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FINI: “BERLUSCONI NON VUOLE LA PATRIMONIALE PERCHE’ COLPISCE LUI. NO AL CONDONO CHE PREMIA I FURBETTI, MAI PIU’ CON BERLUSCONI”

Ottobre 23rd, 2011 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE DELLA CAMERA OSPITE DI FABIO FAZIO A “CHE TEMPO CHE FA”: “SUBITO IL DECRETO SVILUPPO, AUMENTARE L’ETA’ PENSIONABILE MA PER CREARE UN FONDO PER L’OCCUPAZIONE DEI GIOVANI, NON PER TAPPARE LE FALLE”…”LA CREDIBILITA’ DELL’ITALIA E’ PARI A ZERO”

«Berlusconi non vuole inserire la patrimoniale nel decreto sviluppo perchè colpisce senza dubbio lui e non, come dice, il suo elettorato che è fatto di impiegati, piccoli commercianti, gente comune».
Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, rispondendo alle domande di Fabio Fazio nel corso della trasmissione “Che tempo che fa”.
Per far ripartire la nostra economia, per Fini, occorre innanzitutto attuare il decreto sviluppo che, sottolinea «resta ancora un’araba fenice. Il decreto deve contenere elementi indispensabili quali appunto una patrimoniale, l’alzamento dell’età¡ pensionabile, ma non il condono perchè ha due difetti: è una una tantum e quindi non è un intervento strutturale e poi premia i furbetti. Spero che non si faccia anche se non è escluso che invece venga attuato».
Parlando dell’età  pensionabile ha detto: «Lavoriamo di più, portiamola a standard europei e poi quello che risparmiamo lo mettiamo unicamente nel futuro dei nostri ragazzi».
Se si dice, ha aggiunto, «a un padre o a una madre di lavorare un anno o due in più per fare un fondo per l’occupazione giovanile, allora è più facile che si facciano sacrifici».
Commentando l’attuale crisi economica, Fini ha sottolineato che «siamo in condizione di assoluto e drammatico pericolo».
Ha aggiunto che non crede «che l’Italia possa fallire, ma siamo vicini al baratro che significa recessione e siamo in una fase di stagnazione».
Fini ha spiegato che «di fatto c’è un direttorio franco-tedesco e bisogna chiedersi perchè il terzo grande paese come l’Italia sia fuori dalla porta ad aspettare che Sarkozy e Merkel si mettano d’accordo. La credibilità  dell’Italia è sotto zero».
«Temo che andremo a votare con questa legge elettorale che ha un difetto di fondo: l’elettore non sceglie il parlamentare, ma solo lo schieramento e il leader. Con il risultato che molti parlamentari sono insensibili a ciò che accade nella realtà », ha detto Fini.
Proprio una nuova legge elettorale sarebbe una delle prime cose che dovrebbe fare un nuovo governo: «Non penso a un ribaltone – ha detto – il Pdl ha tutto diritto di far parte della maggioranza di un nuovo governo con un nuovo presidente del Consiglio per fare 2-3 cose, non di più e chiedere alle altre forze politiche di sostenerlo. E tra queste c’è una legge elettorale che ridà  all’elettore la scelta del parlamentare”

Nicoletta Cottone

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IL BOTTINO NASCOSTO DI GHEDDAFI, SOTTRATTO AL POPOLO LIBICO: DUECENTO MILIARDI DI DOLLARI IN ORO E AZIONI

Ottobre 23rd, 2011 Riccardo Fucile

IMMENSE RISORSE NASCOSTE ALL’ESTERO: TRIPOLI RIAVRA’ I BENI “CONGELATI” IN OCCIDENTE, NON QUELLI DEI PAESI AFRICANI…IL PATRIMONIO A DISPOSIZIONE DEL RAIS ERA PARI A 30.000 DOLLARI PER OGNI LIBICO

Duecento miliardi di dollari. È questo il “tesoro” che Muammar Gheddafi aveva nascosto nel corso degli anni (e soprattutto degli ultimi mesi) all’estero per garantirsi un futuro.
Le cose sono andate diversamente, il raìs, ucciso a sangue freddo dopo essere stato catturato, non potrà  più disporre di quella straordinaria ricchezza accumulata in 42 anni di dittatura.
Ma il “tesoro” rimane e su queste “spoglie” del nemico è iniziata un’altra battaglia.
Che verrà  combattuta non con i kalashnikov dei ribelli, ma usando controverse leggi internazionali, avvocati, banche occidentali, regimi africani.
Duecento miliardi di dollari, quasi il doppio di quanto si fosse finora pensato.
A rivelarlo (al Los Angeles Times) è stato un funzionario libico che ha potuto analizzare i documenti finanziari del dittatore: conti bancari, proprietà , azioni, oro, contanti.
Duecento miliardi di dollari che equivalgono a circa trentamila dollari a testa per ogni cittadino libico, depositati all’estero mentre, come ha commentato un leader del governo provvisorio «i libici chiedevano i soldi necessari per scuole ed ospedali».
La primavera scorsa, dopo l’inizio dei bombardamenti Nato su Tripoli, il governo americano aveva “congelato” 37 miliardi di dollari che il Colonnello aveva investito negli Stati Uniti.
A seguire anche Francia, Italia, Germania e Gran Bretagna avevano congelato le ricchezze di Gheddafi in Europa (per altri 30 miliardi di dollari circa).
In Italia il leader libico aveva investito circa cinque miliardi di dollari con partecipazioni in Unicredit (7,5 per cento), Eni (2), Juventus (7,5), Fiat (2) e Finmeccanica (2).
Durante i primi mesi della rivolta armata, che da Bengasi ha condotto i ribelli fino alla conquista di Tripoli, sia i leader del Cnt che quelli occidentali erano convinti che altri trenta/trentadue miliardi di dollari (per un totale di cento) fossero nascosti in paesi del medio oriente, del sudest asiatico e in quei paesi africani (come il Ciad, il Niger e il Mali) che erano di fatto a “libro-paga” del dittatore libico.
Nessuno poteva però immaginare che la cifra reale fosse quasi il doppio.
Gran parte di questa ricchezza si trova sotto la copertura di istituzioni governative, come la Banca centrale di Libia, la Libyan Investment Authority, la Libyan Foreign Bank, la Libyan National Oil Corp e il Libya African Investment Portfolio, ma Gheddafi e la sua famiglia erano in grado di accedere liberamente a questi fondi come e quando volevano.
Inoltre il raìs aveva accumulato in Libia, nascosto negli inattaccabili (allora) bunker di Tripoli, un tesoro in oro e contanti, in buona parte usato in questi mesi di guerra per comprare armi, pagare mercenari, trattenere a Tripoli dignitari tentati dalla fuga all’estero e anche per mantenere quel livello di vita da miliardari che la famiglia Gheddafi non si era fatta mai mancare (fino alla caduta di Tripoli dell’agosto scorso).
“Pecunia non olet”, per le banche e le compagnie occidentali fare affari con Gheddafi non era mai stato un problema, neanche nei momenti di maggior tensione tra il raìs e l’occidente come Lockerbie.
Era lui caso mai che si vendicava nel caso in un paese fosse stato fatto qualche “torto” ai suoi familiari.
È il caso della Svizzera, punita quando uno dei figli di Gheddafi venne arrestato a Ginevra per aver picchiato selvaggiamente due domestici.
Per vendicare l’affronto il leader libico decise di trasferire quasi tutti i suoi “asset” svizzeri in una banca portoghese, la Caixa Geral de Depositos.
Un miliardo e trecento milioni di dollari, che oggi rischiano di far fallire la banca portoghese.
Per la “nuova Libia” e i suoi dirigenti non sarà  facile recuperare questo immensa ricchezza che Gheddafi ha depredato al suo popolo in quattro decenni. I regimi africani più legati al dittatore ucciso non hanno finora congelato i suoi beni e sembrano propensi a restituirli alla famiglia (in parte) e ad usarli per la propria economia.
Stati Uniti ed Europa hanno garantito che restituiranno tutto al nuovo legittimo governo, ma per il momento nelle casse esangui del Cnt sono rientrati solo 700 milioni di dollari.

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I MARONIANI SI RITROVANO A BUGUGGIATE PER IL “PRANZO DEGLI ERETICI”

Ottobre 23rd, 2011 Riccardo Fucile

I DISSIDENTI DEL CARROCCIO, VICINI AL MINISTRO DEGLI INTERNI, SI SONO DATI APPUNTAMENTO SULLE RIVE DEL LAGO DI VARESE…ALLA RICERCA DI UNA STRATEGIA PER ROMPERE IL CERCHIO MAGICO STRETTO INTORNO A BOSSI

Un pranzo di eretici sulle rive del lago di Varese per contarsi e decidere una linea condivisa.
Circa duecento militanti del Carroccio di fede maroniani si sono trovati (a porte chiuse) per affrontare la difficile situazione interna al partito.
Quelle appena trascorse sono state settimane difficili per i leghisti, giorni in cui il livello dello scontro tra le varie fazioni ha raggiunto picchi prima inimmaginabili.
I mal di pancia esplosi lo scorso 9 ottobre dopo la nomina di Maurilio Canton, nuovo segretario provinciale di Varese imposto direttamente da Umberto Bossi, stanno contagiando anche altre province padane.
C’è stata un’accesissima riunione della circoscrizione di Dalmine (Bergamo) durante la quale lo stesso deputato maroniano Giacomo Stucchi (candidato come capogruppo alla Camera al posto del bossiano Marco Reguzzoni) avrebbe faticato non poco a tenere a bada la rabbia e la foga dei militanti, che hanno chiesto a gran voce di passare all’azione e rovesciare il gruppo di potere che sta controllando il partito.
Il clima, al pranzo di domenica, per chi conosce gli eventi e la liturgia leghista, è stato surreale.
Dentro e fuori dalla sala non c’era nessuna bandiera di partito.
Niente corna nè gadget.
Nella grande struttura dell’area feste di Buguggiate c’era un unico simbolo: la foto di Jim Morrison, appesa alla porta e incollata sul banchetto delle sottoscrizioni.
Diventata a simbolo degli eretici da quando Alessandro Vedani ha usato una frase del leader dei Doors davanti alla platea del congresso provinciale di due settimane fa: “È meglio alzare la testa e morire che vivere strisciando”. Vedani a Buguggiate è il padrone di casa.
È lui a riassumere i contenuti e il senso del pranzo maroniano: “È stata una giornata goliardica — ha detto — il pranzo degli eretici, dei nominati, una cosa simpatica. Sono stati fatti interventi concilianti, dicendo che in questo momento c’è bisogno di abbassare i toni e di fare blocco perchè prevalga la ragionevolezza”.
Vedani è poi tornato a battere il chiodo sul gruppo di potere che ruota attorno al Senatùr e che ne determinerebbe le decisioni. “C’è una lobby interna, una corrente, quella che fa capo al capogruppo alla Camera che oggettivamente racconta tutta una serie di cose che lasciano veramente esterrefatti, che non corrispondono alla realtà ”.
Il gruppo degli eretici ha poi rinnovato l’assoluta fiducia nel segretario federale, confidando che “la si smetta con questo clima di caccia alle streghe” perchè “oggi noi vogliamo abbassare i toni e non raccogliere provocazioni”. Le provocazioni, in effetti, non sono mancate e probabilmente non mancheranno anche nei prossimi mesi: “Reagire darebbe solo man forte a chi vuol far passare l’immagine di un gruppo di persone che vogliono male al Capo. E invece noi sosteniamo che chi sta intorno a Bossi non vuole il suo bene. Tutto lì, non vuole il suo bene e lo sovraespone, come ne ha sovraesposto i figli (di Umberto Bossi, ndr)”.
Insomma in discussione non è il Capo.
Ma Reguzzoni, Rosy Mauro, Manuela Marrone e gli uomini del fantomatico cerchio magico.
I maroniani vogliono scardinare questo assedio al Senatùr.
“È arrivato il tempo dell’azione contro l’arroganza — sostengono alcuni militanti ai tavoli del pranzo degli eretici — non ce la facciamo veramente più, è ora di andare a congresso”.
Perchè adesso, dopo la nomina dei segretari provinciali, tocca al regionale.
In Lombardia la carica è oggi affidata a Giancarlo Giorgetti.
Ma l’obiettivo del marchio magico è sostituirlo con qualcuno di più fedele al Capo e controllabile da Mauro e Reguzzoni.
Il congresso regionale potrebbe già  svolgersi ma via Bellerio rimanda la convocazione.
Oggi il rischio è troppo alto, in gioco c’è la tenuta del partito.
Ma le elezioni sono sempre più vicine e la Lega deve presentarsi unita. Almeno in apparenza.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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TRA I COMPAGNI DI MERENDA DI SILVIO NON C’E’ SOLO LATITANTE LAVITOLA, MA ANCHE ANNA MARIA BERNINI

Ottobre 23rd, 2011 Riccardo Fucile

E’ MINISTRO PER LE POLITICHE COMUNITARIE DA QUATTRO MESI, MA A BRUXELLES SI E’ VISTA SOLO UNA VOLTA PER TRE ORE… IN COMPENSO NON MANCA MAI ALLA CAMERA QUANDO DEVE VOTARE IL VOTO DI FIDUCIA

Bruxelles: ministro per le politiche comunitarie non pervenuto.
O meglio, non pervenuta.
Anna Maria Bernini, il neo ministro con la delega agli affari che riguardano la comunità  europea, nominata lo scorso luglio dopo che il ministero era rimasto vacante per otto mesi, sarebbe un personaggio ancora totalmente sconosciuto dalle parti di Bruxelles.
A denunciarlo è l’europarlamentare del Partito democratico ed ex conduttore di punta del Tg1, David Sassoli.
“Dal 28 luglio, quando è stata nominata, questo ministro è venuto a Bruxelles un giorno, per tre ore. Invece — ha concluso l’europarlamentare — vedo che per l’ultimo voto di fiducia a Berlusconi non mancava”.
“Da quando ha assunto l’incarico — ha spiegato Sassoli a ilfattoquotidiano.it, a margine dell’evento — non si è nemmeno presentata, non ha mai incontrato gli europarlamentari italiani, nemmeno quelli del suo partito, il Pdl”.
L’unica occasione per il ministro Bernini di presentarsi nelle sedi europee di Bruxelles e Strasburgo sarebbe stato il 29 settembre scorso, in occasione del Consiglio Competitività , una delle nove formazioni del Consiglio dei ministri dell’Unione Europea. Nient’altro.
La latitanza sarebbe ancor più grave in un periodo in cui a Bruxelles si stanno decidendo i destini del nostro Paese.
“Prima di lei siamo stati in Europa otto mesi senza ministro. Ma dove deve vivere il nostro ministro delle politiche comunitarie in un momento in cui il nostro Paese è in così grave difficoltà ?”
La nomina a ministro della Bernini in effetti arrivava dopo otto mesi dalle dimissioni di Andrea Ronchi. Ronchi, a novembre dello scorso anno aveva lasciato l’incarico dopo la scissione di Gianfranco Fini (ora l’ex ministro è già  tornato all’ovile berlusconiano).
Fino a luglio, nonostante il ruolo chiave per i destini del Paese che riveste questo dipartimento (in passato guidato da Enrico Letta, Rocco Buttiglione, Emma Bonino), la poltrona di ministro era rimasta vuota.
Poi a luglio la nomina della avvocatessa e docente di diritto bolognese. “
Da quando è stata nominata — l’accusa di Sassoli- è stata una volta sola al consiglio ma mai al parlamento di Strasburgo o alla Commissione. Non la conosce nessuno”.
L’avvocato Anna Maria Bernini, classe 1965, è figlia d’arte.
Suo padre, Giorgio Bernini, è stato Ministro per il commercio estero nel primo governo Berlusconi del 1994.
La giovane avvocatessa bolognese ha percorso velocemente il cursus honorum all’interno del Pdl. Eletta alla Camera dei Deputati nel 2008, in quota Alleanza Nazionale, è entrata presto nelle attenzioni dei vertici del partito: giovane e preparata (è docente di diritto all’Università  di Bologna), la difesa del premier sempre pronta, nel 2010 è la candidata del Pdl a sfidare alle regionali dell’Emilia Romagna il presidente Pd Vasco Errani.
La candidata berlusconiana non arriva neppure al 40 % dei consensi, ma si ritaglia uno spazio sempre maggiore all’interno dell’estabilishment.
Anche perchè, al momento dell’addio di Fini, lei decide di restare fedele al Cavaliere.
E presto viene ricompensata.
Tuttavia, dal momento della sua nomina a luglio il suo nome è rimasto molto all’oscuro. “In queste settimane si prepara il bilancio europeo. Oggi la crisi è che europea — lamenta David Sassoli — lì sono i tavoli e lì si deve fare lobby nazionale. L’Europa ormai non è più politica estera, è politica interna, e quello che succede lì si ripercuote sui nostri bilanci nazionali”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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CRISI, ULTIMATUM EUROPEO ALL’ITALIA E A BERLUSCONI: “ASPETTIAMO RISPOSTE ENTRO TRE GIORNI”

Ottobre 23rd, 2011 Riccardo Fucile

QUANDO I GIORNALISTI PARLANO DI FIDUCIA AL PREMIER, LA MERKEL E SARKOZY SORRIDONO E LA SALA STAMPA ESPLODE IN UNA RISATA… IL CAPOCOMICO HA SPUTTANATO L’ITALIA NEL MONDO

Sarkozy freddo verso Berlusconi: “Fiducia in lui? Nelle istituzioni italiane”.
E mette sullo stesso piano Roma e Atene.
Merkel: “Abbiamo fatto presente che serve senso di responsabilità  sulle misure di debito e crescita”
Più che le parole di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel sono gli sguardi imbarazzati, i sorrisi non trattenuti, a rendere realmente ciò che pensano i leader Europei di Silvio Berlusconi. Pochi secondi di video della conferenza stampa conclusiva del vertice dei 27 Capi di Stato dell’Unione Europea a Bruxelles, valgono più di qualsiasi dichiarazione ufficiale.
Quando i giornalisti chiedono a Sarkozy e Merkel se sono stati rassicurati dal Presidente del Consiglio italiano, tra il presidente francese e la cancelliera ci sono stati sguardi e sorrisi imbarazzati.
Qualche secondo di silenzio, poi le parole. Anche queste di certo non diplomatiche.
”Io e la cancelliera Merkel abbiamo incontrato Berlusconi e Papandreou per ricordargli le responsabilità  che hanno e le decisioni che devono prendere”, ha detto Sarkozy.
Mentre Merkel ha più diplomaticamente affermato: “Berlusconi è il nostro interlocutore”. Ma l’Italia ha tempo “fino a mercoledì” per trovare risposte concrete alla crisi, ha puntualizzato il presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy.
Sarkozy, insieme alla cancelliera Merkel, ha illustrato i lavori svolti e i risultati raggiunti. I due hanno sottolineato come la Spagna sia “uscita dalla prima linea”, mentre per la prima volta l’Italia è stata messa sullo stesso piano della Grecia.
“All’Italia abbiamo ricordato che è importante fare tutto il necessario per mostrare senso di responsabilità , prendendo provvedimenti sia sul fronte del debito che su quello della crescita”, ha detto Merkel sostenendo di essere fiduciosa al termine dell’incontro con il Cavaliere. Di altro avviso è apparso Sarkozy.
Alla domanda se si sente rassicurato da Berlusconi, il presidente francese ha volto lo sguardo ad Angela Merkel poi, dopo un profondo respiro, ha risposto ai giornalisti: “Siamo stati fino adesso nella stessa riunione. Abbiamo fiducia nel senso di responsabilità  dell’insieme delle istituzioni, sociali, politiche e economiche italiane. Abbiamo fiducia nell’insieme delle autorità  italiane, nelle istituzioni politiche, economiche e finanziarie del paese”.
Insomma l’Italia è stata bocciata.
E addirittura messa sul medesimo piano della Grecia.
Eppure Berlusconi stamani si era detto più che sereno. “Ma che domande mi fate?”, aveva ribattuto quasi scandalizzato a chi gli chiedeva un pronostico sull’esame che l’Ue si accingeva a fare all’Italia e ai suoi conti pubblici, alle sue strategie per fronteggiare la crisi internazionale.
Il presidente del Consiglio, lasciando il Conrad per recarsi all’incontro con Van Rompuy e Barroso, conferma il suo ottimismo: “Ma certo — dice ai cronisti — io non sono mai stato bocciato in vita mia“.
Ormai lo boccia il 65% degli italiani.

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COMPRANO DEPUTATI E NESSUNO FIATA

Ottobre 23rd, 2011 Riccardo Fucile

MERCATO PARLAMENTO: DI FRONTE ALLE DENUNCE CIRCOSTANZIATE DI TRE DEPUTATI, OGGETTO DELLE ATTENZIONI DI CORRUTTORI, LA PROCURA DELLE NEBBIE FA FINTA DI NULLA

La vera novità  è che della compravendita dei parlamentari non gliene frega niente a nessuno. Certo, lo sanno tutti che a tenere in piedi il governo Berlusconi sono quei due o tre voti di maggioranza acquistati grazie al mercatino controllato dal presidente del Consiglio.
Ma se non uno, ma tre deputati di Fli (gli onorevoli Di Biagio, Muro e Conte) interpellati dalla nostra Sandra Amurri denunciano di essere stati avvicinati dall’addetto alla bisogna Verdini che offriva “cinque cose” in cambio del loro voto, ci si aspetterebbe una qualche reazione da parte della magistratura e delle supreme istituzioni della Repubblica.
E invece niente, silenzio di tomba.
Bruno Tinti ci ha spiegato che se alcuni parlamentari passano dall’opposizione alla maggioranza, perchè gli sono stati promessi soldi o cariche pubbliche, “non ci piove, si tratta di corruzione, prigione da 2 a 5 anni”.
Visto che i diretti interessati hanno già  testimoniato con dovizia di particolari la ripetuta tentata corruzione, la domanda è: cosa aspetta la Procura di Roma a convocare gli onorevoli Di Biagio, Muro, Conte e, naturalmente, l’uomo dei cinque desideri per accertare l’esistenza di un reato gravissimo come la corruzione di pubblici ufficiali (i parlamentari lo sono).
Ma a piazzale Clodio tutto tace.
Quegli uffici un tempo erano chiamati il porto delle nebbie per la frequenza con cui i fascicoli più scottanti misteriosamente venivano insabbiati.
Adesso se ne dimenticano e basta, come è successo alla denuncia presentata da Di Pietro dopo il voto di fiducia del 14 dicembre (quello di Scilipoti, per intenderci).
Quanto alle più alte istituzioni , l’unico fremito registrato è il sorriso del presidente della Camera Fini nell’assistere lo scorso 19 ottobre all’aggressione verbale di Verdini che sotto i suoi occhi ha dato del “pezzo di merda” al collega Di Biagio colpevole di non aver mantenuto un silenzio omertoso sul mercatino.
Per il resto, dai più alti colli di Roma nessun monito, calma piatta.
Strano, non ci risulta che comprare i deputati sia previsto dalla Costituzione.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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EUROVERGOGNA: LA MERKEL CHIAMA NAPOLITANO PER NON PARLARE A BERLUSCONI

Ottobre 23rd, 2011 Riccardo Fucile

BERLUSCONI ALLA UE SENZA IDEE ANTI-CRISI SNOBBATO DAGLI ALTRI LEADER EUROPEI…SARKOZY INFURIATO PER LA PROMESSA NON MANTENUTA DELLE DIMISSIONI DI BINI SMAGHI

Lui proprio non voleva incontrarla, lei di sicuro non era felice di trovarselo di fronte.
Alla fine, però, è successo. Silvio Berlusconi e Angela Merkel si sono incrociati dopo una cena del Partito popolare europeo, a Bruxelles, giusto un fugace contatto, non certo un vertice ufficiale che Berlino non voleva e Roma temeva.
Silvio Berlusconi non è mai stato tanto nei guai in Europa come oggi, stritolato in una violenta morsa franco-tedesca.
Ma, stando alle agenzie stampa Agi e Adn, ha sostenuto “di averla convinta”.
Di cosa? I guai del Cavaliere sono troppi.
La prima ragione di imbarazzo sono le famose intercettazioni telefoniche mai trascritte, ma rilanciate dalla stampa (anche tedesca) proprio sulla Merkel . E considerate da tutti se non vere almeno credibili.
Anche prima di averlo davanti, la Merkel ha fatto capire in quale considerazione tenga il premier.
Due giorni fa, per informarsi sulla situazione italiana, ha chiamato direttamente il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e lo stesso ha fatto il premier lussemburghese Jean-Claude Junker, che da presidente dell’Eurogruppo è il vero regista della reazione alla crisi del debito.
Secondo quanto risulta al Fatto, la Merkel non ha commentato la (presunta) intercettazione. Ma come rivelato con grande enfasi dal Corriere della Sera di ieri, la cancelliera ha sottoposto a Napolitano tutte le perplessità  che ci sono a Bruxelles e a Francoforte, sede della Bce, sul reale impegno dell’Italia nel risanamento contabile .
Quello che il governo considera già  raggiunto, nonostante ci sia grande incertezza su almeno metà  dei 60 miliardi di correzione previsti dalla manovra estiva.
Non bastasse questo ceffone diplomatico, ieri la Merkel ha mandato un messaggio ancora più esplicito.
Parlando davanti alle giovanili della sua Cdu, Angela Merkel ha detto che tutte le misure europee serviranno a poco per i Paesi in difficoltà  “se non faranno niente con i loro bilanci, se continueranno ad avere indebitamenti pari al 120 per cento del Pil come l’Italia”.
Palazzo Chigi aveva provato nei giorni scorsi a rassicurare i partner europei su questo punto: il risanamento dei conti è un po’ ballerino, ma sono in arrivo portentose misure per la crescita che faranno schizzare il Pil, nel famoso decreto Sviluppo che dovrebbe dare all’Italia la “frustata” promessa da tre anni.
Invece il Cavaliere arriva al Consiglio europeo di oggi a mani completamente vuote: non è stato capace neppure di approvare il solito provvedimento a costo zero, dove le buone intenzioni non compensano mai l’assenza di denari.
Non ha neanche il condono (che ora si chiama “concordato fiscale”), mai andato oltre il dibattito sulla stampa.
Il ministro del Tesoro Giulio Tremonti ha cercato di riempire il vuoto di contenuti inventandosi un creativo piano “Eurosud”, che ha discusso ieri con il presidente della Commissione Ue Josè Barroso.
Niente di concreto, ovviamente — giusto una proposta di rivedere le procedure di utilizzo dei fondi europei nel Mezzogiorno — ma buono per riempire i titoli dei giornali ed evitare l’impressione di un immobilismo totale del governo dal lato della crescita.
Anche l’altro cardine del traballante direttorio europeo, la Francia, è pronto a presentare a Berlusconi il conto di promesse non mantenute.
L’irritazione di Nicolas Sarkozy è stata finora contenuta soltanto dalla distanza fisica e dalla gioia della paternità .
Ma adesso, a quattr’occhi, potrà  finalmente chiedere al Cavaliere perchè diavolo Lorenzo Bini Smaghi non si sia ancora dimesso dal comitato direttivo della Banca centrale europea per lasciare spazio a un francese dopo la fine del mandato di Jean-Claude Trichet (sostituito alla presidenza Bce da Mario Draghi).
Berlusconi lo aveva promesso a Sarkozy già  ad aprile, in cambio dell’appoggio francese al nome di Draghi.
Chi ha parlato con il banchiere italiano lo racconta amareggiato, deluso perchè Berlusconi non ha mantenuto la promessa (l’ennesima) di farlo diventare governatore della Banca d’Italia.
Alla fine ha prevalso Ignazio Visco e ora Bini Smaghi non ha più poltrone alternative a disposizione, se non quella di direttore generale del Tesoro dove pare Tremonti lo vedrebbe bene al posto di Vittorio Grilli, altro candidato deluso a Bankitalia.
Dopo essersi addirittura paragonato a Tommaso Moro, ghigliottinato per la troppa indipendenza dal sovrano, ora Bini Smaghi sembra intenzionato a calarsi fino in fondo nel ruolo di banchiere centrale che risponde solo a Francoforte, non certo a Roma.
Berlusconi si potrebbe anche rassegnare, ma non certo Sarkozy che nell’anno elettorale non può tollerare di vedere due italiani e nessun francese al vertice dell’unica istituzione europea che conta, la Bce.
E oggi il presidente francese insisterà  per le dimissioni di Bini Smaghi.
Ma il guaio diplomatico, per Berlusconi, ormai è senza rimedio.

Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LEGA, SPUNTA L’ELENCO DEI DEPUTATI “ERETICI’ E TOSI SFIDA BOSSI: “RIFARO’ LA MIA LISTA CIVICA”

Ottobre 23rd, 2011 Riccardo Fucile

REGUZZONI SOSPETTATO DI AVER INDICATO 12 DEPUTATI DELL’AREA MARONI DA NON RICANDIDARE…IN ATTO ESPULSIONI A RAFFICA AD OPERA DEL CERCHIO MAGICO: 30 SOLO IN VENETO

Espulsioni a raffica nella Lega. Gìà  decretate come in Veneto, almeno una trentina. O in via di perfezionamento come in Brianza, dove contro il sindaco di Macherio Giancarlo Porta, colpevole di aver di aver criticato Berlusconi e i vertici del Carroccio («la tenaglia ricattatrice del premier ci sta portando alla deriva»), il direttivo della sezione ha chiesto di prendere «provvedimenti disciplinari».
E poi liste di proscrizione per far fuori, quando sarà  il momento delle elezioni, ì più “visibili” tra i parlamentari filo-Maroni.
L`ultima indiscrezione mette sotto accusa il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, che avrebbe stilato un elenco di dodici deputati “eretici”.
In testa i lombardi Giacomo Stucchi, Davide Capanni, Gianni Fava, poi qualche veneto tra cui Matteo Bragantini, vicino al sindaco di Verona Flavio Tosi.
Secondo voci ne fa   parte pure il segretario della Lega lombarda Giancarlo Giorgetti e il romagnolo Gianluca Pini. Tutti “amici” del titolare del Viminale.
Un altro snodo del sempre più aspro confronto interno resta Verona.
Qui in primavera si vota per il sindaco.
L`uscente Flavio Tosi, il maroniano che nonostante i divieti continua a sostenere la linea del «molliamo Silvio prima di andare a fondo», è sempre più nel mirino dei super-bossiani.
Vorrebbero impedirgli con tutti i mezzi di presentare alle comunali di Verona una lista con il suo nome: alleata, ma distinta dal Carroccio.
Lo aveva già  fatto nel 2007, e con risultati più che discreti: oltre il 16 per cento, qualcosina in più di Forza Italia e parecchio più della Lega, che si era fermata al 12.
Nei giorni scorsi Bossi, cedendo alle pressioni deifedelissimi, lo aveva pesantemente insultato, salvo poi concedere che non l`avrebbe buttato fuori: Anzi lo aspettava lunedi: il sindaco ribelle è a New York, trasferta istituzionale, e rientrerà  solo mercoledì prossimo.
Ma sulla lista non ha alcun dubbio: la farà , e non importa quel che pensa il Capo.
«È una decìsìone non negoziabile-spiegano i collaboratori di Tosi – e neppure la minaccia di espulsione può fargli cambiare idea».
Cedere, come vogliono quelli del cosiddetto “Cerchio magico” attorno a Bossi, significherebbe rinunciare a raccogliere i voti di chi, anche a sinistra, sarebbe disposto a votare per il sindaco, ma mai per un partito della coalizione. E anche a fare un bel dispetto al Pdl, a cui Tosi è sicuro di sottrarre non pochi consensi con la sua lista.
Questo il clima incandescente che precede l`atteso incontro tra Bossi e il sindaco di Verona.
Clima da resa dei conti, come indica l`ondata di espulsioni che sta interessando soprattutto il Veneto, dove il segretario Gianpaolo Gobbo è ai ferri corti con Tosi, che ha già  vinto vinciali e si prepara a scalare la segreteria della Liga Veneta.
Ad Arzignano, nel Vicentino, sono già  stati cacciati l`assessore all`urbanistica e un consigliere comunale, Umberto Zanella e Guglielmo Dal Ceredo, considerati uomini di Tosi.
Come l`ex assessore provinciale di Venezia Massimiliano Malaspina, il primo a essere espulso.
Che proprio ieri ha denunciato altre 17 «epurazioni» nella sezione di Chioggia.
In alcuni casi di tratta di espulsione, in altri dì declassamento degli “eretici” da militanti a semplici sostenitori.
«La sostanza non cambia-taglia corto Malaspina-il declassamento impedisce di votare ai congressi, è chiaro che Gobbo in questo modo tenta di falsare i risultati».

(da “La Repubblica“)

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“SE LA LEGA VOTA LA PRESCRIZIONE BREVE SARA’ RIVOLTA”: LA BASE PADANA SI ORGANIZZA SU FACEBOOK

Ottobre 23rd, 2011 Riccardo Fucile

I MILITANTI PRONTI A RIUNIRSI A VERONA SE LA LEGA DOVESSE RENDERSI COMPLICE DELL’ENNESIMA LEGGE AD PERSONAM… UNA PAGINA APERTA DA MARTINA FIORE ATTACCA FRONTALMENTE BOSSI, MA DIETRO POTREBBE ESSERCI UN NOME DI PESO, PRONTO A GUIDARE LA FRONDA: FLAVIO TOSI

Se la Lega dovesse votare in parlamento a favore della “prescrizione breve”, i dissidenti del Carroccio sarebbero pronti a venire allo scoperto.
C’è già  un luogo per la riunione, “se lo scempio dovesse essere portato a compimento”: l’hotel Holiday Inn di San Martino Buon Albergo, in provincia di Verona.
Manca solo la data, dettata appunto dall’eventuale voto sul provvedimento che la Commissione giustizia del Senato ha appena dovuto accantonare per l’ostruzionismo dell’opposizione.
Ora il testo potrebbe approdare direttamente in aula.
L’ennesima legge ad personam per salvare Silvio Berlusconi dai suoi guai giudiziari, ma questa volta un sì del Carroccio potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso del malcontento della base.
La rivolta corre su Facebook, nella pagina di Martina Fiore: viso nascosto da maschera in stile Casanova, dito sulle labbra a simulare il silenzio imposto dai vertici del partito a qualunque dissidenza interna.
Ma un rapido giro tra qualche fonte bene informata conferma che dietro lo schermo virtuale c’è una fronda reale.
Che sarebbe ispirata proprio dal sindaco di Verona, Flavio Tosi, portabandiera della rottura con Berlusconi. Il quale tra l’altro non avrebbe alcuna intenzione di dimenticare l’insulto che gli ha rivolto Umberto Bossi (“stronzo”).
“No all’alleanza con Berlusconi”, scrive Martina Fiore in una nota su Facebook, “è un movimento spontaneo che nasce all’interno della Lega nord e che riunisce tutti i leghisti che ne hanno i maroni pieni” di accompagnarsi al Cavaliere.
E il termine “maroni” non può non far pensare al ministro dell’Interno Roberto Maroni, che tra l’altro ieri ha ammesso che sulle divisioni interne alla Lega “qualcosa di vero c’è”.
Continua Martina: “Siamo in maggioranza, siamo tantissimi, ma vogliamo arrivare fino in fondo, quindi onde evitare purghe ed epurazioni da questo momento comunicherò solo attraverso messaggi Facebook”, quelli privati per intenderci.
Infine l’appello: “Tenetevi pronti, qualora fossimo trascinati in ulteriori situazioni che nuociono al futuro della Lega Nord” scatterebbe l’appuntamento all’Holiday Inn.
In primo luogo “se la Lega dovesse votare al Senato a favore della prescrizione breve per salvare Berlusconi dai suoi processi”.
La pagina conta 193 amici e molti commenti favorevoli da diverse città  venete.
Gli ultimi post toccano nel vivo i fallimenti del Grande Capo.
Una foto di Umberto Bossi in cannottiera correda la notizia sulla nomina di Ignazio Visco al vertice di Bankitalia: “Bossi vuole Grilli di Milano, gli rifilano Visco napoletano verace. Che figura, non ne indovina più una”.
E giù riferimenti ad altre vicende imbarazzanti, come i presunti “ministeri” aperti a Monza.
Non ne esce meglio Silvio Berlusconi, quando Martina ironizza sui “valori” espressi dai leghisti che in parlamento hanno votato “per darci a intendere che Berlusconi ha telefonato alla questura di Milano per aiutare Ruby Rubacuori nipote di Mubarak ?”.
O forse di quei valori “egregiamente espressi” salvando Marco Milanese o “Saverio Romano, ministro accusato di collusione con la mafia, dalla sfiducia”.
Infine, un post che prende energicamente le difese di Tosi offeso da Bossi: “Bossi non sopporta più Flavio Tosi, sindaco di Verona,   perchè è apertamente contrario all’alleanza con Berlusconi. Ha ragione Tosi oppure Bossi ? E se continuando di questo passo Tosi se ne va e si porta dietro mezzo Veneto, che fina farà  la Lega di Bossi ? Perchè Bossi si ostina a tenere in piedi questa schifosa alleanza con B. contro la volontà  della stragrande maggioranza della base leghista? Cosa c’è sotto? Affari? Denaro? Cos’è che ci viene nascosto? Che parte ha il cerchio magico in tutto questo?”.

argomento: Bossi, denuncia, Giustizia, governo, la casta, LegaNord | Commenta »

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