Novembre 15th, 2011 Riccardo Fucile
IL PREFETTO, CANDIDATO AGLI INTERNI, SE LA GIOCA CON LA CANCELLIERI… ALL’ISTRUZIONE SALGONO LE QUOTAZIONI DI PROFUMO (CNR) E ALLA GIUSTIZIA QUELLE DI LIVIA POMODORO
C’è anche il nome del prefetto Alessandro Pansa per gli Interni, oltre alla candidatura di Anna Maria Cancellieri.
Nell’elenco fatto dall’Agi delle possibili novità nei ministeri, si fa sempre più strada l’ipotesi di un interim dello stesso Mario Monti all’Economia, che porterebbe alla nomina di quattro viceministri a Bilancio, Tesoro, Finanze e Partecipazioni statali.
Per l’Istruzione, il rettore della Cattolica Lorenzo Ornaghi è in calo, mentre salgono le quotazioni di Francesco Profumo, presidente del Cnr e in seconda fila di Marco Mancini presidente della Conferenza dei rettori delle Università italiane.
Per quanto riguarda la Giustizia il nodo è aperto: il Pd ha chiesto forti garanzie di equilibrio e oltre a questo pesa la necessità di un’adeguata presenza femminile nel governo; dunque oltre ai nomi di Piero Alberto Capotosti o Cesare Mirabelli, si fanno anche quelli di Livia Pomodoro (presidente del Tribunale di Milano, sulla quale il Pdl ha escluso veti ) e di Paola Severino.
Per la Funzione Pubblica Luisa Torchia (anche se non ci sarebbe il gradimento di Brunetta), Antonio Malaschini ai Rapporti con il Parlamento, Corrado Clini all’Ambiente, Rolando Mosca Moschini alla Difesa, Salvatore Settis ai Beni culturali, Carlo Secchi allo Sviluppo Economico.
Un’altra casella su cui il Pd chiede di dire la sua, senza avanzare candidature, è quella del Welfare (il ministero dovrebbe essere accorpato con quello della Sanità ), dove finora si era parlato di Carlo Dell’Aringa.
Al ministero degli Esteri potrebbe andare Giuliano Amato, visto che Mario Monti insisterebbe su una figura ‘forte’ sul piano internazionale.
Nei giorni scorsi erano circolate anche le candidature di Giampiero Massolo, Gianni Castellaneta e dell’ambasciatore Giancarlo Aragona.
Alle Infrastrutture potrebbe andare Antonio Catricalà .
Stamani Monti presenterà la squadra a Giorgio Napolitano.
Non è escluso che in un secondo momento possano esserci nuovi ingressi politici.
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Novembre 15th, 2011 Riccardo Fucile
FACENDOSI SCUDO DELL’IMMUNITA’ PARLAMENTARE, AVEVA PORTATO VIA UN PC DURANTE UNA PERQUISIZIONE DELLA GDF NELL’UFFICIO DEL TITOLARE DI ATLANTIS, FRANCESCO CORALLO, ACCUSATO DI FALSA ATTESTAZIONE DI GENERALITA’ E QUALIFICA
Favoreggiamento. Con questa accusa i pm di Milano Roberto Pellicano e Mauro Clerici stanno
valutando l’iscrizione nel registro degli indagati del deputato del Pdl e membro della Commissione Antimafia Amedeo Laboccetta che, il 10 novembre scorso, aveva portato via un computer rivendicandone la proprietà durante la perquisizione della Guardia di Finanza nell’ufficio/abitazione in piazza di Spagna a Roma di Francesco Corallo, patron della società Bplus Atlantis.
Da quanto si è saputo, i pm dopo una riunione con il procuratore aggiunto Francesco Greco, nei prossimi giorni dovrebbero inviare alla Giunta per le autorizzazioni l’istanza di sequestro del pc che settimana scorsa la Guardia di Finanza non ha potuto acquisire.
Due le accuse anche per Corallo: falsa attestazione a un pubblico ufficiale di identità o qualità personali (art. 495 cp), come rivela l’agenzia di stampa Agi. Il titolare della Bplus Atlantis infatti — perquisito nell’ambito dell’inchiesta sulla Banca popolare di Milano (Bpm) che vede indagato l’ex presidente Massimo Ponzellini e il suo braccio destro Antonio Cannalire per associazione a delinquere e ostacolo all’attività di vigilanza (leggi) — aveva cercato di impedire la perquisizione del suo ufficio affermando di essere ambasciatore presso la Fao per conto del Commonwealth di Dominica e quindi di godere dell’immunità diplomatica.
Circostanza, questa, smentita dalla stessa organizzazione dell’Onu che si occupa di cibo e agricoltura.
Ieri infatti la Guardia di Finanza ha acquisito al ministero degli Esteri la documentazione relativa alla procedura di accreditamento di Corallo come ambasciatore presso la Fao.
Nei mesi scorsi, in qualità di Paese ospitante, la Farnesina, secondo fonti del ministero, ha effettivamente ricevuto una “richiesta di parere” da parte della Fao sull’eventuale accreditamento di Corallo.
Parere poi risultato negativo perchè, spiegano alla Farnesina, il titolare del gruppo Atlantis “svolge attività economiche in Italia” e si ritiene dunque “inopportuno” che qualcuno con interessi economici nel nostro Paese goda di immunità diplomatica.
Sulla proprietà del computer le versioni sono discordanti.
Prima Corallo avrebbe tentato di sottrarre ai finanzieri il pc rivendicando l’immunità diplomatica in quanto ambasciatore, poi ne avrebbe attribuito la proprietà a una donna sudamericana, presente nell’appartamento al momento dell’irruzione dei militari .
Poi, stando a quanto ricostruito il giorno successivo, il titolare della società Atlantis avrebbe telefonato ai suoi avvocati.
E proprio mentre i finanzieri verificavano presso la Farnesina l’effettiva appartenenza di Corallo alla Fao e mentre i legali raggiungevano piazza di Spagna, sarebbe arrivato il parlamentare del Pdl Laboccetta che, invocando l’immunità parlamentare avrebbe preso il computer per portarlo via.
Le rivendicazioni di Laboccetta arrivano sia subito dopo la perquisizione, sia il giorno seguente: “Quel computer è mio e chiunque dica il contrario ne risponderà ”.
Anche questa sera il deputato napoletano del Pdl è rimasto fedele alle dichiarazioni precedenti e non ha risparmiato una stoccata alla procura di Milano: “E’ incredibile che qualcuno possa immaginare che io venga indagato in questa vicenda — ha scritto in una nota — L’accusa che mi si vorrebbe muovere è quella di aver posseduto qualcosa che mi appartiene e che, ovviamente, non avrei potuto sottrarre”.
Nei prossimi giorni, qualora venga autorizzato il sequestro del Pc da parte della Camera, si saprà cosa contiene di così prezioso e chi ne è il proprietario.
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Novembre 15th, 2011 Riccardo Fucile
FINI COSTRETTO A INTERVENIRE E A SMENTIRE IL SUO VICE… IL PDL ERA GIA’ INSORTO: “A RISCHIO IL TENTATIVO DI FORMARE IL NUOVO GOVERNO”
«Berlusconi ha capito che deve trattare con noi. Questa è la sua sola opzione. Noi invece ne abbiamo tre: accettare l’intesa con il Pdl, che però non potrà a quel punto esprimere il candidato premier; andare alle urne come Terzo polo, per essere determinanti al Senato dopo il voto. Oppure sostenere che l’esperienza del governo che sta per nascere debba proseguire anche nella prossima legislatura, costruendo un’alleanza con il Pd che preveda Monti come candidato a palazzo Chigi».
Le parole di Italo Bocchino al Corriere della Sera hanno rischiato di causare un incidente diplomatico dalle conseguenze imprevedibili.
La sola ipotesi che il governo tecnico che le forze politiche si stanno impegnando trasversalmente a far nascere possa essere il viatico per un futuro ruolo anche politico del premier in pectore ha rischiato di mandare tutto a carte 48.
E’ stato necessario l’intervento di Gianfranco Fini, che attraverso il suo inner circle ha parlato esplicitamente di un «errore», per far calmare – se non altro all’apparenza – le acque.
La situazione è stata sul punto di precipitare negli stessi istanti in cui Alfano, Cicchitto e Gasparri entravano a Palazzo Giustiniani per incontrare Monti sulle prospettive della nascita del nuovo esecutivo.
Solo pochi minuti prima le agenzie di stampa avevano diffuso la nota del portavoce del Pdl, Daniele Capezzone – redatta come lui stesso ha specificato «quando manca meno di un’ora all’incontro con il presidente incaricato» -, che senza mezzi termini parlava di un «tentativo Monti messo irresponsabilmente a rischio».
«La posizione del Popolo della Libertà è netta – aveva sottolineato Capezzone -: mentre il Capo dello Stato cerca di condurre in porto una delicata intesa politica e mentre il Pdl e il centrodestra hanno agito e agiscono con massima responsabilità , c’è, di tutta evidenza, chi gioca allo sfascio». Un’accusa dura che non ha però portato ad una correzione di tiro da parte di Bocchino.
Il quale, al contrario, ha rilanciato: «Il Pdl anzichè agitarsi dinanzi a una provocazione farebbe bene ad essere forza politica responsabile e a sostenere senza se e senza ma il governo Monti, ponendo fine ai troppi distinguo con cui cerca un viottolo che lo porti al voto».
A quel punto, c’erano tutte le premesse per un possibile botto.
C’è voluto l’intervento di un irritato Fini per calmare le acque.
E’ il prezzo che si paga quando qualcuno prende troppo potere all’interno di un partito e un manovale della politica si traveste da grande stratega.
Certe volte il silenzio è d’oro.
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Novembre 15th, 2011 Riccardo Fucile
MA DOVE VOLEVATE CHE PARASSE QUELLA BANDA DI SENZA CASA?… IN CASO DI ELEZIONI SI SCAVEREBBERO LA FOSSA: SALTEREBBERO OLTRE 100 PARLAMENTARI
“Il tentativo di Monti è destinato a un buon esisto”. Angelino Alfano, al termine
dell’incontro con il presidente del Consiglio incaricato, promuove l’esecutivo dell’ex rettore della Bocconi.
Superate così le polemiche scaturite stamani dall’intervista di Italo Bocchino al Corriere della Sera in cui l’esponente di Fli annunciava l’intenzione di Monti di volersi candidare premier di una coalizione Pd-Terzo Polo, intervista che aveva scatenato in mattinata i vertici del partito guidato da Alfano, che hanno chiesto la smentita da parte di Monti.
L’incontro a palazzo Giustiniani ha evidentemente sciolto ogni dubbio.
“A questo punto la provocazione è servita a portare allo scoperto il Pdl e tutti quelli che ancora sperano nel voto”. Così il vicepresidente vicario dei deputati di Fli, Carmelo Briguglio.
“Capiscano subito che è arrivato il momento di abbandonare ogni doppiezza per dare vita a un governo di ricostruzione nazionale- aggiunge-, o meglio della Nazione, per rimettere in moto il Paese e recuperare credibilità sui mercati. Chi ancora si mostra indeciso o spera di staccare la spina quanto prima non fa il bene dell’Italia e dovra’ risponderne dinanzi agli italiani”.
Nel pomeriggio l’ex commissario dell’Unione europea incontrerà il forum nazionale dei giovani e gli enti locali alle 17 e al termine potrebbe sciogliere la sua riserva e salire al Quirinale per comunicare la decisione al capo dello Stato Giorgio Napolitano.
La situazione del debito italiana ”sta diventando davvero seria, credo che ci stiamo avvicinando ad una sorta di crisi sistemica che ricorda il 2008”. L’allarme arriva da Peter Bofinger, uno dei ‘saggi’ consulenti del cancelliere tedesco Angela Merkel, in un’intervista a Bloomberg Television.
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Novembre 15th, 2011 Riccardo Fucile
BOSSI AL DIRETTIVO; “MI HA CHIESTO DI ENTRARE, CHE NE PENSATE?… DI FRONTE ALL’IPOTESI CHE POSSA ADERIRE UNA PERSONA NORMALE TRA I CAPETTI DELLA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA SCENDE IL GELO
Era il pidiellino più amato dai leghisti, e un po’ anche anche a questo si deve la cordiale antipatia coltivata nel partitone azzurro nei confronti di Giulio Tremonti.
Ma adesso che è crollato tutto lo molla anche il Carroccio.
E a ben vedere, non è neppure una sorpresa.
Fa testo quel che è successo ieri in via Bellerio: dopo aver disertato l’incontro con Mario Monti e aver ribadito la linea dell’opposizione, Umberto Bossi guarda un faccia i suoi colonnelli, uno a no: «Tremonti mi ha chiesto di entrare nella Lega, che cosa ne pensate?».
Ne pensano malissimo, a rendere l’idea bastano gli occhi sgranati di tutti quanti, da Maroni a Reguzzoni (che non sono proprio amici), da Calderoli a Cota.
Le battute si sprecano, qualcuna è irriferibile, il leit motiv uno solo: «Non se ne parla nemmeno».
E ci si mette pure Giancarlo Giorgetti, segretario della Lega Lombarda, a distillare altro veleno: «Vuole venire da noi? Bene, presenti domanda per diventare socio ordinario alla sezione della Lega più vicina a casa sua».
Socio ordinario: presentarsi con il modulo, please.
Così trattano adesso l’«amico Giulio», la sponda inossidabile di Bossi dentro il partito di Berlusconi.
Una presa di distanza che certifica le difficoltà crescenti del superministro, in questi anni protagonista di memorabili scontri con i suoi colleghi, specialmente quelli pidiellini, titolari di dicasteri con portafogli.
Che si sono visti sistematicamente rifiutare ogni richiesta di riduzione dei tagli voluti dal Tremonti custode del rigore. Come la Mariastella Gelmini, sempre costretta a mordere il freno e a fare in pubblico buon viso a cattivo gioco di fronte all’irremovibilità del successore di Quintino Sella.
E a beccarsi gli insulti di studenti e genitori in piazza.
Questa la sostanza, ma c’è anche la forma: quella di Tremonti a volte risulta sgradevole, come quando, nell’altro esecutivo Berlusconi, rispose così alla Moratti che si lamentava per i tagli: «Letizia, il governo non è tuo marito».
Al pari della Moratti e la Gelmini, troppi altri hanno patito.
Per non parlare di Berlusconi, entrato in un’irrimediabile rotta di collisione negli ultimi mesi, con la crisi prima negata (da entrambi) e poi arrivata a un punto di non ritorno che tuttavia non è bastato a rendere meno acute le divergenze sulla medicina da proporre al Paese.
E a diradare i dubbi di intelligenza con il nemico, se si pensa a come, anche dalle parti dell’opposizione, si è guardato a Tremonti come alternativa possibile al Cavaliere Leggendari, e non da adesso, gli scontri con il governatore lombardo Formigoni, e le liti con Brunetta così omaggiato in un ormai famoso fuorionda: «È un cretino».
Agli annali rimane anche il lamento feroce di Mario Mantovani, coordinatore del Pdl in Lombardia, che a inizio ottobre così parlava all’assemblea regionale del suo partito, disertata dal titolare dell’Economia: «Tremonti va solo alle feste della Lega, vorremmo che qualche volta venisse anche alle nostre iniziative, l’abbiamo sempre invitato ».
Già , anche in piena tempesta finanziarie, un paio di settimane fa, Tremonti non ha rinunciato alla tradizionale festa della zucca di Pecorara, nel Piacentino.
Presentandosi insieme a Bossi e agli stati maggiori della Lega.
Ma adesso lo mollano anche loro, i padani.
E le ragioni sono più o meno le stesse, come sa benissimo Maroni, l’uomo del Viminale che più volte si è lamentato per i tagli al suo ministero.
Fosse solo lui, si capirebbe, ma di recente, e per motivi più politici, è sceso il gelo anche con Calderoli, considerato fino all’altro ieri il più tremontiano dei leghisti.
Ma nonostante la terra bruciata che gli stanno facendo tutto intorno, il ministro dell’Economia non ha alcuna intenzione di abbandonare la politica.
Anche se non sa bene il “come”, e soprattutto il “dove”, non ci sta a farsi cancellare tutto d’un botto.
Rodolfo Sala
(da “La Repubblica“)
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Novembre 15th, 2011 Riccardo Fucile
MONTI STUDIA L’INSERIMENTO SUCCESSIVO DI TRE VICEPREMIER: FITTO, ENRICO LETTA E DELLA VEDOVA
Monti ora ha paura. Teme che il suo sarà un «governo di nessuno», senza padri politici,
destinato a durare pochi mesi e flagellato dalla guerriglia parlamentare. L’impresa si sta rivelando infatti molto più difficile del previsto, il Pd e il Pdl – le due forze che potrebbero garantire una navigazione tranquilla – rifiutano di impegnarsi con i propri rappresentanti.
Per questo ieri il Professore ha chiesto aiuto a Napolitano, nella speranza di superare lo stallo e convincere i due azionisti di maggioranza a concedere qualche credito in più.
Così è partita l’ultima ambasciata del Colle, affidata alla discrezione del segretario generale Donato Marra.
Il plenipotenziario di Napolitano ha parlato con i due fronti – da Angelino Alfano a Enrico Letta – per provare a capire fino a che punto il veto all’ingresso di politici nella squadra fosse definitivo.
Quindi è andato a riferire allo stesso Monti a palazzo Giustiniani, ma il messaggio deve essere stato negativo. «Niente da fare».
Ai piani alti del Pd l’ipotesi viene fatta cadere. «Non siamo la Germania della grande coalizione – è il ragionamento degli uomini di Bersani – qui ci sono di mezzo le macerie del governo Berlusconi».
Al limite, ma resta davvero una flebile lucina in fondo al tunnel, viene ammessa l’idea di un ingresso di «personalità d’area» – si parla di Giuliano Amato e Gianni Letta – le quali, in ogni caso, non garantirebbero un maggiore coinvolgimento politico dei partiti.
Nel Pdl, almeno ufficialmente, le posizioni sono speculari.
E tuttavia a via dell’Umiltà sono meno categorici nell’escludere una qualche presenza politica nel governo Monti.
In un corridoio di Montecitorio Fabrizio Cicchitto lascia aperto uno spiraglio: «È difficile – ammette – fare un governo con chi ti ha insultato fino al giorno prima. E questo vale anche per loro. Comunque vediamo cosa fa domani il Pd e cosa ci dirà Monti. Aspettiamo ».
Per ora lo stallo è totale. Tanto che Monti, sembra su suggerimento di Casini, a questo punto avrebbe deciso di partire subito senza politici, riservandosi di giocare una carta segreta per il futuro.
L’idea del Professore sarebbe quella di dar vita ora a una compagine di soli tecnici, lasciando che le settimane a venire facciano sbollire il clima politico tra chi si è sparato contro fino a ieri.
Poi, a gennaio, avverrebbe l’innesto di tre vicepremier “politici” senza deleghe.
Un piccolo rimpasto, che porterebbe a palazzo Chigi come «garanti» il vicesegretario Pd Enrico Letta, l’ex ministro Raffaele Fitto o Maurizio Lupi per il Pdl e il capogruppo di Fli Benedetto Della Vedova, stimato da Monti dai tempi in cui era parlamentare europeo.
«Anche Ugo La Malfa – ricorda Francesco Nucara, ricevuto ieri da Monti per il Pri – nel 1979 propose per il suo governo un “direttorio” con i segretari dei partiti».
E meno male che Nucara non ha citato il precedente davanti a Monti, visto che il rifiuto di Berlinguer a sedersi insieme con la Dc costrinse il povero La Malfa a gettare la spugna.
Il Professore intanto suda freddo. Senza i politici nel governo teme che Berlusconi possa sfilarsi già a gennaio, facendo saltare la legislatura.
Nelle consultazioni di ieri – quelle ufficiali e quelle al telefono con Pier Luigi Bersani e Gianni Letta – Monti è apparso molto preoccupato.
Un primo risultato è che la lista dei ministri, attesa per oggi, non arriverà prima di domani sera. Nè il Professore potrà concedere al Pdl alcun limite temporale al suo governo.
«Se dicessi, come vuole Berlusconi, che me ne vado in primavera – ha spiegato Monti a uno dei “piccoli” – lo sa cosa accadrebbe? Di fatto entreremmo immediatamente in campagna elettorale e i partiti non approverebbero quelle misure dure che sono necessarie per l’Europa».
Per il Professore infatti non c’è dubbio che quella attuale sia una «fase eccezionale», che richiede l’adozione di interventi anche impopolari. E, senza “tutor” politici, piegare le Camere diventerà difficile: «Come faccio lì dentro a fare la riforma delle pensioni?».
Per il momento il Professore ha fatto una buona impressione ai “consultati” ma questo non basta. A tutti è apparso «inappuntabile », si è alzato in piedi e li ha fatti sedere personalmente.
Ha offerto dell’acqua, li ha fatti parlare, ha molto ascoltato.
Prendendo diligentemente appunti.
Una “captatio benevolentiae” volta a rassicurare, togliendosi di dosso l’etichetta dell’algido euroburocrate.
«Non sono qui per commissariare la politica – ha ripetuto – , al contrario i partiti possono approfittare di questo momento di decantazione per costruire schieramenti politici più omogenei: moderati contro riformisti ».
È uno schema di lotta politica europea quello che sogna il Professore, pronto a farsi da parte appena terminato il servizio.
Anche se una sua frase ha fatto risuonare un campanello d’allarme a uno dei “consultati”: «Il programma che presenterò andrà fino al 2013 e anche oltre».
«Anche oltre?». «Sì, per alcune riforme strutturali serviranno anni».
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Novembre 15th, 2011 Riccardo Fucile
DOPO LA PRIMA GIORNATA DI CONSULTAZIONI, IL PRESIDENTE INCARICATO PARLA A SORPRESA: “QUELLO CHE CONTA E’ L’APPOGGIO DEI PARTITI”…PONE LA NATURALE SCADENZA DEL SUO IMPEGNO AL 2013, ALTRIMENTI NON ACCETTA… OGGI ASCOLTA ANCHE I GIOVANI E LE DONNE
Fermo, pacato. Ma soprattutto deciso.
Al termine della prima giornata di consultazioni, il presidente incaricato, Mario Monti, si presenta a sorpresa in conferenza stampa per fare il punto soprattutto sull’ipotesi che nel nuovo esecutivo ci siano politici, oltre che tecnici.
La presenza di politici nel governo, spiega il senatore a vita, è un “desiderio”, ma se i partiti ritenessero non opportuna la loro presenza in questa fase basterebbe l’appoggio all’esecutivo.
E sui futuri sforzi del Paese, una precisazione: “Mai parlato di lacrime e sangue. Di sacrifici sì, ma ritengo positivo che le forze politiche abbiano percepito la serietà del momento che stiamo attraversando”, mentre del varo di una nuova manovra è “prematuro dire qualcosa”.
Quel che conta è l’appoggio, se poi alcuni politici entreranno nell’esecutivo sarà un bene, non una pregiudiziale alla formazione del governo.
Questa in sintesi la posizione di Monti sulla partecipazione dei politici al nuovo esecutivo.
“Ho ritenuto importante – ha detto in conferenza stampa – dare un segnale concreto e aperto di una disponibilità da parte mia ad avere quell’apporto che necessariamente dovrò avere dalle forze politiche anche in materia di risorse umane. È una disponibilità da parte mia – ha aggiunto -, ma se i partiti politici dovessero vedere in questa fase, dato che sono appena usciti da una fase dialettica estremamente tesa, se dovessero avere difficoltà ad andare così avanti, quando sarebbe fisicamente visibile una fase di coesione dei loro esponenti diretti, credo sia importante che diano questo apporto”.
Poi ha chiarito: “Che i segretari dei partiti che appoggeranno il governo siano presenti nel governo non mi sembra condizione indispensabile. Che ci sia un appoggio convinto da parte loro su ispirazione, caratteristiche e valori e sulla prospettiva operativa del governo mi sembra invece indispensabile”.
“L’orizzonte temporale in cui il futuro governo si colloca è da oggi alla fine della legislatura. Ovvio che il Parlamento può decidere in qualunque momento che il governo non è più degno della sua fiducia, ammesso che gliela conceda. Se però venisse prefissata una data al di qua dell’orizzonte fissato di fine legislatura, questo toglierebbe credibilità all’orizzonte del governo. E non lo accetterei”, ha precisato il presidente del Consiglio incaricato.
Fino alla formazione del governo “sono sicuro che i mercati avranno un’impazienza temperata con razionalità . È naturale che anche agli occhi dei Mercati occorre arrivare alla formazione del governo, alla definizione della compagine dei ministri, che posso assicurare sarà convincente ed efficace, e all’annuncio e alla presa di misure più incisive”, ha detto il premier.
“Le consultazioni stanno procedendo con grande serietà e partecipazione costruttiva da parte di tutti”, ha assicurato il presidente del Consiglio incaricato.
“Le forze politiche -ha detto- sono consapevoli che è necessario ritrovare una fase di distensione che consenta di guardare un pò più in alto con senso di responsabilità e con coesione. Il mio impegno è rivolto a permettere che la politica possa trasformare momento difficile in vera opportunità con la condivisione di un progetto di speranza, non solo per quanto riguarda l’economia, ma anche sui valori fondanti di una vera comunità civile”.
Dopo i partiti e le forze sociali le consultazioni del premier incaricato continueranno con “i rappresentanti istituzionali delle donne e dei giovani”, ha annunciato lo stesso Monti: “Dobbiamo avere il coraggio – ha sottolineato- di orientare molto a questi due ambiti cruciali della nostra società le azioni di politica economica e sociale. Quasi sempre ciò che giova ai giovani giova anche al Paese e ciò che restringe le possibilità ai giovani restringe le possibilità al futuro del Paese. E questo vale anche per le donne”.
”In parte sì, nei dettagli no”. Così Mario Monti ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano se domani, quando incontrerà le delegazioni del Pd e del Pdl a palazzo Giustiniani, sarà in grado di anticipare nel merito le misure che costituiranno il suo programma di governo, visto che oggi lo stato maggiore di via dell’Umiltà ha detto che non voterà la fiducia al buio.
”Queste consultazioni – ha spiegato- le vedo come un esercizio indispensabile per me e spero utile e gradito ai consultati, ma si tratta di un esercizio bilaterale, non è un’enunciazione, è una consultazione. Il che significa che dedichiamo una buona parte del tempo a un’audizione da parte mia degli interessi e delle prospettive e preoccupazioni di ciascuna forza politica. Ed è importante -spiega- da parte mia sentirlo dalla loro viva voce”.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 15th, 2011 Riccardo Fucile
SOPRALLUOGO CONGIUNTO DEI DUE EX LEADER DI AN IN PIAZZA ANNIBALIANO PER VERIFICARE L’ANDAMENTO DEI LAVORI…ALEMANNO: “AUSPICO GRANDE RICOMPOSIZIONE DEL CENTRODESTRA”
Prove tecniche di ricostruzione. In cantiere. 
«Auspico che ci sia una grande ricomposizione del centrodestra attraverso il Pdl, una ricostruzione che metta insieme tutti quelli che si sentono alternativi alla sinistra» dice il sindaco di Roma, Gianni Alemanno , durante la visita al cantiere della metro B1 di piazza Annibaliano in compagnia di Gianfranco Fini, leader di Fli e presidente della Camera.
Caschi di protezione e i giubbetti catarifrangenti per scendere a 40 metri di profondità : l’incontro istituzionale, programmato da tempo, ha lasciato lo spazio anche a rimpianti e nostalgie dell’ultima ora.
In piazza Annibaliano, infatti, c’erano anche numerosi fotografi e residenti.
Nella folla anche un arzillo sostenitore di Fini che ha chiesto la riconciliazione con Alemanno. «A presidè, ve posso rivedè ‘nsieme?» chiede.
«Eh, stiamo qui», nicchia con un sorriso la terza carica dello Stato.
Poco dopo, mentre i due scendono giù a livello dei binari per percorrere loro un tratto della nuova linea, il sostenitore di Fini torna all’attacco.
Sfrutta la presenza di fotografi e cameramen e afferra Fini e Alemanno prendendoli sottobraccio.
«Scattatece ‘na foto – chiede, guardando prima l’uno e poi l’altro – Finalmente, che momento!», ribadisce a più riprese.
«Sono i cosiddetti militanti di base», ironizza subito dopo il presidente della Camera.
Intanto, però, durante il sopralluogo Fini e il primo cittadino parlottano tra di loro, per la gioia del supporter del presidente che confida nella riappacificazione.
«Sono soddisfatto di come sono andati i lavori. Siamo riusciti a rispettare i tempi e i costi. A febbraio del prossimo anno i cittadini andranno su questo tratto della metropolitana che nel 2013 tutto il tratto sarà¡ completato» ha dichiarato il sindaco.
«Si tratta di un passaggio fondamentale per la mobilità¡ della nostra città¡ – ha spiegato ancora il sindaco di Roma Gianni Alemanno – in tutti questi anni abbiamo garantito i finanziamenti. Anche nel 2011 abbiamo stanziato altri 150 milioni per comprare le vetture. Uno sforzo notevole, in larga parte supportato da Roma Capitale».
La metropolitana di Roma, sottolinea il presidente della Camera, «non è soltanto un’opera che abbellirà la città , ma può essere presa a esempio in una dimensione generale» grazie alla «collaborazione che vi è stata tra le istituzioni. Si sono alternate delle amministrazioni- ricorda Fini- ma l’amministrazione Alemanno non ha pensato di azzerare, cancellare o rivedere il lavoro della Giunta precedente che era di diverso colore politico. C’è stata collaborazione tra le amministrazioni capitoline e le altre autorità statali».
E poi, conclude, la collaborazione «con i cittadini che, dopo un iniziale e più che comprensibile fase di timore, quando hanno visto che le cose si facevano sul serio e si rispettavano i tempi, hanno preso atto che le cose si possono fare bene e si può migliorare la qualità della vita in una città così complessa. C’è una eccellenza italiana, nel senso pieno del termine, di cui nonostante tanti problemi dobbiamo essere fieri».
(da “Il Corriere della Sera”)
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Novembre 15th, 2011 Riccardo Fucile
lL CARROCCIO HA ORMAI PERSO IL SUO POPOLO E NON SARA’ UN MAQUILLAGE A RESTITUIRGLI CREDIBILITA’…NON HA SAPUTO INTERPRETARE IL CAMBIAMENTO DELLA SOCIETA’, FINENDO PER DARE VITA AL PEGGIOR CLIENTELISMO FAMILISTA DELLA REPUBBLICA
Se l’astuto Di Pietro cerca spazio mascherandosi da improbabile succedaneo dell’anticapitalismo indignado, mentre il trio Ferrara-Feltri-Sallusti strattona il suo Oligarca di riferimento affinchè guidi un’improbabile rivolta contro la tecnocrazia europea, tocca invece alla Lega vivere il risveglio più amaro.
Contro il governo Monti «ci rifacciamo la verginità », è scappato detto a Umberto Bossi. Una metafora che si presta a fin troppo facili controdeduzioni.
Perchè quella metafora riconosce la perdita dell’innocenza; e il rimpianto in politica è sinonimo d’impotenza.
Non è un caso se la forza più accreditata a guidare l’opposizione sociale contro le ricette amare del risanamento, cioè la sinistra critica di Vendola, fornisce una prudente apertura di credito a Monti e preserva l’alleanza col Pd: la sfida globale al monetarismo e alla grande finanza nulla hanno a che spartire con la goffa convergenza populista Di Pietro-Bossi-Ferrara, destinata al flop.
Benchè ostenti sollievo, l’uscita dal governo nazionale rappresenta per la Lega una grave sconfitta; difficilmente rimediabile asserragliandosi nelle tre grandi regioni del Nord. Rifarsi una verginità non è dato in natura.
E neanche in politica.
Per quanto l’Italia rifugga il puritanesimo de La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne, il popolo ti chiederà sempre perchè, e con chi, hai sacrificato l’illibatezza di cui menavi gran vanto.
Questo è il punto: gli elettori vanno e vengono, ma la Lega ha perduto il popolo mitico, trasfigurato, della sua fondazione.
Nel governo di Roma e degli enti locali ha consolidato un ceto politico desideroso di perpetuarsi, ma l’età dell’oro, la Lega delle origini, esiste solo nel passato remoto di quelle biografie.
Un dramma simile si era consumato allorquando i post-comunisti si distaccarono non solo dall’ideologia, ma anche dall’universo proletario che li aveva generati. Mai più l’ha ritrovato.
Magari bastasse il revival, la scimmiottatura dei linguaggi, perfino un’improbabile rottura dell’alleanza col Pdl senza cui peraltro decadrebbero le amministrazioni leghiste.
Il ceto politico del Carroccio ha rivelato notevoli capacità manovriere di allargamento delle sue quote di potere, ma intanto la storia correva: nessuna delle opzioni politiche leghiste — il federalismo, la xenofobia, la rivolta fiscale, il paganesimo, il cattolicesimo reazionario — è stata in grado di preservare nei tempi nuovi la sintonia con quel popolo. Nel mondo in subbuglio, da una parte l’imprescindibile Unione europea e dall’altra l’imprevisto delle rivoluzioni mediterranee svelavano la fragilità delle soluzioni localiste. Semmai restavano da giustificare i troppi compromessi imbarazzanti con la malapolitica, l’ultimo dei quali — sostituire Berlusconi con Alfano — è apparso solo un espediente maldestro.
Il progetto di travasare nella Lega l’elettorato berlusconiano deluso al Nord ha subito una battuta d’arresto alle amministrative di primavera, non solo a Milano.
Mirava a completare con la conquista della regione Lombardia una supremazia padana che, giunti a questo punto, si rivela problematica.
Il ceto politico leghista non si può permettere di andare da solo a elezioni nazionali col premio di maggioranza, nè può separarsi dal Pdl in Piemonte, Veneto e Lombardia.
Il bluff di Bossi — la parola al popolo, subito al voto — ormai è scoperto.
La carta Tremonti è divenuta inservibile.
Il banchiere Ponzellini? Meglio far finta di non conoscerlo.
La Lega che nel 2008 raddoppiò i suoi voti presentandosi come interprete di un territorio, tre anni dopo si mette in cerca della verginità perduta in un passato irripetibile perchè non ha saputo corrispondere alle incognite dei tempi nuovi.
Serpeggiano ancora per il “suo” territorio le inquietudini da cui fu generata, ma un ceto dirigente compromesso col peggior potere italiano non ha più nemmeno le credenziali per incarnare l’antipolitica.
È probabile che debba presto fronteggiare nuovi competitori a destra, sul suo stesso terreno.
Se anche l’operato di un eventuale governo Monti susciterà reazioni anti-èlitarie, non tutte fondate su istanze di giustizia sociale, ma invece esasperate nel solco della protesta localista, pare improbabile che si affidino ai vecchi “leghisti romani”.
Reduci da una stagione indecorosa di cui sono stati fra i peggiori protagonisti. Comprendo la sofferenza di Bossi, un uomo che non si è arricchito con la politica, anche se si è macchiato del peggiore clientelismo familista.
Ma nessun popolo potrà riconoscergli l’innocenza, la verginità perduta.
Gad Lerner
(da “La Repubblica“)
argomento: Bossi, la casta, LegaNord | Commenta »