA BACCIGA, ELETTO CON UNA LISTA CIVICA E POI PASSATO CON LA LEGA, È STATO CONDANNATO A SEI MESI PER AVER FATTO IL SALUTO FASCISTA NELL’AULA DEL CONSIGLIO

Ottobre 24th, 2025 Riccardo Fucile

BACCIGA È STATO INTERDETTO DAI PUBBLICI UFFICI PER CINQUE ANNI

La Corte d’Appello di Venezia ha condannato a sei mesi di carcere e all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni l’ex consigliere comunale di Verona Andrea Bacciga, che era stato assolto in primo grado per aver fatto il saluto fascista nell’aula del Consiglio.
Lo riferiscono L’Arena e il Corriere di Verona. La vicenda risale al 26 luglio 2018, a Palazzo Barbieri, quando un gruppo di attiviste femministe dell’associazione “Non una di meno” si erano sedute tra il pubblico indossando costumi simili a quelli della fiction “Il racconto dell’ancella” (The Handmaid’s Tale), per protestare contro la presentazione di due mozioni leghiste tese a favorire alcune associazioni antiabortiste.
Bacciga, esponente della lista di destra “Battiti”, si era quindi rivolto al gruppo alzando il braccio destro. Denunciato per apologia di fascismo, l’ex consigliere era però stato assolto nel novembre 2022 dal tribunale di Verona, perché “il fatto non sussiste”, poiché a detta dei giudici “il gesto non ha avuto alcuna attitudine di raccolta di consensi né tanto meno una finalità propagandistica”.
L’allora procuratore capo reggente Bruno Bruni aveva impugnato l’assoluzione, assieme alle parti civili Aned e tre attiviste di “Non una di meno”. In sede di appello la procura generale e le parti civili hanno insistito sulla “valenza propagandistica” del gesto di Bacciga e sulla concretezza del pericolo di ricostituzione del partito fascista. Tra 60 giorni lmotivazioni della condanna, inflitta con la sospensione condizionale.
(da agenzie)

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È SCATTATO L’ASSEDIO ALLA RAGIONIERA GENERALE DELLO STATO, DARIA PERROTTA, FEDELISSIMA DI GIORGETTI, ACCUSATA DI ESSERE LA RESPONSABILE DELLA LINEA DEL RIGORE NELLA MANOVRA

Ottobre 24th, 2025 Riccardo Fucile

MELONI PROMETTE “AGGIUSTAMENTI” AL TESTO PER CALMARE I SUOI DUE VICEPREMIER E I MINISTRI IN RIVOLTA

In vista del Cdm di martedì, ancora senza oggetto, il messaggio di Giorgia Meloni è stato recapitato agli interessati, cioè ai ministri più insofferenti, inclusi i vicepremier: un po’ di fibrillazione sulla manovra è fisiologica, ma vanno evitati frontali, sortite troppo pugnaci.
Anche perché, è il ragionamento che filtra da chi sta seguendo il dossier nella cerchia della premier, un margine di aggiustamento ci sarà, per quanto esiguo.
Meloni intende governare il tetris della manovra una volta rientrata da Bruxelles. Dirà la sua pubblicamente, ma alla fine, per chiudere la partita. Sa bene che non sono solo i vice – Antonio Tajani, in chiaro, e Matteo Salvini, in privato – ad avercela con la forbice della ragioniera capo, Daria Perrotta. Diversi big di FdI hanno espresso pesanti riserve nell’ultimo consiglio dei ministri, da Francesco Lollobrigida a Tommaso Foti e Alessandro Giuli.
A difendere la manager sono in pochi: Guido Crosetto, Daniela Santanchè, Paolo Zangrillo. Oltre ovviamente a Giorgetti. Meloni per ora sostiene la dirigente scelta dal titolare del Mef. Ma non è una delega in bianco.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, che si muove solo quando la premier garantisce il suo via libera, in queste ore ha chiesto ai senatori di Fratelli d’Italia di attrezzarsi per gestire in Parlamento le modifiche alla manovra. L’avviso è questo: non ripetiamo quanto accaduto l’anno scorso, evitiamo che sia la Ragioneria a decidere tutto.
Nel frattempo va sminata la grana dell’aumento della tassazione sugli affitti brevi. Tajani continua a rilanciare e prepara
emendamenti parlamentari.
La premier è laica, non esclude ulteriori modifiche, per adesso ha coperto la linea di Giorgetti e Perrotta su questo dossier, ma valuta quanto hanno iniziato a suggerirle i suoi: aumentare le imposte per chi accede ai servizi di Airbnb può diventare un boomerang, perché sono gli stessi utenti che proprio in questa condizione non possono evadere. In altri termini: la misura potrebbe incentivare chi valuta di affittare “in nero”.
L’altro filone di lamentele contro Perrotta riguarda i tagli lineari ai ministeri, la scure su tutte le giacenze di cassa, cioè i fondi sin qui non utilizzati. La premier ha promesso un tavolo e la prossima settimana dovrebbero esserci riunioni (ma separate) tra dicasteri e Ragioneria.
È un amo lanciato ai ministri più crucciati: senza sconfessare quanto chiesto dalla premier al Mef in questi anni, cioè rigore nei conti pubblici, da Palazzo Chigi fanno filtrare che esiste comunque un minimo margine di spesa, uno sforamento possibile per la legge di bilancio.
(da La Repubblica)

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“LA CINA NON SCEGLIE TRA MOSCA E WASHINGTON: SCEGLIE SÉ STESSA: ETTORE SEQUI ANALIZZA LA DECISIONE DELLA CINA DI FERMARE GLI ACQUISTI DI PETROLIO RUSSO VIA MARE

Ottobre 24th, 2025 Riccardo Fucile

“È UN GESTO DI DISTENSIONE VERSO TRUMP, UN SEGNALE DI PRAGMATISMO PER CREARE UN CLIMA PIÙ FAVOREVOLE A UN’INTESA” – “PECHINO SOSTIENE MOSCA POLITICAMENTE, MA LA VINCOLA ECONOMICAMENTE”

La decisione di Pechino di sospendere gli acquisti di greggio russo è una scelta economica dal significato politico profondo.
È al tempo stesso mossa tattica e segnale di lungo periodo.
Non è un atto isolato: riflette la doppia esigenza di Pechino di tutelare la propria sicurezza economica e mantenere lo spazio politico per il dialogo con Washington.
La tempistica non è casuale. La Cina ha concluso ieri il Quarto Plenum del Comitato Centrale del Partito Comunista, dove Xi ha presentato il piano quinquennale 2026-2030 e ridefinito le
priorità strategiche.
Parallelamente, si avvicina un possibile incontro fra Xi e Donald Trump al vertice Apec di fine ottobre. Nel negoziato tariffario la Cina non può permettersi tensioni con Washington.
La sospensione temporanea del greggio russo è quindi un gesto di distensione, un segnale di pragmatismo per creare un clima più favorevole a un’intesa che entrambe le potenze cercano: riduzione dei dazi, stabilità dei mercati e migliore accesso reciproco a microprocessori e materie critiche.
L’economia cinese rimane fragile. Dopo le decisioni del Plenum, Xi deve rassicurare una società inquieta.
Stabilità dei prezzi energetici e sicurezza delle forniture sono condizioni essenziali per contenere il malcontento e mantenere l’ordine interno.
Ridurre l’esposizione al rischio sanzionatorio Usa è dunque prudenza politica prima ancora che economica.
Pechino non romperà con Mosca, ma non sfiderà l’ordine finanziario dominato dal dollaro.
La Cina parla spesso di dedollarizzazione, ma sa che nessuna valuta alternativa può oggi sostituire il dollaro nel commercio del petrolio.
Le sanzioni Usa colpiscono il cuore dell’economia russa, vietano alle compagnie di operare in dollari e impongono rischi diretti ai partner. Le sanzioni secondarie estendono la minaccia a banche, assicurazioni, trader e armatori.
Le grandi società cinesi non intendono esporsi. Meglio sospendere e preservare margini negoziali in vista del vertice Xi-Trump.
La Cina muove dunque su tre piani. Innanzitutto, su quello economico, difende i propri interessi nel negoziato tariffario, puntando a ridurre barriere e consolidare un nuovo equilibrio nelle catene del valore.
Sul piano politico, prepara il terreno all’incontro Xi-Trump, evitando gesti ostili.
Sul piano strategico avverte Mosca: la cooperazione continua, ma il sostegno non è illimitato.
Pechino non intende pagare il prezzo della guerra russa né sacrificare i propri interessi tecnologici e finanziari.
Le sanzioni Usa, nate per colpire la Russia, allentano l’abbraccio tra Pechino e Mosca. Trump lo ha intuito: ha dichiarato che la Cina «potrebbe facilitare una soluzione» e intende discuterne con Xi.
La Cina, che trae vantaggio dalla minore attenzione americana sull’Indo-Pacifico, mira ora a tradurre questa fase in concessioni concrete: minore pressione su Taiwan, maggiore flessibilità sull’export di chip avanzati e alleggerimento selettivo dei dazi.
Da Mosca non sono arrivate per ora reazioni alla decisione cinese. Il Cremlino sa di non poter rinunciare a Pechino, ma la cautela cinese rivela una dipendenza sempre più sbilanciata.
Per l’Ucraina, queste dinamiche aprono uno spiraglio. Le nuove sanzioni Usa, l’allineamento europeo su Gnl e flotta ombra russa, e la prudenza cinese sugli acquisti energetici, rendono più onerosa la strategia di Putin. Il vantaggio russo nel tempo si erode, mentre la Cina trasforma la cautela in leva diplomatica. C’è un messaggio chiaro: il potere non risiede più nei pozzi, ma nei flussi. Chi controlla pagamenti, assicurazioni e standard
internazionali controlla la velocità del denaro, e quindi della guerra.
Nel nuovo equilibrio, Pechino si muove con doppio registro: sostiene Mosca politicamente, ma la vincola economicamente. Gli Stati Uniti colpiscono il cuore della potenza russa e ottengono un canale di dialogo con la Cina, che rimane comunque il loro avversario strategico. La guerra resta incerta, ma il quadro cambia: l’Asia non è più rifugio della Russia, la Cina non è partner incondizionato e l’energia è la nuova diplomazia coercitiva. In questa economia del potere, la Cina non sceglie tra Mosca e Washington: sceglie sé stessa.
(da La Stampa)

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L’AZIENDA TEDESCA “BOCKER”, CHE HA FABBRICATO IL MONTACARICHI UTILIZZATO DAI CRIMINALI PER ENTRARE E USCIRE COL MALLOPPO DAL LOUVRE, POSTA SU INSTAGRAM UNA FOTO DEL LORO MEZZO FUORI DAL MUSEO: “QUANDO HAI BISOGNO DI FARE IN FRETTA, I NOSTRI MONTACARICHI TRASPORTANO I VOSTRI TESORI IN MODO VELOCE E SILENZIOSO”

Ottobre 24th, 2025 Riccardo Fucile

SUI SOCIAL GLI UTENTI SBERTUCCIANO LE MISURE DI SICUREZZA DEL MUSEO PARIGINO

Il furto al Louvre, in cui lo scorso 19 ottobre sono stati sottratti in appena 7 minuti svariati gioielli dal valore inestimabile, in Francia è diventato un caso nazionale: dalle dimissioni della direttrice del museo (poi respinte) alle polemiche sulla sicurezza delle opere d’arte, su tutti i media montano le polemiche che si affastellano su un momento già non particolarmente fausto per la politica e le finanze d’Oltralpe.
Ma se le istituzioni francesi prendono molto sul serio l’accaduto (e qualcuno cerca anche di renderlo oggetto di disinformazione), il web si sta invece scatenando producendo contenuti intrisi della solita ironia e dissacrazione. L’ultima in ordine di tempo è per esempio la Böcker, azienda tedesca di base a Werne che fabbrica montacarichi. Ma non una marca qualunque, proprio quella del montacarichi usato dagli agilissimi ladri.
Nelle ultime ore, infatti, sono emerse le immagini dei criminali che, facendosi sollevare proprio da una gru del brand Böcker, si introducono attraverso una finestra nella Galerie d’Apollon, che contiene appunto l’incredibile collezione di gioielli del Louvre. Proprio Böcker ha approfittato della situazione per un esempio preclaro di instant marketing: “Quando le cose vanno fatte in fretta”, si legge in un’immagine promozionale diffusa sui social dell’azienda: “Böcker Agilo trasporta i tuoi tesori fino a 400 kg di peso a 42 m/min, in modo silenzioso grazie al suo motore elettrico da 230 V”.
(da agenzie)

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