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LA CARFAGNA SALUTA IL PDL E SE NE VA, BOSSI VUOLE INVECE ANDARE A VOTARE PER PERDERE LE ELEZIONI

Novembre 19th, 2010 Riccardo Fucile

IL MINISTRO DELLE PARI OPPORTUNITA’ E’ PROSSIMA A LASCIARE IL GOVERNO E IL PARTITO, SUBITO DOPO LA VOTAZIONE DELLA FIDUCIA…BOSSI VUOLE LE ELEZIONI PER PERDERLE…. FINI LO SFIDA: “NON HO PAURA DEL VOTO”

Mara Carfagna è sul punto di lasciare Pdl e governo.
Quella che al momento è solo una indiscrezione dell’Ansa (la diretta interessata non conferma e non smentisce) rappresenta, comunque, l’ultimo colpo di scena del terremoto che da settimane scuote il Pdl, culminato nell’uscita dal partito e dall’esecutivo dei parlamentari finiani.
L’intenzione del ministro per le Pari Opportunità  sarebbe quella di aspettare le verifiche parlamentari del 14 dicembre prima di dare le dimissioni.
Alla base della sua scelta ci sarebbero gli insanabili contrasti con i vertici campani del partito e «l’incapacità » dei coordinatori nazionali di affrontare i problemi interni al Pdl campano.
A chi ha avuto modo di sentirla, inoltre, il ministro ha spiegato di sentirsi «amareggiata» per «gli attacchi volgari e maligni» di esponenti del partito come Giancarlo Lehner, Alessandra Mussolini e Mario Pepe.
Negli ultimi giorni, diversi esponenti del Pdl hanno accusato più o meno velatamente la Carfagna di guardare con interesse a Fli anche in vista delle elezioni del sindaco di Napoli.
Le notizie che riguardano la Carfagna arrivano all’indomani del videomessaggio di Gianfranco Fini.
L’appello alla responsabilità  del presidente della Camera hanno sollevato numerose polemiche e hanno spinto il leader della Lega Umberto Bossi a d accusare il leader di Fli «di aver paura del voto».
A stretto giro, da Torino, è arrivata la risposta di Fini:”non temo le elezioni, ma non servono al Paese».
ll leader leghista è del parere che il presidente del Consiglio avrà  la fiducia di entrambe le Camere ma, se così non fosse, «bisogna andare alle elezioni. Se è saggio va al voto e ritorna con un sacco di voti in più».
Per Bossi, però, Berlusconi potrebbe fare come Fanfani: «Ottenne la fiducia ma si dimise comunque».
Secondo Bossi, infine, non ci sono possibilità  di un governo tecnico: «Napolitano è saggio e non lo permetterà . E comunque ci sarebbe una reazione troppo forte del Paese».
In realtà  Bossi si rende conto che la Lega sta perdendo consensi (-2% a Milano in pochi mesi) e, se la crisi politica si protrae, confermare un 11-12% diventerò un sogno.
Meglio realizzare ora, anche se poi il centrodestra dal voto ne uscirà  con le ossa rotta perchè al Senato la maggioranza se la scorda.
E a quel punto salterà  sulla zattera Tremonti, abbandonando il Cavaliere al suo destino.

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DOPO IL PIT STOP, I FINIANI INSISTONO E RILANCIANO: “NESSUNA RETROMARCIA, VOTIAMO LA SFIDUCIA”

Novembre 19th, 2010 Riccardo Fucile

SUL WEB ERA MONTATA LA PROTESTA DELLA BASE PER QUELLO CHE E’ STATO INTERPRETATO COME UN COLPO DI FRENO…GRANATA PRECISA: “ABBIAMO RITIRATO LA NOSTRA DELEGAZIONE AL GOVERNO, CI COMPORTEREMO DI CONSEGUENZA SULLA SFIDUCIA”… CONSOLO E MENIA: “NOI RESTIAMO CON FINI, FUTURO E LIBERTA’ RESTA UNITO”

All’indomani del videomessaggio di Gianfranco Fini e delle voci che danno una pattuglia di finiani poco sicuri di votare la sfiducia al governo, Fabio Granata, uno dei “falchi” vicino al presidente della Camera, fuga i dubbi.
Scacciando l’interpretazione delle prime pagine dei giornali che parlano di un secco colpo di freno da parte del presidente della Camera.
“Nessuna retromarcia. Se il percorso sarà  quello di arrivare in Aula a maggioranza invariata e se, peggio ancora, continua questo tentativo di garantirsi una striminzita maggioranza numerica, senza tenere conto della grande questione politica posta da Fini, non potremmo che votare la sfiducia. Abbiamo ritirato la delegazione dal governo e ci comporteremo di conseguenza con la sfiducia”.
Smentiscono tentazioni di retromarcia sia il deputato di Fli Giuseppe Consolo (“seguo le indicazioni di Fini per convinzione, non per dovere. Il resto sono giornalate”), sia l’ex sottosegretario all’ambiente Roberto Menia: “Fli non si spacca, mi pare una favola. Non ho nessuna voglia di votare la sfiducia, ma se mi costringono a farlo lo faccio”.
Menia ipotizza così il futuro del governo:   “La proposta è questa: fase due di questa legislatura, un aggiornamento del programma, se possibile un centrodestra allargato. Io l’ho sempre letta così: dopo di che si può rispondere o con la sfida muscolare, ma fa parte della tattica per ognuna delle parti e poi c’è invece il momento della ragionevolezza. Manca meno di un mese alla verifica mi auguro che prevalga, per il bene del paese, la ragionevolezza”.
Se il videomessaggio di Fini non era   una marcia indietro, che cosa era?
“Un grande richiamo al senso di responsabilità  a Berlusconi, perchè l’Italia attraversa una fase molto difficile   e da qui al 14 dicembre bisogna governare i processi sociali e dell’economia” spiega Granata.
“Il governo, così com’è, non può andare avanti, serve un passo indietro e l’apertura di una crisi per realizzare poi una nuova agenda di governo e con ampia base parlamentare”.
Nel pomeriggio il presidente della Camera sarà  a Torino per la sua prima uscita pubblica come leader di Fli.
Dall’altra parte, il videomessaggio con cui ieri Gianfranco Fini ha chiesto “una maggiore responsabilità ” da parte della maggioranza di governo, viene discusso e criticato nelle piazze digitali che ruotano intorno a Futuro e Libertà  per L’Italia: c’è chi riconosce a Fini “senso dello Stato e delle Istituzioni”.
Ma c’è anche chi scrive: “Non capisco e non mi adeguo”.
In molti esprimono interrogativi: “Non ho capito il senso. E voi?”.
Per altri, la situazione è più chiara: “Nell’ultimo messaggio Fini è ambiguo. Se la chiude con Berlusconi alla ‘volemose bene’ tutti gli italiani scoppieranno a ridere”.
E ancora: “Sarà  una tattica politica, ma ho l’impressione che il video di Fini sia stato controproducente. Stiamo dando l’aria di gridare la ritirata”.
E c’è chi valuta le conseguenze politiche e soprattutto i rapporti di forza nel centrodestra. “Berlusconi ha colto subito l’opportunità  dicendo Fini si è arreso”.
Per molti pesa anche la non sfiducia al ministro Bondi.
Da parte nostra, avendo già  trattato in un precedente articolo la questione, vorremmo solo aggiungere qualche punto.
1) A parte che vi sono ministri molto più colpevoli e nullafacenti di Bondi che andrebbero sfiduciati, nel momento in cui Napolitano ha chiesto che la legge di stabilità  passasse senza momenti critici e, su richiesta del Pd, la sfiducia a Bondi è stata calendarizzata per fine novembre, Fini ha giustamente fatto prevalare l’impegno assunto con il Presidente della Repubblica.
Qualcuno riesce a capire che questa intesa sarò importante dopo?
2) Semmai andava votata a tempo debito la sfiducia a Calderoli che ha commesso un atto gravissmo, ma pare che anche tra la base finiana c’è chi non se lo ricorda o dorma.
Pensate che strumento elettorale “forte” avrebbe avuto Fli : aver dimissionato un ministro leghista che fa sparire una norma per favorire l’assoluzione di 30 leghisti accusati di associazione sovversiva.
Con La Russa che l’ha coperto.
Quando a destra si capirà  che la Lega è il peggior nemico dell’Italia sarà  sempre troppo tardi.
3) Comprendiamo i sentimenti della base (noi siamo ancora più radicali) ma occorre anche capire i tatticismi.
Vi siete tenuti per anni un partito dove non si discuteva mai, vi siete accontentati dei caporali di giornata come capicorrente, imparate a riflettere ogni tanto prima di partire lancia in resta.
A sconfiggere il berlusconismo non c’è riuscita la sinistra in 18 anni, volete che Fini ci riesca in tre mesi?
4) Dall’altro lato è necessario che vi sia chiarezza nella gestione di Futuro e Libertà .
Nessuno è stato obbligato a fare una scelta scomoda, ma se ci sta deve farlo convinto: il 95% dei militanti ne ha i coglioni pieni della cricca berlusconiana. Pertanto se qualcuno ne sente ancora il richiamo, è opportuno che si accomodi alla porta, onde evitare che Fini sia spesso costretto a mediare ed a perdere forza propulsiva.
5) La classe dirigente si deve rendere conto che il 50% dei voti potenziali di Fli non è di area di destra, ma di astensionisti o delusi dalla sinistra.
Si deve avere il coraggio di confrontarsi con questa nuova base.
C’è chi si scandalizza per una possibile intesa con la sinistra per cambiare la legge elettorale?
A noi fa molto più schifo essere alleati a dei razzisti o a dei camorristi. Vogliamo essere un po’ più aggressivi in tal senso?
E spiegare che se la “presunta destra” è quella aziendalista e affaristica del premier o quella xenofoba della Lega sarebbe meglio spararsi un colpo in testa?
Vogliamo spiegare agli italiani che la destra nazionale, sociale, legalitaria è un’altra cosa?
«Non faccio il Gran premio, siamo al pit stop» ha chiarito poco fa lo stesso Gianfranco Fini rispondendo a una domanda su una sua condotta nei confronti del governo, contrassegnata da «stop and go», cioè fermate e fughe in avanti.
E’ ora di ripartire a tutto gas.
Lasciando le polemiche da parte.

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CORTE DEI MIRACOLI PARTE SECONDA: LITE ALLA CAMERA TRA LA MUSSOLINI E LA CARFAGNA, FOTO E ACCUSE RECIPROCHE

Novembre 19th, 2010 Riccardo Fucile

PENOSA ESIBIZIONE DEL “PARTITO DELL’AMORE”: LA MUSSOLINI SCATTA FOTO COL CELLULARE A MARA, MENTRE QUESTA PARLA CON BOCCHINO E LE URLA “VERGOGNA”…. LA CARFAGNA LA APPLAUDE IRONICAMENTE: “POVERETTA, E’ IN EVIDENTE CRISI DI VISIBILITA”

Mara Carfagna sorpresa a parlare col Grande Nemico del Pdl, il braccio armato di Fini, Italo Bocchino.
Peccato imperdonabile secondo Alessandra Mussolini, collega della ministra salernitana nel Popolo della libertà .
C’è tensione palpabile tra le primedonne del centrodestra: le due esponenti campane del Pdl sono state protagoniste di un diverbio ieri pomeriggio in Aula alla Camera.
Un botta e risposta nato proprio da una foto scattata col cellulare dalla deputata napoletana, ma alla cui origine sembrano esserci le forti divergenze emerse negli ultimi giorni nel partito in Campania.
Mussolini ha visto il ministro delle Pari opportunità  e il capogruppo di Fli alla Camera, Bocchino, parlare tra i banchi del governo e scatta loro un’istantanea col cellulare.
La Carfagna se ne accorge e si gira verso la collega, batte le mani e dice «brava, brava!». A quel punto Mussolini le risponde: «Vergogna».
Le ragioni di quel «Vergogna» («pronunciato in maniera pacata» dirà  la nipote del duce) sono spiegate così: «Carfagna si deve vergognare per la liaison con Bocchino che sta mettendo a rischio il partito».
Le colpe che la Mussolini attribuisce al ministro sono due: «Lo spostamento di competenze sul termovalorizzatore che questa mattina il Consiglio dei ministri ha sottratto alle Province» (e quindi al presidente della Provincia di Salerno Edmondo Cirielli, cosentiniano, i cui rapporti con il ministro delle Pari opportunità  ultimamente sono tesi) e «il fatto che Bocchino nella finanziaria ha chiesto di spostare 20 milioni di euro al ministero della Carfagna».
Insomma, Mussolini accusa la collega di «fare accordi» col capogruppo di Futuro e libertà  anche in vista delle elezioni per il sindaco di Napoli: «Non può tenere una gamba di qua e una di là  – avverte – Perciò quando li ho visti parlare in atteggiamento amorevole ho scattato la foto».
Mara commenta piccata: “Alessandra è in evidente crisi d’astinenza da visibilità . E, come le capita spesso, urla al fine di attirare l’attenzione, senza badare troppo a quello che dice».
«Sul termovalorizzatore di Salerno – spiega la Carfagna- ho tentato di evitare che un’importante e strategica opera pubblica rimanesse paralizzata dallo scontro istituzionale in atto tra Comune e Provincia e, di conseguenza, ho proposto che si elevasse il livello delle responsabilità  con un commissariamento affidato al presidente Stefano Caldoro, che è la più alta carica istituzionale della regione, e appartiene allo stesso partito per cui dovrebbe lavorare Alessandra Mussolini». «Quanto ai venti milioni che la legge di stabilità  ha destinato al ministero per le Pari Opportunità , Mussolini dovrebbe esserne contenta – aggiunge Carfagna – perchè sono stati inseriti dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti nel maxiemendamento che il governo, lo stesso che la Mussolini sostiene, ha presentato in Commissione. Queste risorse saranno destinate alle Regioni per finanziare progetti di contrasto alla violenza sulle donne e centri di accoglienza per le vittime in difficoltà . Spero che la collega Alessandra Mussolini non ce l’abbia anche con le donne in difficoltà ».
Ma i fuochi polemici sono tutt’altro che estinti.
Si attende il prossimo round sul ring del partito dell’amore.

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CORTE DEI MIRACOLI PARTE PRIMA: LADY BONDI E FIGLIO, MINISTERI DI FAMIGLIA

Novembre 19th, 2010 Riccardo Fucile

IL FIGLIO DELLA ATTUALE COMPAGNA DEL MINISTRO, LA DEPUTATA PDL MANUELA REPETTI, E’ STATO ASSUNTO AL MINISTERO DELLA CULTURA… LA RIVELAZIONE DE “IL FATTO QUOTIDIANO” CHE HA INNESCATO UNA GROSSA POLEMICA POLITICA SUL MINISTRO

Il figlio di Manuela Repetti, deputata Pdl e compagna del ministro della Cultura Sandro Bondi, lavora per la direzione generale del cinema del dicastero.
Lui, laureando in architettura, non risponde, la madre tergiversa, il direttore conferma.
Possibile che Fabrizio Indaco, figlio di Manuela Repetti, deputata del Pdl e compagna di Sandro Bondi, lavori per il ministero dei Beni culturali nella direzione generale del cinema in Piazza S. Croce in Gerusalemme a Roma? E possibile, come si sussurra, che rassicuri i giovani produttori, prometta felici finalizzazioni di progetti, spenda la parentela per farsi strada in quella giungla che è il mondo del cinema romano?
Per verificare l’ipotesi, una commistione di lunare nepotismo e inopportunità  feudale, basta chiamarlo nel tardo pomeriggio al telefono del Mibac a lui intestato.
Risponde al secondo squillo: “È lei Fabrizio Indaco?” “Certo”, “Volevamo chiederle se è davvero figlio dell’onorevole Repetti”.
È qui, che il giovane Indaco, laureando in architettura (corso iniziato nel 2002, qualche lentezza nel percorso), viene assalito da un’amnesia, la sindrome Scajola: “Stavo proprio per andare via, se vuole ne parliamo domani”. Insistiamo: “Indaco, ci aiuti a non scrivere inesattezze”.
Balbetta qualcosa e poi in un lampo, tronca a tradimento la conversazione.
Ci viene qualche dubbio che proviamo a fugare parlando con la donna che gli ha dato i natali.
In Parlamento è una giornata uggiosa.
Votazioni, truppe asserragliate.
Nonostante questo Manuela Repetti da Novi Ligure, non si nasconde. “Fabrizio è mio figlio certo”. Come mai lavora nel ministero diretto dal suo compagno?”.
Qualche secondo di pausa: “Eh, come mai, ci lavora, ecco”.
Sbanda ma non crolla, Repetti.
Ha fiducia nel prossimo: “Ha un contratto interinale, in scadenza, se vuole qualche informazione in più lo chiedo direttamente a lui”.
“Con noi non ha voluto parlare”, spieghiamo: “Eh vabbè poverino, va capito, cerchi di comprendere”.
Con tutta l’umana empatia del caso, non possiamo fare a meno di domandare ancora: “Onorevole, per quale ragione un ragazzo laureato in Architettura lavora alla direzione generale cinema, non le sembrano campi d’applicazione inconciliabili?”.
Repetti dice di parlare come una qualunque madre preoccupata per il futuro della propria prole.
“Non si è laureato, ha finito gli esami, sta preparando la tesi e come tutti i ragazzi, prova a fare qualche cosa. Il suo contratto al Centro sperimentale di cinematografia, che è un ente autonomo, sta per scadere”.
Il Csc, vive grazie ai soldi del Fus.
Quasi 10 milioni di euro l’anno, non proprio un ente autonomo dal ministero, in ogni caso.
“Non so quanto duri l’assunzione temporanea e forse era sua intenzione tornare a Novi Ligure e cercare un mestiere nel suo ramo. Mentre studia, cerca di guadagnare qualcosa, non c’è niente da nascondere”. S
i irrigidisce, Repetti, solo se le parli di etica: “Non mi ponga domande come se mi trovassi davanti all’inquisizione”.
La rassicuriamo: “Le pare appropriato, mentre il suo compagno dirige il ministero, offrire nello stesso un posto di lavoro a suo figlio? Milioni di ragazzi, un regalo simile non lo avranno mai” e lei traballa: “Bè, ma intanto non sarebbe opportuno se lui non lavorasse, ma mio figlio trotta, come potrebbe essere per tanti ragazzi nella sua posizione, non ci vedo nulla di male o di strano. Se non facesse nulla o approfittasse della situazione (sic) sarebbe grave. Non penso abbia potuto avere facilitazioni”.
Il ministro non si è mai preoccupato? “Non vedo come una stranezza che un ragazzo lavori”.
Pausa: “Ho capito che è il ministero suo (sic), ma è una combinazione, non è vietato, non vedo sinceramente non capisco, è uno studente come tanti altri, ha fatto una sua esperienza lavorativa, tutto qui”. È affranta.
Stesso tono di voce quando a tarda sera interloquiamo con Nicola Borrelli, direttore generale del ministero, sezione cinema. “Indaco lavora fisicamente da noi, ha un contratto con il Centro sperimentale di cinematografia, con loro abbiamo una convenzione e gli chiediamo una serie di servizi. Con le difficoltà  di personale che abbiamo non ce la facciamo. Alcune attività  specifiche sono nella mani di ragazzi come Indaco”.
Quali esattamente, direttore?
“Fabrizio affianca i servizi della direzione generale per la realizzazione della piattaforma on line per la presentazione delle domande di finanziamento che sarà  messa in rete entro fine mese”.
Trasecoliamo. Presentazione delle domande? Magari di film sulla ricostruzione de L’Aquila o invisi al governo? Si parla di soldi erogati dallo Stato, di fondi di garanzia?
“Esattamente, per accedere ai vari contributi e alle istanze amministrative”. Anche a Borrelli, chiediamo della opportunità : “Le devo dire la verità , io gestisco le persone che arrivano dal Centro sperimentale e se le dicessi che non sapevo nulla della parentela di Indaco, sarei ridicolo. Il centro sperimentale è una nostra eccellenza e nell’apporto a questo progetto, lavorano in parallelo Fabrizio e un’altra persona. il suo lavoro è stato prezioso, però non ha questo grandissimo contratto e le preannuncio che dopo aver rilevato l’Eti, non rinnoveremo la convenzione con i ragazzi del Centro sperimentale”.
Un’altra buona notizia, per una realtà  che lentamente, sta morendo.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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IL MESSAGGIO DI FINI RISPONDE AD UN’ESIGENZA TATTICA: DA QUI AL 14 DICEMBRE LE COSE CAMBIERANNO OGNI GIORNO

Novembre 19th, 2010 Riccardo Fucile

CHI VUOLE INTERPRETARE IL MESSAGGIO DI FINI COME UNA APERTURA AL PREMIER O UNA RESA, NON CONOSCE IL PRESIDENTE DELLA CAMERA…LA VERA CAMPAGNA ACQUISTI O “ASSENTI IMPROVVISI” IL PREMIER LA STA FACENDO IN ALTRI AMBIENTI, NON IN FUTURO E LIBERTA’…   SE ANCHE EVITASSE LA SFIDUCIA, IN FUTURO IL GOVERNO POTREBBE ANDARE SOTTO IN QUALSIASI MOMENTO

A sorpresa ieri il leader di Futuro e Libertà  è intervenuto con un videomessaggio che stamani è stato oggetto di diverse valutazioni da parte dei commentatori politici, ognuno intento a tirare la coperta dalla sua parte. Chi ha visto nelle sue parole una retromarcia di Fini di fronte alla campagna acquisti del Cavaliere e il timore (o la certezza) di non riuscire a sfiduciarlo il 14 dicembre alla Camera, chi l’ha interpretato con un segnale di debolezza, altri di distensione.
Condividiamo una parte dell’analisi di Marcello Sorgi che su “la Stampa” scrive: “E’ probabile che il presidente della Camera abbia sentito la necessità  di un aggiustamento di tiro di fronte all’aggravarsi della crisi economica in Europa e all’allarme determinato dal peggioramento della situazione di Paesi a rischio come Irlanda e Portogallo, come se volesse chiarire che il suo non è il partito della crisi a qualsiasi costo. Ed è possibile che in questo modo abbia anche voluto calmare la fibrillazione a cui una parte dei parlamentari del Fli è sottoposta sia di fronte all’ipotesi di votare contro il governo e accanto alla sinistra, sia per le pressioni che sono riprese per convincerli a rientrare nel Pdl. A loro è come se Fini avesse detto che la rottura con Berlusconi non è più scontata come sembrava e avverrà  solo se il premier non farà  nulla per evitarla”.
Proprio nel momento in cui “il Fatto Quotidiano” denuncia stamane che “impazza il mercato delle vacche e l’asta per l’acquisto di un deputato è schizzata fino a 2 milioni di euro”, proprio di fronte a tempi ancora lunghi prima di arrivare al 14 dicembre, Fini, che fino ad oggi non ha sbagliato una mossa, come ricordava giorni fa l’insospettabile Paragone, ha semplicemente voluto rimarcare due cose.
In primo luogo che lui, a differenza del competitor, ha a cuore l’interesse del Paese e pertanto ha voluto veicolare un messaggio di moderazione e responsabilità , di fronte allo scalpiccio rumoroso altrui.
In secondo luogo a quei due, tre deputati di Futuro e Libertà  che sono restii a votare la sfiducia, ha voluto far capire che non è lui che la cerca, ma che essa diventerà  inevitabile di fronte all’arroganza della controparte.
Chi vede dietrologie non conosce Fini, l’ultimo “raffinato” democristiano per come sa muoversi nelle crisi parlamentari.
Altra cosa la strategia di Berlusconi.
Il premier non punta mai ai chiarimenti politici per una semplice ragione: di politica non capisce nulla.
E’ sicuramente invece insuperabile nella raccolta del consenso e nell’acquisizione parlamentare a botta di promesse e garanzie del posto.
Ci sono ad esempio 10 posti a disposizione, tra ministri, vice e sottosegretari, li sta promettendo a tutti.
C’è poi l’argomento: “se si va al voto, come farai a essere rieletto senza il mio aiuto?”
Ci sono ovviamente gli altri argomenti cui accennava “il Fatto”.
Quota 316 non è facilmente raggiungibile, mancano 11 deputati.
La strategia del premier si basa su due opzioni congiunte: una parte di deputati si “acquistano” direttamente alla causa, un’altra parte quel giorno saranno assenti, in modo da far abbassare il quorum.
Quindi le presunte assenze diplomatiche di un paio di finiani non sarebbero certo quelle determinanti.
Anche perchè sarà  difficile che vi siano, col rischio per costoro di essere come minimo sputacchiati dai militanti per strada.
E’ solo una copertura per Silvio dire che “molti finiani non voteranno la sfiducia” per nascondere altri giochi e contatti.
In ogni caso, acquisito il qualificato ex leghista Grassano (sotto processo per truffa aggravata ai danni del comune di Alessandria), tamponati per ora gli addii di Misuraca e Scelli, gli obiettivi sono in area centrosinistra.
Si punta su due ex Pd, Calearo e Cesario, due Idv, 2 Udc , 2 del gruppo misto e 5 radicali, tra passaggi ufficiali alla maggioranza e assenze diplomatiche.
Ma, visti i precedenti, in 20 giorni puo’ anche succedere l’opposto, che siano alcuni del Pdl a passare al fronte opposto.
Occorre abituarsi per qualche settimana a sentirne di tutte i colori.
Senza dimenticare che già  poco tempo fa Silvio fece male i conti su chi si sarebbe schierato con Fini ( pensava 4 e furono 44).
E restò col culo per terra.

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TAGLI FINANZIARIA: PROTESTANO ANCHE GLI ITALIANI ALL’ESTERO, A RISCHIO CULTURA E SALUTE PER GLI EMIGRATI INDIGENTI

Novembre 19th, 2010 Riccardo Fucile

RISORSE RIDOTTE DA 60 A 29 MILIONI: SI COMPROMETTE LA POSSIBILITA’ DI MANTENERE UN LEGAME CON LE PROPRIE RADICI CULTURALI…PRIVATI DELL’ASSISTENZA I SETTANTENNI ITALIANI INDIGENTI CHE VIVONO AL’ESTERO E IN NAZIONI DOVE L’ASSISTENZA SANITARIA E’ A PAGAMENTO

Alcune settimane fa c’è stata la denuncia della “Dante Alighieri”, l’istituto che promuove nel mondo la lingua e la cultura italiane.
Ma i tagli che riguardano gli italiani all’estero non si limitano alla cultura, colpiscono anche il welfare, gli anziani che vivono in condizioni di indigenza, ai quali viene di fatto negata l’assistenza medica: è per questo che i rappresentanti del Consiglio Generale degli Italiani all’estero hanno deciso di scendere in piazza e hanno chiesto di essere ricevuti dal governo.
Richiesta che in effetti può suonare un po’ strana, visto che il CGIE è un ente pubblico, istituito con legge dello Stato e presieduto da un ministro della Repubblica, il titolare degli Esteri Franco Frattini.
Ma i consiglieri hanno ritenuto di non avere alternative, dal momento che “dal 2009 ad oggi le risorse per l’emigrazione sono passate da 60 milioni di euro a 29 milioni”.
“In questo modo si compromette la possibilità  stessa di una politica a favore dei quattro milioni di italiani di cittadinanza e le decine di milioni di oriundi italiani”.
Per i figli degli emigranti, cioè, magari serenamente inseriti nel Paese dove vivono, l’unica possibilità  di manterene un legame con la lingua e la storia dei propri genitori o dei propri nonni è rappresentata proprio dalla scuola italiana, dagli istituti di cultura.
Tagliarne le risorse significa, di fatto, recidere le radici.
“In particolare i tagli infieriscono sulle spese per la diffusione della lingua e cultura italiana e compromettono la possibilità  di rafforzare i legami con i giovani italiani e di origine italiana che vogliono rafforzare i rapporti con l’Italia e salvaguardare le loro radici e la loro identità  storica e culturale”.
Ma non si tratta solo di cultura: sono stati tagliati infatti, segnala il CGIE, i fondi destinati alla spesa sanitaria a favore dei cittadini italiani con oltre 70 anni e che vivono all’estero in condizioni di indigenza, un taglio che li condanna ad essere privati dell’assistenza, se vivono in Paesi dove la sanità  è completamente a pagamento.
Il CGIE chiede pertanto al Parlamento il ripristino di “un’adeguata dotazione finanziaria al capitolo italiani nel mondo”, e un passo indietro sul progetto di ridimensionamento dei consolati.
Richieste che non tengono conto della crisi?
Tutto sommato sostenere gli italiani all’estero, significa continuare a giocare un ruolo importante nella globalizzazione per il quale è imprescindibile la diffusione della conoscenza della storia e della cultura del nostro Paese.
Evidentemente a questo governo di pseudo-destra la cosa non interessa.

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PRIMA SI CHIEDE DI INDICARE A CHI DESTINARE IL 5 X MILLE DELLE IMPOSTE PAGATE, POI LO SI DESTINA DI NASCOSTO AD ALTRI SCOPI

Novembre 19th, 2010 Riccardo Fucile

FURTO DI STATO: TREMONTI TAGLIA DEL 75% ANCHE I FONDI DEL 5X MILLE ALLE ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO….INSORGE TUTTO IL MONDO DELL’ASSOCIAZIONISMO CHE CHIEDE IL RIPRISTINO DEI 400 MILIONI DELLO SCORSO ANNO E IL RISPETTO DEI CITTADINI…BEN 245 MILIONI SONO STATI STORNATI A FAVORE DELLE SCUOLE PRIVATE: CHI CI VUOLE ANDARE SE LE PAGHI

“Tagliare i fondi a disposizione del 5 x mille significherebbe limitare drasticamente la libertà  dei cittadini di decidere come destinare la propria quota dell’imposta sui redditi direttamente a sostegno degli operatori del terzo settore”: lo denunciano alcune tra le principali associazioni non-profit, che hanno inviato un appello al Parlamento italiano e ai presidenti di Camera e Senato perchè intervengano sulla legge di stabilità .
Alcuni giorni fa infatti il governo ha modificato il maxi-emendamento che conteneva un fondo di 800 milioni destinato a interventi vari.
La nuova formulazione, approvata in Commissione Bilancio, a Montecitorio, ha destinato solo 100 milioni al 5 X mille, rispetto ai 400 destinati l’anno precedente, cifra che l’esperienza dimostra corrispondere alle scelte operate dagli elettori: dalle dichiarazioni dei redditi del 2008 sono stati destinati alle associazioni 397,5 milioni di euro.
Le risorse sono state dirottate al finanziamento di altre voci: sono stati aumentati per esempio i fondi per le scuole paritarie, ai quali sono stati aggiunti 245 milioni.
Le associazioni del settore sono subito insorte contro la decisione del governo: non solo con questo taglio del 75 per cento si bloccano o si limitano fortemente le attività  delle associazioni di volontariato e degli enti di ricerca (ma in realtà  l’elenco delle associazioni che beneficiano del cinque x mille è molto più vario: ci sono associazioni sportive, le fondazioni lirico-sinfoniche, enti culturali, associazioni ambientaliste, ecc.), ma si tradiscono sfacciatamente le scelte dei cittadini.
Cioè, prima si chiede agli elettori di indicare nella dichiarazione dei redditi a chi destinare il 5 X mille delle imposte pagate allo Stato, poi invece i fondi vengono stornati e destinati a ben altro, senza chiedere il parere di nessuno.
Un furto di Stato legalizzato e una vergognosa presa per i fondelli nei confronti degli italiani.

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