FINI: “HO PERSO, UN PUNTO PER SILVIO, MA ORA E’ IMPOSSIBILE GOVERNARE”
“I CONTI NON TORNANO, I BERLUSCHINI LO SANNO”… FINI DECISO A CONTINUARE LA BATTAGLIA FUTURISTA…”ORA SIAMO LIBERI DI POSIZIONARCI SUI SINGOLI PROBLEMI COME CI PARE”…. E IL PDL “CORAGGIOSAMENTE” RINVIA LA DISCUSSIONE SULLA SFIDUCIA A BONDI E CALDEROLI
“Ora? Ora andiamo a casa. Ma domattina siamo di nuovo qui. A lottare e a continuare la nostra battaglia”. Il colpo si è fatto sentire. La sconfitta è stata pesante. Una giornata nera.
Gianfranco Fini ammette il passo falso. Ma non si dà pace per i “tradimenti” subiti. È amareggiato. Non si aspettava che fedelissimi della prima ora come Moffa e Polidori potessero girargli le spalle all’ultimo momento.
Così come non poteva credere a quegli insulti urlati nel bel mezzo del Transatlantico di Montecitorio da un gruppo di deputati Pdl.
Tra le grida ha attraversato il corridoio senza dire una parola, protetto solo dai commessi.
La tensione è altissima. Lo sconforto pure.
Nel pomeriggio, però, cerca di frenare le emozioni per lasciare il posto all’analisi.
Chiuso nel bunker del suo ufficio alla Camera chiama uno a uno tutti i parlamentari di Futuro e libertà . Al primo piano salgono Bocchino e Urso, Briguglio e Menia. Si sente con Pier Ferdinando Casini. Riceve la telefonata di Massimo D’Alema.
“Tra una settimana, solo tra una settimana si capirà bene cosa è successo. Aspettiamo che passi l’euforia di Berlusconi e dei “berluschini”. Aspettiamo che si depositi la polvere. E poi vedrete che si farà punto e a capo”.
Nel quartier generale finiano, certo, la delusione sembra avvolgere ogni parola.
E il manifesto che campeggia in una stanza con la foto di Pinuccio Tatarella e lo slogan “È necessario inseguire un sogno” sembra stampato per l’occasione.
Il leader futurista, del resto, sa che “oggi Berlusconi ha segnato un punto. È riuscito a “scapolare”. E questo mi fa particolarmente male perchè sono venuti a mancare due di Fli. Berlusconi ha dimostrato che la sua capacità di “convincere” supera le nostre previsioni”.
Eppure, dopo l’iniziale ira e le telefonate di fuoco con Moffa e la Polidori, ora abbassa i toni e cerca di analizzare la situazione con “freddezza”.
Ai suoi ripete che la guerra non è stata ancora persa. “Noi ci saremo, come prima e più di prima”.
Il presidente della Camera considera anzi il voto sulla sfiducia l’ennesima svolta nella sua vita politica.
Un’occasione per rendere “libero” il suo gruppo. Per tornare fare politica in autonomia. Tranquillizza i suoi uomini. Mette al riparo il partito dal rischio di una nuova scossa.
“Quando si depositeranno le nebbie laudatorie – avverte – tutti capiranno che non si può andare avanti così. Non si governa con questi numeri. Tanto è vero che proprio Berlusconi ha dovuto dire: allarghiamo la maggioranza. Una proposta tanto giusta quanto ardua, non credo ci riuscirà “.
Non solo. “Ora è anche più complicato andare subito al voto. Si potrebbe dire: ha voluto la bicicletta? Pedala”.
Ma se sarà complicato per il Cavaliere rendere più forte la coalizione, anche per Fini non sarà facile tenere unito il suo gruppo. E salvaguardare l’intesa con l’Udc. “Non credo che correremo dei rischi. Tutte le ambiguità – è la sua convinzione – se ne sono andate. Le ambiguità tra chi davanti alla “crisi del settimo anno” lavorava per un nuovo “appeasement” e chi pensava a un modo civile per separarsi. Bene, dopo quel che è successo, nessuno di noi pensa che sia possibile cercare un’intesa. Possiamo dire che quel che dovevamo perdere, lo abbiamo perso”.
A suo giudizio, però, tutto questo offre un’opportunità . Fli potrà decidere come “posizionarsi” sui singoli problemi senza linee “ideologiche o preconcette”.
Ma questo, avverte, vuol dire anche che su tutti i provvedimenti del governo i futuristi faranno valere le loro ragioni e i loro emendamenti.
“Ad esempio: cosa facciamo su Napoli? facciamo una battaglia ideologica? No, spiegheremo i nostri punti di vista. Ma se non saranno accolti voteremo contro. La politica del governo determinerà le nostre reazioni: approveremo solo ciò che condividiamo”.
Una linea che potrebbe presto mettere a dura prova la maggioranza. E trasformare l’iter parlamentare delle leggi in un “Vietnam”.
Non a caso il Pdl ha già chiesto di sospendere di fatto l’attività d’aula fino a gennaio.
I prossimi appuntamenti rischiano di trasformarsi in ripetute rese dei conti. “Che si fa – è l’esempio del capo futurista – sulla sfiducia a Bondi? Come fa il ministro per i Beni culturali a rimanere al suo posto?”.
Di certo i finiani non lo difenderanno.
Ma c’è anche la mozione su Calderoli, e quella sulla Rai.
Quindi, “opposizione non pregiudiziale ma senza ingoiare cose che non ci piacciono”. A cominciare dalle famigerate “leggi ad personam” che sulla giustizia hanno accompagnato lo scontro nel Pdl negli ultimi due anni.
Fini invoca allora “freddezza”.
Chiede di aspettare, prima di liquidare il voto di ieri come una vittoria di lunga durata per il Cavaliere: “Vedrete, basta una settimana e sarà tutto già metabolizzato. Gli altri, invece, dovranno fare i conti veri”.
Ma ammette anche che la “freddezza” va accompagnata con un progetto politico che non può fare a meno dell’Udc di Casini.
“Ma vale per entrambi. Ed entrambi dobbiamo tenere”.
Anche rispetto alle lusinghe del premier che si allungheranno sui centristi e sui singoli deputati di Fli.
“La garanzia – dice il presidente della Camera – è che conosciamo bene Berlusconi. Pier non è così sprovveduto da accomodarsi al tavolo del Cavaliere. Intanto perchè lascerebbe una prateria sconfinata. E poi, al di là delle nostre intenzioni, c’è una logica politica che vale di più”.
Una logica che secondo i finiani potrebbe portare ad una “Costituente dei moderati e di centrodestra”.
Un disegno che “magari avrà degli stop e delle accelerazioni, ma che andrà avanti”.
“Senza contare – sottolinea Fini – che in Italia c’è un sentimento di voltar pagina rispetto al berlusconismo che va anche oltre la sinistra”.
Insomma, “oggi Berlusconi è più forte nei numeri ma è montato su un cavallo che non sa dove porta. La sua confusione gli fa persino rivolgere un appello agli ex popolari del Pd. Diamo tempo al tempo e ne vedremo delle belle”.
E in questo tempo, una delle tappe potrebbero essere le dimissioni dalla presidenza della Camera.
Per lanciarsi nell’impegno politico a tempo pieno.
E per chiudere definitivamente i conti con il Pdl.
Claudio Tito
(da “la Repubblica“)
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