Luglio 11th, 2011 Riccardo Fucile
NON CONOSCE LA SITUAZIONE GENOVESE E SI PERMETTE DI DARE GIUDIZI: FORSE PERCHE’ NON ABBIAMO ACCETTATO I COMPROMESSI POLITICI DA LUI SUGGERITI?… PENSI A CONTROLLARE CHE NON EVAPORINO O CAMBINO INDIRIZZO I TESSERATI, CHE A FARE POLITICA E A DENUNCIARE GLI INTRALLAZZI CI PENSIAMO DA SOLI
Ci hanno segnalato le riflessioni pubbliche di Nicola Pagano, pare soggetto addetto al tesseramento di Fli e factotum di Italo Bocchino, sul caso Genova e sulle polemiche che l’hanno fatto diventare un caso nazionale, dopo le dimissioni di gran parte dei dirigenti per motivi etici.
Ecco il testo di quanto ha scritto Pagano e di seguito la risposta del nostro direttore:
Leggo sul Futurista un articolo in cui si parla di tesseramento (Granata: “si al comitato di garanzia e a regole certe per il tesseramento”) e non riesco a trovare il nesso tra il titolo e quello che sta avvenendo a Genova.
Ricordo agli amici che leggono che ci poniamo come un partito aperto ed un controllo preventivo sul tesseramento per valutare chi è degno e chi no è quanto di meno liberale possa esserci.
Un controllo è giusto che ci sia ma deve esservi successivamente e su segnalazione dei referenti locali. Tale controllo non deve essere ad opera di comitati di garanzia ma degli organi statutari preposti a valutare tali situazioni.
Il caso Genova non ha nessun riferimento con il tesseramento ma semplicemente con la poca capacità di un vero confronto politico.
Purtroppo dopo vent’anni di berlusconismo non si è più abituati ad un vero confronto politico, a quella che chiamavano la dialettica interna.
Oggi se non si sposano le idee del capo di turno si viene messi “all’indice” e se gli organi superiori del partito non sposano tale indicazione e non si rendono complici del gioco al massacro allora si sbatte la porta, si lascia tutto e si insulta il partito che ti ha accolto e dato la possibilità di confrontarti.
Troppo facile inserire un post su Facebook piuttosto che lavorare sul territorio, troppo comodo inviare mail di fuoco contro esponenti del partito piuttosto che scrivere documenti programmatici per lo sviluppo del proprio territorio.
Alcuni sono contro la stagione congressuale che si è inaugurata alla fine di maggio, comprendo alcune perplessità ma pongo a costoro e a tutti voi una riflessione: qual è la scelta giusta?
Lasciare dei nominati a tempo indeterminato sottoponendoci all’accusa che abbiamo rivolto più volte al PDL nell’attesa che il partito si strutturi oppure indire dei congressi così da avere comunque degli eletti e con loro finire di disegnare la struttura del nostro partito?
Nicola Pagano
Risponde il nostro direttore
Caro Nicola,
il peggior difetto per un giovane in carriera è quello di prendere posizione su vicende locali senza conoscerle o, peggio, di rappresentare solo una parte interessata affinchè se ne dia una interpretazione di (suo) comodo, rimediando alla fine una brutta figura.
Temo che tu sia rimasto vittima di qualche logica di schieramento e di verità preconfezionate e pertanto ti sarei grato se prendessi nota di quanto segue:
1) A tuo parere un controllo preventivo del tesseramento sarebbe illiberale: io preferisco essere un po’ meno liberale e controllare se in Fli si creano circoli legati alla malavita e se vi aderiscono decine di misteriosi personaggi senza neanche mai vederli di persona. Vedi un po’ tu cosa sia meglio in base ai tuoi criteri etici.
2) Il caso Genova non riguarda solo il tesseramento, ovviamente, ma anche un tesseramento a rischio taroccamento per fini terzi.
Quando in un elenco di iscritti inviato a Roma per la registrazione numerosi nominativi non si trovano più, altri cambiano misteriosamente indirizzo e dalla provincia risultano improvvisamente residenti a Genova città , in vie pure inesistenti, forse qualcosa non quadra, non credi?
E che un coordinamento provinciale non possa sapere quanti siano gli iscritti nel suo territorio perchè c’è chi li fa registrare a Roma, bypassando le realtà locali, induce a brutte riflessioni.
3) Veniamo alle critiche che ci rivolgi: “se i vertici non si rendono complici del gioco al massacro, si sbatte la porta, si insulta il partito che ci ha accolto”…e ancora “troppo facile scrivere un post su Facebook piuttosto che lavorare sul territorio, troppo facile inviare mail di fuoco contro esponenti del partito piuttosto che scrivere documenti programmatici per lo sviluppo del proprio territorio”.
Intanto ti assicuro che non eravamo in mezzo a una strada e quindi non avevamo bisogno di “un centro di accoglienza”: siamo a destra da una vita anche senza percepire stipendi dal partito, a differenza di altri.
Quindi prima cosa alla tua età è quella di portare rispetto: qua “fuori di testa” non ce ne sono.
Chiediti piuttosto come mai quando coloro che ora si sono dovuti dimettere hanno organizzato iniziative esterne di ampia risonanza sui media, proprio gli assenti, i latitanti e chi le ha addirittura criticate con comunicati stampa siano da annoverare tra coloro con cui tu suggerivi un’intesa.
O pensi davvero che lavorare sul territorio consista nel fomentare beghe continue in Fli, non fare una mazza per mesi e mesi, aspettare che altri facciano per poi criticare, avendo come unico fine quello di acchiappare le cariche interne?
4) I congressi servono “per disegnare la struttura del partito”?
Fli ha bisogno di far conoscere all’esterno le proprie tesi, non di perdere tempo in congressi: prima militanza e idee futuriste, poi si parli di poltrone.
Altro che soggetti che cercano solo sponde nei corridoi romani per garantirsi una candidatura: per te è politica questa?
5) Nessuno ha insultato il partito, semmai è la tua analisi insultante: ti ricordo che siamo stati costretti a dimetterci perchè evidentemente diamo fastidio a chi preferisce allearsi con chi riceve persone attenzionate dalla Dia in sede.
Noi preferiamo un partito pulito e denunciamo le cose a gran voce, certo: ne siamo orgogliosi e la solidarietà umana e politica ricevuta ci dimostra di essere dalla parte del giusto.
Se altri vogliono schierarsi con gli omertosi, liberi di farlo, ma non vengano a darci lezioni di vita.
Ne facciamo a meno.
P.S. Per tua informaziome e per quella dei nostri lettori pubblichiamo il breve messaggio di solidarietà ricevuto dall’ on. ANGELA NAPOLI
“Quale responsabile del settore Legalità del FLI, nonchè da persona che risiede a cinque km. di distanza dal paese originario dei Mamone, e che pertanto, non può non sapere, sono con voi.”
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Luglio 11th, 2011 Riccardo Fucile
LA FORMA PARTITO HA PORTATO IN FLI UN ORGANIGRAMMA FATTO DI BUROCRAZIE CAPACI DI DIFENDERE SOLO I PROPRI PRIVILEGI… OCCORRE RIPRENDERE LO SPIRITO MOVIMENTISTA E RIFORMISTA, AL DI LA’ DELLA DESTRA E DELLA SINISTRA
Il più grande errore fatto da Futuro e libertà ? È stato quello di voler diventare un partito.
Intendiamoci, il nome “partito” va bene.
Non stiamo qui a riaprire eterni dibattiti sulle forme dell’impegno politico.
Il problema vero è stato quello di voler fondare in quattro e quattr’otto un partito con tutti i crismi di un partito: con le tessere, i congressi provinciali e regionali, con gli apparati, i segretari cittadini, provinciali e regionali.
Con tutta quella roba, insomma, che appesantisce l’azione di qualsiasi associazione politica. Zavorra strutturale.
Attenzione: non che questa roba sia in assoluto sbagliata. Anzi: la democrazia interna è cosa buona e giusta.
L’errore fatto è tattico, non strategico.
Si è detto: ma come, usciamo da un partito a causa della mancanza di democrazia interna e poi ne facciamo uno senza democrazia? Non è possibile. E così è stato fatto il patatrac.
Il bradipo invece del ghepardo.
Invece di dar vita a un veloce movimento di opinione fatto di milioni di nuovi simpatizzanti si è scelta la strada del lento sistema burocratico.
Servivano e servono sostenitori non tesserati.
Invece della società si è scelto l’apparato.
Segno evidente che qualcuno non ha capito che ormai la politica, quella vera, percorre strade fuori dai partiti tradizionali. Ma non solo.
Soprattutto qualcuno non ha capito che il messaggio politico e culturale di Gianfranco Fini, nella sua modernità repubblicana e patriottica, si è rivolto e si rivolge a quei tantissimi italiani che non hanno nessuna intenzione di impegnarsi all’interno di un partito, che anzi considerano questa evenienza una sciagura personale.
Lo abbiamo detto più volte e lo ripetiamo: il messaggio finiano ha avuto un grande successo proprio per la sua carica movimentista, “extraparlamentare”, riformista, al di là della destra e della sinistra.
Ingabbiare il pensiero “futurista” all’interno di un organigramma fatto di burocrazie capaci solo di difendere i loro piccolissimi privilegi è un grandissimo controsenso.
Per questo Fini va e Fli è invece ferma al palo.
Perchè Futuro e libertà non è stata in grado di rappresentare la freschezza del linguaggio finiano.
Anzi, l’ha tradito nel momento stesso in cui si è fatta struttura.
C’è ancora tempo di rimediare. Ma la finestra è sempre più stretta.
Bisogna fare uno sforzo enorme per abdicare a se stessi. Per fare politica con i contenuti e non con i numeri. Il resto verrà da solo.
Ma se si parte dai numeri di qualche centinaio di tesserati più o meno veri, beh, allora Futuro e libertà è morta prima di nascere veramente.
Filippo Rossi
(da “Il Futurista“)
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Luglio 11th, 2011 Riccardo Fucile
L’EX FINANZIERE “MEDIATORE” PER GLI AFFARI DELLA SOGEI… SOTTO OSSERVAZIONE ANCHE L’AFFITTO DI ALTRI IMMOBILI DEL PIO SODALIZIO DEI PICENI
Un fil rouge, di “stretta rappresentanza” e forse di reciproca convenienza, correva direttamente tra Marco Milanese e la società del Ministero delle Finanze, Sogei, coinvolta nella vicenda della “casa del ministro”, e già al centro di sospetti crescenti. È il link che mancava a una partita di giro che non promette nulla di buono.
E rischia di svelare – ancora una volta dopo la Anemone story – una vicenda di appalti trattati come favori personali, di commesse e lavori pubblici trasformati in merce di scambio privato.
Così come il mistero di quelle cassette di sicurezza appena sigillate a Roma.
Non una, ma cinque cassette, tutte appartenenti al deputato Pdl Milanese, sono finite da poche ore sotto sequestro del pm Vincenzo Piscitelli della Procura.
Materiale impenetrabile fino a quando la Camera non rilascerà il suo sì, specifico, alla richiesta di autorizzazione per la perquisizione.
Che cosa custodivano? Carte, appunti o anche la prova della presunta corruzione?
Gli ultimi segreti dell’inchiesta che travolge Milanese – fin dal 2001 fedelissimo braccio destro del ministro Giulio Tremonti, poi suo consigliere politico, nonchè deputato per il quale pende alla Camera la richiesta di arresto trasmessa dal Gip con le accuse di associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di segreto – sono (o erano) forse nascosti in quel caveau della Banca del Credito Artigiano a Roma, a due passi dalla sede del Ministero di via XX Settembre
Ma poichè quei contenitori sono equiparati ad una pertinenza di attività parlamentare, solo un’autorizzazione dedicata da parte dell’aula di Montecitorio, che si pronuncerà con un voto distinto rispetto all’eventuale esecuzione dell’ordinanza di custodia, potrà consentirne l’apertura alla giustizia.
Sempre che qualcuno non ne abbia fatto già sparire il contenuto.
Sarà una coincidenza, ma il perito Luigi Mancini, incaricato dal pm, ha già accertato che alcuni ripetuti accessi di Milanese a quelle cassette sono avvenuti a metà dicembre scorso: ovvero subito dopo l’arresto di Paolo Viscione, che già nelle intercettazioni a suo carico, ben note a Milanese, lanciava messaggi.
“Se mi stanno ascoltando è meglio, lo dico io che pezzo di m… è questo. Io voglio uscire da questa storia perchè quando vengo ricattato dalla politica, da questo Milanese che si fotte i soldi, io non voglio averci più a che fare”.
Viscione, imprenditore-faccendiere sotto accusa per una mega truffa da 30 milioni, una volta in carcere, si sarebbe trasformato nella gola profonda della “holding Milanese”, l’uomo che racconta di aver riversato sul consigliere del ministro “una milionata di euro cash” nel corso di quattro anni, oltre a lussuose auto, gioielli, orologi d’oro, viaggi.
Dopo le sue parole, c’è chi s’affretta a far sparire gioiellini?
Non è l’unica novità che allarga l’orizzonte dell’inchiesta.
Emerge ora quel filo rosso che collega direttamente le ombre che avvolgono la gestione della società pubblica Sogei a Milanese.
Una connessione importante è ora nelle mani del pm. L’ha fornita un teste, Angelo Lorenzoni, Segretario generale del Pio Sodalizio dei Piceni.
Che racconta: “La Sogei ha preso in fitto alcuni importanti locali di nostra proprietà . Due immobili in via del Parione, primo e terzo piano, e poi un salone affrescato, per riunioni o eventi, in via San Salvatore a Lauro”.
Contratto: 8.500 euro al mese.
Ebbene, chi condusse le trattative per conto di Sogei? “Marco Milanese, era lui il loro volto”, dice Lorenzoni.
Stesso concetto confermato da un’altra importante teste, la dottoressa Fabrizia La Pecorella, alto funzionario di via XX Settembre: “Sì, Milanese era l’uomo di raccordo tra Sogei e il Ministero”.
Quel filo, faticosamente riavvolto, racconta dunque: c’è Sogei, la società di Information and Communication Technology del Ministero dell’Economia e delle Finanze che elargisce appalti ad affidamento diretto in gran numero (anche) all’impresa Edil Ars.
Quest’ultima, guarda caso, esegue lavori onerosi di ristrutturazione nell’appartamento che sta più a cuore a Milanese: la residenza cinquecentesca al piano nobile di via Campo Marzio abitata (fino a quattro giorni fa) dal ministro Tremonti, ma pagata (sempre 8.500 euro al mese) da Milanese.
Quel cantiere di consolidamento e ristrutturazione è costato, testimonianze alla mano, oltre 200mila euro, che però non risultano mai pagati alla Edil Ars: nè dal Milanese – come da accordi presi con il proprietario – tantomeno dal ministro, ignaro ospite.
È denaro che è stato restituito sotto forma di appalti?
Quei lavori nella casa eccellente sono stati saldati con denaro pubblico?
Un’ipotesi che gli inquirenti non possono escludere.
Conchita Sannino
(da “La Repubblica“)
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Luglio 11th, 2011 Riccardo Fucile
DALLE CARTE E DAI VERBALI DELL’INCHIESTA CONDOTTA DAI PM DI NAPOLI SULLA PRESUNTA CORRUZIONE DEL DEPUTATO PDL MILANESE, BRACCIO DESTRO DI TREMONTI, EMERGE LA LOTTIZZAZIONE TRA I PARTITI NELLA NOMINA DEI CONSIGLIERI DI AMMINISTRAZIONE IN QUOTA PDL E LEGA…VENGONO ALLA LUCE ANCHE I PIZZINI CON I NOMI LIGURI INDICATI DA LA RUSSA
Manager sponsorizzati dai politici che così si spartiscono i posti nei consigli di amministrazione
delle aziende di Stato.
Foglietti con le indicazioni da eseguire consegnati, alla vigilia delle nomine, da ministri e parlamentari per accaparrarsi almeno una poltrona nelle società controllate da Finmeccanica. Sono le carte dell’inchiesta condotta dal pubblico ministero Vincenzo Piscitelli sulla presunta corruzione di Marco Milanese – deputato pdl ed ex consigliere del ministro Giulio Tremonti – a svelare i retroscena della divisione tra partiti che consente anche il controllo degli appalti.
E a rivelare quanto forte fosse l’influenza dello stesso Milanese e cospicua la contropartita che sarebbe riuscito a ottenere dai suoi «protetti»: auto di lusso, gioielli, soldi in contanti, ma anche splendide ville in Costa Azzurra.
Un «tesoro» che comprende pure conti all’estero.
È l’esame dei computer del responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica Lorenzo Borgogni – indagato per corruzione in un’altra indagine – a far emergere le trattative per la designazione di alcuni consiglieri.
Ci sono schemi, appunti, anche alcune mail ritenute «interessanti» dagli investigatori.
Durante la perquisizione nel suo ufficio è stato trovato un foglietto con una lista di politici scritti a penna: «Giorgetti, Milanese, Romani (Guerrera), Fortunato (Mef), Galli, Squillace x La Russa».
Per saperne di più Piscitelli convoca Barbara Corbo, la segretaria di Borgogni.
E l’11 marzo scorso la donna chiarisce: «Il file trovato nel mio computer denominato “Membri esterni controllate giu10 x Milanese.doc” tratto dalla cartella C:Borgogni 2010 e 2011, è un documento che ho redatto io recependo le indicazioni e le informazioni del dottor Borgogni… La denominazione “Lega” che compare accanto ai nomi Maffini, Ghilardelli, Belli e Vescovi, presenti nello stesso file, presumo sia riferibile al partito politico. Il nominativo La Russa che compare accanto ai nomi di Plinio, Politi e Gatti presumo sia quello dell’attuale ministro della Difesa ma tali circostanze potranno essere confermate solo da Borgogni».
Il giorno dopo l’alto dirigente di Finmeccanica viene interrogato.
E conferma: «Per le nomine di terzo livello dove gli emolumenti sono molto bassi, concordo con l’ad delle società controllanti quelle dove effettuare le nomine all’interno dei curricula che arrivano o dal mondo della politica soprattutto del territorio dove sono insediate le società o dai consiglieri di amministrazione di Finmeccanica. Naturalmente le nomine di questi sette consiglieri, benchè provengano formalmente dal ministero del Tesoro, sono il prodotto di una mediazione politica all’interno delle componenti della maggioranza di governo, dove il tavolo di compensazione è a Palazzo Chigi e dove confluiscono le richieste dei ministeri di riferimenti come Difesa e Sviluppo Economico con i quali Finmeccanica ha rapporti. Per le nomine di primo livello in previsione della scadenza io preparo un prospetto e lo mando ai tre ministeri, a Palazzo Chigi e ai consiglieri espressione della politica».
Borgogni si sofferma poi su chi è ancora in carica.
E afferma: «Per quanto riguarda gli ultimi tre anni, Squillace è espressione del ministro La Russa, il consigliere Galli della Lega, mentre per lo Sviluppo Economico (Scajola) il riferimento è stato il consigliere Alberti, anche se formalmente espressione dell’azionista Mediobanca. Per quanto riguarda il Tesoro la lista la consegnavo a Milanese. Naturalmente da ciascuna parte ci sono state richieste per il maggior numero di persone e per il 2010 c’è stato un tavolo di compensazione e di coordinamento dove erano presenti Letta, Milanese, Giorgetti per la Lega e io che avevo ricevuto due, tre nomi da La Russa che non poteva partecipare. In questa riunione si decise poi quale parte politica doveva presentare i curricula e per quale società (per esempio la Lega a mezzo Giorgetti chiese che un posto fosse senz’altro riservato a quel partito in Ansaldo Energia riservandosi di farmi avere un curriculum forse già datomi nell’occasione) e così via… Ricordo per esempio che il nominativo di Adolfo Vittorio per Elsag Datamat me lo diede Letta per conto di Giovanardi che poi mi chiamò in prima persona… Ricordo che il nominativo di Marchese (Guido, arrestato due giorni fa, ndr ) fu proposto da Milanese nelle caselle che spettavano al Tesoro, per la presidenza del Cs di Oto Melara e per il cda di Ansaldo Energia dove fu registrata l’incompatibilità ai sensi del codice civile. Quando sorse il problema rilevammo che era stato nominato anche l’anno precedente, sempre su indicazione del Tesoro, nel Cs di Ansaldo Breda».
Tra le nomine finite nell’indagine anche quella di Giovanni Alpeggiani in rappresentanza del ministro della Salute Ferruccio Fazio nel cda del policlinico San Matteo di Pavia.
Si tratta di uno dei soci di Milanese in alcuni investimenti immobiliari in Costa Azzurra, ma nel suo interrogatorio nega che a proporlo sia stato il parlamentare.
«Sono stato designato – afferma – dopo che in prima battuta era stato designato Paolo Cirino Pomicino, ma poichè quella prima scelta sollevò un vespaio di critiche, il ministro designò me. Non ne ho mai parlato con Milanese e credo che neanche lo sappia».
È Sergio Fracchia a rivelare al pm Piscitelli gli affari immobiliari del parlamentare sui quali si concentra adesso l’indagine soprattutto per accertare l’origine del denaro utilizzato per gli acquisti: «Ho lavorato come venditore di immobili su “Antenna3”, una Tv libera lombarda, e il legale di questa società era l’avvocato Maria Taddeo. Diventammo amici anche con il marito di allora Marco Milanese. Divennero anche miei clienti comprando una casa a Cap Martin nel 96/97. Questa casa è stata poi venduta, sempre attraverso di me, e ne hanno comprata un’altra più grande con una camera in più, sempre a Cap Martin. Anche questa seconda casa è stata poi venduta, sempre mio tramite. Qualche anno dopo mi hanno chiesto un investimento più consistente e hanno comprato, nell’anno 2006/2007, una villetta a Cannes, ricorrendo ad un mutuo, pagandola poco sopra il milione di euro. Inoltre, devo precisare che nella mia attività ci sono molte persone che vogliono investire nel settore immobiliare ma non hanno la disponibilità sufficiente per comprare un intero immobile. Per venire incontro a questa esigenza, si costituiscono delle società immobiliari, sempre di diritto francese, e si vendono le quote di partecipazione per importi che possono oscillare da 50.000 a 150.000 euro massimo. Milanese, oltre le villette di cui ho parlato, nel 2007/2008, se ben ricordo, in occasione dell’acquisto dell’ultima villetta, aveva comprato quote in due di queste società , una era “Rivarma Srl” e l’altra “Castello Srl”. Se ben ricordo per quanto riguarda la prima Milanese aveva pagato tra 135.000/160.000 euro circa, per la seconda tra i 40.000/50.000 euro. Per quello che è noto a me, Milanese conserva ancora una partecipazione in una terza società francese per 15.000 euro».
La perizia contabile svela invece la movimentazione bancaria di Milanese e della sua fidanzata Manuela Bravi, portavoce del ministro Giulio Tremonti.
E nelle conclusioni il consulente Luigi Mancini scrive: «Milanese, oltre ad avere avuto vari “corrispondenti” esteri, è sicuramente titolare di un conto bancario estero presso il Crèdit Agricole, agenzie di Draguignan. Sarebbe necessario acquisirne la relativa documentazione essendovi transitati moltissimi bonifici disposti sia dal conto acceso presso il banco di Napoli, sia dal conto presso il Credito Artigiano. Un ulteriore approfondimento meriterebbe il rapporto di debito intercorso con American Express sul conto accesso presso il banco di Napoli. Nei 57 mesi esaminati la somma complessiva è ammontata a 448.637 euro con una media mensile di circa 8.000 euro e con una punta di spesa di circa 23.000 euro in un solo mese!».
Fiorenza Sarzanini
(da “Il Corriere della Sera”)
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Luglio 11th, 2011 Riccardo Fucile
INTERROGATO DAI MAGISTRATI IL 16 DICEMBRE, TREMONTI, NONOSTANTE SIA STATO INFORMATO SULLE ATTIVITA’ ILLECITE DI MILANESE, NON MUOVERA’ UN DITO PER DIMISSIONARE IL SUO UOMO DI FIDUCIA…ANZI PER SETTE MESI CONTINUERA’ AD ABITARE NEL LUSSUOSO APPARTAMENTO MESSOGLI A DISPOSIZIONE GRATUITAMENTE DA MILANESE
Giulio Tremonti deve alcune spiegazioni ai cittadini che lo hanno eletto e gli hanno messo nelle mani l’economia italiana.
Partiamo da una data fondamentale: il 16 dicembre 2010.
Quel giorno Tremonti viene sentito come testimone dal pm Piscitelli che gli comunica due notizie importantissime:
1) il suo braccio destro al quale ha affidato i rapporti con la Finanza è indagato — proprio dalla Finanza – per corruzione;
2) Milanese si è fatto regalare da un imprenditore nei guai con la Finanza un orologio Patek Philippe del valore di circa 20 mila euro “per il ministro Tremonti”.
Il ministro nega di averlo mai ricevuto e mostra al magistrato il suo Swatch.
O Tremonti mente oppure da quel preciso istante ha il fondato sospetto che il suo braccio destro lo ha venduto, facendolo passare per corrotto.
Nonostante quella mattina i quotidiani pubblichino le intercettazioni dell’imprenditore dell’orologio, Paolo Viscione, che dice: “vengo ricattato dalla politica, da questo Milanese per questa storia qua, che si fotte i soldi”, Tremonti non fa nulla.
Anche quando Milanese pochi giorni dopo dichiara a Conchita Sannino di Repubblica: “ammesso e non concesso che abbia ricevuto dei regali da Viscione, che male c’è?”. Milanese resta il suo braccio esecutivo sulla Finanza e sulle nomine nelle società partecipate, proprio i due poteri pubblici che – secondo i magistrati napoletani – Milanese si sarebbe venduto ottenendo Ferrari, gioielli, viaggi e un milione di euro.
Ma Tremonti non si limita a una colpevole inattività .
Dopo avere saputo dai pm il 16 dicembre che tipo era Milanese, resta dentro la casa pagata 8.500 euro al mese dal suo braccio destro indagato per corruzione.
Tremonti vive a sbafo di Milanese che si dimetterà solo il 27 giugno.
Non per l’inchiesta per corruzione. Ma perchè ha puntato il dito contro il generale Michele Adinolfi per la fuga di notizie in favore di Bisignani.
Giulio Tremonti dovrebbe spiegare agli italiani il suo comportamento dopo l’interrogatorio del 16 dicembre.
– Perchè dopo quell’incontro illuminante con i pm lascia Milanese al suo posto?
– Perchè, dopo avere appreso che Milanese lo ha venduto, sulla storia dell’orologio non lo mette alla porta?
– Perchè accetta di vivere a sbafo facendosi pagare sette mesi di canone più spese per complessivi 64 mila euro da un possibile corrotto?
– Perchè lascia quell’appartamento solo dopo la richiesta di arresto, quando la storia diventa pubblica?
Dopo l’interrogatorio del 16 dicembre avrebbe dovuto accettare da Milanese solo una lettera di dimissioni, non un appartamento nel centro di Roma.
Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 11th, 2011 Riccardo Fucile
BREVE VIAGGIO INTORNO AL LODO MONDADORI, ALLO SCIPPATORE CHE SI TRAVESTE DA SCIPPATO, A UN GIUDICE COMPRATO CON 470 MILIONI… DANNO EMERGENTE E LUCRO CESSANTE…LE MAESTRANZE SI STRINGONO NEL DOLORE AL TITOLARE
Chi, guardando i Tg o ascoltando i commenti di uno a caso dei servi del Caimano, cerca di
capire perchè mai il gruppo B. debba pagare 560 milioni a De Benedetti, pensa all’ennesimo mistero d’Italia.
Il perchè se l’è scordato persino il Caimano, che l’altro giorno, fallita la legge che s’era fabbricato per non pagare, ha dichiarato: “Piuttosto che a De Benedetti, quei soldi li do in beneficienza”.
Come se la condanna non si riferisse a nulla in particolare, ma prevedesse semplicemente che deve dar via mezzo miliardo a chi pare a lui.
Nessuno fa il benchè minimo riferimento all’antefatto che, da solo, spiega tutto: nel 1991 gli avvocati Previti, Acampora e Pacifico, con soldi di B. e della Fininvest, pagarono 470 milioni di lire in contanti al giudice Vittorio Metta in cambio della sentenza che annullava il lodo Mondadori, scippando all’Ingegnere il primo gruppo editoriale del Paese e girandolo al Cavaliere.
Il quale da vent’anni possiede un’azienda non sua, rubata, ne incassa gli utili e la usa per manganellare i suoi nemici.
All’origine di tutto c’è uno scippo, rimasto a lungo impunito finchè lo scippatore è stato individuato e condannato a restituire il maltolto.
Ma, siccome siamo il Paese di Sottosopra, grazie anche all’uso che fa lo scippatore dei giornali del gruppo scippato, lo scippatore di traveste da scippato.
Già ieri gli house organ dello scippatore, Giornale e Libero , titolavano preventivamente: “Oggi (forse) rapinano il Cav”, “Oggi i giudici spennano Silvio”.
Nel suo editoriale improntato al più sfrenato surrealismo, zio Tibia Sallusti spiegava che il risarcimento è “una ra p i n a ” perchè fu corrotto solo Metta, e non gli altri due giudici del collegio, ergo “quello eventualmente corrotto era ininfluente”.
Dimentica che Metta era il relatore, cioè istruì e illustrò la causa agli altri due; e l’estensore: cioè scrisse la sentenza, o almeno la firmò, visto che depositò 167 pagine manoscritte all’indomani della camera di consiglio, dunque gliel’avevano scritta prima del processo.
In ogni caso, per far scattare la corruzione giudiziaria, basta corromperne uno, di giudice. Olindo il giurista aggiunge che la condanna si basa sulle parole della Ariosto, che nel ’95 “racconta ai Pm che uno dei tre giudici era stato a suo avviso corrotto”.
Peccato che la Ariosto non abbia mai nominato Metta in vita sua: le prove sono i bonifici dai conti esteri Fininvest a quelli dei tre avvocati che poi prelevarono i contanti da portare a Metta.
Tibia infine, ispirato nottetempo dall’arcangelo Gabriele, anticipa la formidabile replica di Marina B.
E cioè che il risarcimento è indebito perchè B., in sede di transazione, restituì a De Benedetti un pezzo di Mondadori (Repubblica, Espresso , quotidiani Finegil); e comunque è spropositato perchè “la quota Fininvest in Mondadori oggi in borsa vale 300 milioni”.
Doppia cazzata.
Se mi rubano il motorino e poi mi restituiscono il manubrio, io che faccio: ritiro la denuncia per furto?
Quanto all’importo, è ovvio che Fininvest debba restituire non soltanto il valore dell’azienda scippata, ma pure gl’interessi, le rivalutazioni e soprattutto gli introiti incamerati indebitamente per vent’anni.
Si chiamano danno emergente e lucro cessante, facili da capire anche ai ripetenti.
Più comprensibili gli alti lai della presidente di Fininvest e Mondadori, Marina B., che la butta in politica e starnazza: “Ennesima forsennata aggressione a mio padre”.
Madama va capita: presiedendo sia l’azienda scippatrice sia il corpo del reato, teme di restare disoccupata.
Ma non perde il buonumore, infatti dichiara che “Fininvest ha sempre operato nella più assoluta correttezza”: a parte le tangenti a politici, finanzieri, giudici, testimoni e i fondi neri su 64 società offshore, si capisce.
Vedendola così affranta per la dipartita di quanto ha di più caro (560 milioni),si stringono al suo dolore le maestranze Fininvest tutte: Ghedini, Cicchitto, Gasparri, La Russa, Matteoli, Verdini, Sacconi, Capezzone, Stracquadanio e alcuni uscieri.
Il partito degli onesti.
Anzi, dei domestici.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 11th, 2011 Riccardo Fucile
A SIENA IN TAILLEUR NONOSTANTE IN CALDO “PER RISPETTO ALLE DONNE E AL MOVIMENTO”… STANDING OVATION PER LA PARLAMENTARE DI FLI, DONNA SENZA FRONTIERE
E’ arrivata in tailleur blu nonostante il caldo folle del Prato di Siena.
Giulia Bongiorno, parlamentare di Futuro e Libertà , è stata accolta con grandi applausi dalle donne che si sono riunite per fare il punto, dopo il 13 febbraio dell’onda di «Se non ora quando» che in questi mesi ha continuato a propagarsi attraverso i comitati delle città .
E la giacca, la Bongiorno non se non se l’è tolta.
«In Tribunale porto il tailleur per rispetto alla Corte», ha esordito l’avvocato Bongiorno.
«Lo stesso in Parlamento perchè mai dovevo venire qui in modo meno formale? Questo è il mio segno di rispetto alle donne e al movimento “Se non ora quando”».
Standing ovation tra cappellini e smanicature colorate della platea.
E la parlamentare ha continuato non snettendo i panni da legale. «”Se non ora quando” può e deve essere una Class Action delle donne».
Così come i consumatori, diversi per progetti e pensieri si uniscono contro un’azienda da cui hanno subito un danno comune, le donne si sono riunite qui, secondo Giulia Bongiorno perchè hanno subito la stessa lesione.
«Vi propongo un’azione collettiva che non abbia colori – ha arrigato le altre donne -, e questa è la scommessa».
Un’azione collettiva, dice, contro politiche e mentalità .
La prima contro i finti tonti.
Ha parlato di maternità , dei ritardi con cui si arriva a fare un figlio.
«Io stessa ho dovuto tardare: se lo avessi fatto prima non avrei fatto carriera».
I punti sarebbero altri due.
Ma i tre minuti decisi per ogni intervento sono finiti.
La trombetta suona sulla voce di Giulia Bongiorno.
E lei chiude l’intervento.
Cosa c’era di più?
Ce lo ha raccontato: i subdoli e o vili e i truffatori di etichette.
Intanto scende dal palco, le donne l’abbracciano: peccato che tu sia di destra: la pensi come noi.
«Appunto», dice Bongiorno.
E intanto dal cellulare suona un sms: «Jan ha mangiato 150 grammi di latte e due cucchiai di banana».
«Ecco ora devo correre a casa che la baby sitter se ne va».
E parte per Roma.
Luisa Pronzato
(da “Il Corriere della Sera“)
argomento: Costume, denuncia, Futuro e Libertà, Politica, radici e valori | Commenta »