Maggio 7th, 2011 Riccardo Fucile
DURANTE UNA CENA ELETTORALE PER LA MORATTI, L’EX COLONNELLO DI AN, DEGRADATO ORMAI A CAPORALE DI GIORNATA E A MACCHIETTA DI PALAZZO GRAZIOLI, OFFENDE TUTTE LE DONNE… DIFFICILE PER LUI COMPRENDERE CHE CONTI IL CERVELLO NELLA VITA, NON SOLO LE CHIAPPE (SULLA POLTRONA)… CHE PROPRIO LUI POI PARLI DI ESTETICA E’ QUANTOMENO UMORISTICO
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, durante una cena elettorale del Pdl a Milano a sostegno della ricandidatura di Letizia Moratti ha ironizzato su l’aspetto estetico delle parlamentari di centrosinistra, rimarcando come nessuna eletta nel centrodestra è tanto brutta quanto quelle dello schieramento avversario
“Dicono che Berlusconi fa eleggere solo le donne belle – ha affermato La Russa, prendendo la parola dal palco dell’hotel Quark al termine della cena – Non è vero, ci sono alcune elette non belle anche da noi, ma certo non raggiungono l’apice della sinistra, di donne di cui non faccio il nome”.
La battuta di La Russa sulle donne del centrosinistra arriva a tre giorni dagli apprezzamenti del coordinatore lombardo del Pdl, Mario Mantovani che sempre in una cena elettorale di partito aveva ironizzato su Rosi Bindi e Paola Concia, scatenando le polemiche dell’opposizione.
Non sappiamo se l’ex colonnello di An, degradato sul campo della destra italiana a povero caporale di giornata e a macchietta di palazzo Grazioli, pronunciando queste offensive parole verso il sesso femminile in genere, avesse vicino uno specchio in cui verificare le proprie fattezze o se fosse in preda a un’overdose alcolica.
Ma riteniamo che un ministro della Difesa di qualsiasi Stato occidentale, dopo aver pronunciato tali parole, sarebbe stato accompagnato a calci nel culo alla porta di qualsiasi governo di centrodestra che si rispetti.
Per molto meno tale è il trattamento che Sarkò, la Merkel e Cameron hanno riservato a esponenti del loro schieramento.
A dimostrazione che in Italia non esiste una moderna destra, ma un becero governo affaristico-razzista, dove hanno cittadinanza non tanto i “belli” quanto i “bulli” del quartierino.
Abituati a non valutare il cervello femminile, ma solo le chiappe.
Come quelle che loro tengono attaccate con il bostik alla poltrona.
Saluti al caporale Nosferatu.
argomento: AN, Berlusconi, Costume, denuncia, governo, la casta, PdL, Politica, radici e valori, Rifiuti | 1 Commento »
Maggio 7th, 2011 Riccardo Fucile
IL FORUM DI “RADIO PADANIA” INVASO DALLE PROTESTE: “NOVE SOTTOSEGRETARI IMMONDI”…”NON DOVEVAMO FAR DIMINUIRE I MINISTRI E I SOTTOSEGRETARI? CHE CI STIAMO A FARE AL GOVERNO, PER MAGNARE ANCHE NOI?…”BASTA, NON VOTO PIU'”
Giusto mercoledì scorso, galvanizzato dalla vittoria sulla Libia, Bossi aveva rispolverato il
vecchio slogan “la Lega ce l’ha (ancora) duro”.
E invece no.
Il contrordine arriva direttamente dai suoi fedelissimi, dai militanti del Carroccio. Ci siamo “smosciati”, scrivono in massa nel forum del sito di Radio Padania.
A spegnere gli ardori delle camicie verdi è l’indigesto avvento al governo dei Responsabili e degli altri transfughi.
Senza contare che la maggior parte dei nove nuovi sottosegretari è pure meridionale.
E pensare che anche Bossi e i suoi colonnelli quel rimpasto lo avrebbero volentieri evitato.
Ma la scelta (tutta dettata dalla realpolitik) di impuntarsi sui bombardamenti contro Gheddafi anzichè sull’allargamento dell’esecutivo ora rischiano di pagarla cara.
Con più di un militante che ormai si chiede perchè “il Capo” – nome universalmente usato nella Lega per chiamare Bossi – continui a restare con Berlusconi.
Una domanda, a dire il vero, che si è fatta strada anche tra la pattuglia parlamentare della Lega alla quale da mesi tutti rispondono così: “Con questo Pd non c’è alternativa al Cavaliere”.
Radio Padania, la polveriera.
“Ma che meraviglia altri nove sottosegretari. E con la benedizione di Bossi! Io non ci sto più”, attacca l’utente Docsog stracciando virtualmente la tessera del Carroccio.
In effetti le promesse erano altre. “Ma non dovevano diminuire i quaranta che ghe magnan sora all’uno che laora?”,si chiede il veneto Luigi.
D’altra parte che i padani non siano ancora riusciti a imporre la famosa cura dimagrante alla casta romana è sotto gli occhi di tutti.
Così Insubriano rincara la dose: “Qui si rischia di superare il record di Prodi”, che al governo di poltrone ne aveva piazzate 102.
C’è chi come Adrenaly dice di essere pronto a passare “al partito del non voto”. Qualcun altro non riesce invece a darsi pace e picchia con l’ardore dell’innamorato deluso: “Bossi si è fumato il cervello – scrive Rickyross – cos’è che ha duro? E pensare che lo seguivo dalla fine degli anni ottanta ma ora è irriconoscibile. Nove sottosegretari immondi e altri dieci in cantiere… incredibile!”. E a diventare sempre più indigesta è la stessa permanenza nel governo Berlusconi: “Ma che ci stiamo a fare in un circo in cui non si produce nulla se non promozioni di peones magna magna? Veneto libero anche senza i venduti al nano innominabile!”.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, denuncia, elezioni, governo, LegaNord, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Maggio 7th, 2011 Riccardo Fucile
DIVENTA PERICOLOSO LO SCONTENTO DEI “RESPONSABILI” CHE NON SONO STATI PREMIATI DAL RIMPASTO… E OGGI BERLUSCONI CHIEDERA’ UNA COSA NUOVA: LE DIMISSIONI DI FINI, IL SUO INCUBO
Allegria….!!!!!
Non se lo aspettavano, dalle parti del governo, che il capo dello Stato li accusasse, così platealmente, di aver fatto un ribaltone.
Men che meno che chiedesse un nuovo voto di fiducia e lo mettesse dritto nelle mani del nemico, ovvero Gianfranco Fini.
E soprattutto, in un momento come questo, con le elezioni alle porte, i referendum subito dopo e la Lega che non vede l’ora di mettere Tremonti a Palazzo Chigi.
Napolitano ha giocato uno scherzo brutto, bruttissimo a Berlusconi.
Adesso c’è l’incubo di un passaggio parlamentare di fiducia, che dire scivoloso è poco e di veder bloccate le possibilità di allargare ulteriormente il governo con un progetto di legge di superamento della Bassanini.
Insomma, uno schiaffo.
Nel nome — certo — delle regole che, com’è noto, nel Pdl digeriscono malissimo.
E, infatti, la prima reazione del partito del Cavaliere è stata una risposta diretta, quasi sguaiata, vergata dai capigruppo delle Camere con parole di sfida aperta al Colle: “Numerosi voti di fiducia, a partire da quello della svolta del 14 dicembre — ecco il testo della nota pidiellina — hanno chiarito il quadro politico, con ripetute verifiche nelle sedi parlamentari. Le nomine di governo sono giunte dopo queste diverse votazioni e nel pieno ed assoluto rispetto delle norme costituzionali e delle prerogative del capo dello Stato”.
Come a dire: non c’è alcuna necessità di una nuova fiducia.
Peccato che non sia affatto così.
Fino ad oggi Iniziativa Responsabile si era limitata a dare il proprio appoggio parlamentare al governo, ma nel momento in cui i suoi componenti entrano a far parte dell’esecutivo , è chiaro che si è davanti a un cambio della maggioranza.
Che necessita di un voto di fiducia; quelle ottenute precedentemente non contano.
Una realtà urticante per Berlusconi.
Al Cavaliere il fatto che possa essere nuovamente Fini a decidere delle sorti del suo governo lo manda letteralmente fuori dai gangheri.
E probabilmente oggi, al Palasharp di Milano, non mancherà di attaccare la terza carica dello Stato e la sua partigianeria politica, chiedendone nuovamente le dimissioni.
A questo punto è probabile che Fini e Schifani si sentano nel weekend per concordare una linea comune.
Una partita delicatissima soprattutto sui tempi.
A seconda del momento che verrà scelto per la verifica (prima o dopo i ballottaggi delle amministrative) il termometro potrebbe essere più o meno a favore della maggioranza.
La Lega sta aspettando di vedere come finirà a Milano per decidere il da farsi anche se ieri sera Bossi ha lanciato una sponda al Cavaliere: “Non serve un passaggio in Parlamento”. Pare il contrario.
Le prossime ore, dunque, saranno determinanti per capire come andrà a finire.
Inutile dire che sia il Pd con Bersani (“aspettiamo sereni le valutazioni di Fini e Schifani”) che Fli con Bocchino e l’Idv con Donadi si sono dichiarati pienamente in sintonia con le corde quirinalizie.
Non, ovviamente, i Responsabili: “Un intervento del Colle improprio e intempestivo”, ha sentenziato il capogruppo Luciano Sardelli.
Ma anche Francesco Pionati ieri sera era furibondo dopo aver ‘irritato’ i vertici Pdl per ”l’eccessiva insistenza” di trovare un piazzamento.
All’appello manca anche Maria Grazia Siliquini per la quale si sta pensando a un ”cda” e Antonio Razzi, ma a loro si devono aggiungere esponenti Pdl, come Anna Maria Bernini, e della Lega, come Matteo Brigandì.
Per lui si starebbe pensando a un ‘posto’ a Via Arenula.
E anche nel Pdl malumori non mancano come dimostra la presa di posizione di Mario Baccini e Pino Galati: ”Berlusconi non ha mantenuto gli impegni”.
Il premier, insomma, ha ottimi motivi per temere un nuovo voto di fiducia come la peste.
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, denuncia, Fini, governo, Napolitano, Parlamento, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Maggio 7th, 2011 Riccardo Fucile
IL PDL CONTRO NAPOLITANO: “NON ANDREMO IN AULA”…LE GIUSTE OSSERVAZIONI DEL COLLE: SONO STATI ELETTI NEL PDL E NELL’IDV, NON HANNO PRESENTATO IL LORO SIMBOLO. E ORA GOVERNANO
Il presidente della Repubblica ha firmato giovedì la nomina degli ultimi nove sottosegretari utili a
puntellare la maggioranza del premier Berlusconi, ma ieri, in una nota, ha dichiarato che questo passaggio non può non coinvolgere il Parlamento.
Perchè?
Perchè del governo fanno ora parte deputati e senatori eletti nell’opposizione. Il dato è sotto gli occhi di tutti: se sono arrivati nell’esecutivo dopo una parentesi in Futuro e Libertà gli onorevoli Roberto Rosso, Luca Bellotti, Catia Polidori e Giampiero Catone, eletti lo scorso aprile sotto le insegne del Popolo della libertà . Ed era ed è rimasto nel Pdl il senatore Antonio Gentile (nominato al sottosegretariato all’Ambiente), sono invece diventati membri del governo anche i pd Riccardo Villari e Bruno Cesario, l’ex Idv Aurelio Misiti (dopo un passaggio nell’Mpa di Lombardo) e la diniana Daniela Melchiorre, già sottosegretario alla Giustizia nel secondo governo Prodi, eletta in una lista di sostegno al Pdl.
Per la maggior parte oggi siedono nei banchi del gruppo di Iniziativa Responsabile, la componente stampella dell’esecutivo che non ha presentato il proprio simbolo alle scorse elezioni.
Ieri il Capo dello Stato Giorgio Napolitano ha voluto chiarire alla maggioranza di governo che la nomina di questi nuovi sottosegretari non può non passare attraverso un vaglio parlamentare.
Constata il Quirinale: “Sono entrati a far parte del governo esponenti di Gruppi parlamentari diversi rispetto alle componenti della coalizione che si è presentata alle elezioni politiche”.
Annota che “la nomina rientra come è noto nella esclusiva responsabilità del presidente del Consiglio dei ministri”.
E chiarisce: “Spetta ai presidenti delle Camere e al presidente del Consiglio valutare le modalità con le quali investire il Parlamento delle novità intervenute nella maggioranza che sostiene il governo”.
La modifica sostanziale della compagine di governo, afferma il Quirinale, deve essere valutata dal Parlamento.
Il Pdl non vuole neanche sentirne parlare. Il fuoco di fila dei presidenti dei gruppi di Camera e Senato Maurizio Gasparri, Fabrizio Cicchitto, Gaetano Quagliariello e Massimo Corsaro arriva con un comunicato congiunto: “Numerosi voti di fiducia, a partire da quello della svolta del 14 dicembre, hanno chiarito il quadro politico, con ripetute verifiche nelle sedi parlamentari. Le nomine di governo sono giunte dopo queste diverse votazioni e nel pieno e assoluto rispetto delle norme costituzionali e delle prerogative del capo dello Stato”.
Tradotto: nè il Colle, nè i presidenti di Camera e Senato cui si rivolge la nota del Quirinale, possono imporre al governo di andare in aula a riferire di un passaggio di per sè considerato neutro.
Non si ricordano precedenti in cui si metta al vot
o non la fine ma l’allargamento della maggioranza parlamentare. È questo – secondo il Pdl – che è successo a Montecitorio, e il voto del 14 dicembre passato, con la sconfitta della pattuglia finiana nel voto di fiducia al premier (sul quale confluirono i voti e i mal di pancia dei Responsabili presenti e futuri), è l’unica bandiera parlamentare che può essere sventolata.
La dichiarazione tradisce ovviamente qualche timore da parte della maggioranza. Finiti i mal di pancia della truppa “responsabile” e dei colleghi leghisti, in attesa di contarsi sul voto amministrativo, il Pdl vuole tenere lontana anche l’idea di ritornare a contarsi a Montecitorio soprattutto su un argomento scivoloso come la nomina di sottosegretari che per adesso non hanno nemmeno delle deleghe riconosciute.
L’assenza di precedenti, d’altronde, è evidente.
Non si è mai visto nella storia della Repubblica un acquisto di parlamentari per tenere in vita la medesima compagine di governo.
Non di queste dimensioni.
Non senza passare per una crisi di governo
Eduardo Di Blasi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Costume, governo, la casta, Napolitano, PdL, Politica | Commenta »
Maggio 7th, 2011 Riccardo Fucile
LA LEGA E’ FONDATA SULL’ADORAZIONE DEL DENARO: LASCIA L’ODORE DEI SOLDI AL POPOLO E IL TATTO DELLA MONETA A UNA CASTA DI POTERE INVARIABILE CHE PASSERA’ LA SACRA AMPOLLA DAL PADRE ALL’AVANNOTTO…UN PARTITINO DI RICATTATORI CHE PENSA DI APPORRE UNA DATA DI “FINE LAVORI” A UNA GUERRA, COME SE FOSSE UN CANTIERE EDILE DELLA VALBEMBRANA
È vero, i leghisti ce lo hanno duro. Oserei dire: di legno; il cervello.
Se fossi un’iscritta o anche una simpatizzante di un partito politico che mi prende per il culo in maniera istituzionale, credo che tenderei a farmi giustizia da sola.
Ma i leghisti, avendocelo duro, il cervello, non lo faranno mai.
Se solo i leghisti sapessero leggere, oggi la lega non esisterebbe più, ma il loro celodurismo cerebrale, anzi, favorirà la permanenza della lega nei gangli della nostra nazione a loro straniera.
In soli due giorni, le farse ignobili di un partitino di ricattatori che vive e si alimenta proprio della stupidità dei suoi appartenenti/simpatizzanti, ha aumentato il “rating” del ridicolismo italiota, con un parlamento impegnato a votare una mozione basata sul nulla, e la nomina di nove nuovi parassiti, a cui il partito che osteggiava le metodiche di Roma Ladrona, ha dato il suo benestare.
Ma questo i durissimi legaioli, non lo capiranno mai, convinti come sono che l’importante sia cacciare via il negro, almeno a parole.
Non so disegnare, peccato!
Proverei a usare quell’arte per far comprendere al fedele legaiolo dall’elmetto cornuto, che se Bossi lo avesse davvero duro, sarebbe lui ad essere in pericolo.
Lo farei disegnando l’inutile faccia del ministro degli Esteri, che spiega davanti a un microfono, che per quanto ieri si sia votata la durissima mozione della Lega, che pretendeva di apporre una data di fine lavori ad una guerra, come se fosse il cantiere edile della Valbrembana, su cui si costruisce l’ennesimo Ipermercato, non sarà possibile farlo e che l’Italia sarà serva fino alla conclusione delle operazioni.
Farei un disegno per spiegare al legnoso legaiolo che l’agitarsi leghista altro non era che una farsa da propaganda elettorale, come i clandestini che non arriveranno mai in Lombardia — un migliaio solo ieri — o un modo — che non si sa mai — di dire a Gheddafi: “non ci scordiamo dei soldi che ci hai dato per finanziare il nulla della secessione che non ci sarà mai, mangiandoti qualche grossa impresa e qualche banca italiana”.
Ma ce l’ha troppo duro il cervello, il leghista; poveretto non ci arriverà mai. Non potrà comprendere che la politica della Lega è la più marcia di tutte. Fondata sull’adorazione del danaro, lascia l’odore dei soldi al popolo e il tatto della moneta a un grumo di potere invariato e invariabile, autoritario e sul modello monarchico, che passerà la sacra ampolla con l’acqua inquinata del Po dal padre all’avannotto, razzolando e depredando l’Italia esattamente come tutti gli altri democristiani hanno fatto fino ad ora.
Ricattando ed essendo ricattati, nella logica malavitosa alla quale prestissimo si sono inchinati.
Attendo con fiducia che il legaiolo si accorga di quanto aumenteranno le sue tasse, non solo grazie alla geniale trovata del fiscalismo locale — che serve a finanziare direttamente i comuni spolpati dalle dissennate gestioni della Lega — ma soprattutto quelle imposte da Roma Ladrona, per finanziare una guerra alla quale la Lega ha fatto finta di dire no, solo per il gusto di stringere ancora un po’ quel che resta delle palle di quel tizio che comunque, che lo vogliano o no, resta sempre il loro vero padrone.
Rita Pani
(da “r-esistenza-infinita“)
argomento: Bossi, Costume, governo, Immigrazione, la casta, LegaNord, Politica, radici e valori | Commenta »
Maggio 7th, 2011 Riccardo Fucile
NESSUNO PERO’ LO VUOLE ABOLIRE PERCHE’ I PARTITI CI MANDANO A SVERNARE I PROPRI NOTABILI A FINE CORSA… STIPENDI, GETTONI, RIMBORSI SPESA, INDENNITA’: UN FIUME DI SPRECHI…E PERSINO DEI REVISORI DEI CONTI CHE SONO ANCHE CONSIGLIERI: CONTROLLORI CHE CONTROLLANO E STESSI
Parliamo di 2104,55 euro al mese. 
Con l’unica incombenza, ogni trenta giorni, di una riunione dal titolo spesso pensoso, ma che solo raramente riesce a tagliare il traguardo dei centottanta minuti di durata: vuol dire che, in media, il tassametro scatta di 11,6 euro ogni 60 secondi.
Titolari della fortunata rendita sono i 121 italiani che popolano il parlamentino del Cnel.
L’acronimo sta per Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, un oggetto poco noto citato dai sussidiari con la definizione di organo di rilevanza costituzionale.
Di fatto il Consiglio, il cui presidente sarebbe secondo alcune ardite interpretazioni la quarta carica dello Stato, non conta un fico secco e detiene da anni un’incontrastata leadership sull’affollato mercato nazionale dell’aria fritta.
Gli acuminati pareri che dispensa a termini di statuto vengono ignorati con puntualità e, solo perchè sempre elegantemente rilegati, finiscono a far bella mostra nelle librerie dei professori universitari.
Quanto alle proposte di legge, in mezzo secolo i consiglieri ne hanno faticosamente messe a punto undici (alcune di portata storica, come quella sulle agevolazioni bancarie ai pescatori).
Considerando che il Cnel brucia poco meno di 20 milioni di euro l’anno, si può calcolare che in media ciascuno degli elaborati sia costato alle tasche dei contribuenti qualcosa come 100 milioni.
In compenso, nessuno ha mai tagliato il prestigioso traguardo dell’approvazione parlamentare.
“C’è sempre una prima volta”, ha detto tutto serio Antonio Marzano, tessera numero nove di Forza Italia e non indimenticato ministro delle Attività produttive, cui è toccata in sorte la presidenza del Cnel (con la relativa auto di servizio).
Nella contabilità parlamentare le proposte con il timbro del Cnel sono molte meno di quelle che chiedevano l’abolizione del Consiglio.
Massimo D’Alema, per esempio, ci si era messo di punta ai tempi della Bicamerale.
E infatti la commissione ha chiuso i battenti e il Cnel sta sempre lì, a villa Lubin, un sontuoso edificio tutto scaloni, soffitti intarsiati e guide rosse nel cuore di villa Borghese, a Roma.
Ma il leader del Pd non è stato certo l’unico a cercare di tagliare lo spreco (sia pure fornito di dignità costituzionale).
Ha scolpito con involontario umorismo Marzano: “Si vede che diamo fastidio”. E vai a capire a chi.
Che il Cnel non fosse destinato a diventare una vera e propria macchina da guerra lo si era capito fin dall’inizio.
Istituito nel 1948, è entrato in funzione solo dieci anni dopo, trasformandosi rapidamente in una riserva per burocrati rottamati dal pletorico sistema nazionale delle relazioni industriali, in testa ex leader sindacali e imprenditoriali.
Il veterano è Raffaele Vanni, classe 1922, segretario della Uil negli anni in cui al festival di Sanremo trionfavano Johnny Dorelli e Domenico Modugno con “Nel blu dipinto di blu”: s’è accomodato sul suo scranno alla prima consiliatura e non s’è mai più alzato.
Ma della compagnia fa parte anche Emma Marcegaglia.
Secondo alcuni, la presidentessa degli imprenditori (che, in quanto tale, per tradizione fa parte del Cnel come gli altri capi di sindacati e associazioni) ha partecipato solo alla prima seduta del nuovo Consiglio.
Altri sono pronti a giurare d’averne intravista la spigolosa sagoma anche in una seconda occasione.
E chissà se la signora dell’acciaio, alla testa di un gruppo che fattura qualcosa come 3,5 miliardi di euro, alla fine del mese manda l’autista a ritirare l’assegno (ridotto nel 2011 del 10 per cento, in nome dell’austerità decisa lo scorso anno dai parlamentari).
Già , perche quello dei consiglieri del Cnel non è uno stipendio, ma è più simile a un appannaggio: spetta anche a chi non si presenta mai al lavoro e subisce come unica penale un taglio dell’importo pari al 15 per cento.
Non esattamente un dramma per lady Confindustria.
Se la partenza non è stata proprio bruciante, non è che il Cnel abbia poi di troppo accelerato i tempi di marcia.
Basta pensare che ogni cinque anni la procedura per il rinnovo del consiglio dura nove mesi e fa impallidire il ricordo del manuale Cencelli della politica.
Il punto di partenza è una griglia compilata sulla base della rappresentatività delle diverse sigle e siglette del mondo imprenditoriale, sindacale, artigianale, professionale e chi più ne ha più ne metta.
Poi si attende che gli scontenti della spartizione presentino ricorso al Tar e che i giudici mettano il loro sigillo sulle decisioni finali (nell’ultima tornata, nel 2010, s’è arrivati a un diluvio di carte bollate per l’assegnazione di una decina di poltrone su 121).
Un posto nell’Eldorado del Cnel fa gola a tutti.
Per i consiglieri, infatti, non c’è solo l’assegno mensile (che sale a 2.540 euro per i dodici presidenti di commissione e a 3.409 per i due vicepresidenti: tutti dotati di ufficio).
Ogni volta che vengono a Roma per una riunione del consiglio o di uno dei suoi organi i non residenti hanno diritto a un rimborso spese.
E in più ricevono un’indennità giornaliera di missione di 112,51 euro, decurtata del 30 per cento se presentano anche il conto di un albergo.
Ma le cose potrebbero presto cambiare. In meglio, s’intende.
Alta s’è infatti levata nei mesi scorsi la protesta dei consiglieri romani: l’indennità di missione la vogliono anche loro e alla fine, c’è da giurarci, l’avranno.
Così come magari riusciranno a ottenere la cancellazione di quella norma del regolamento che ai più pare come un inutile eccesso di severità : le ricevute delle spese di viaggio, recita implacabile il secondo comma dell’articolo 3, devono portare la stessa data della riunione per la quale vengono esibite alla cassa.
Il presidente, almeno moralmente, è certamente con i suoi: “Credo si possa tranquillamente convenire”, ha proclamato di recente, “che le indennità dei consiglieri non sono una grande retribuzione a fronte del lavoro svolto”.
Non è un caso, ha proseguito senza tradire alcuna ilarità , se il Cnel è stato eletto alla presidenza dell’associazione che riunisce una settantina di analoghi organismi in tutto il mondo.
Sarà senz’altro per questo che, più di recente e in base a una logica stringente, ha chiesto di rendere obbligatori i pareri non vincolanti del Cnel al Parlamento.
Sul bilancio di villa Lubin, che dallo Stato incassa come dotazione ordinaria 18 milioni e 270 mila euro, vigila un collegio di tre revisori dei conti.
Detta così, sembra quasi una cosa seria.
Non lo è: i sedicenti occhiuti controllori altro non sono che componenti di quello stesso consiglio alle cui spese dovrebbero fare le pulci.
Così, dentro ai conti del Cnel c’è di tutto e di più.
Presidente, vice e consiglieri costano 3 milioni e 326 mila euro di gettoni di presenza, ma poi spendono un milione e 300 mila euro per i viaggi e altri 270 mila quando vengono scorrazzati con il cappello di delegati del Consiglio.
Ma non basta: 350 mila euro sono in bilancio alla voce “spese per l’attività degli organi collegiali e di programma”, che non si capisce a chi possa riferirsi se non alla solita pletora di consiglieri.
I quali nella sonnacchiosa villa combattono la noia tenendosi ben informati sui fatti della cosiddetta società civile (65 mila euro di giornali fa quasi 180 euro al giorno, capodanno e ferragosto compresi) e nel tempo libero dispensano consulenze a destra e a manca: 335 mila euro sono a budget per “incarichi temporanei a esperti” e 34.750 (in crescita del 73,75 per cento) risultano stanziati per “spese relative a collaborazioni”.
E chissà qual è la differenza.
Se i consiglieri non si fanno mancare proprio niente i dipendenti, che pure hanno il contratto bloccato, non sono da meno.
In una settantina costano di soli stipendi 3 milioni e 25 mila euro, cui vanno sommati 256 mila euro in ticket restaurant (più 39,32 per cento rispetto al 2010), 676.419 euro per il Fondo di risultato e le indennità dirigenziali e 292 mila euro tondi di straordinari.
E qui dev’essere proprio che i revisori si sono distratti.
Sì, perchè il pagamento delle ore di lavoro extra contrattuali non si concilia granchè con l’assenteismo.
Che a villa Lubin raggiunge vette da Guinness dei primati.
Prendiamo, ad esempio, gli uffici del segretariato: a dicembre del 2010 il tasso di assenze era pari in media al 21,16 per cento, con un picco del 25,61 per cento al dipartimento per l’attuazione del programma.
Sarà che il programma in questione proprio non c’è; fatto sta che al Cnel hanno inventato la settimana cortissima.
Ha detto una volta Sergio Larizza, l’ex segretario della Uil che è stato anche capintesta a villa Lubin: “Al Cnel serve una cosa sola: essere frequentato”. Ecco.
Il totale generale delle entrate ammonta, nel bilancio del 2011, a 20 milioni 719.248 euro e 78 centesimi.
Nello stesso documento è scritto che le spese di funzionamento raggiungeranno i 10 milioni 657.544 euro e 60 centesimi.
Vuol dire che un po’ più del 51 per cento delle uscite del Cnel serve per mantenere in vita il consiglio stesso.
E’ un conto semplice.
Non per Marzano, però, che davanti al pallottoliere e a dispetto del titolo di economista di cui si fregia è andato completamente in tilt.
“Dai miei calcoli, solo il 25 per cento serve a far funzionare la macchina”, ha detto il 21 gennaio 2007 a “La Stampa”.
“Solo il 30,28 per cento del bilancio del Cnel è effettivamente destinato a far girare la macchina”, ha dettato neanche quattro mesi dopo (“Corriere Economia”, 7 maggio 2007) correggendosi vistosamente e, quel che è peggio, sbagliando di nuovo.
Del resto, per essere nominati consiglieri del Cnel non è necessario un curriculum da scienziati.
Il requisito richiesto (articolo 8 della legge numero 936 del 1986) è uno solo: il godimento dei diritti civili e politici.
Il risultato s’è visto lo scorso 10 marzo.
Quel giorno il consiglio, invocando paradossalmente una riduzione dei costi della politica, ha approvato (all’unanimità , per giunta) un comunicato.
C’era scritto che negli ultimi dieci anni la crescita del prodotto interno lordo italiano era stata del 157 per cento (molto meglio, dunque, di quella cinese, ferma a quota 105).
Quei tirchi del Fondo monetario internazionale ci avevano invece accreditato di uno striminzito 24,7 per cento.
Non è davvero difficile indovinare chi avesse ragione.
argomento: denuncia, economia, governo, la casta, Politica, sprechi | Commenta »
Maggio 7th, 2011 Riccardo Fucile
SARA’ APPLICATA UNA SANZIONE UNA TANTUM E UN’ALIQUOTA DEL 50%, ALTRO CHE QUELLA DEL 5% CHE TREMONTI HA FATTO PAGARE IN ITALIA SENZA ALCUNA SANZIONE O PENALE
Gli inglesi che hanno nascosto miliardi di sterline in Svizzera pagheranno al fisco britannico il 50% sui redditi generati oltrefrontiera.
A rivelarlo è il Financial Times che in un articolo parla di “accordo senza precedenti tra Svizzera e Gran Bretagna, che renderà legali i patrimoni non dichiarati”.
Lo scudo fiscale all’inglese dovrebbe entrare in vigore nel corso del mese di maggio e dal quotidiano finanziario di Londra viene visto come una mezza sconfitta: “negli ultimi due anni i governi a livello internazionale hanno combattuto contro i paradisi fiscali per cancellare il segreto bancario e denunciare pubblicamente gli evasori. Ora la rotta è cambiata”.
I paradisi fiscali restano al loro posto, ma almeno si cerca di limitare i loro danni, portando a casa il massimo possibile dagli evasori.
Grazie all’accordo con le autorità svizzere il governo inglese dovrebbe riuscire a recuperare 3 miliardi di sterline (3,3 miliardi di euro): oltre alla tassazione al 50% dei redditi generati sui conti svizzeri, sarà applicata anche una sanzione una tantum per recuperare tutte le tasse non pagate in passato.
Un trattamento ben diverso rispetto a quello riservato dal ministro Tremonti agli evasori italiani che, a partire dal luglio del 2009, hanno rimpatriato 104,5 miliardi di euro pagando una misera aliquota del 5%, senza l’applicazione di alcuna penale o sanzione.
Alle casse del Tesoro lo scudo ha fruttato 5,6 miliardi di entrate.
Se si fosse seguita la strada inglese, avremmo forse potuto portare a casa molto di più, grazie alle tasse sui capitali esportati all’estero.
Utopia irrealizzabile?
Considerando quello che si preparano a fare gli inglesi sembra proprio di no. Grazie all’accordo, le autorità di Berna tasseranno i patrimoni britannici in Svizzera per conto del governo inglese.
I ricavi saranno poi trasferiti a Londra, mentre i nomi degli evasori continueranno a rimanere segreti.
“La mossa del governo inglese sarà considerata controversa da molti perchè finirà per trattare meglio gli evasori offshore rispetto ai cittadini onesti che pagano le tasse in patria”, scrive il Financial Times.
“Ma sarà salutata con favore da alcuni settori della società , perchè è un’azione pragmatica per recuperare entrate fiscali da investitori che, molto probabilmente, non sarebbero mai stati toccati”.
Le trattative tra Gran Bretagna e Svizzera dovrebbero arrivare alla fase conclusiva entro la fine della settimana.
In cambio della tassazione degli asset inglesi, la Svizzera chiede di migliorare l’accesso al mercato britannico da parte delle banche private elvetiche che non hanno una filiale in Inghilterra.
Un accordo simile starebbe per essere siglato anche tra Svizzera e Germania. “La disponibilità della Svizzera a negoziare in trattative di questo tipo sarebbe stata impensabile fino due o tre anni fa”, ha dichiarato al Financial Times Andrew Watt, direttore dello studio di consulenza Alvarez & Marsal.
“Anche se a molti può sembrare inadeguato, anche se è solo un piccolo spiraglio di luce, rimane un risultato sorprendente”.
In base a quanto riporta il Financial Times, alcuni investitori britannici si preparerebbero a spostare i loro capitali dalla Svizzera ad altri centri finanziari, come Singapore, Hong Kong, Dubai e gli Stati Uniti.
Gli italiani, invece, starebbero ricominciando a esportare in massa i propri capitali nelle banche del Ticino.
In attesa del prossimo scudo.
argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, economia, governo, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Maggio 7th, 2011 Riccardo Fucile
ALLENZA DA FLI A VENDOLA IN NOME DEL RITORNO ALLA LEGALITA’… PARTE DALLA SARDEGNA UN LABORATORIO CHE SPERIMENTA UN NUOVO PROGETTO… TRA I DUE SCHIERAMENTI E’ TESTA A TESTA
Le prossime amministrative di Olbia, in Sardegna, diventano un laboratorio politico dove
sperimentare il progetto della “grosse koalition” antiberlusconiana in vista, forse, di una sua esportazione in ambito nazionale. Un confronto elettorale che si prospetta assai duro fra il sindaco uscente, Gianni Giovannelli (ex Pdl), e il suo vecchio compagno di partito il deputato Settimo Nizzi, primo cittadino olbiese dal 1997 al 2007 e uomo di fiducia del premier Silvio Berlusconi, nonchè suo medico personale sull’isola.
Lacoalizione in salsa gallurese va dai “badogliani” della lista civica di Giovannelli agli ex comunisti di Vendola.
Nel mezzo ci sono la lista del Polo per l’Italia (composta da Fli, Api e elementi dell’Udc), il Pd, l’Idv, l’Upc di Antonio Satta (ex vice segretario nazionale dell’Udeur) e altre aggregazioni minori.
Alcuni dei candidati inoltre vengono dalla cosiddetta società civile legata al mondo dell’ambientalismo e al popolo viola.
“Una battaglia di legalità , per il riscatto di una città ferita e umiliata da una politica che manda avanti una campagna elettorale con false promesse su posti di lavoro o, ancor peggio, con buste della spesa consegnate in cambio del voto”.
Lo dicono a chiare lettere i militanti della Coalizione civica di Giovannelli, che candida come consiglieri due pesi massimi della politica locale: il senatore Gianpiero Scanu, capogruppo del Pd in commissione Difesa e già sindaco di Olbia per due legislature negli anni novanta, e l’eurodeputato Giommaria Uggias dell’Italia dei valori, unico rappresentante sardo nell’assemblea di Bruxelles e anch’egli ex primo cittadino del centro gallurese.
Uno schieramento di forze imponente per contrastare un avversario molto temuto e radicato sul territorio che ha dalla sua il Pdl, i Riformatori sardi, il Partito sardo d’Azione e parte dell’Udc, oltre alla Destra e ad altre liste minori. Nizzi potrà inoltre contare anche sull’aiuto diretto del presidente del Consiglio che, come già accaduto in passato, è atteso in città per dar man forte al suo candidato.
Uno scontro all’ultimo voto che può far cadere uno dei feudi sardi del centrodestra.
Il carattere nazionale della competizione elettorale non è dato solo dalla novità della coalizione antipremier, ma anche dal fatto che perdere Olbia significherebbe per Berlusconi (nominato proprio dall’allora sindaco Nizzi cittadino onorario nel 1997) prendere una sonora batosta in casa, a un tiro di schioppo dalla sua residenza estiva di Villa Certosa.
L’idea della grosse koalition ha tuttavia creato non pochi mal di pancia all’interno dell’ala più radicale del centro sinistra.
Rossomori, Comunisti italiani e Federazione della sinistra infatti sosterranno l’ex dirigente del Pd, Cristina Dessole, con la lista civica “Uniti e Liberi”.
Frattura più pesante quella che ha colpito l’Udc.
In Regione e provincia il partito di Casini è alleato del Pdl, per le comunali di Olbia invece, dopo che la segreteria regionale aveva dato libertà di apparentamento sul territorio, si è creato uno spezzatino: il simbolo sta fra le fila del centrodestra, mentre buona parte dei suoi dirigenti di punta sostengono Giovannelli.
Il sindaco uscente vinse nel 2007, contro il centrosinistra, con quasi il 67% delle preferenze.
Malgrado ciò, nei quattro anni di amministrazione, la pur ampia maggioranza ha più volte tirato il freno a mano, mettendo in luce un’aspra lotta intestina tutta interna al Pdl.
Gli argini si sono rotti definitivamente lo scorso febbraio quando il partito di Berlusconi ha fatto saltare la coalizione.
“Siamo in piena emergenza democratica – ha spiegato Giovannelli – con consiglieri comunali non liberi di agire, sempre tenuti sotto scacco e politicamente ricattati dagli alti dirigenti del Pdl locale”.
Il candidato del centrodestra non vuole incontrare in un pubblico dibattito il suo avversario.
“Con un signorotto con la pipa che ha tradito il partito, le amicizie e l’elettorato non ci può essere confronto – ha detto Nizzi – da un giorno all’altro Giovannelli è passato dall’essere ex missino, che andava in giro con catene e pugni di ferro, ad allearsi con la sinistra”.
Accuse rispedite in modo netto al mittente. “Ho fatto politica dai 15 anni ai 20, poi ho abbandonato per dedicarmi al volontariato, sempre seguendo la mia professione da imprenditore – ha spiegato Giovannelli – mi piacerebbe parlare di come amministrare la città , magari in un faccia a faccia con il mio avversario che invece parla di cose vecchie di anni, lui che da ragazzo militava in Lotta Continua”.
L’ex sindaco si chiede poi: “Se sono una persona così negativa, perchè Nizzi mi ha sempre voluto al proprio fianco tanto da designarmi come suo successore nel 2007?”.
All’ombra dello scontro elettorale fermenta da mesi un malessere sociale preoccupante.
La disoccupazione, in una realtà considerata locomotiva dello sviluppo sardo, ha superato i limiti di guardia con molte famiglie aiutate dalle organizzazioni religiose.
La valanga della crisi ha investito anche il colosso aereo Meridiana, fiore all’occhiello dell’economia della città , con centinaia di posti di lavoro messi a rischio.
C’è inoltre il settore turistico che dopo il collasso della compagnia Tirrenia ha visto salire vertiginosamente i prezzi dei biglietti navali, facendo ricredere numerosi turisti sul passare o meno le vacanze in Sardegna.
Al palo rimane poi il rilancio della zona industriale e le ripetute promesse della costruzione della quattro corsie Olbia-Sassari, dove la lista delle vittime degli incidenti si allunga ogni mese che passa.
Non ultimo c’è da sanare lo smacco del G8 della Maddalena, scippato da Berlusconi poche settimane prima del suo avvio per portarlo fra le tendopoli aquilane.
I sondaggi danno Giovannelli e Nizzi sul testa a testa e l’aria tesa che, in questi giorni si respira a Olbia, lo conferma pienamente.
Pietro Calvisi
(da “La Repubblica“)
argomento: Berlusconi, Comune, elezioni, Politica | Commenta »