Novembre 23rd, 2010 Riccardo Fucile
ERA IN VOTAZIONE UN EMENDAMENTO ALLA RATIFICA DEL TRATTATO UE CHE ASSEGNA ALL’ITALIA UN SEGGIO SUPPLEMENTARE AL PARLAMENTO EUROPEO… IN BASE AI RESTI AVREBBE DOVUTO ANDARE ALL’UDC, MA IL PDL VOLEVA MODIFICARE I CRITERI PER OTTENERLO PER SE’…FINISCE 290 A 251, I FINIANI DETERMINANTI…BOCCHINO ANNUNCIA: “NON VOTEREMO LA FIDUCIA”
Maggioranza battuta per la seconda volta nell’Aula della Camera sull’articolo 4 della
ratifica delle modifiche al Trattato dell’Unione europea che assegna all’Italia un seggio supplementare del Parlamento europeo.
Dopo che, a scrutinio segreto, era stato respinto un suo emendamento all’articolo 4, la maggioranza aveva dato indicazione per votare contro l’articolo nel suo complesso “evitando un vulnus”, come aveva spiegato Andrea Orsini del Pdl.
Ma al momento del voto, l’articolo (anche in questo caso a scrutinio segreto) è passato con 292 sì, 250 no e un astenuto.
Fli ha votato con Udc, Pd e Idv.
La norma prevede che i seggi a Strasburgo passino da 72 a 73 e che il seggio supplementare venga assegnato, in base alla logica del resto più alto, all’Udc.
Il Pdl invece chiedeva col suo emendamento che l’assegnazione del nuovo seggio venisse effettuata con una nuova redistribuzione del voto e non secondo i conteggi fatti in base alla norma vigente nel 2009 quando si sono svolte le elezioni europee.
Per effetto di questo meccanismo, il seggio in più sarebbe stato assegnato al Pdl e non all’Udc, come previsto invece con l’approvazione in commissione di un emendamento dell’opposizione.
La maggioranza, però, è stata nuovamente battuta.
«È evidente che non ci sono le condizioni per cui noi possiamo votare in questo momento la fiducia al Governo Berlusconi».
Lo ha detto il capogruppo di Fli alla Camera, Italo Bocchino, a Omnibus, su LA7. «Alla fine sono convinto che Berlusconi sceglierà la via più saggia che è quella delle dimissioni per evitare di essere sfiduciato – ha aggiunto – non c’è dubbio che il passaggio parlamentare non può non essere legato a un elemento di discontinuità ».
Riferendosi alle parole del leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini che lunedì ha sottolineato che i centristi non voteranno la fiducia al governo, Bocchino ha commentato: «Casini fa parte dell’opposizione, noi abbiamo altre responsabilità ».
«Siamo in attesa di una risposta da Silvio Berlusconi – ha ribadito – ammesso che venga, fa shopping in Parlamento e poi che fa? Se Berlusconi viene il 13 e dice che c’è una situazione di stagnazione, dice ‘mi rendo conto che bisogna fare delle riforme istituzionali, la riforma della legge elettorale, la riforma del Fisco, un grande provvedimento economico e socialè troverà una maggioranza più ampia. Questo chiediamo noi. Non chiediamo posti: li abbiamo restituiti».
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Novembre 23rd, 2010 Riccardo Fucile
INDIPENDENTEMENTE DAGLI ORIENTAMENTI POLITICI, TUTTE LE SIGLE SINDACALI CRITICANO MARONI…NON E’ PIACIUTA LA DIFESA DELLA LEGA DA PARTE DI UN MINISTRO CHE DOVREBBE OPPORSI AI TAGLI SULLA SICUREZZA E INVECE FA SOLO SPOT
Il ministro dell’Interno a “Vieni via con me” è riuscito a suscitare critiche bipartisan da parte dei sindacati di polizia.
Per le associazioni sindacali, Roberto Maroni alla trasmissione di Fabio Fazio e Roberto Saviano non ha detto nulla di nuovo rispetto alla linea seguita in questi due anni di governo.
In compenso, non è piaciuta la difesa d’ufficio della Lega Nord da parte del titolare del Viminale il quale, secondo i sindacati, avrebbe dovuto difendere con la stessa veemenza, in qualità di ministro, le forze dell’ordine dai tagli del governo.
Ecco i commenti dei segretari dei principali sindacati di polizia di entrambi gli orientamenti politici raccolte a caldo, subito dopo l’intervento di Maroni alla trasmissione di RaiTre.
Enzo Letizia, segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia. “Ringraziamo il ministro Maroni per gli elogi alle forze dell’ordine. Tuttavia non siamo d’accordo con il suo modello federale della polizia per combattere le mafie. I nostri studi hanno evidenziato che la polizia locale, poichè subisce le pressioni degli amministratori, perde indipendenza, imparzialità e terzietà . Se la polizia non è forte e autonoma dalla pubblica amministrazione, rischia di “non controllare” eventuali comportamenti corruttivi dei pubblici amministratori che rappresentano la gran parte delle cause degli scioglimenti dei comuni per infiltrazioni mafiose. Se oggi, con una polizia forte e autonoma, non è stato concesso dal governo lo scioglimento del comune di Fondi richiesto
dallo stesso ministro Maroni, figuriamoci che cosa potrà succedere nel caso in cui la polizia sarà alle dipendenze di amministrazioni colluse con le mafie. Non si arriverà neppure alle richieste di scioglimento”.
Filippo Girella, segretario nazionale Ugl (area centrodestra).
“Gli arresti sono merito dei poliziotti e dei carabinieri grazie al loro spirito di responsabilità e sacrificio, nonostante le sempre più esigue risorse messe a disposizione dal governo. Ieri sera il ministro ha avuto il buon senso di riconoscere (contrariamente a quanto ha sempre fatto), che quegli arresti non sono merito del governo ma delle polizie. A proposito della lotta alla mafia, dal ministro gradirei però in futuro sentir parlare di misure che garantiscano la certezza della pena. Gradirei sentir parlare di misure legislative che consentano a polizia e carabinieri di continuare a fare indagini senza avere limitazioni alle intercettazioni. Gradirei che il ministro proponesse l’adozione di sgravi fiscali per finanziare la produttività delle forze dell’ordine. Visto che gli stipendi non ce li possono aumentare, che almeno ci concedano sgravi fiscali a riconoscimento dei grandi meriti da loro stessi riconosciuti nella lotta alla mafia”.
Claudio Giardullo, segretario nazionale Silp-Cgil.
“La caccia ai latitanti è ovviamente un’attività fondamentale nel contrasto all’attività mafiosa. Si deve però sapere che se dovesse essere promosso per meriti straordinari qualcuno di quei poliziotti che hanno arrestato il boss della camorra Iovine, prenderebbe solo una qualifica sulla carta. Ma non percepirebbe alcun trattamento economico perchè la Finanziaria di quest’anno ha tagliato i fondi per i premi. Se arrivasse quella promozione, sarebbe poco più che una beffa. La caccia ai latitanti sbandierata da Maroni è un’attività fondamentale, ma non l’unica: le mafie sono ormai delle holding e per quanto in difficoltà , riescono sempre a sostituire il boss-amministratore delegato che finisce in carcere. Accanto alla caccia ai superlatitanti andrebbe anche fatto il contrasto al loro radicamento nel territorio. Il piano straordinario contro la mafia di quest’estate contiene ottime norme come quelle sulla tracciabilità dei flussi finanziari, ma ha l’enorme limite che non prevede alcun potenziamento degli apparati delle forze dell’ordine. La lotta alla mafia non è solo una questione di norme. Il merito di Saviano è di aver interrotto la tendenza della rimozione della mafia al Nord dove la questione sicurezza è relegata al mero controllo del territorio. Dalle inchieste emerge invece un enorme problema di mafia anche nel Settentrione”.
Franco Maccari, Coisp (area centrodestra).
“Maroni che c… è andato a dire di nuovo? Mi spiace dirlo perchè lo ritengo un uomo di spessore, purtroppo, però, da due anni continua a ripetere sempre la stessa tiritera trita e ritrita degli arresti dei latitanti. Ma come ha detto il procuratore di Reggio Calabria Gratteri, quei risultati vengono grazie ad anni di indagini. Anzi, la dico tutta: questo governo di leggi che servano all’operatività delle polizie non ne ha fatta mezza. A noi poliziotti non ci ha aiutato per nulla. Forse un aiuto arriverà un domani quando sarà disponibile il fondo di soldi sequestrati alla mafia, soldi propagandati dal governo come gli aerei di Mussolini. A oggi non è stato impiegato un solo euro di quel fondo, però hanno creato le strutture che li gestiranno. Concludo con una battuta: se Maroni vorrà essere al cento per cento ricordato come un grande ministro, dovrà farsi ascoltare dal resto del governo. In questi due anni a tal proposito ha fallito su tutta la linea. Voglio ricordargli che gli arresti li facciamo noi, con i nostri sacrifici, mentre il governo propone leggi vergogna che ci impediranno di fare intercettazioni”.
Felice Romano, segretario generale Siulp.
“Rispetto alle roboanti premesse sullo scontro Saviano-Maroni, ho preso atto con molto piacere che il ministro ha rispettato il suo ruolo istituzionale. Ho preso atto altresì della foga con la quale ha difeso il suo partito da quelle che riteneva accuse infondate. Quando ha parlato della vittoria dello Stato, però, mi sarei aspettato che con la stessa fermezza con la quale ha difeso la Lega avesse difeso anche le forze dell’ordine dai tagli disastrosi e devastanti che questo governo sta facendo. Al di là della presunta panacea del Fondo unico giustizia, la realtà è che l’esecutivo è impegnato nel ridurre risorse alle polizie e quindi alla sicurezza del Paese. Stiano tranquilli però sia Maroni sia il ministro della Giustizia Alfano, perchè i poliziotti, che il governo cada o no, continueranno ad arrestare i latitanti e i mafiosi fino a quando avranno almeno in tasca quei quattro soldi dello stipendio con il quale fino a oggi hanno anticipato la benzina e gli alberghi per poter catturare quei latitanti di cui ora tutti si vantano. Stiano tranquilli, perchè, nonostante l’andazzo del governo, sembra che lo stipendio non sia ancora stato messo in discussione”.
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Novembre 23rd, 2010 Riccardo Fucile
UTILIZZO ALLEGRO DELLE CARTE DI CREDITO PER SPESE DI RAPPRESENTANZA: SI TRATTA DI OLTRE 43.000 EURO…IL 60% DELLA SOMMA SPESA A ROMA PER PRANZI E CENE CON PARLAMENTARI…DA CHE PULPITO VIENE LA PREDICA PADAGNA SUI TAGLI AGLI SPRECHI
A Brescia nelle giornate calde della protesta degli immigrati il Pdl cercava di gettare
acqua sull’incendio divampato dopo un particolare pronunciamento delle Corte dei Conti.
La questione riguarda l’utilizzo piuttosto allegro delle carte di credito da parte della giunta di centrodestra del sindaco Adriano Paroli.
Sono coinvolti, oltre al primo cittadino, anche nove suoi assessori.
Il danno economico, contabilizzato dalla Corte dei Conti, è di 43 mila 657 euro e 86 centesimi, pagati con le carte di credito in uso a sindaco e relativi assessori.
Denaro pubblico utilizzato per pasti, cene (non istituzionali) oltre a viaggi e trasferte peraltro non autorizzati.
Nel documento vengono anche richiamati i criteri che definiscono le spese di rappresentanza.
Come ad esempio: “Erogazioni per atti di ospitalità , omaggi, cerimonie e similari destinate a proiettare l’amministrazione all’esterno rispetto ai propri fini istituzionali, con la finalità di accrescere o mantenere il suo prestigio e richiamare l’attenzione di soggetti qualificati e dell’opinione pubblica in generale”.
Da questo primo atto formale della magistratura contabile si è però poi passati alla notizia di ieri: il sindaco di Brescia, Adriano Paroli, e nove dei suoi assessori sono indagati dalla Procura della Repubblica per peculato, ovvero uso privato di un bene pubblico.
Insomma spese di rappresentanza e costi ritenuti illegittimi.
A nulla poi è valsa la recente decisione annunciata da Paroli di rimborsare e di tasca propria l’intera cifra.
Anzi: la Corte dei conti si è domandata perchè proprio il sindaco abbia presentato costi di cui il 60% è riferito a incontri conviviali che si sarebbero svolti a Roma insieme ad altri parlamentari.
Quasi che le questioni che riguardano la città di Brescia non possano essere discusse in un ufficio comunale bensì a pranzo nella capitale.
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Novembre 23rd, 2010 Riccardo Fucile
FINALMENTE QUALCUNO CONTRASTA LA FECCIA RAZZISTA: PROVVEDIMENTI A RAFFICA DEL CARROCCIO PER COLPIRE GLI IMMIGRATI REGOLARI…DOPO VARI INTERVENTI, IL MINISTRO DELLE PARI OPPORTUNITA’ INCALZA LA LEGA NORD
All’inizio erano casi isolati. Adesso è diventato un braccio di ferro.
Da una parte i sindaci – soprattutto leghisti, ma anche Pdl – della provincia di Brescia e le loro ordinanze creative contro gli immigrati (una decina quelle denunciate finora).
Dall’altra il ministero delle Pari opportunità .
Che attraverso il suo ufficio anti-discriminazioni razziali (Unar), dopo essere intervenuto ripetutamente per stoppare l’offensiva delle amministrazioni contro la residenza e l’ospitalità straniera, adesso dice basta.
Che il vaso è colmo l’Unar lo scrive in una lettera inviata al primo cittadino leghista di Bassano Bresciano, ultimo capitolo del botta e risposta sui diritti degli immigrati.
Dopo avere rilevato la “discriminazione” contenuta nell’ennesima ordinanza irrituale finita sotto la sua lente d’ingrandimento (la 406 del 12 gennaio 2010, la materia è la solita: “modalità di iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente”), l’ufficio del ministero guidato da Mara Carfagna invoca ora un intervento deciso.
Che metta fine alle provocazioni dei sindaci lumbard e alla deriva delle sperimentazioni in atto nel “laboratorio Brescia”.
“Visto il ripetersi di comportamenti simili da parte dei primi cittadini di molte realtà comunali – è scritto in una missiva partita da largo Chigi – si chiede che si trovino adeguati mezzi attraverso i ministeri competenti e le associazioni a cui gli enti territoriali fanno riferimento, al fine di approfondire e dibattere in termini giuridici il tema dei poteri degli stessi sindaci”.
In sostanza, è il messaggio, ordinanze subdole e prove muscolari nei confronti degli immigrati, da ora in poi non devono più essere tollerate.
La storia va avanti da mesi.
E non è un caso, forse, che lo “sceriffato” leghista abbia attecchito in una provincia il cui capoluogo, Brescia, recentemente è balzato agli onori delle cronache per alcuni provvedimenti singolari messi in pista dalla giunta a guida Pdl-Lega: prima i guanti igienici sugli autobus frequentati dagli immigrati.
Poi l’invio – per ora solo in fase sperimentale – di vigili urbani armati sulle stesse linee dei mezzi pubblici.
Nel solco dei soli delle Alpi di Adro, e prima ancora dei bonus bebè solo agli italiani e dell’operazione White Christmas di Coccaglio (via gli stranieri irregolari entro il Natale scorso), molti amministratori bresciani si sono messi in scia: hanno iniziato un’opera di regolamentazione – di fatto una deregolamentazione – il cui obiettivo è quello di mettere i bastoni tra le ruote agli stranieri.
Da Roccafranca a Castelmella, da Bassano a Calcinato, da Chiari a Verolanuova fino a Gavardo, le giunte del Carroccio (e di liste del centrodestra) hanno preso ad applicare lo stesso schema in materia di iscrizione anagrafica, residenza, ospitalità e verifica delle condizioni igienico sanitarie abitative.
In pratica: l’intero pacchetto che riguarda i cittadini stranieri che vivono o vorrebbero vivere in paese.
Ecco, per disincentivarne la residenza i sindaci lumbard hanno elaborato norme accessorie: tetti minimi di reddito (5mila euro), contratti a tempo indeterminato, schedature degli appartamenti che ospitano immigrati, obbligo di fornire dati precisi su chiunque vi trascorra anche solo un giorno.
Partite le segnalazioni, l’Unar è sempre intervenuto tempestivamente.
In cinque casi (gli ultimi sono Bassano e Gavardo) oltre agli ispettori della Carfagna è intervenuta anche la prefettura: e i firmatari delle ordinanze sono stati invitati a fare marcia indietro.
“Queste ordinanze hanno una regia precisa – ragiona Damiano Galletti, segretario della Camera del lavoro di Brescia – mirano a togliere diritti inviolabili agli immigrati. I sindaci oltretutto non hanno l’autorità per imporre questi vincoli. È la legge dello Stato che comanda. Per fortuna il ministero delle Pari opportunità se ne è accorto”.
Paolo Berizzi
(da “la Repubblica“)
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Novembre 23rd, 2010 Riccardo Fucile
DOPO QUELLA AL FIGLIO DELLA SUA NUOVA COMPAGNA, LA DEPUTATA PDL MANUELA REPETTI, SPUNTA ANCHE LA CONSULENZA DI 25.000 EURO A ROBERTO INDACO… PER IL MINISTRO SI E’ TRATTATO DI RISOLVERE “DUE CASI UMANI”… MA I CASI UMANI SONO SOLO I SUOI IN ITALIA?
A tarda sera, dopo una giornata di dinieghi, scarichi di responsabilità e panico diffuso nel
ministero, chiama anche il ministro: “Posso dare una spiegazione”. E sono parole sofferte: “Non ho violato nessuna legge. Sono solo intervenuto per risolvere due casi umani. È la tragedia di un uomo che era disoccupato e senza lavoro”.
Il ministro Sandro Bondi sta parlando dell’ultima vicenda di cui siamo venuti a conoscenza.
Nascosta in una delle pieghe della relazione di spesa del Fus 2009, i fondi per lo spettacolo che ironia della sorte sono stati il bersaglio dei tagli di Tremonti e di tutte le polemiche contro il ministro, c’è una voce di spesa. Piccola, rispetto all’entità della cifra, ma enorme per il significato simbolico. 25 mila euro in un anno, per una consulenza assegnata al “signor Roberto Indaco”.
La voce di spesa, a pagina 673 della relazione, è la più sintetica (curiosamente enigmatica) fra tutte.
I cinque nomi segnalati dilungano le competenze allo spasimo.
Quella di Indaco recita solo: “Teatro e moda”.
Il vero problema, non riassumibile nell’algida sinteticità di quella tabella, è che il signor Indaco è l’ex marito dell’onorevole Repetti, compagna del ministro (attualmente, guardacaso, in attesa di divorzio).
Il secondo problema è che anche il figlio del signor Indaco e dell’onorevole Repetti – Fabrizio – come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, lavora (scrivania e telefono) per il ministero dei Beni culturali, alla direzione generale per il cinema.
Una mutua bondiana, di difficile giustificazione davanti a un mondo dello spettacolo, in sciopero costante per una politica di tagli che non conosce redenzione o riscatto.
Brunetta diceva: “tanto paga Pantalone”, ma i benefattori in questo caso, sono nelle stanze ministeriali.
Per tutto il giorno “il Fatto” insegue nelle pieghe dei documenti, e nelle testimonianze (estremamente imbarazzate) dei loro estensori, i 25mila euro del signor Indaco.
La relazione, per esempio, è firmata dal dottor Nicola Borrelli, uno dei direttori generali del ministero, quello della sezione cinema.
Al “Fatto” Borrelli spiega: “Sì, è vero, anche quella tabella è formalmente firmata da me. Ma in realtà è predisposta, in tutte le sue voci, dal dottor Nastasi, braccio destro di Bondi”.
Dopo un lungo inseguimento e qualche tentativo di mettersi in comunicazione rabbiosamente interrotto, si manifesta anche il capo di gabinetto, il vice di Bondi, Salvo Nastasi.
Tono cortese, da grand commis d’etat: “E’ vero, quella sezione è di mia competenza. Ma si tratta, come in tutti i ministeri, di fondi che sono di esclusiva prerogativa del ministro. Noi non facciamo altro che riportare la lista dei nomi delle consulenze che lui ci fornisce e il giustificativo di spesa”. Chiamiamo allora per la prima volta il ministro, ma il telefonino squilla a vuoto. Cerchiamo allora l’onorevole Repetti. “Dottoressa, come vede, ci risentiamo”. Le chiediamo come stia, ricevendone un eloquente: “Insomma, ho passato momenti migliori”.
Ma è la rivelazione della scoperta della consulenza erogata all’ex marito a lasciarla catatonica, silente, per oltre dieci lunghissimi secondi.
Dopo, c’è spazio solo per la frustrazione. Clic.
Recide violentemente il colloquio e all’ulteriore richiesta di un commento via sms, spedisce sei righe agre tra il disperato e l’indignato: “Purtroppo ho compreso che qualunque cosa io dicessi, verrebbe ignorata o distorta. Questa non è informazione nè giornalismo, ma una campagna strumentale e pretestuosa di diffamazione per colpire unicamente il mio compagno Sandro Bondi”.
E’ lo stesso ministro, alla fine, a chiamarci sul cellulare: “Guardi, io voglio spiegare tutto, voglio chiarire. E vorrei che deste spazio alla mia replica”. Senza dubbio.
Il ministro prosegue: “Nel caso del signor Indaco, io non ho fatto altro che aiutare una persona che si trovava in una drammatica difficoltà . Aveva le competenze professionali per usufruire della consulenza, quindi non ho violato leggi, nè norme”.
A Novi Ligure, il signor Indaco abita in un appartamento nelle stessa palazzina dell’ex moglie.
Fino al 2009 ha avuto una sua società , che poi ha chiuso.
Possedeva quote di un albergo della famiglia Repetti.
Si è occupato anche di barche.
Chiediamo al ministro come spiega che sia il figlio della compagna, sia suo marito, siano pagati con fondi ministeriali: “Si tratta di importi molto modesti. Nel caso di Roberto Indaco, al netto delle trattenute, poco più di… 1000 euro al mese”.
Non si tratta di nepotismo? Bondi prende un lungo respiro.
Si trova in macchina con Repetti: “Desidererei rispetto, anche da un giornale che fa il suo lavoro. Si tratta di una vicenda molto dolorosa. Di una storia amara, ma anche del tutto personale e privata”.
Sì, sicuramente è vero.
La vicenda è assolutamente privata.
Ma i soldi sono pubblici.
Malcom Pagani e LucaTelese
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 23rd, 2010 Riccardo Fucile
TREMONTI DIROTTA GRAN PARTE DEI SOLDI DEL 5 PER MILLE… STRANGOLATE LE ONLUS DELLA RICERCA E DEL VOLONTARIATO… IL FONDO DI LUCA TELESE SUL “FATTO QUOTIDIANO”
Dopo averci raccontato per anni che loro — al contrario dei perfidi bolscevichi dell’Unione — non avrebbero messo le mani nelle tasche degli italiani, il ministro Giulio Tremonti e i compassionevoli difensori delle libertà economiche, hanno fatto di meglio.
Hanno tagliato direttamente la tasca con il rasoio, per fregarci i soldi del 5 per mille dalla dichiarazione dei redditi.
O meglio: si sono presi, in un colpo solo, il 75 per cento del gruzzoletto che ogni anno i contribuenti, con una croce, dedicano alle associazioni non governative e di utilità sociale.
Ammontare della rapina legalizzata? 300 milioni di euro.
Dai 400 milioni in bilancio lo scorso anno, ai miseri 100 di oggi.
Al confronto di questo simpatico ladrocinio, il prelievo forzoso del 6 per mille sui conti correnti di Amato (1992) è un’opera pia.
Se non altro perchè quella era una tassa odiosa e indifferenziata praticata a tutti i correntisti con la scusa della salvezza del bilancio.
Questa, invece, è una sottrazione di fondi mirata, che toglie risorse a chi in Italia si occupa degli ultimi, della sanità , degli anziani, dei disabili, degli ospedali, della ricerca, del volontariato.
Il colpo viene messo a segno, non per rimettere in piedi dei conti virtuosi — come vorrebbe farci credere Tremonti con la scusa della crisi — ma piuttosto per raddoppiare (avete letto bene: da 130 a 245 milioni di euro) i soldi di cui il governo fa gentile omaggio alla scuole private.
Oppure per concedere 25 milioni di euro alle università non statali.
Gli ultimi 30 milioni del capitoletto di spesa che si intitola — non è uno scherzo — “Fondo esigenze indifferibili ed urgenti” — sono per la stampa di partito.
C’è qualcosa di violento e odioso in questo.
Se non altro perchè anche se il 5 per mille quest’anno fruttasse un miliardo, la cifra resterebbe comunque 100 milioni.
E poi perchè, che Tremonti ci chieda di indicare chi aiutare con una parte delle tasse che gli paghiamo (negli anni in cui la pressione fiscale aumenta!) e poi faccia carta straccia delle nostre volontà (ma passando all’incasso) ha il sapore della beffa.
Domenica mi ha chiamato una madre, in lacrime.
Sua figlia è afflitta da una malattia rarissima, la fibrodisplasia ossificante.
Morbo terribile, che rende il corpo, giorno dopo giorno, di pietra.
Fino a ieri aveva una speranza per la sua bambina: la ricerca finanziata dal 5 per mille. Oggi nemmeno quella.
La signora Simona chiede: “Perchè ci fanno questo?”.
Le rispondo la verità : perchè, secondo loro, non portate voti nè consenso.
Luca Telese
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 23rd, 2010 Riccardo Fucile
A PESCHIERA BORROMEO AL NUMERO VERDE RISPONDE LA POLIZIA LOCALE…DOPO LA BOCCIATURA DA PARTE DEL PREFETTO DEL DECRETO ANTI-BURKA, FALLISCE MISERAMENTE ANCHE IL SOLITO SPOTTONE SULLA PRESUNTA SICUREZZA… RESTA SOLO IL CONTO DEI MANIFESTI DA PAGARE
In funzione da otto mesi ha prodotto appena due segnalazioni. 
Il sindaco, però, difende la scelta.
Nella scorsa primavera, il prefetto di Milano aveva bocciata un’ordinanza anti-burka firmata dal primo cittadino
Il Comune di Peschiera Borromeo ci riprova.
Dopo l’ordinanza anti-burqa, bocciata lo scorso febbraio dal prefetto di Milano (che in una lettera ha scritto: “i sindaci possono emanare ordinanze in tema di sicurezza urbana ma non di ordine pubblico e sicurezza”), la giunta di centrodestra del paesone alla porte di Milano ha attivato “uno sportello contro le illegalità ”, in funzione da marzo ma con risultati deludenti.
Lo scopo è segnalare le violazioni della 94/2009, la legge fortemente voluta dalla Lega Nord, che ha introdotto il reato di clandestinità per le persone senza permesso di soggiorno.
A Peschiera Borromeo lo sportello è un numero verde al quale risponde la Polizia Locale per segnalazioni anonime.
Creato ad hoc per contrastare matrimoni di convenienza allo scopo di acquisire la cittadinanza italiana, lotta ai reati di immigrazione clandestina, iscrizione anagrafica subordinata alle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile, tutela del decoro urbano e i reati di impiego di minori dall’accattonaggio.
Tutto, nelle intenzioni del Comune, semplicemente alzando la cornetta.
E i risultati?
Sono arrivati dopo 8 mesi di attività , lo scorso 15 novembre è arrivata la risposta del sindaco Antonio Salvatore Falletta (siciliano di Agrigento eletto nel 2009 con una lista civica di centro destra) all’interpellanza del consigliere Francesco Ortugno per verificare i risultati del numero verde.
I pescheresi lo usano come numero fisso per chiamare la Polizia Locale e solo due casi sono stati segnalati: “Il primo per la presenza di un camion e furgone aperto per persone occupate a caricare della merce risultava un trasloco e la seconda per cani che facevano i propri bisogni senza che i padroni provvedevano a rimuovere gli escrementi”.
Risultato?
Nessuna notizia di reato, nonostante la pubblicità comunale con volantini, manifesti e a mezzo stampa.
E anche il sindaco Falletta, nella risposta scritta, ammette “lo scarso risultato del servizio per difetto di informazione del nuovo servizio”.
Ma nonostante la bocciatura dello sportello Falletta non abbandona l’idea delle segnalazioni, anzi intende “rafforzare l’iniziativa anche in previsione dell’Expo 2015, perchè la tranquillità dei cittadini non è un optional”.
Se errare è umano, perseverare è diabolico.
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