Dicembre 15th, 2010 Riccardo Fucile
UNA BATTUTA TRATTA DELL’ENRICO V PER IRONIZZARE SU CHI HA SCELTO LA POLTRONA…. LA MAGLIETTA COSTA APPENA 7,99 CON LO SCONTO, ALTRI PREZZI…
Anche William Shakespeare aiuta a costruire una stagione politica.
Devono averla pensata così i finiani di Generazione Italia che hanno messo in vendita sul sito la t-shirt con la citazione di una battuta tratta dall’Enrico V, con evidente riferimento ai compagni di viaggio che hanno scelto altre destinazioni.
Ecco la frase.
«Lasciate che chi non ha voglia di combattere se ne vada.
Dategli dei soldi perchè acceleri la sua partenza, dato che non intendiamo morire in compagnia di quell’uomo.
Non vogliamo morire con nessuno ch’abbia paura di morir con noi».
Nell’official store di Fli il prezzo è di 10 euro ma viene offerta con lo sconto a 7.99 euro.
Altri prezzi rispetto a quelli denunciati al calciomercato di Montecitorio…
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Dicembre 15th, 2010 Riccardo Fucile
PER GIUSTIFICARE LA SUA ASTENSIONE DI IERI, OGGI MOFFA SI INVENTA STRATEGA: PERCHE’ NON DICE CHE LO FARANNO MINISTRO ALLE POLITICHE COMUNITARIE? …. PARLA DI SNATURAMENTO DI FLI, MA LUI QUANTE VOLTE SI E’ SNATURATO PER RESTARE A GALLA?… E’ FORSE PER UNA NOBILE DIVERGENZA IDEOLOGICA CHE IERI HA CHIESTO IL POSTO DI BOCCHINO PER VOTARE LA SFIDUCIA?
Il fronte berlusconiano anche oggi non rinuncia a sparare la quotidiana palla: la parola d’ordine è “allargamento della maggioranza”, anche perchè, con tre voti di scarto, il governo durerebbe due giorni.
Dopo averci provato con l’Udc di Casini e aver ricevuto la porta in faccia, chiusa ogni possibilità con Futuro e Libertà dopo l’indegna campagna acquisti, dopo aver fatto un cenno persino ai cattolici del Pd e aver ricevuto una pernacchia, chi rimane per “allargare” la corte dei miracolati?
Ecco la soluzione, “recidiva con diffida”: “cercheremo i singoli deputati sia dell’ Udc che di Fli”.
E poi il premier si lascia scappare: “Abbiamo un sacco di posti liberi sia come ministri che come sottosegretari”.
Speriamo non si dimentichi di stornare quelli già promessi agli “accattoni” di Fli, poveretti, almeno pagargli il prezzo del tradimento di ieri.
Nel dettaglio, il presidente del Consiglio ammette di pensare «anche a deputati di Fli, che non sono più d’accordo con Fini ma al quale hanno già pagato il debito di riconoscenza per averli messi in lista».
Di più: «I voti erano già ieri sera diversi e di più, perchè tanti, avendo visto che l’attacco è andato male, hanno scelto diversamente».
Povero Silvio, niente Bunga Bunga con tutti questi rompicoglioni di transfughi che non lo fanno neanche dormire la notte: tutti a telefonargli per dichiararsi pronti ad abbandonare la nave finiana e a ritornare sulla tolda del “ciarpame senza pudore”.
Peccato che non faccia nomi, non arrivino adesioni, sia il solito miserevole spot per far credere quello che non è.
Ma c’è un uomo che agisce dietro le quinte “in nome e per conto”, si chiama Silvano Moffa, ex sindaco di Colleferro e presidente della provincia di Roma.
Una persona poco nota a molti, colui per cui Fini ha espresso amarezza quando ieri l’ha tradito: “almeno poteva dirmelo prima” ha detto il Gianfri, memore di un’amicizia trentennale.
Oggi Moffa, che passa per grande stratega, ha sostenuto che “il disegno originario che ha dato vita a Futuro e libertà è stato snaturato, perchè Fli doveva restare nel perimetro del centrodestra senza fughe terzopoliste e per questo motivo altri moderati potrebbero dissociarsi nei prossimi giorni”.
Si dà il caso che il buon Silvano sia conosciuto da chi scrive da quando eravamo ragazzi, dai tempi di Linea Futura e Spazio Nuovo, mozione congressuale della destra sociale rautiana, che lo stesso Moffa illustrò al congresso a Roma con grande partecipazione ed enfasi.
Erano i tempi della teorizzazione dello “sfondamento a sinistra”, di un Msi sociale e Silvano era uno di noi, molto considerato e a buona ragione.
Leggere ora da uno come lui che “bisogna restare nel perimetro del centrodestra senza fughe terzopoliste” provoca solo pena.
Badate bene: non una alleanza sulla legge elettorale con il Pd lo scandalizza, anche solo un terzo polo moderato che metta in discussione il suo mandante in Fli.
E proprio lui parla di snaturamento senza vergognarsi?
Proprio lui che quando fu messo in minoranza il progetto rautiano, a differenza di chi come il sottoscritto non aderì neanche ad An per coerenza ai propri ideali, si affrettò a salire sul carro del vincitore fino a diventare un fedelissmo di chi, ovvero Fini, fino al giorno prima aveva osteggiato?
Ma passi, c’è chi ha vive di politica e chi no.
Ora Moffa si accorge del perimetro e dello snaturamento, abbandona Fini di nascosto, proprio lui che qualche mese fa mi scrisse “non avevo dubbi, conoscendoti, che saresti stato vicino a noi e alle posizioni di Fini”.
Forse ero io che non conoscevo più bene lui, avendolo perso di vista per tanto tempo.
Ma ritorniamo a quanto dichiarato oggi: “Fini doveva creare una nuova formazione nel perimetro del centrodestra anche europeo, e invece il progetto, nelle ultime settimane, si è andato sfarinando verso un Terzo polo che non condivido. E non lo condivido perche il Terzo Polo, oltre a non essere adeguato alla struttura bipolare del nostro sistema, non è nella coscienza del paese”.
E infine, quello che per Moffa è stato l’errore tattico: “Se si fosse ascoltato bene il discorso di Berlusconi – dice – si sarebbero colte delle aperture, per esempio sulla legge elettorale, che erano contenute nel documento di mediazione che io avevo messo a punto”.
Povero Silvano che oggi cerca di dare dignità al suo tradimento.
Dimentica che il suo documento di mediazione è stato proprio il suo Silvio a respingerlo: era già una cagata di suo, essendo ispirata dal Pdl, ma tanto aveva rotto le palle che Fini per venirgli incontro lo aveva accettato.
Silvano dimentica l’impegno, qualora fosse stato respinto, che tutti avrebbero votato la sfiducia.
Dimentica che anche lui aveva sottoscritto la mozione e ha tradito la sua firma.
Dimentica che a Bastia Umbra aveva pronunciato un discorso di fedeltà assoluta alla linea futurista che sempre quella è stata.
E se di mero contrasto alla linea politica si fosse trattato, che senso aveva ieri dirsi disponibili a votare la sfiducia in cambio delle dimissioni da capogruppo di Bocchino?
O non stavi semplicemmente eseguendo degli ordini per creare ulteriore scompiglio in Futuro e Libertà per conto di terzi?
A che titolo hai organizzato alla vigilia ulteriori incontri e hai fatto firmare persino da Catone una lettera pro-governo?
A che fine tutto questo attivismo?
Per rafforzare l’area di questo governo?
Sempre in simbiosi con l’uomo di Alemanno, di nome Augello, altra grande quinta colonna del premier?
Ma se vuoi limitarti a parlare di coerenza politica, dimmi una cosa Silvano: che ha in comune con la tua formazione culturale e sociale questo governo forzaleghista composto da inquisiti, corrotti, amichetti dei mafiosi, razzisti, puttanieri e antiitaliani?
Potevi dire onestamente che ti hanno promesso il ministero delle politiche comunitarie e avremmo capito a malincuore.
Per come ti ricordiamo vederti abbracciato da Silvio alla Camera come colui che ha compiuto la propria missione tra le linee nemiche ci ha creatom credici, un senso di vomito.
E leggere che non hai neanche il coraggio di rientrare nel Pdl ma che andrai (per poco) nel gruppo misto, solo per darti una patina di dignità è ancora più penoso.
Addio Silvano, irriconoscibile amico di un tempo dove non c’erano poltrone da spartire, ma solo tanta nobile dignità .
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Dicembre 15th, 2010 Riccardo Fucile
IL SISTEMA PER ACQUISTARE DEPUTATI E PARLARE DI MORALITA’, PASSARE DA UNA MAGGIORANZA DI 80 PARLAMENTARI A 3 GLORIFICANDO SE STESSO, SPACCIARE PER RIFORMA DELLA GIUSTIZIA DELLE CHIAVICHE DI LEGGI AD PERSONAM, PERDERE IL 10% DI VOTI IN DUE ANNI E PARLARE DI VITTORIA… E I SERVI BEOTI SI RICORDANO DEL TRICOLORE, “PRESTATO” DA CHI LO USAVA COME CARTA IGIENICA
Abbiamo voluto, prima di esprimere alcune nostre sintetiche considerazioni, pubblicare
alcune qualificate analisi di commentatori politici, in relazione al voto di ieri alle Camere.
Per rendere politicamente chiaro il nostro punto di vista andiamo per brevi capitoli.
Gli errori di Fini
1) Aver accettato che la mozione di sfiducia venisse calendarizzata dopo trenta giorni, con la scusa della necessità di far passare la finanziaria. Cosi facendo ha dato tutto il tempo alla maggioranza di porre in essere quel lercio mercato delle vacche che ha permesso al governo di fare campagna acquisti, promettendo mare e monti
2) Essersi fidato della parola e della firma di presunti amici che altro non rappresentavano che la quinta colonna di Berlusconi in Futuro e Libertà .
3) Aver dovuto fare spesso un passo avanti e uno indietro, più che per colpa sua, per i bastoni tra le ruote che mettevano costantemente le “colombe”.
Fini ha preferito tenere unito il gruppo a scapito della coerenza e della linearità di condotta, ma l’esito gli dà torto.
Berlusconi ha vinto?
Per dirla alla D’Alema, se uno si accontenta di vincere comprando i deputati, numericamente ha vinto.
In un Paese normale sarebbero arrivati i carabinieri in Parlamento a “impacchettare” qualcuno.
Se vincere con l’acquisto di un deputato inquisito per essersi fottuto i rimborsi dell’alluvione (60.000 euro) per rifarsi i denti, di un altro che ha un decreto ingiuntivo di 200.000 euro e il pignoramento di 7 appartamenti, con un’ altro ancora sotto processo per essersi fottuto 700.000 euro dalle casse del comune di Alessandria, rappresenta un successo, allora il governo ha vinto.
Se vincere minacciando conseguenze sulle aziende di famiglia di una deputata per assicurarsi il suo voto o assicurare un posto da sottosegretaria a un’altra o da ministro a un altro politico accattone, allora il governo ha vinto.
Conta il risultato, risponde qualcuno.
No, conta il modo, ribattiamo noi: perchè la corruzione è un reato penale e, senza certi interventi, il premier sarebbe stato sfiduciato e oggi staremmo a commentare altro.
Tre voti di differenza vuol dire che bastavano che le due deputate di Fli votassero come da firma loro apposta alla mozione di sfiducia e il governo avrebbe perso 313 a 312.
O che i “tre tenores” dell’ 1 x 2 ( due ex Pd e un Idv) non fossero stati beneficiati di promesse e prebende.
Futuro e LIbertà si è spaccata?
Leggiamo certi titoli che fanno sorridere: sono andati via in 3 su 36, pari all’ 8%.
Una per ragioni di convenienza aziendale, un’altra per un posto da sottosegretario, un altro per un posto da ministro alle politiche comunitarie.
Più che spaccatura è accatonaggio molesto.
Per dirla tutta speriamo che qualcun altro li accompagni, così si tolgono dai coglioni tutti coloro che stanno ancora a perdere tempo con Ali babà .
Che deve fare Futuro e Libertà ?
L’elettorato potenziale di Fli per oltre l’80%, secondo i rilievi di Demopolis, non ne vuole più sapere di Berlusconi.
Quindi Fli deve fare opposizione al governo, il che vuol dire presenza in Aula, sfiducia a Bondi e Calderoli, come etica impone.
I pidiellini che ieri hanno sventolato, in segno di giubilo, il riscoperto tricolore, dopo aver taciuto da vigliacchi quando Bossi “ci si sarebbe pulito il culo”, devono farsela addosso in Aula.
Ha detto Silvio che ha la maggioranza? Bene, il senso del dovere dei pidiellini è quello di garantire il voto al governo: o tengono a bada la prostata o devono finire sotto in qualsiasi momento, in qualsiasi occasione, in qualsiasi modo.
Berlusconi vuole le elezioni?
Berlusconi aspetta la decisione sul legittimo impedimento e ha bisogno di tempo, la Lega vuole poter spacciare ai beoni padani una parvenza di federalismo virtuale, altrimenti perde consensi: ne deriva che nessuno vuole le elezioni a breve.
Anche per un semplice motivo: rischiano di perderle o nella migliore delle ipotesi di vincerle solo alla Camera.
E’ il gioco della Lega: nel caso vi fossero le elezioni e al Senato non emergesse una maggioranza di centrodestra, fuori Silvio e dentro Tremonti.
E Silvio si imbarca per le Cayman.
Per questo si è ridotto a correre dietro alle Siliquini e ai Razzi: come ha ricordato Fini, per non doversi presentare ai processi.
In conclusione
Ieri Fini poteva riuscire a dare una spallata e non c’è riuscito, amen, ma non ha perso la guerra.
Berlusconi ha solo rinviato i suoi problemi.
Sullo sfondo rimane un partito ormai dedito solo all’accattonaggio molesto. Fino ad esaurimento delle monetine in tasca ai passanti.
Sono i nuovi rom della politica italiana.
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Dicembre 15th, 2010 Riccardo Fucile
IL CORSIVO DI FILIPPO ROSSI SU FAREFUTURO
Io festeggio.
Davvero, io festeggio.
Avete tutto il diritto di non credermi, ma io festeggio veramente.
Faccio festa a un altro pezzetto di libertà conquistata con la fatica della battaglia.
Con l’orgoglio di stare dalla parte giusta.
Dalla parte opposta di chi declina la politica come se fosse proprietà privata, come se fosse questione d’interessi individuali e aziendali.
Di chi vuole salvare se stesso e non l’Italia.
Festeggio perchè sto all’opposizione.
Perchè sono altrove.
Lontano.
Festeggio perchè solo così può nascere una destra nuova che non sia più succube del potere berlusconiano.
Una destra che non si attardi più a cercare compromessi col vecchio ma cerchi l’avventura del nuovo, in mare aperto.
Una destra futurista, per nulla paurosa e per niente codarda.
Io festeggio perchè la destra nuova o sarà “anti e post” berlusconiana o non sarà per niente.
Perchè la destra nuova per venire finalmente alla luce non può attardarsi in compromessi con chi ancora crede nell’insostituibilità del pifferaio di Arcore. Io festeggio perchè da oggi siamo ancora un po’ più distanti da chi ancora pensa che si possa costruire un centrodestra europeo accettando di cantare “meno male che Silvio c’è”.
Da chi crede che una destra moderna possa permettersi di fare compromessi col peggiore dei populismi possibili.
Io festeggio perchè abbiamo percorso un altro pezzo di strada verso un’Italia finalmente liberata da una politica che non si merita, da una politica che grida invece che pensare, che tifa invece di scegliere, che fa demagogia.
Io festeggio perchè, nonostante quel che dicono i propagandisti di mestiere, ieri un altro pezzo di berlusconismo se l’è portato via il vento della storia. Diceva Gaber: «Io non ho paura di Berlusconi in sè, ma di Berlusconi in me». Ecco, io festeggio perchè un altro pezzo di “Berlusconi in noi” se n’è andato. Io festeggio perchè la destra come la sogno, come la sogniamo, nascerà il giorno in cui non avrà nemmeno una scoria di berlusconismo in corpo.
Io festeggio perchè da oggi questa destra “deberlusconizzata” è un po’ più forte.
Filippo Rossi
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Dicembre 15th, 2010 Riccardo Fucile
“I CONTI NON TORNANO, I BERLUSCHINI LO SANNO”… FINI DECISO A CONTINUARE LA BATTAGLIA FUTURISTA…”ORA SIAMO LIBERI DI POSIZIONARCI SUI SINGOLI PROBLEMI COME CI PARE”…. E IL PDL “CORAGGIOSAMENTE” RINVIA LA DISCUSSIONE SULLA SFIDUCIA A BONDI E CALDEROLI
“Ora? Ora andiamo a casa. Ma domattina siamo di nuovo qui. A lottare e a continuare la
nostra battaglia”. Il colpo si è fatto sentire. La sconfitta è stata pesante. Una giornata nera.
Gianfranco Fini ammette il passo falso. Ma non si dà pace per i “tradimenti” subiti. È amareggiato. Non si aspettava che fedelissimi della prima ora come Moffa e Polidori potessero girargli le spalle all’ultimo momento.
Così come non poteva credere a quegli insulti urlati nel bel mezzo del Transatlantico di Montecitorio da un gruppo di deputati Pdl.
Tra le grida ha attraversato il corridoio senza dire una parola, protetto solo dai commessi.
La tensione è altissima. Lo sconforto pure.
Nel pomeriggio, però, cerca di frenare le emozioni per lasciare il posto all’analisi.
Chiuso nel bunker del suo ufficio alla Camera chiama uno a uno tutti i parlamentari di Futuro e libertà . Al primo piano salgono Bocchino e Urso, Briguglio e Menia. Si sente con Pier Ferdinando Casini. Riceve la telefonata di Massimo D’Alema.
“Tra una settimana, solo tra una settimana si capirà bene cosa è successo. Aspettiamo che passi l’euforia di Berlusconi e dei “berluschini”. Aspettiamo che si depositi la polvere. E poi vedrete che si farà punto e a capo”.
Nel quartier generale finiano, certo, la delusione sembra avvolgere ogni parola.
E il manifesto che campeggia in una stanza con la foto di Pinuccio Tatarella e lo slogan “È necessario inseguire un sogno” sembra stampato per l’occasione.
Il leader futurista, del resto, sa che “oggi Berlusconi ha segnato un punto. È riuscito a “scapolare”. E questo mi fa particolarmente male perchè sono venuti a mancare due di Fli. Berlusconi ha dimostrato che la sua capacità di “convincere” supera le nostre previsioni”.
Eppure, dopo l’iniziale ira e le telefonate di fuoco con Moffa e la Polidori, ora abbassa i toni e cerca di analizzare la situazione con “freddezza”.
Ai suoi ripete che la guerra non è stata ancora persa. “Noi ci saremo, come prima e più di prima”.
Il presidente della Camera considera anzi il voto sulla sfiducia l’ennesima svolta nella sua vita politica.
Un’occasione per rendere “libero” il suo gruppo. Per tornare fare politica in autonomia. Tranquillizza i suoi uomini. Mette al riparo il partito dal rischio di una nuova scossa.
“Quando si depositeranno le nebbie laudatorie – avverte – tutti capiranno che non si può andare avanti così. Non si governa con questi numeri. Tanto è vero che proprio Berlusconi ha dovuto dire: allarghiamo la maggioranza. Una proposta tanto giusta quanto ardua, non credo ci riuscirà “.
Non solo. “Ora è anche più complicato andare subito al voto. Si potrebbe dire: ha voluto la bicicletta? Pedala”.
Ma se sarà complicato per il Cavaliere rendere più forte la coalizione, anche per Fini non sarà facile tenere unito il suo gruppo. E salvaguardare l’intesa con l’Udc. “Non credo che correremo dei rischi. Tutte le ambiguità – è la sua convinzione – se ne sono andate. Le ambiguità tra chi davanti alla “crisi del settimo anno” lavorava per un nuovo “appeasement” e chi pensava a un modo civile per separarsi. Bene, dopo quel che è successo, nessuno di noi pensa che sia possibile cercare un’intesa. Possiamo dire che quel che dovevamo perdere, lo abbiamo perso”.
A suo giudizio, però, tutto questo offre un’opportunità . Fli potrà decidere come “posizionarsi” sui singoli problemi senza linee “ideologiche o preconcette”.
Ma questo, avverte, vuol dire anche che su tutti i provvedimenti del governo i futuristi faranno valere le loro ragioni e i loro emendamenti.
“Ad esempio: cosa facciamo su Napoli? facciamo una battaglia ideologica? No, spiegheremo i nostri punti di vista. Ma se non saranno accolti voteremo contro. La politica del governo determinerà le nostre reazioni: approveremo solo ciò che condividiamo”.
Una linea che potrebbe presto mettere a dura prova la maggioranza. E trasformare l’iter parlamentare delle leggi in un “Vietnam”.
Non a caso il Pdl ha già chiesto di sospendere di fatto l’attività d’aula fino a gennaio.
I prossimi appuntamenti rischiano di trasformarsi in ripetute rese dei conti. “Che si fa – è l’esempio del capo futurista – sulla sfiducia a Bondi? Come fa il ministro per i Beni culturali a rimanere al suo posto?”.
Di certo i finiani non lo difenderanno.
Ma c’è anche la mozione su Calderoli, e quella sulla Rai.
Quindi, “opposizione non pregiudiziale ma senza ingoiare cose che non ci piacciono”. A cominciare dalle famigerate “leggi ad personam” che sulla giustizia hanno accompagnato lo scontro nel Pdl negli ultimi due anni.
Fini invoca allora “freddezza”.
Chiede di aspettare, prima di liquidare il voto di ieri come una vittoria di lunga durata per il Cavaliere: “Vedrete, basta una settimana e sarà tutto già metabolizzato. Gli altri, invece, dovranno fare i conti veri”.
Ma ammette anche che la “freddezza” va accompagnata con un progetto politico che non può fare a meno dell’Udc di Casini.
“Ma vale per entrambi. Ed entrambi dobbiamo tenere”.
Anche rispetto alle lusinghe del premier che si allungheranno sui centristi e sui singoli deputati di Fli.
“La garanzia – dice il presidente della Camera – è che conosciamo bene Berlusconi. Pier non è così sprovveduto da accomodarsi al tavolo del Cavaliere. Intanto perchè lascerebbe una prateria sconfinata. E poi, al di là delle nostre intenzioni, c’è una logica politica che vale di più”.
Una logica che secondo i finiani potrebbe portare ad una “Costituente dei moderati e di centrodestra”.
Un disegno che “magari avrà degli stop e delle accelerazioni, ma che andrà avanti”.
“Senza contare – sottolinea Fini – che in Italia c’è un sentimento di voltar pagina rispetto al berlusconismo che va anche oltre la sinistra”.
Insomma, “oggi Berlusconi è più forte nei numeri ma è montato su un cavallo che non sa dove porta. La sua confusione gli fa persino rivolgere un appello agli ex popolari del Pd. Diamo tempo al tempo e ne vedremo delle belle”.
E in questo tempo, una delle tappe potrebbero essere le dimissioni dalla presidenza della Camera.
Per lanciarsi nell’impegno politico a tempo pieno.
E per chiudere definitivamente i conti con il Pdl.
Claudio Tito
(da “la Repubblica“)
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Dicembre 15th, 2010 Riccardo Fucile
GLI GRIDANO DI TUTTO, CHIEDONO LE SUE DIMISSIONI, MA GIANFRANCO PROMETTE UN VIETNAM PARLAMENTARE PER IL PDL
Sorride a chi lo irride.
Sarà la forza dei nervi, sarà l’orgoglio del duro che non vuol mostrarsi sconfitto, sta di fatto che mentre lascia l’aula di Montecitorio, Gianfranco Fini istintivamente rivolge un sorriso e un «ciao, ciao» con la mano ai deputati del Pdl che dai loro scranni gli urlano di tutto.
E qualcuno va decisamente oltre: «Pezzo di m…».
Fini non si sofferma, esce dalla porta, entra nel Transatlantico e anche qui è bersagliato da altre volgarità : «Dimettiti coglionazzo!».
E mentre Fini si avvia verso il suo studio, in aula va in scena uno spettacolo inedito: un centinaio di deputati del Pdl, della Lega e qualche ministro (Ignazio La Russa), urlano a squarciagola l’Inno di Mameli, sventolano decine di vessilli tricolori che si erano portati dietro, mentre i più risoluti, una cinquantina, intonano un coro indirizzato a Fini, oramai lontano: «Di-mis-sio-ni, di-mis-sio-ni!».
Sentimenti e risentimenti che da sei mesi dividevano fino all’odio reciproco i due sfidanti.
Sentimenti che alfine hanno tracimato come lava bollente dentro Montecitorio, trasformandosi in insulti grevi che hanno colpito lo sconfitto.
Oramai da mesi, inferocito per la campagna del «Giornale» contro di lui e contro i suoi cari, Fini si era votato ad una missione: «Uccidere» politicamente Berlusconi.
Tanto è vero che nelle ultime settimane, da presidente della Camera, non aveva esitato a prodursi in una escalation di esternazioni poco istituzionali e molto esplicite. E ora che l’assalto è fallito?
Risalito nel suo studio al primo piano di Montecitorio, Fini fa capire ai fedelissimi che il programma non cambia e a caldo scolpisce una frase che potrebbe diventare proverbiale: «Ora? Ora ci divertiremo…».
Certo, è un modo per esorcizzare la batosta, ma anche un messaggio ai suoi: d’ora in poi a Berlusconi non gliene passeremo una.
Italo Bocchino, il delfino del capo: «Nel 1948, dopo l’attentato a Togliatti, a Pajetta che aveva occupato la prefettura di Milano, il segretario del Pci disse: e ora che hai occupato che ci fai? Lo stesso diciamo noi: Berlusconi, con tre voti di maggioranza che ci fai».
Loro, i finiani hanno deciso subito che d’ora in poi passeranno a setaccio ogni singolo voto.
A cominciare dalla mozione di sfiducia nei confronti di Sandro Bondi.
Il Fli la appoggerà .
Ma per continuare a pesare, la scialuppa del Fli non dovrà perdere altro equipaggio.
E si dovrà presto chiarire cosa farà Fini: resterà presidente della Camera?
Lui, a domanda diretta, risponde senza esitazioni: «Dimettermi? Non ci penso proprio».
Certo, ora che il Pdl ha ripreso ad attaccarlo, per Fini è più difficile assecondare una tentazione che, pure, a settembre aveva preso seriamente in considerazione.
Ma è molto significativo quel che dice Bruno Tabacci, uno dei capofila del (per ora teorico) Terzo Polo: «Personalmente non avrei mai avviato un’operazione politica occupando quel ruolo».
Altrettanto serio il problema della tenuta dei parlamentari.
La dissociazione di Silvano Moffa, uno dei fondatori del Fli, ha fatto affiorare livore nei confronti del protagonismo di Italo Bocchino.
Erano in tanti, a sconfitta consumata, a prendersela con gli «eccessi di Italo». Come se Bocchino avesse interpretato una sua linea, diversa da quella di Fini. Ma un avversario frontale, un uomo sincero come Giorgio Stracquadanio, rimuove l’equivoco: «Lo sappiamo tutti, il mandante della linea dura è sempre stato Fini».
E d’altra parte, quando Moffa, per poter votare la sfiducia, ha chiesto la testa di Bocchino, Fini ha tagliato corto. Ma i futuristi lo sanno.
Berlusconi ricomincerà a lavorarli ai fianchi per garantire più lunga vita al suo governo.
Tra i moderati restati con Fini, non mancano quelli che potrebbero rimanere sensibili alla sirena berlusconiana.
Ma non certo un personaggio, ieri protagonista di una sequenza a suo modo toccante.
A Montecitorio Fini aveva appena letto l’esito del voto di sfiducia e sugli scranni della maggioranza si cantava l’Inno di Mameli in uno sventolio di tricolori.
Seduto al suo posto, Mirko Tremaglia, il legalitarissimo ragazzo di Salò che non ha mai amato Berlusconi e che, pur vacillando sul suo bastone e con la moglie ricoverata in clinica, è venuto a votare.
Il vecchio Mirko, patriottico come nessun altro, con lo sguardo vitreo guardava quegli onorevoli che festeggiavano.
Come ultras della curva.
Fabio Martini
(da “la Stampa“)
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Dicembre 15th, 2010 Riccardo Fucile
IL VOTO DI IERI: L’ANALISI DI EZIO MAURO SU “REPUBBLICA”
Con tre voti di maggioranza, strappati in extremis ai finiani nell’ultima compravendita
notturna, Berlusconi rimane a Palazzo Chigi.
Ma per fare che cosa?
Quel margine precario, appeso a mille promesse impossibili, nel giorno per giorno non consentirà al Premier di far approvare più nulla.
Ma a Berlusconi i voti non servono per governare: gli servono per comandare. Ieri li ha avuti, e tanto gli basta.
La politica può aspettare, il Paese anche.
Per il Cavaliere era più importante la prova di forza con Fini, sulla fiducia. L’ha vinta e, letteralmente, questa vittoria per lui non ha prezzo.
Ma da oggi, l’opposizione conta un partito in più, e comperando i pontieri il Premier ha divorato anche l’ultimo ponte coi finiani.
L’unico modo per sopravvivere davvero alla vittoria di ieri, è allargare la maggioranza all’Udc.
Ma Casini non ha alcuna convenienza a cambiare una linea costruita negli anni, e dirà di no.
La Lega aspetta di intascare il federalismo, e dà i 30 giorni a Berlusconi.
O riesce a catturare Casini, o si andrà al voto.
Dunque le elezioni sono l’esito più probabile e alla fine più giusto.
Ecco perchè Fini dovrà dimettersi dalla presidenza della Camera, per fare liberamente la sua battaglia politica decisiva: e farla probabilmente dal centro – in una posizione che fa comodo anche al Pd – visto che a destra l’eredità post-berlusconiana gli è preclusa.
Insomma, il Cavaliere ha vinto, ma la partita è appena cominciata.
Ezio Mauro
(da “la Repubblica“)
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Dicembre 15th, 2010 Riccardo Fucile
IL VOTO DI IERI: L’ANALISI DI MARCO TRAVAGLIO
Nell’estate del 1994, la prima di Berlusconi al governo, Montanelli scrisse sulla Voce: “Oggi, per instaurare un regime, non c’è più bisogno di una marcia su Roma nè di un incendio del Reichstag, nè di un golpe sul Palazzo d’Inverno. Bastano i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa: e fra di essi, sovrana e irresistibile, la televisione. Il risultato è scontato: il sudario di conformismo e di menzogne che, senza bisogno di leggi speciali, calerà su questo Paese riducendolo sempre più a una telenovela di borgatari e avviandolo a un risveglio in cui siamo ben contenti di sapere che non faremo in tempo a trovarci coinvolti”.
Sette anni dopo, l’ultima volta che s’incontrarono in tv, nel 2001, Biagi gli chiese una previsione.
E lui: “Berlusconi, se vince, governerà senza quadrate legioni, ma con molta corruzione” (il direttore di Rai1, Maurizio Beretta, censurò la frase e fece subito carriera in Confindustria).
Ecco, quel che è accaduto ieri nel regno dei morti — Montecitorio, l’unico posto al mondo dove Berlusconi ha ancora la maggioranza — è una mirabile sintesi del regime Tv & Corruzione denunciato fin dall’inizio da Montanelli. Anche ieri era scontato il risultato: e non perchè si prevedesse che le signore Siliquini e Polidori sarebbero state colte da crisi di coscienza last minute alla toilette o dalla manicure, in perfetta simbiosi con i Calearo, i Cesario, gli Scilipoti e i Razzi; ma perchè chi si proponeva di abbattere il regime non l’ha mai, in cuor suo, considerato un regime e dunque s’è comportato come se dovesse rovesciare un normale governo.
Come se bastasse chiudere una parentesi aperta nel ’94 per riportare il paese alla normalità .
L’Italia, specie ai piani alti, non è più un paese: 16 anni di berlusconismo l’hanno trasformata in quella “telenovela di borgatari” avvolta in un “sudario di conformismo e di menzogne senza bisogno di leggi speciali” profetizzata dal vecchio Indro.
Non c’è più arbitro, a regolare la contesa.
La Corte costituzionale se la dà a gambe perchè “il clima politico è surriscaldato” (dice il neo-presidente De Siervo, noto cuor di leone, che l’altra notte era da Marzullo).
Il Tribunale dei ministri e la Procura di Roma si palleggiano l’indagine su Berlusconi per il complotto anti-Annozero e, nel tragitto, spariscono le intercettazioni.
Il capo dello Stato, noto anestesista, somministra cloroformio e bromuro, intanto mentre tutti dormono la Banda Berlusconi svaligia il paese.
Un mese fa Berlusconi era politicamente morto: bastava votare subito la mozione di sfiducia dei finiani ed era fatta.
Invece la cosiddetta “moral suasion” del Colle ha regalato al grande corruttore un mese di tempo per comprarsi quei pochi che ancora non teneva sul libro paga.
Fini poi ha sottovalutato l’avversario e selezionato male le truppe d’assalto. Errore tanto più imperdonabile in quanto lui il nemico lo conosce meglio degli altri: avendoci convissuto per tanti anni, avrebbe dovuto reclutare uomini di provata fede e incorruttibilità , col coltello fra i denti, non le Moffe e le Sdilinquini.
Ha preferito la quantità alla qualità , mettendosi in casa infiltrati che, al segnale convenuto del mandante, sono usciti allo scoperto.
Stesso errore dall’altra parte ha commesso Di Pietro: non contento dei Carrara e dei De Gregorio, ha imbarcato i Razzi, gli Scilipoti e i Porfidia, gente che non occorre il curriculum per tenerla a debita distanza: basta la faccia. Del Pd, che è riuscito a perdere per strada 18 deputati e un terzo dei voti in due anni e mezzo, inutile parlare.
Fini almeno ha ammesso la sconfitta.
Invece dai perditori piddini, che han collezionato più fiaschi di una cantina sociale, mai un cenno di autocritica.
Come disse Violante nel 2002 alla Camera, “Berlusconi sa per certo che gli è stata data la garanzia piena nel 1994 che non sarebbero state toccate le televisioni. Lo sa lui e lo sa Letta. Non abbiamo fatto la legge sul conflitto d’interessi, abbiamo dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni e durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte!”.
Gli hanno venduto l’Italia e se ne vantano pure.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Fini, Giustizia, governo, la casta, PD, PdL, Politica, Stampa | Commenta »
Dicembre 15th, 2010 Riccardo Fucile
COSA HA DA NASCONDERE? LO RIVELA LA RIVISTA CAMPUS: AD AGOSTO, IN UNA INTERVISTA, LA POLIDORI PARLAVA DEI RAPPORTI CON IL CUGINO, PATRON DEL CEPU E VICINO AL PDL…LO STRANO CAMBIO DI POSIZIONE DEL PDL IN COMMISSIONE PER FAVORIRE IL CEPU E IL LAVORIO DELLA GELMINI A FAVORE DEGLI ATENEI TELEMATICI
La finiana che ha regalato la fiducia al Cavaliere è legata al patron dell’istituto per la
preparazione universitaria, i cui soci sono alcune società offshore.
Per questo gli uomini di Fli attaccano: “E’ corruzione di pubblico ufficiale”.
Catia Polidori, cugina del fondatore di Cepu Francesco Polidori, si è dissociata da Futuro e Libertà votando a sorpresa la fiducia a Berlusconi. C’entra qualcosa Mr. Cepu in questo cambio di opinione?
Sembra convinto il deputato Luca Barbareschi che addirittura parla di “corruzione di pubblico ufficiale”.
Quindi rilancia: “E’ stata minacciata”.
L’ex finiana ribatte: “nessuna parentela”.
Ma a farsi la domanda è anche il mensile Campus, la più importante testata italiana dedicata agli studenti.
“Si sa che i cugini Polidori sono in ottimi rapporti”, scrive Giampaolo Cerri, direttore di Campus, sul blog della rivista.
“L’ha confermato Catia ai primi di agosto in un’intervista al Corriere della Sera, quando si parlava del possibile contributo di Francesco alla macchina propagandistica del Pdl”.
Il 19 luglio scorso Polidori era riuscito a portare Berlusconi all’eCampus di Novedrate (Como), dove, nella mezz’ora concessa dal premier, “il patron del Cepu è riuscito a ricavare una dichiarazione pubblica circa il mantenimento del valore legale del titolo di laurea, a pochi giorni da un pronunciamento opposto del responsabile università del Pdl”, continua Cerri. “E’ proprio su questo valore che si regge tutto il sistema delle università telematiche, eCampus inclusa”.
A Campus appare oggi sospetto “tutto il lavorio di Mariastella Gelmini sul Decreto di Programmazione 2010-2012, che prevede la possibilità per gli atenei telematici di convertirsi in tradizionali”.
Non solo: il Pdl in Commissione cultura della Camera, si è speso “per far approvare un subemendamento alla riforma che permettesse di finanziare le università online”.
Che ruolo ha avuto Catia Polidori in quel subemendamento — votato anche dai finiani?
Lo sapremo presto.
Intanto, mentre ci arrovelliamo sui risultati del voto di fiducia, l’imprenditore umbro Francesco Polidori si starà godendo lo spettacolo dalla sua casetta a San Marino, dove risiede da tempo ed è entrato a far parte del corpo diplomatico come “console a disposizione”.
Ma gli affari di Cepu girano su ben altri paradisi fiscali.
Cesd Srl, la società depositaria del marchio, con sede a Roma, ha un capitale di 5,903 milioni di euro, interamente controllato da una holding lussemburghese, la JMD International SA.
Se si va a spulciare nello statuto della holding, si scopre che è stata creata il 30 aprile 2007, con un capitale iniziale di 31.000 euro, tutti in mano a una fiduciaria panamense, la Grandbridge Corp., il cui presidente Luis Alberto Laguna, è uno dei tanti prestanome del piccolo staterello sullo stretto.
Chi stia veramente dietro la Grandbridge Corp., al vertice dell’impero Cepu, non è dato sapere.
Catia Polidori però rispedisce le accuse al mittente. “Ho votato contro la sfiducia al Presidente del Consiglio perchè è fondamentale non privare il Paese di un Governo che possa garantire la stabilità che il momento attuale richiede. Rimango coerente con me stessa per aver dichiarato dal 29 luglio in poi che, pur approvando l’azione di stimolo promossa da Futuro e Libertà sin dalla sua fondazione, non avrei mai votato contro il Governo”.
Peccato che la signora abbia approvato a Perugia la posizione di Fini sulla richiesta di dimissioni del premier e abbia anche pochi giorni fa apposto la sua firma alla mozione di sfiducia al premier.
Il finiano Luca Barbareschi dà , però, un’altra lettura del voto. “E’stata minacciata per le sue aziende. Le hanno detto che le chiudevano le sue aziende”.
Quindi l’attore e politico ha chiarito le sue parole: ” Il voto contrario alla mozione di sfiducia espresso da Catia Polidori e’ semplicemente vergognoso”.
Lo ha detto il finiano Luca Barbareschi conversando con i giornalisti a Montecitorio. “Questa è corruzione di pubblico ufficiale. Sappiamo per certo che la Polidori, la cui azienda di famiglia è il Cepu, ha ottenuto rassicurazioni che la favoriscono”.
Lei perà smentisce: “’Ho provato a difendermi su vari quotidiani e ho scritto persino al Corriere della Sera, ma loro hanno pubblicato la mia lettera piccina in un angolo e credo che nessuno se ne sia accorto. Quindi lo ripeto a voi: con la Cepu nessuna parentela. Mio fratello ha una piccola fabbrica di ceramiche. Tutto qui”.
Per quale motivo continua a mentire?
argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, Fini, Futuro e Libertà, governo, la casta, PdL, Politica, radici e valori, scuola, Università | Commenta »