Luglio 20th, 2011 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA CAMERA PROVA A METTERE ALLE STRETTE I PARTITI: OBIETTIVO UN RISPARMIO DI 48 MILIONI DI EURO…. MA LE MISURE DOVRANNO ESSERE APPROVATE DALL’AULA E LI’ SI VEDRA’ CHI VUOLE DAVVERO TAGLIARE I COSTI DELLA CASTA
Fine della pacchia dei voli gratis per tutta Italia: il deputato volerà senza pagare solo tra Roma e la sua residenza o il suo collegio (uno dei due, dovrà scegliere).
Le pensioni d’oro di onorevoli e dirigenti dell’amministrazione saranno sottoposte al contributo di solidarietà .
Chiuso un ristorante e turni ridotti per la cena low cost del deputato.
Taglio (piccolo) anche alle autoblu di Montecitorio.
Gianfranco Fini cerca di mettere una pezza ai guai combinati dai colleghi durante la votazione della manovra.
Anche la politica deve dare l’esempio.
Allora il presidente della Camera sforbicia, riduce, ottimizza.
Con l’obiettivo di ridurre privilegi e costi per 48 milioni nel biennio 2012-2013.
E non è detto che ci riesca.
Perchè il voto decisivo su queste proposte arriverà la prima settimana di agosto quando l’aula sarà chiamata ad approvare il bilancio triennale.
Ieri Fini ha fatto avere le sue tabelle ai tre deputati questori, i tesorieri di Montecitorio.
Oggi l’ufficio di presidenza dovrà dare la sua risposta definitiva.
Bisogna mandare un segnale tanto più in una giornata delicata per la credibilità delle istituzioni: si vota sull’arresto di Papa.
Lo sa bene Fini, lo sa Tremonti che ieri ha richiamato le Camere a tagliare i vitalizi secondo le procedure della manovra appena approvata, lo sanno gli uffici di Montecitorio che con una lunga nota hanno risposto alle accuse diffuse su Facebook da SpiderTruman, il precario vendicatore che denuncia gli sprechi.
La Camera risponde smontandone alcuni: i barbieri guadagnano in media 2400 euro e non 11 mila, il fenomeno dei pianisti è stato già stroncato con la misura delle impronte, l’assistenza sanitaria viene pagata con contributi mensili.
Ma promette interventi per altri ammettendo che il problema c’è: sulle Millemiglia Alitalia ad esempio.
Che le giornate siano difficili lo sa anche il presidente del Senato Renato Schifani.
Al richiamo del ministro dell’Economia risponde che Palazzo Madama si adeguerà al taglio dei vitalizi d’oro e delle pensioni super dei dipendenti con il contributo di solidarietà del 5 per cento per gli assegni sopra 95 mila euro e del 10 per cento per quelli sopra 150 mila.
Alla Camera significa soldi che restano allo Stato per 16,5 milioni.
Ma Avvenire e Famiglia Cristiana insistono e avvertono: decidete subito non rimandate
Adesso Montecitorio e Palazzo Madama dovranno muoversi all’unisono. La piattaforma è quella delineata da Fini.
Che però rimanda a dopo l’estate interventi sulle indennità (“dobbiamo adeguarle agli standard europei”) e sulla riforma strutturale dei vitalizi.
Ci vogliono infatti leggi e modifiche dei regolamenti.
Per tutto il resto c’è la sessione d’inizio agosto. Lì, se vuole, la politica può fare qualcosa.
Le limitazioni ai viaggi aerei porteranno nelle casse dello Stato (o meglio non faranno uscire) 2 milioni di euro nel biennio 2012-2013.
La solidarietà delle pensioni maggiori frutterà 2 milioni e 100 quest’anno, 7,5 milioni nel 2012, 7 milioni nel 2013.
Montecitorio straccerà i contratti di affitto per un pezzo di Palazzo Marini, per Palazzo Fiano Almagià , San Lorenzo in Lucina e via dei Lavaggi.
In due anni risparmierà 29 milioni.
La diaria, che rappresenta una voce importante dello stipendio, sarà agganciata all’effettiva partecipazione ai lavori dell’aula.
I portaborse non potranno più essere pagati direttamente dal deputato (altra voce dello stipendio per chi voleva fare la cresta) ma verranno retribuiti dalla Camera.
Sul modello del Parlamento europeo.
L’altro taglio significativo colpirà la mensa. Fini annuncia la chiusura di uno dei molti ristoranti di Montecitorio.
E nuovi turni della cena per risparmiare sugli straordinari.
Per un totale di 3 milioni risparmiati.
Eppoi blocco dell’adeguamento dell’indennità e dei vitalizi (10 milioni) e blocco del turn over del personale (1,7 milioni).
È una cura dimagrante vera anche se non completa.
Ma per il momento resta sulla carta. Manca il voto finale.
Con tutte le sorprese del caso.
Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica“)
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Luglio 20th, 2011 Riccardo Fucile
PER UNA COINCIDENZA VOLUTA, OGGI SI VOTA SULL’ARRESTO DEL DEPUTATO PDL E DEL SENATORE PD…LA LEGA SI DICHIARA PER LA LIBERTA’ DI COSCIENZA, BERSANI PER IL SI’…. MA IL VOTO SEGRETO NASCONDE TANTI NO
Tra Palazzo Madama e Montecitorio, i più pessimisti manifestano uno spiccato senso per la
storia: “Sarà una giornata campale e se finirà due a zero per la casta, il vento dell’antipolitica rischia di spazzare via tutto, come nel ’93 con l’autorizzazione negata a Craxi”.
Il derby delle manette comincerà oggi pomeriggio alle sedici.
Al Senato, si voterà per l’autorizzazione agli arresti domiciliari del Pd ex socialista Alberto Tedesco: un tormentone che va avanti da cinque mesi.
Alla Camera, stesso orario, si decideranno invece le manette per il pidiellino della P4 del faccendiere Luigi Bisignani: Alfonso Papa.
Il Papa Tedesco Day è frutto di un colpo di scena maturato ieri.
Protagonista, il senatore già dalemiano del Pd Nicola Latorre. Il voto su Tedesco era previsto per domani, se non per la prossima settimana.
Per arginare quindi le fitte voci su un possibile scambio di favori bipartisan contro le manette, Latorre d’accordo con la capogruppo Anna Finocchiaro ha chiesto e ottenuto di anticipare il voto: “Abbiamo chiesto il voto per domani pomeriggio (oggi per chi legge, ndr) in modo da allontanare anche il pur minimo sospetto che su vicende di questo genere, tenuto conto che la Camera si pronuncerà su Alfonso Papa, possano esserci miseri scambi politici o qualunque tipo di strumentalizzazione”.
Insomma, meglio giocare in contemporanea le due “partite”, come accade nell’ultima giornata di campionato.
Ma la mossa di Latorre ha generato anche un giallo alla Camera, dove Dario Franceschini, presidente dei deputati del Pd, non avrebbe digerito la scelta dei colleghi di partito di Palazzo Madama.
Motivo: la grande paura democratica per un doppio voto contro gli arresti, coperto dallo scrutinio segreto, che scatenerebbe la piazza contro il Palazzo.
Di qui i paletti fissati ieri dal segretario Pier Luigi Bersani, in una fase in cui il Pd è in risalita nei sondaggi e punta al voto anticipato dopo la riforma elettorale: “Noi ci opporremo sia alla Camera sia al Senato al voto segreto, e siamo favorevoli a che sia concessa l’autorizzazione all’arresto di Papa e di Tedesco. Noi terremo ferma questa posizione su cui il Pd è compatto i problemi sono dall’altra parte come capisce chi mette l’orecchio a terra”.
E chi mette “l’orecchio a terra” sente il frastuono delle divisioni nella Lega, decisive per il destino del premier.
Nel Carroccio stanno scoppiando le contraddizioni partorite dall’ambigua formula del partito di lotta e di governo.
E adesso che “soffia il vento dell’antipolitica” il Senatur dimezzato dalle ambizioni di Roberto Maroni tenta disperatamente di rianimare la Lega di lotta, dal no al decreto rifiuti per Napoli alla sceneggiata su Papa (sì, poi no, di nuovo sì), tenendo aperto un costante fronte di guerra con il Cavaliere.
Anche per questo, ieri a Montecitorio, si ricordava il precedente del ’93 dell’autorizzazione negata a Craxi.
Il sospetto di molti è sempre stato che la Lega nel segreto dell’urna votò tatticamente contro per poi approfittarne in termini di consenso e sfascio del sistema.
Oggi, chi potrebbe fare un calcolo simile non è Bossi ma il ministro dell’Interno, che ormai controlla la maggioranza del gruppo dei deputati leghisti.
Sui maroniti girano due previsioni di segno opposto.
Da un lato potrebbero votare a favore dell’arresto di Papa. Dall’altro no, per poi accelerare la caduta di Bossi all’interno del partito, nel quadro di una “Lega ladrona che salva la casta”.
Ufficialmente, la Lega per bocca del capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, del cosiddetto “cerchio magico” del Senatur, ha fatto sapere che dirà sì all’arresto “pur mantenendo la libertà di coscienza”.
Accusati poi di volersi nascondere dietro al voto segreto, i leghisti hanno aggiunto che non saranno loro a chiederlo.
Ci penseranno, forse, i Responsabili di Domenico Scilipoti.
L’incognita sul voto, palese o segreto, sarà sciolta solo oggi a Palazzo Madama e Montecitorio. E questo non fa che moltiplicare gli scenari.
Un voto segreto su Papa potrebbe attirare una quarantina di franchi tiratori “garantisti” nell’opposizione, tra Pd e Udc, compensati però da “traditori” leghisti e del Pdl. Ancora più incerto il destino di Tedesco.
Il Pd voterà per l’autorizzazione ma cosa faranno Lega e Pdl? In base ai numeri, e al voto palese, Tedesco dovrebbe “salvarsi”, ma cosa accadrebbe se il Pdl uscisse dall’aula?
Al momento le previsioni più ricorrenti parlano di un due a zero per la casta.
La sensazione è che oggi possa essere una giornata decisiva non per la legislatura ma per tutta la Seconda Repubblica.
Come dimostra l’annuncio-minaccia di Rosy Bindi, presidente del Pd: “Se domani si dovesse verificare la negazione all’arresto di Papa e Tedesco, il Pd compierà dei gesti eclatanti, estremi”.
Nulla comunque è scontato, lo si è già visto nell’iter che ha portato ai due voti di oggi in Parlamento.
Nel caso Tedesco, cinque mesi di giravolte non sono serviti a chiarire la posizione ufficiale del Pd.
È vero che la relazione del Pdl Balboni è stata bocciata in giunta, ma non perchè diceva no all’arresto: tra i democratici solo qualcuno era a favore del sì, altri credevano fosse meglio aspettare la decisione del Riesame, altri ancora non giudicavano abbastanza gravi i reati di cui è accusato Tedesco: concussione negli appalti della sanità pugliese, che seguiva come assessore.
Così, quando il Riesame è arrivato (e ha sostituito il carcere con i domiciliari) maggioranza e opposizione hanno deciso di presentarsi in aula (oggi) solo con una relazione “tecnica”, che non prevede una posizione di merito.
Con Papa aveva provato a fare la stessa cosa il Pdl. Il relatore Francesco Paolo Sisto sosteneva di non avere gli elementi per decidere, l’opposizione gli ha imposto una scelta.
Ma nessuno si aspettava l’astensione della Lega che ha così indirettamente appoggiato il sì all’arresto proposto dall’Idv Federico Palomba.
Stamattina, giusto per non perdere l’allenamento, in Giunta sono di nuovo alle prese con un altro caso, quello di Marco Milanese.
Fabrizio d’Esposito e Paola Zanca
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 20th, 2011 Riccardo Fucile
UN COMUNICATO STAMPA DEI GOLPISTI DI “FLI GENOVA” ANNUNCIA CHE IERI MATTINA SI SAREBBE SVOLTA UNA CERIMONIA PRESSO LA LAPIDE IN MEMORIA DEL BRIGADIERE VOLPI…MA LA CORONA E’ SEMPRE QUELLA DI OTTO MESI FA, LA DELEGAZIONE CAPITANATA DA NAN NON APPARE IN FOTO, NESSUNO L’HA NOTATA E MANCA PERSINO LA TRACCIA DI UNA SCRITTA CHE CITI FLI… ECCO LE FOTO A CONFRONTO
Nel raccontare questa kafkiana vicenda, partiamo dal comunicato stampa che ieri ha raggiunto nelle prime ore del pomeriggio le redazioni genovesi:
“Futuro e Libertà ha voluto celebrare la giornata in cui si ricorda la strage di via d’Amelio, in cui trovarono la morte il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta, con una cerimonia presso i Giardini Cavagnaro, vicino alla rampa autostradale di Genova Est. L’iniziativa si è tenuta presso la lapide in onore del brigadiere dei carabinieri Ruggero Volpi, medaglia d’oro, ucciso il 12 ottobre 1977 in un conflitto a fuoco con una banda di criminali che volevano liberare il bandito Cesare Chiti, durante il trasferimento di quest’ultimo dal carcere di Marassi.
Alla cerimonia ha partecipato Enrico Nan, coordinatore regionale Fli e commissario del coordinamento provinciale Fli Genova.
Nella stessa giornata in cui il presidente Fini è in via D’Amelio per ricordare la strage di 19 anni fa, abbiamo voluto rendere omaggio a un carabiniere e a un uomo simbolo, così come lo sono stati i giudici Borsellino, Falcone e tutti gli uomini e le donne che hanno dato la vita per difendere le istituzioni e il loro Paese”
La cerimonia ( e il comunicato stampa) è accompagnata da due foto: una un po’ tagliata che mostra, sotto la lapide, una parte della corona d’alloro, qualche fiocco colorato e un timido mazzetto di fiori.
Nessuna presenza umana.
Una seconda vede un anonimo soggetto di spalle accanto alla lapide che sembra sistemare dei fiori.
Viene spontaneo chiedersi: come mai non è stato fotografato il momento in cui la “folta delegazione” capitanata dal coordinatore regionale di Fli, Enrico Nan, ha apposto la corona, magari con il
nastro di Futuro e Libertà ?
Come mai ci si è limitati a inviare ai media solo una foto tagliata e senza immagine dei presenti?
La parziale risposta arriva dalle due nostre foto, scattate poche ore dopo la presunta grande cerimonia.
Nella prima potete vedere a campo largo che la povera corona è ancora quella di ottobre 2010, in occasione della cerimonia ufficiale delle autorità : foglie rinseccolite e cadenti, vecchi nastrini colorati e in alto a sinistra ecco spuntare un mazzetto con una rosa e qualche fiorelllino bianco (diciamo da 8 euro a stare larghi), probabilmente apposta dalla “folta delegazione” che si
sarà autotassata per l’occasione (mazzetto messo a fuoco nella seconda foto)
Oddio, se si voleva rendere omaggio a un uomo simbolo che ha dato la vita per le istituzioni, magari si poteva rinnovare almeno la corona, che ne dite?
O forse conta più l’articolo sul giornale che la sostanza?
Trattandosi di giardini frequentati, emerge poi un altro aspetto evidenziato peraltro già dalla mancanza di una immagine di Nan e della sua delegazione nelle foto inviate alla stampa: abbiamo chiesto ai frequentatori dei giardini Cavagnaro e nessuno ha visto ieri mattina una delegazione che apponeva fiori alla lapide e tanto meno Nan.
Forse si sarà trattato di un blitz sotto mentite spoglie?
O il gran cerimoniale avrà aspettato il momento propizio per non farsi vedere in giro?
E non avrà scattato foto magari per mancanza di soggetti fotogenici?
Per non pensare male, non resta che fare un appello stile Sciarelli: chiunque abbia visto Nan e la sua corte ai giardini Cavagnaro ieri mattina è pregato di mettersi in contatto con la nostra redazione.
Garantiamo l’anonimato, la resa degli otto euro investiti e la restituzione di Nan alla famiglia nel caso si fosse perso e non trovasse più la strada di casa.
Con tappa alla sede della Fiumara dove qualcuno ad attenderlo c’è sempre.
A sua insaputa ovvio.
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Luglio 20th, 2011 Riccardo Fucile
IL BECERUME LEGHISTA SI MANIFESTA PER L’ENNESIMA VOLTA CONTRO IL SUD IN EMERGENZA: BERLUSCONI E BOSSI DA TRE ANNI RACCONTANO PALLE AI NAPOLETANI E ORA VORREBBERO CHE SOFFOCASSERO NELLA SPAZZATURA… INCAPACI DI RISOLVERE IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI ORA FANNO COME PONZIO PILATO
La Lega Nord ha annunciato che voterà contro il decreto legge sui rifiuti, proprio mentre in
Aula la maggioranza è stata battuta sulla proposta di rinvio in commissione del dl.
Nel frattempo a Napoli ancora proteste, blocchi stradali e roghi a causa dell’emergenza spazzatura.
E’ un martedì nero sul fronte rifiuti.
«In Consiglio dei ministri i membri del governo della Lega nord hanno votato contro questo decreto legge – dichiara il deputato del Carroccio Renato Togni – si presume che i gruppi parlamentari manterranno la stessa posizione».
Nel pomeriggio la Camera ha respinto inoltre con sei voti di scarto la proposta del relatore Agostino Ghiglia (PdL) di rinvio in commissione del decreto legge sull’emergenza rifiuti in Campania.
La richiesta del relatore è frutto delle tensioni venutesi a creare all’interno della maggioranza sul decreto.
Nel corso del comitato dei nove della commissione Ambiente non è stato infatti raggiunto l’accordo sulla modifica da apportare al testo alla luce della sentenza del Consiglio di Stato che sospendeva l’ordinanza del Tar del Lazio sullo stop al trasferimento automatico dei rifiuti nelle altre Regioni.
La Lega si è messa di traverso pretendendo che nel decreto restasse la norma in base alla quale i rifiuti della Campania potranno essere accolti solo dopo «nulla osta» della Regione di destinazione.
Il Pdl si è adeguato ma nel gruppo è montato il malumore dei deputati campani .
Non si fanno attendere le reazioni dell’opposizione allo strappo della Lega.
Il Pd parla di una «maggioranza allo sbando», e l’Italia dei Valori, attraverso il capogruppo alla camera Donadi, attacca: «Se la Lega, come ha annunciato,dovesse votare contro il decreto rifiuti, a Berlusconi non resterebbe che una cosa da fare: formalizzare la crisi e salire al Quirinale per dimettersi. È ora di dare un vero governo al Paese e finirla con lo strazio politico ed economico cui Berlusconi sta condannando l’Italia».
Intanto i cittadini partenopei, esasperati dai cumuli ammassati in strada e dai cattivi odori acuiti dalle alte temperature, hanno bloccato con cassonetti e sacchetti rovesciati sulla carreggiata sia piazza Pignasecca che corso Garibaldi, a poca distanza dalla Stazione centrale.
Una situazione che, negli ultimi giorni, è stata resa ancora più critica per lo sciopero indetto dai lavoratori della “Lavajet”, la società subappaltratice di Asia per la raccolta dei rifiuti in alcune zone centrali della città , che lamentano di non aver ricevuto la 14esima.
La prima protesta in piazza Pignasecca quando è stato paralizzato il passaggio delle auto nei vicoli a ridosso di via Toledo, nei pressi dell’ospedale Vecchio Pellegrini.
Difficoltoso anche il transito di cittadini e motocicli diretti o in uscita dalle stazioni di Circumflegrea, metropolitana e Cumana di Montesanto.
Manifestazione di insofferenza anche in corso Garibaldi, nei pressi del terminal della Circumvesuviana.
Qui l’immondizia riversata in strada ha impedito il passaggio di un tram causando prevedibili ripercussioni del traffico nell’intera zona.
Per poter liberare la strada dall’immondizia è stato anche chiesto l’intervento di un bobcat.
Il quadro difficile della situazione si completa con una serie di roghi dolosi appiccati ai cumuli ammassati nei cassonetti e sui marciapiedi.
Dalle 20 di ieri alle 8 di questa mattina sono stati 22 gli interventi dei vigili del fuoco impegnati a domare le fiamme non solo nel centro della città , ma anche in periferia e in alcuni comuni dell’hinterland sommersi dalla spazzatura.
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Luglio 20th, 2011 Riccardo Fucile
HA AVVIATO UNA CAUSA CONTRO AN PER MOBBING…LA MOGLIE: “E’ QUALCUNO A NOI VICINO”… SONO MOLTE LE ANALOGIE
Tutti lo cercano. Tutti lo vogliono. Tutti gli fanno domande.
Ma lui non risponde.
In Transatlantico i parlamentari continuano a chiedersi chi possa essere. «Spider Truman», l’anonimo che prima con una pagina su Facebook poi con un blog minaccia di pubblicare, giorno dopo giorno, «tutti i segreti della casta», continua a raccogliere consensi (virtuali) e opinioni.
In soli tre giorni quasi trecentomila iscritti al social network hanno premuto il tasto «Mi piace» alla pagina «I segreti della casta di Montecitorio ».
In tanti hanno mostrato tutta la loro rabbia nei confronti degli «sprechi » da parte dei politici, scrivendo commenti e insulti.
Ma più aumenta la notorietà , più cresce la curiosità sull’identità del protagonista degli ultimi giorni.
Perchè, dopo tutto questo clamore, di lui, «Spider Truman», non si hanno molte notizie. Insomma, un giallo.
Anche se, navigando sulla stessa piattaforma, si scopre che la storia del blogger «licenziato dopo 15 anni di precariato» somiglia molto alla vicenda di un altro precario, questa volta con un nome e cognome.
Si chiama Leonida Maria Tucci, ha 41 anni, due figlie e più di quattordici anni «da precario » al Senato.
Tucci ha lavorato prima all’ufficio stampa di Alleanza nazionale (a partire dal novembre 1994), quindi nel gruppo del Pdl (anche se per pochi mesi).
Ha smesso di prestare servizio a Palazzo Madama nell’aprile del 2008 e da lì è iniziata una vicenda processuale contro il partito.
L’ex precario chiede i danni per mobbing e il riconoscimento della differenza contributiva e retributiva.
La moglie di Leonida, Giulia Ruggeri, ha creato una pagina Facebook per denunciare la situazione del marito.
Ed è qui, da questa denuncia finita sulla Rete, che iniziano le somiglianze.
Che ci sia il marito dietro a «Spider Truman»? La diretta interessata smentisce.
«Me lo chiedono in molti – dice –, ma non siamo nè io, nè mio marito ».
La donna, però, aggiunge anche altro.
«Può darsi che l’autore sia una persona a noi vicina, magari un parente o un amico che ha preso a cuore la nostra situazione».
Di più: «Magari è un ex collega di Leonida che, nella stessa situazione, ha deciso di denunciare quello che succede ai precari di Camera e Senato».
Altri elementi, la moglie, non ne fornisce.
Anche se è la prima a notare che, in effetti, «tra la storia di “Spider Truman” e quella di mio marito ci sono troppe somiglianze ».
L’unica differenza, se proprio la si vuole trovare, è nel palazzo di riferimento.
Perchè Leonida ha prestato servizio al Senato. «Spider Truman» alla Camera dei deputati.
«Ma cambia poco», continua la signora.
«In entrambi i posti succedono le stesse cose, almeno a sentire quello che mi ha raccontato mio marito ».
Insomma, il mistero continua.
Ma in fondo al tunnel (del web) si vede una luce.
Leonard Berberi
(da “Il Corriere della Sera“)
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Luglio 19th, 2011 Riccardo Fucile
LA CASA DELLA LEGALITA’, OSSERVATORIO SULLA CRIMINALITA’ E LE MAFIE, INTERVIENE SULLA VICENDA LOCALE DI FUTURO E LIBERTA’: FINI VUOLE PULIZIA, NAN ACCOGLIE IN SEDE I MAMONE…IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DIA L’ESEMPIO: ACCOMPAGNI NAN ALLA PORTA
Gianfranco Fini rilancia la necessità espressa da Paolo Borsellino affinchè la politica faccia
pulizia prima e indipendentemente dalle sentenze e dai rilievi penali di certe frequentazioni, contiguità e connivenze.
E Paolo Borsellino aveva ragione…
Gianfranco Fini farebbe bene, oltre che riprendere le parole ed il messaggio di Paolo Borsellino, nel giorno dell’anniversario della strage di Via D’Amelio, anche nel dare l’esempio con il proprio partito…
Già in AN aveva lasciato dei portoni spalancati, ove entravano direttamente pullman di finti tesserati dalle cosche, che condizionavano congressi, liste ed eletti (provi a dare un occhio alla provenienza dei signori prediletti dal locale della ‘ndrangheta di Ventimiglia, e troverà Eugenio Minasso, Alessio Saso, Vincenzo Moio… e se ci si sposta sul candidato alle regionali del 2010 a Genova, spalleggiato da boss quali Gangemi, Condidorio, Bruzzaniti e Gorizia, di nuovo è un altro parto di An, Aldo Praticò).
Problema passato? No!
Il responsabile regionale di FLI in Liguria, l’avv. Enrico Nan, chi ti va ad incontrare?
I Mamone, ovvero gli esponenti della famiglia della ‘ndrangheta che si è fatta impresa e che – legata ai Mammoliti ed ai Gullace-Raso-Albanese e Piromalli – ha costruito un vero e proprio monopolio degli appalti pubblici (anche a seguito di interdizione atipica antimafia del Prefetto Musolino, di un rinvio a giudizio per corruzione, di un inchiesta per il controllo degli appalti pubblici, di miriadi di contestazioni di illeciti ambientali… nonchè un tentativo – documentato dalla Dia – di corruzione di un pubblico ministero)…
I Mamone che hanno appoggiato Burlando ed il centrosinistra alle amministrative e che per operare alla meglio si sono anche costituiti una propria loggia Massonica… sono stati ricevuti senza problemi dal Nan presso la sede di FLI a Fiumara…
Lo sa che uno degli uomini legati ai Mamone, ovvero il Pietro Malatesti, con la gestione del Nan, era indicato come uno dei Presidenti di Circolo di FLI?
Non sa chi è Malatesti, cerchi sul nostro sito e troverà quanto basta, da atti ufficiali quali un rapporto del Gico alla Procura della Repubblica di Genova, in merito ai rapporti dei Mamone con altri esponenti della criminalità organizzata calabrese (come lo Stefanelli Vincenzo, oltre che con il Carmelo Gullace, i Rampino, i Gorizia…) e – ma guardi che roba – per il condizionamento del voto alle elezioni Il brindisi del 1993 di Gino Mamone con i boss… e poi appalti su appalti amministrative del 2007 per il Comune e la Provincia di Genova e naturalmente per questioni di affari & appalti.
Persino Mastella disse che con certa gente non voleva avere a che fare (pensi un po, Mastella!)…
E pare anche che con i Mamone, ad incontrare Nan, ci fossero personaggi di quel Tigullio dove i Nucera di Condofuri (a partire dal Santo Nucera), ma anche i Piromalli, la fanno da padroni.
Ed allora: on. Fini non è forse il caso di dare l’esempio che l’invito formulato da lei oggi a Palermo può essere tradotto in pratica oltre che mediaticamente sparato nel giorno della memoria di Borsellino?
Borsellino diceva che certe frequentazioni devono trovare risposta dalla politica, mettendo fuori dalla porta i protagonisti, anche se di penalmente rilevante non vi è nulla nei loro atti e comportamenti.
Quindi: accompagna Nan alla porta o quella di oggi era solo sparata mediatica?
Nan dice che non li conosceva… ma a dirigere partiti in terre dove la ‘ndrangheta da decenni condiziona politica, economia, pubbliche amministrazioni e settori di controllo, non ci possono essere, crediamo, persone che non “conoscono” famiglie e personaggi arcinoti.
L’ingenuità , come le frequentazioni e contiguità , non si può tollerare, non condivide?
In molti, iscritti e dirigenti di FLI a Genova le hanno chiesto provvedimenti, non li hanno visti e si sono dimessi in massa… cosa penseranno nel sentirla parlare bene ma razzolare male?
Provi a porsi questa domanda e, non sarebbe male, che, coerentemente a quanto a detto oggi, dia una risposta.
Casa della Legalità
Ufficio di Presidenza
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Luglio 19th, 2011 Riccardo Fucile
PALERMO RICORDA LA STRAGE DI VIA D’AMELIO 19 ANNI DOPO…FINI: “NELLA BATTAGLIA CONTRO LA CRIMINALITA’, QUELLO POLITICO E’ UN FRONTE DECISIVO: I PARTITI SONO TENUTI A SVOLGERE UN’OPERA DI PULIZIA AL LORO INTERNO”
“I partiti sono tenuti a svolgere un’opera di pulizia al loro interno”.
Così il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel corso della commemorazione della strage di via D’Amelio in cui 19 anni fa morirono il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Fini è intervenuto nell’aula magna del palazzo di giustizia di Palermo. “Nella battaglia contro la criminalità organizzata – ha detto – quello politico è un fronte decisivo. È un fronte che passa sia per l’attività di governo e per quella legislativa sia per la forza di mobilitazione dell’opinione pubblica. Passa soprattutto per la capacità degli stessi partiti di fare pulizia al proprio interno eliminando ogni ambigua zona di contiguità con la criminalità e il malaffare”
Sul fronte delle indagini si parla di almeno «due verità possibili» e di almeno un tentativo di depistaggio.
Sullo sfondo, come unica certezza, resta la pista della trattativa, l’accordo tra Stato e Mafia che il braccio destro di Giovanni Falcone, ucciso pochi mesi prima, avrebbe scoperto alla fine di giugno 1992, mettendosi forse di traverso.
Per questo la sua eliminazione sarebbe stata affrettata.
Il procuratore nisseno Sergio Lari si appresterebbe infatti a concludere sulla base di queste ipotesi le indagini che porteranno alla richiesta di revisione del processo per alcuni condannati con sentenze definitive.
La svolta, attesa per settembre, dovrebbe coinvolgere anche investigatori – tre sono iscritti nel registro degli indagati per falso e calunnia – che avrebbero pilotato le accuse di Vincenzo Scarantino, il collaboratore di giustizia della prima ora smentito prima da Gaspare Spatuzza e poi da Fabio Tranchina, fedelissimi di Giuseppe Graviano, il boss di Brancaccio che avrebbe organizzato l’attentato premendo perfino il telecomando per innescare l’auto-bomba.
L’ombra del sospetto si allunga intanto sul gruppo di investigatori, guidati da Arnaldo La Barbera, questore morto nel 2002, che per Lari avrebbe allestito un «colossale depistaggio».
Tre funzionari risultano attualmente indagati, ma l’indagine tocca altri investigatori tra cui il poliziotto che avrebbe alterato un verbale del 1994.
Accanto alle dichiarazioni di Scarantino sono state trovate le annotazioni di un poliziotto che avrebbe svolto, si sospetta, un ruolo di «suggeritore».
Ma è tutto l’impianto accusatorio basato sulle indagini del pool di La Barbera a essere smentito su molti punti dalla Procura di Caltanissetta e dalle rivelazioni di Spatuzza considerato un collaboratore attendibile.
I nuovi indirizzi dell’inchiesta stanno insomma delineando quella che il procuratore Lari definisce una «deriva istituzionale».
Il Presidente della Camera Fini ha sollecitato un maggior impegno della politica sul fronte etico.
«La memoria deve infondere coraggio. Significa proseguire l’opera di chi ha sacrificato la vita per lo Stato, continuare a cercare la verità sul passato e sul presente perchè il diritto a conoscere non può andare in prescrizione.Sono qui perchè sono alla ricerca della verità , altrimenti non sarei venuto”.
Chiaro l’invito rivolto alle forze politiche: «Eliminare dai partiti quelle figure sospette per un principio di opportunità politica e di etica pubblica».
Siamo d’accordo Gianfranco, ora dalle parole passa ai fatti: inizia da Genova, dimostra di essere il leader del primo partito italiano che non fa allontanare da Fli gli onesti e i capaci per lasciare spazio a soci in affari di pregiudicati e a segnalati e attenzionati dalla Dia.
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Luglio 19th, 2011 Riccardo Fucile
DALLE MOSSE DEL CAVALLO AI BIZANTINISMI DEMOCRISTIANI: FINO AGLI ASINI PADANI
Stavolta Umberto Bossi è davvero bollito.
Nessuno lo vuole dire, esplicitamente, dentro e fuori la Lega, ma moltissimi lo sussurrano a mezza bocca: Umberto Bossi perde colpi.
Nessuno lo dice così, nemmeno fuori, perchè teme di finire sotto il fuoco ustorio del politicamente corretto e perchè è difficile dire che Bossi perde colpi perchè automaticamente scatterebbe l’accusa di infierire contro una persona malata.
Invece Bossi perde colpi — e tanti — per motivi che prescindono del tutto l’ictus e dai suoi postumi, motivi che hanno poco a che vedere con la spigliatezza oratoria o con l’agilità intellettuale che segnarono la sua ascesa e che ora sono evaporati nel rutto, nel dito medio alzato e nella battutaccia sfiatata.
Bossi perde colpi perchè nessuno, nemmeno quelli che gli sono vicini, riescono più a capire dove stia andando e presumibilmente, nemmeno lui lo sa.
Perde colpi e sembra un pugile suonato, prima di ogni altra cosa, perchè non ha una linea.
C’era per esempio un Bossi, una volta, che sfotteva il suo stesso figlio soprannominandolo “Trota” e che non si sognava di rispondere ai satirici — come il geniale Maurizio Crozza — che mettevano in scena una pantomima grottesca del suo addestramento alla successione (“Ehi papi…”, “Dimmi trota”).
E c’è invece un Bossi che sentendo aumentare la sua insicurezza arriva a designare quello stesso “Trota”, come “possibile successore” in casa leghista, mettendo in subbuglio tutti i colonnelli.
E che sembra essere caduto prigioniero del “cerchio magico” che si è stretto intorno a lui negli ultimi mesi: la moglie, il figlio, l’ex sindacalista Rosi Mauro, e poi un puro e duro come Federico Bricolo e il minoritario capogruppo a Montecitorio, Reguzzoni.
C’era sicuramente il Bossi delle grandi sparate (come “La vita dei giudici vale meno di una pallottola” ), ma era un Bossi che dava alla sua irruenza il tono goliardico, antisistema e mai contaminato dal dubbio che lo rendevano così diverso dagli altri. Lui diceva cose del tipo “Questo è l’anno del Samurai” (1995, il grido di battaglia del ribaltone) “Berluskaz Berluskaiser, stavolta ti seghiamo il balconcino”, e tu capivi sempre dove voleva andare.
E perchè non avesse bisogno di ritrattare anche quando la sparava grossa: “Signora quel tricolore lo metta nel cesso”, alla mitica Lucia Massarotto da Venezia (correva l’anno 1997, adesso la signora è stata sfrattata).
E Bossi diceva anche cose ferocemente sublimi del tipo.
“Miglio? È una scoreggia nello spazio!”, al punto che era difficile distinguere l’imitazione di Corrado Guzzanti che gli attribuiva un’invettiva anti-papale come questa: “Wojtila è un papa polacco che ruba lavoro ai papi stranieri”.
Si arrabbiò come una belva, invece, il senatùr, quando lo stesso Guzzanti lo mise in scena con una maschera di ferro in viso alla Hannibal Lecter: “Quelli in Rai non ci tornano” (e infatti i Guzzanti, per un motivo o per un altro non tornarono).
Ma era sempre la vendetta di un capo guerriero, dell’uomo che dopo una prima vita passata a fingere di essere medico (usciva da casa, come ha raccontato la prima moglie, con la valigetta e non era laureato), era diventato un leader, uno che ripeteva: “Mia moglie scende in battaglia con me”.
Adesso è Manuela Marrone che viene sospettata di indicare la linea della battaglia.
E il Trota, che lui prendeva simpaticamente per il culo adesso, fa lo statista, come se pensasse di essere diventato un delfino.
Il punto di non ritorno è tutto racchiuso in un testa coda di venerdì 15 luglio, proprio a poche ore dal sì della Giunta della Camera all’arresto di Papa (coi due leghisti in commissione che si erano astenuti). Bossi intercettato dai cronisti è lapidario: il deputato Pdl deve andare “in galera”.
Tutto a posto? Macchè, nulla.
Sabato 16 luglio, il Senatur torna indietro precipitosamente per dire l’opposto: “Le manette non vanno messe mai, se prima non facciamo il processo”.
Che cosa è successo, in quelle 24 ore?
Di tutto. Il leader del Carroccio, per la prima volta, deve rincorrere se stesso, anzichè guardare da lontano l’effetto che fa.
C’è la Lega, la sua Lega che alla Camera ha un altro stratega, quel Bobo Maroni che era il più antico compagno d’arme quando andavano a fare le scritte sui cavalcavia.
Ci sono decisioni che gli passano sulla testa, e su cui lui vuole mettere il cappello.
E c’è Silvio Berlusconi che lo chiama per dirgli: “Umberto sei impazzito? Qui viene via tutto”.
Ma i ribelli della Camera avevano già dato un segnale della propria forza quando un mese fa stavano per decapitare Reguzzoni e il “Cerchio magico” si era dovuto stringere intorno al leader per convincerlo a cambiare idea.
E il malessere era emerso anche dopo Pontida, per quello striscione enorme esposto nella piana: “Maroni premier”.
E i bossiani a dire che era stato “autorizzato” dal leader (autorizzato un corno, se è vero che il giorno dopo aveva dovuto dire “Qui comando io”).
E che dire di quelle grida che lo avevano quasi stupito “Secessione-secessione!”.
E lui quasi a correre dietro al coro.
Dice Mauro Borghezio (uno che si definisce “Io sono in un solo cerchio: il cerchio operaio”), eurodeputato, ultimo cuore della Lega pura e dura, convinto che invece Bossi stia tornando faticosamente alle origini: “Bossi è lucido: qualche volta è stanco, certo. A Pontida era stanco, ma anche io a volte lo sono”.
E aggiunge, quello che fino ad oggi ha tenuto insieme il gruppo dirigente: “Io in una Lega senza Bossi non potrei starci volentieri”.
Già , il rischio di una guerra suicida per la successione è quello che fino ad ora ha fatto da freno.
Ma è vero anche che la malattia ha creato un precedente.
La Lega senza Bossi andava benissimo anche elettoralmente. E allora il problema è che Bossi perde colpi perchè non si può essere uomini per tutte le stagioni, soprattutto se si è assunta la politica come dimensione epica, spettacolare, fantasmagorica.
Ora Bossi è incatenato al berlusconismo come mai era stato legato a nulla.
Nel 1995 liquidò Berlusconi con una cena di sardine dopo aver passeggiato in sigaro e canotta nel suo giardino, e nel 2000 ricostruì l’alleanza con una spregiudicata passeggiata a Teano, prendendo il leggendario caffè con lo stesso Fini che aveva fatto voto di non incrociare mai più una tazzina con lui.
Ora Bossi è bollito perchè lui, che era stato il re della mossa del cavallo, si ritrova costretto a provare la via degli ossimori democristianissimi, il rinnovamento nella continuità che logora chi lo fa.
Alle amministrative Bossi poteva dire ai suoi che avrebbe divorato il Pdl, e spiegare a chi mordeva il freno a Milano per il sostegno alla Moratti (come Matteo Salvini) che a Gallarate si sperimentava lo sganciamento, con la Lega contro tutti.
Bossi è bollito perchè i voti del Pdl sono fuggiti via, perchè a Milano ha perso con la Moratti e perchè a Gallarate ha perso con la Bianchi Clerici.
Era il leader che le azzeccava tutte anche quando sembrava impossibile, adesso è quello che le sbaglia tutte, anche quando nessuno se lo aspetta.
Luca Telese blog
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Luglio 19th, 2011 Riccardo Fucile
NON E’ SOLO QUESTIONE DI TICKET, MA ANCHE DI BLOCCO DEL TURN OVER: VI SARA’ IL 10% DI MEDICI IN MENO RISPETTO AI 120.000 ATTUALI… SITUAZIONI A RISCHIO A ROMA E NAPOLI
Giovedì gli stati generali delle associazioni di categoria per fare fronte comune.
Già in difficoltà i nosocomi più importanti come il Cardarelli di Napoli.
Non è solo questione di ticket da versare: le misure che, con la manovra, il governo ha introdotto sulla sanità sono destinate a produrre un taglio netto anche nel numero di medici a disposizione del servizio nazionale e quindi nell’offerta ai cittadini.
Per risanare i conti dello Stato è infatti previsto che le amministrazioni pubbliche continuino nel blocco del turn over, tanto più se stiamo parlando di regioni già sottoposte al piano di rientro della spesa sanitaria (per le quali è prevista solo una contestatissima deroga a favore dei primari).
La misura, secondo le proiezioni effettuate dallo Smi, (sindacato medici italiani) si tradurrà nella riduzione nel 2014 del 10% dei medici del servizio sanitario: 12 mila unità in meno rispetto agli attuali 120 mila.
«Il blocco del turn over dettato dai piani di risanamento riguarda Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna e Sicilia, regioni che nel complesso hanno un bacino d’utenza di 32 milioni di cittadini e fanno riferimento ad un corpo medico dirigente di circa 60 mila unità » spiega Gianfranco Rivellini, responsabile per la dirigenza medica dello Smi e psichiatra all’ospedale di Mantova. Ora, «se leggiamo assieme le previsioni sul blocco del turn over e i picchi di pensionamento che la categoria subirà nell’immediato futuro, le conseguenze della mancata copertura saranno devastanti».
Da qui al 2015 – secondo uno studio del sindacato ospedaliero Anaao-Assomed – si verificherà infatti un picco di uscite di medici dalle corsie (per via della concentrazione anagrafica di nati negli anni Cinquanta).
«Non si può dire che la qualità dei servizi possa subire un crollo del 10 per cento – precisa Rivellini – ma se non si riforma il sistema della specialistica di base e delle cure primarie, il taglio di presidi territoriali che la necessità di produrre risparmi ci richiede si tradurrà in Pronto soccorso che scoppiano e più lunghe liste d’attesa». L’emergenza è denunciata da tutte le associazioni di categorie: per giovedì prossimo, la ventina di sigle che la rappresentano ha indetto gli Stati generali per fare fronte comune conto i tagli dettati dalla manovra (8 miliardi) e il blocco della contrattazione. «Non solo, qui si tratta di riflettere sul destino del servizio sanitario» avverte Costantino Troise, segretario nazionale di Anaoo-Assomed «ci sono alcuni casi, come quello della Campania, dove la situazione è esplosiva: escono dalle corsie 4 mila medici all’anno e da quattro anni non si indicono concorsi, le voragine vengono coperte con medici precari sui quali nessuno fa formazione o aggiornamento».
Fra i casi limite che Anaao segnala vi è il San Camillo di Roma dove, grazie al taglio dei posti letto e alla scarsità di personale medico, nel 2010 oltre 2 mila persone hanno aspettato in barella più di 24 ore al Pronto soccorso.
Al Cardarelli di Napoli, il più grande nosocomio del Mezzogiorno, i sindacati denunciano «turni massacranti e preoccupazione per la salute dei pazienti».
Ma gli effetti dei tagli sono visibili anche nelle strutture più piccole: nel Pronto soccorso di Fratta Maggiore, dei 24 medici previsti dall’organico in servizio ce ne sono solo 12.
A Palermo il sindacato denuncia insufficienze del 10 per cento in tutte le principali strutture.
E se la carenza è generale ci sono categorie dove i buchi sono più profondi che altrove.
«La carenza di anestesisti e rianimatori sta creando seri problemi in diversi ospedali – racconta Vincenzo Carpino di Aaroi-Emac, sigla della categoria – ne mancano già 3.500, di cui 2.200 nelle Regioni che subiranno sicuramente il blocco, dai 500 del Lazio ai 350 della Sicilia. La manovra in questo caso rischia di essere davvero pericolosa».
Luisa Grion
(da “La Repubblica“)
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