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STIPENDIO E PROMESSE, LA PRIMA GRANA DEI GRILLINI: ACCREDITATO IL PRIMO STIPENDIO

Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile

“QUANDO L’HO VISTO MI HA PRESO UN COLPO”…   IL GRANDE BLUFF: PER ORA SU 13.800 EURO TOTALI AL MESE HANNO DECISO DI RESTITUIRNE 2.500

“Quando l’ho visto m’è preso un colpo!”. Marco Baldassarre, aretino d’adozione, 16 mila euro sul suo conto corrente non li aveva mai visti in vita sua.
Ha 29 anni, di professione fa l’operaio in una ditta che si occupa di informatica e adesso, ligio all’impegno preso prima delle elezioni, dovrà  prendere mezzo malloppo e restituirlo allo Stato.
Facile a promettere, più complicato quando i soldi sono diventati tuoi.
Così, nello staff del Movimento comincia a serpeggiare il terrore: e se questi si tengono tutto?
Il primo onorevole stipendio, a Baldassarre e agli altri 163, è arrivato ieri mattina. Telefonate che si rincorrono, battute su chi è già  scappato all’estero, shopping per chi si può finalmente permettere di comprare vestiti adatti al Parlamento.
Ma qui c’è poco da ridere.
Se non la gestiscono bene, questa storia dei soldi, rischia di far scoppiare un discreto casino.
Il punto non è l’indennità , lì il codice di comportamento parla chiaro: gli eletti terranno 5000 euro lordi. Si era parlato di 2500 netti, in realtà  la cifra varia in base all’Irpef regionale, al reddito precedente, alle detrazioni familiari.
Alessandro Di Battista, per esempio, ha già  calcolato che a lui rimarranno in tasca 2990 euro al mese.
Ma il problema è la diaria da 3500 euro (e altri 3.800 euro di rimborsi vari).
Beppe Grillo ha chiesto che venga rendicontata voce per voce.
Ma che l’avanzo vada restituito, non è scritto da nessuna parte: “I parlamentari avranno diritto — si legge nel Codice — ad ogni altra voce di rimborso tra cui diaria a titolo di rimborso delle spese a Roma, rimborso delle spese per l’esercizio del mandato, benefit per le spese di trasporto e di viaggio, somma forfettaria annua per spese telefoniche e trattamento pensionistico con sistema di calcolo contributivo”. Restituire? “Dipende dalla coscienza di ognuno…”, ammettono i parlamentari.
E così, la guerra è cominciata.
C’era chi suggeriva l’idea di un forfait con cui pagare vitto e alloggio ed evitarsi la seccatura di conservare ogni scontrino.
Senatori e deputati ne discuteranno lunedì, in un’assemblea che si preannuncia infuocata.
L’idea del forfait non piace a Grillo e Casaleggio.
Il capogruppo al Senato Vito Crimi sta elaborando un fac simile, una sorta di file Excel, su cui gli eletti dovranno segnare ogni uscita.
Gli scontrini non dovrebbero essere pubblici: si vuole evitare, spiegano, che si sappia quali posti frequentano i grillini a Roma.
Ma dovranno comunque essere conservati per qualsiasi controllo: “Ne ho due buste piene — spiega il senatore Alberto Airola — anche se per la verità  in questo primo mese e mezzo ho speso pochissimo, perchè ho avuto persone che mi hanno ospitato a casa”. Laura Castelli, invece, tra affitto e stipendio del collaboratore ad aprile ha speso otto mila euro.
Gli altri stanno ancora facendo i conti.
I più agguerriti sono quelli che hanno figli e famiglia. Gli asili nido da pagare, il mutuo nella città  di origine.
Come si fa a pagare tutto?
C’è anche chi ha lasciato lavori ben retribuiti e rischia di rimetterci, considerando che ognuno pagherà  le tasse come se avesse guadagnato anche i soldi poi restituiti.
Su dove finiranno, è ancora in forse: ieri, i Cinque Stelle, hanno chiesto ai presidenti di Camera e Senato di aprire “un nuovo capitolo di entrata” nei bilanci dei due rami del Parlamento.
Se vorranno anche gli eletti degli altri gruppi potranno partecipare.
Dai grillini dovrebbero arrivare 400 mila euro al mese.
Sul resto, i conti sono ancora da regolare.

Paolo Zanca
(da “il Fatto Quotidiano“)

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IL PIANO DI BERLUSCONI: “ORA SI POSSONO CONGELARE I PROCESSI”

Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile

E PUNTA ALLA NOMINA DI SENATORE A VITA

La paura è sempre la stessa, essere condannato, venir interdetto o, nella peggiore delle ipotesi, finire in cella.
Mentre tratta, da potente leader del Pdl, per il nuovo governo, Berlusconi vive il suo atavico incubo, la catastrofe per via giudiziaria.
I nomi sono quelli di sempre, Mediaset, Ruby, Unipol, De Gregorio, i processi in pista tra Milano e Napoli.
I suoi avvocati sono preoccupati quanto lui. Si confessano. Il gioco si fa scoperto.
Ma sarebbe sbagliato pensare che sono solo alla ricerca, pure stavolta, del salvacondotto miracoloso, della superlegge capace di ottenere quello in cui hanno fallito tante norme ad personam, i lodi, i legittimi impedimenti, le Cirami, le Cirielli. Ora la partita diventa molto più “alta”.
La via “legislativo-giudiziaria” per evitare le sentenze e mettere nel nulla anni di inchieste si trasforma in una via “politico-giudiziaria”.
Per dirla con Silvio: «È giunto il tempo di chiudere questa partita. Ora ci sono le condizioni per farlo».
Per come la illustrano i corifei del Cavaliere, la strategia si regge su un assunto semplice: nelle ore in cui l’ex premier rende praticabile un governo di salute pubblica, che salva il Paese dal baratro di nuove elezioni, egli non può cadere per via dei suoi processi.
In qualsiasi grado di giudizio si trovino, prossimi o lontani dalla sentenza che siano, i dibattimenti devono fermarsi.
Perchè se andassero avanti, se si arrivasse alla sentenza definitiva, se Berlusconi fosse interdetto dai pubblici uffici, se dovesse fare i conti con la galera (e non cambia la prospettiva dei domiciliari), è ben evidente che il governo Letta prossimo venturo si trasformerebbe d’acchito in un fantasma.
È questo il vero tema della trattativa di governo.
Tema segreto, ovviamente. Coinvolge tutti, anche Napolitano, se è vero che proprio da lui Berlusconi si aspetta un passo molto importante, la sua nomina a senatore a vita.
Un doppia nomina, in realtà .
Nel progetto del Pdl il presidente della Repubblica dovrebbe scegliere Berlusconi, ma anche Romano Prodi, nel segno della grande pacificazione.
Una mossa per chiudere, con un colpo solo, una guerra giudiziaria in atto da 20 anni.
Il progetto è ambizioso.
Svela, al contempo, ben cinque grandi difficoltà .
La prima: i processi vicini alla conclusione.
La seconda: l’impossibilità  di trovare la legge giusta per chiuderli tutti e quattro in un sol colpo.
La terza: il nuovo quadro politico con i grillini pronti a seminare la guerra tra Camera e Senato.
La quarta: il Pd messo in discussione dai suoi giovani per il patto mortale con Berlusconi.
La quinta: la paura che aggressioni come quelle di Franceschini, Fassina, Bindi possano diventare la prassi.
Chi, in Parlamento, potrebbe affrontare una legge per mettere una pietra sui processi di Berlusconi?
Questo complica la trattativa sulla giustizia e rischia di diventare un’ipoteca pesante non solo per il prossimo ministro Guardasigilli, ma anche per il Pd che dovrà  barcamenarsi per mantenere gli impegni presi con i suoi elettori, una nuova legge anticorruzione, la prescrizione più lunga, il reato di auto-riciclaggio (l’aveva promesso Letta, proprio a Repubblica, a dicembre).
Invece sul tappeto il Pdl ha messo altro.
Non sarà  epoca di lodi, ma lo spazio per un provvedimento generale a favore dei detenuti e dei condannati, sia esso un’amnistia o un indulto o fortissime misure alternative all’attuale detenzione, questo dev’essere praticabile.
E Napolitano – dicono le fonti vicine a Berlusconi – non potrebbe che essere d’accordo visti i suoi tanti interventi contro lo svilimento della vita carceraria.
Vi è di più: un governo dal tratto istituzionale, che nasce sotto l’evidente usbergo del capo dello Stato, può anche permettersi una misura ampia, perchè scritta per chiudere definitivamente una stagione politica, quella della «malagiustizia» (Ferrara, Il foglio).
I sogni, però, devono fare sempre i conti con la realtà .
Quella di Berlusconi non è affatto rosea.
Un processo chiuso in primo grado, Unipol, con un anno di pena. Potrebbe prescriversi. E sia.
Un secondo processo, Mediaset, prossimo alla conclusione dell’appello. Rischio conferma della sentenza di 4 anni per frode fiscale e 5 d’interdizione.
Cassazione stimata entro primavera 2014, prima della prescrizione.
Ruby, la peggiore delle grane. Proprio Niccolò Ghedini, avvocato e consigliere giuridico stretto di Berlusconi, si aspetta una condanna.
Infine Napoli, la compravendita per De Gregorio, il grande punto interrogativo.
Può saltare tutto questo? Possono i magistrati farsi carico della nuova stagione politica?
Possono «rispettare» Berlusconi e mandarlo sistematicamente assolto?
I fatti, quelli che contano: il 18 maggio la Cassazione decide sull’istanza di legittimo sospetto avanzata da Ghedini e Piero Longo.
Nel palazzaccio la danno per bocciata al 98%, ma essa rappresenta la prima cartina al tornasole.
Se fosse approvata, la partita per Berlusconi si trasferirebbe a Brescia, cioè sarebbe chiusa.
Prim’ancora ecco altre due scadenze.
Il 6 maggio il Csm sceglie il nuovo presidente della Suprema corte: Giorgio Santacroce, alta toga sponsorizzata dal centrodestra e dalla moderata Unicost, e che una volta andò a cena nello studio di Cesare Previti, o Luigi Rovelli, il candidato della sinistra?
Berlusconi ha detto della Cassazione che è «il suo giudice a Berlino».
Infine la Consulta.
All’inizio di maggio la decisione su Mediaset e un farlocco legittimo impedimento. Un consiglio dei ministri piazzato di lunedì, era il primo marzo 2010, per approvare “d’urgenza” un ddl anti-corruzione che poi aspetterà  altri due mesi per entrare in Parlamento, e per far saltare un’udienza del processo.
I berlusconiani sperano che una decisione favorevole faccia saltare l’intero processo. Alla Corte, martedì, hanno rinviato solo per evitare che uno scontato no potesse destabilizzare l’avvio del governo.
La strada, come si vede, è stretta.
Il Pdl agogna la via della grande pacificazione giudiziaria, ma tanti e tali sono i burroni da renderla perigliosa.

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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INTERVISTA A SALVATORE SETTIS: “GOVERNARE CON IL PDL SIGNIFICA TRADIRE LA VOLONTA’ POPOLARE”

Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile

L’EX DIRETTORE DELLA NORMALE DI PISA: “UN GOVERNO SENZA POPOLO DOVE DECIDONO LE SEGRETERIE DEI PARTITI E NON I CITTADINI”

“Stiamo scivolando verso un governo senza popolo, dove a scegliere non sono i cittadini ma le segreterie di partito. Vedo grossi rischi per la nostra democrazia”.
Il professore Salvatore Settis, già  direttore della Scuola Normale di Pisa, dopo gli appelli al Partito democratico perchè trovasse la forza di dialogare con Grillo e la lungimiranza di convergere sulla candidatura di Stefano Rodotà , riflette sulla scomparsa del protagonista più importante: l’elettorato. “Che non conta più nulla, e quando le decisioni vengono prese ignorando chi vota, il futuro diventa preoccupante. Le conseguenze, potenzialmente, sono molto gravi”.
Professor Settis, mai come oggi l’elettore pare ininfluente, e a gestire i giochi è il capo dello Stato. Ci stiamo trasformando in una Repubblica presidenziale?
Sono convinto che Napolitano non volesse essere rieletto. Ha accettato con riluttanza, pensando che la crisi del Paese andasse affrontata subito. Detto questo, il risultato netto del governo Letta-Letta sarà  quello di riconsegnare il Paese a Berlusconi, cioè il contrario della volontà  popolare.
Ieri mattina Napolitano ha incontrato il neo premier per due ore. Trova normale che il capo dello Stato, nella scelta dei ministri e nella definizione del panorama politico, abbia tutto questo potere?
La Costituzione, entro certi limiti, lo prevede. Spetta a lui indicare i ministri. Ci sono precedenti famosi in cui le prerogative del presidente permisero di scampare a scelte inaccettabili: penso a Oscar Luigi Scalfaro che impedì a Cesare Previti di diventare ministro della Giustizia. Gli siamo tutti grati per questo. Però concordo con quello che ha scritto Carlo Azeglio Ciampi, cioè che lo spirito della Costituzione, implicitamente, dice che è meglio se il capo dello Stato resta in carica per un solo mandato. Napolitano, ne sono certo, non aveva pianificato tutto questo per accumulare potere, però è successo.
E la responsabilità  di questa anomalia è del Pd.
C’è stata una tragica incapacità  del Pd e del M5S di dialogare. Era fondamentale, per evitare il ritorno del Cavaliere. Anche Beppe Grillo però ha commesso errori: come quello di non sostenere Romano Prodi, nonostante fosse stato indicato dalle Quirinarie online. Che poi, visti i numeri — hanno votato solo 24 mila persone — non mi pare sia stata un’idea straordinaria.
Pensa che l’intransigenza dei Cinque Stelle sia eccessiva?
Quando non offre alternative, l’intransigenza si chiama movimentismo. Quello di cento anni fa, alla Bernstein: ‘il movimento è tutto, il traguardo nulla’. Non si può procedere così. Bisogna darsi una meta, da individuare nei diritti garantiti dalla Costituzione. E credo che gli elettori di Grillo capirebbero questo ragionamento.
Un’apertura però c’è stata: se il Pd avesse sostenuto Stefano Rodotà , il M5S sarebbe stato disposto a governare insieme.
Vero, in quell’occasione hanno avuto ragione. Infatti mi fa più impressione il modo di procedere del Pd, a zig zag: come si fa a proporre prima Franco Marini e poi Prodi, come se fossero sinonimi ed equivalenti? Per due mesi, poi, hanno ripetuto che non sarebbero mai andati al governo con il Cavaliere. L’elenco di dichiarazioni di Enrico Letta contro Berlusconi che avete pubblicato ieri sembra apocrifo. Il patto di legislatura tra Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola escludeva un accordo con il Pdl: e tradendo quelle promesse hanno perso ogni diritto morale anche al premio di maggioranza, si sono delegittimati di fronte ai cittadini. Alla fine, il bilancio di questa incapacità  del Partito democratico e del M5S di venirsi incontro è drammatico.
Cosa succederà  ora?
Per evitare proteste troppo forti dovranno contenere i danni del governo tecnico, affrontare il problema della disoccupazione, arginare il fenomeno dei suicidi, la recessione massiccia, il disastro della scuola e il crollo della cultura. Il problema di fondo è che questa legge elettorale è pessima e non la cambieranno mai, perchè conviene a tutti. Il primo esperimento di un listino bloccato e senza preferenze l’ha fatto proprio il centrosinistra in Toscana: i partiti non vogliono più sorprese, solo candidati sicuri che poi obbediscono.
Chi ci guadagna, però, è Berlusconi, non la sinistra.
È lui il vero dominus, basta osservare i suoi larghissimi sorrisi in questi giorni. Come ha scritto Barbara Spinelli, sarà  lui a condurre i giochi durante questa legislatura: farà  cadere il governo quando gli converrà , aspettando qualche altro passo falso del M5S, e poi si farà  eleggere al Quirinale. È un quadro agghiacciante, ma non fantasioso.
Soluzioni?
Un pezzo del Pd dovrebbe trovare la forza di staccarsi dalle ‘larghe intese’ e adottare una linea più dura, facendosi interprete della scontentezza degli elettori. E poi non dovremmo più accettare che la nostra politica interna sia dominata da un’idea astratta di Europa, dall’euro e dai mercati. Ci sono altri modi per affrontare la crisi: siamo il terzo Paese al mondo per evasione fiscale. Se la combattessimo davvero avremmo più margini di respiro, e potremmo evitare l’abbraccio mortale con B.

Beatrice Borromeo
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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IL SINDACO PD DI BARI, MICHELE EMILIANO: “NON CI MANDERANNO VIA, SE NE VADANO LORO”

Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile

“NON VOTO ALCUN GOVERNISSIMO, LA LINEA DEL PARTITO VA CAMBIATA NELLE SEDI OPPORTUNE”

Quando Silvio Berlusconi due settimane fa è andato a Bari per un comizio, dal palazzo del Comune è spuntato lo striscione “Bentornato”. Firmato: “Il sindaco”.
Era “un saluto ironico” dice Michele Emiliano, che di larghe intese non vuole sentir parlare.
Contento di governare con il Pdl?
Guardi, so di esagerare, ma avrei preferito un monocolore berlusconiano a un pastrocchio simile. Sel, Lega e Fratelli d’Italia si sono sfilati, resta solo un duetto perverso.
Un terzetto, con Monti.
Monti è il sensale del duetto. Ha provato disperatamente a diventare la sposa, ma non c’è riuscito.
E l’abito bianco se l’è messo Letta.
Spero che nessuno dei nostri iscritti, tantomeno di punta, debba sedere in un Consiglio dei ministri con chi combattiamo da 20 anni.
Mi sembra chiaro che se fosse in Parlamento la fiducia all’esecutivo che sta nascendo non la voterebbe.
Non ho ancora deciso, voglio vedere la proposta. Se mi dicono che si tratta di un governo di tre mesi per cambiare la legge elettorale e sbloccare situazioni come gli esodati e la Cassa integrazione in deroga, potrei pensarci. Ma se trattasi di governissimo non ci penso proprio.
Lo sa che è passibile di espulsione?
E chi lo dice?
Francesco Boccia, con cui anche lei ha scambiato velenosi tweet, per esempio.

E con quale legittimazione? Quella di amico di Letta? Il mio partito ha una linea politica determinata da una carta d’intenti che hanno firmato tutti gli elettori delle primarie. Compreso Boccia. E quella carta esclude radicalmente l’alleanza con il Pdl. Se la faranno, inviterò i parlamentari a votare contro.
Civati lo farà , ma rischia l’espulsione.
Difenderò Pippo fisicamente, se serve. Vogliono cacciare noi? Noi cacceremo loro, ma se si scusano li perdoniamo. Se poi la linea del partito cambia nelle opportune sedi, allora ognuno farà  le sue valutazioni. Per ora, è fuori dalla legittimità  democratica dire che si fa fuori chi non è d’accordo. Con che cosa?
Non ne avete discusso?
In Direzione nazionale no. Quando si è trattato di votare un documento in cui non c’era scritto nulla sono uscito, e come me molti altri. Era lesivo della nostra dignità . Altro che 7 contrari e 14 astenuti.
Quindi non sa quali saranno le fondamenta su cui poggerà  il governo.
Se le basi sono i punti stabiliti dai dieci saggi me ne terrò lontano.
I saggi erano un modo di Napolitano per allungare i tempi o servivano a favorire le larghe intese?
Sono un magistrato, mi hanno insegnato a rispondere che tutto quel che fa il Capo dello Stato è legittimo.
Ho capito, la seconda. Se ci sarà  il governissimo lascerà  il Pd?
Se lascio il Pd smetto di fare politica, chiedo piuttosto un congresso subito.
Con chi si schiererà ?
Questo lo vedremo, io continuo a spingere per un accordo tra Renzi e Vendola per le prossime elezioni, ma non consumerei Matteo nella segreteria di un partito. Chi c’è passato ora sta dallo psicologo.
Preferirebbe Barca in quel ruolo?
Darebbe un contributo intellettuale importante.
Insomma, in un cantiere della sinistra non ci va.
Io no, ma spero che ci vada tutto il Pd.

Caterina Perniconi
(da “il Fatto Quotidiano“)

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“QUELLO SI E’ MANGIATO TUTTO, SCOPPIA UNA TANGENTOPOLI”: LE INTERCETTAZIONI SU BELSITO, PERSINO I SOCI SI INDIGNANO

Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile

BONET: “MA QUANTE VOLTE DOBBIAMO PAGARE LO STESSO AFFARE?”… CONTINUE RICHIESTE DI DENARO: L’INGORDIGIA DI BELSITO LO TRADIRA’

“Io qui faccio scoppiare una nuova Tangentopoli”. La voracità  di Belsito non ha limiti.
Ne ha abbastanza un uomo di mondo come Stefano Bonet, imprenditore sodale che ripete spesso come la politica “abbia un costo”.
E’ troppo persino per “l’Ammiraglio” Romolo Girardelli, faccendiere vicino alla ‘ndrangheta e altro amico esasperato dell’ex tesoriere del Caroccio: “Ti sei preso la gente e ti sei fatto i cazzi tuoi. Sono stato dieci anni con te muto come un pesce…”
E’ l’ingordigia a tradire Belsito.
Prende percentuali per le consulenze che procaccia a Bonet, ma poi chiede i soldi due volte: “Ma quante volte devo pagargli lo stesso affare, senza aver portato a casa il contratto?”
Si tiene una Porsche, provento di un’intemediazione, ma esagera.
Le continue richieste di denaro sono il preludio della fine per la cricca, che inizia a lacerarsi “in un quadro davvero squallido di tradimenti e bassezze”.
Romolo Girardelli è il primo a manifestare rabbia verso Belsito: “Mi devi dare il mio” lo insulta.
“Girardelli – scrivono gli inquirenti – lamenta di essere stato tenuto fuori dal regalo di orologi ricevuti invece da Mafrici (sedicente avvocato e loro complice a Milano) e dai “benefit” di Bonet.
Fa inoltre riferimenti alla quota della discoteca “Sol Levante” (locale di Cavi di Lavagna di cui Belsito è ritenuto “socio occulto”) comprata con i soldi di Bonet”.
Girardelli, disgustato, rompe per un po’ con Belsito: “Io mi porto via le cose, che cazzo ci sto a fare, qui ognuno pensa alla pancia sua”.
Anche Bonet, detto “shampato”, pare abbandonarlo: “Io lo denuncio alla Procura – si sfoga con un collaboratore- mi ha chiesto 900.000 euro perchè a suo dire deve pagare altri imprenditori”.
Non usa frasi criptiche.
Perchè Bonet si sente, sul fronte giudiziario, molto sicuro: “Sono amico del capo di ‘Andromeda’ (onlus della sicurezza presieduta dalla moglie di Filippo Ascierto, un passato nei carabinieri ed ex parlamentare An) e mi copre attraverso la rete di forze dell’ordine che controlla”.
La passione di Belsito per il denaro “cash” è certificata da un verbale di Paolo Scala (broker complice che partecipò al trasferimento dei soldi leghisti in Tanzania) che assiste a un passaggio di contante da parte di Bonet, quale ringraziamento per mediazioni fuorilegge.
“Belsito – racconta Scala – mi telefona e ci incontriamo al bar “Bastianello”, in via Borgogna. All’esterno, dov’era parcheggiata l’auto istituzionale, una Bmw grigio metallizzata con la scorta di due uomini, assisto alla consegna di un sacchetto di cartacon la maniglia in corda. Dal sacchetto poggiato nel bagagliaio escono alcune banconote”.
La sequenza prosegue nell’ufficio di Mafrici: “Belsito in ufficio spostò i soldi all’interno della sua ventiquatt’ore: erano banconote da 50 e 100 euro per un totale di 100.000 euro”.

Marco Grasso e Matteo Indice
(da “il Secolo XIX“)

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BELSITO, LA LOBBY FINCANTIERI E L’AFFARE DA 100 MILIONI

Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile

COSI’ SVANI’ PER UN SOFFIO LA MAXI CONSULENZA FASULLA…TRA GLI ARRESTATI ANCHE UN EX DIRIGENTE DEL COLOSSO NAVALE

La bozza del contratto era già  pronta: 100 milioni di euro per una consulenza tecnologica (almeno in parte) inesistente.
La cifra comprendeva “il prezzo gonfiato del 25%”, il denaro per ungere la lobby Fincantieri e il margine di 12,5 milioni da spartire tra Stefano Lombardelli, uomo della cricca al’interno di Fincantieri, e Francesco Belsito, al tempo tesoriere della Lega e vicepresidente Fincantieri in quota Lega, che si era ritagliato per la carica uno stipendio aggiuntivo di 10.000 euro al mese.
Sognava in grande Stefano Bonet, imprenditore veneto amico di Belsito, grazie al quale puntava (e in qualche caso aveva già  ottenuto) a “consulenze tecnologiche fittizie” da grandi gruppi come Siram, Unicredit, Fisia, Gnv e appunto Fincantieri, la torta più succulenta.
Anche se la sua Polare sacrl era poco più di una scatola vuota.
La vera forza di questa “associazione per delinquere”, in cui nessuno appare dotato di una professionalità  che consenta di produrre legittimamente redditi” era quella di “approfittare di ogni occasione di guadagno illecito”.
Come? Ad esempio “aiutando le imprese a beneficiare di incentivi pubblici” a cui non avrebbero avuto diritto.
Nelle 33 pagine di ordinanza con cui il tribunale di Milano ha spedito in carcere Belsito, Bonet e Lombardelli emerge il fatto che mentre sui moli si parlava di cassa integrazione, carenza di commesse e chiusure, la cricca aveva messo le mani su un appalto da 100 milioni,   saltato solo per un soffio.
Nel contratto tutti avrebbero avuto una parte, compreso il duo “Bono e ufficio acquisti”. Giuseppe Bono ha sempre smentito qualsiasi suo coinvolgimento, ma in un colloquio intercettato con Belsito lo rassicura di aver avviato la pratica per l’assunzione di Dalmir Ovieri, fedelissimo di Rosi Mauro e di Maurizio Barcella, ex autista di Umberto Bossi.
Barcella “non avrebbe neppure il diploma” ma non importa: “sbattiamocene i coglioni e pensiamo a noi” taglia corto Belsito in una telefonata a una sua collaboratrice.
Il vero procacciatore di affari all’interno di Fincantieri era Stefano Lombardelli, esperto in commesse militari, dimessosi nel dicembre 2011 dopo una contestazione disciplinare. Lombardelli aveva ricevuto “200.000 euro” per favorire Bonet.
Le prove dei pagamenti sarebbe in un “estratto conto” inviato via mail, in mano ai magistrati.
Fincantieri da parte sua nega che Belsito abbia potuto esercitare interferenze.

Matteo Indice e Marco Grasso
(da “il Secolo XIX”)

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E I CINQUESTELLE FANNO AUTOGOL CON LO STREAMING

Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile

VOGLIONO LA DIRETTA DEL LORO INCONTRO CON LETTA E NE FINISCONO DISTRUTTI

Una giornata nera per la Grillo & Casaleggio Associati.
Enrico Letta, i grillini, se li è mangiati in un solo boccone.
Sembrava il giovane cattedratico che interroga i fuori corso e usa l’esame per spiegare ancora una volta, con santa pazienza, il programma del corso.
I ripetenti implorano il diciotto politico e il professore, per bontà , glielo concede, non prima di avergli chiarito per l’ennesima volta come funziona l’università : bisogna studiare
La differenza con il precedente incontro in streaming con Pier Luigi Bersani è stata impressionante: Bersani sembrava intimorito e i portavoce del M5S se ne sono approfittati per umiliarlo.
Letta, per quanto stanco e scoraggiato di incontrare un muro di gomma, ha mostrato subito di essere di un’altra pasta, di conoscere bene l’arte della mediazione, di essere assertivo quando occorre: «In questi sessanta giorni la forza che voi rappresentate, sia numerica che reale nel Paese, è entrata in Parlamento e non ha voluto partecipare alle decisioni assunte. Sarebbe frustrante se questa indisponibilità  a mescolare idee e voti si protraesse».
I portavoce del M5S (questa volta in formazione quattro più quattro, tipo Nora Orlandi) erano in seria difficoltà , non sapevano cosa rispondere, si rifugiavano nel politichese, s’impantanavano in formule astratte.
Certo che i grillini sembrano non avere alcuna strategia, alcun fiuto politico, tanto da consegnarsi alle stoccate del professore, come quando hanno tirato fuori la questione dell’elezione a presidente della Repubblica di Rodotà  e prontamente Letta ha fatto loro notare che se avessero votato Prodi avrebbero cambiato lo scenario della politica italiana.
Si fa presto a parlare di streaming, di Web, di comunicazione globale, ma a un certo punto è saltata fuori la parola «incomunicabilità », che non si sentiva più dai tempi dei film di Michelangelo Antonioni.
Letta ha accusato i grillini di incomunicabilità , temeva di vivere in diretta il dramma della frustrazione espressiva (la scena sembrava tratta da «Le sedie» di Ionesco, 1952), di essere di fronte a una sorta di nevrosi espressiva che corrode il linguaggio e le speranze, di vedere in Vito Crimi e in Roberta Lombardi il sigillo dell’incapacità  di comunicare.
E invece, prese le misure, li ha sovrastati, ha mostrato la pochezza dei quattro più quattro (gli altri che hanno parlato facevano quasi tenerezza per impreparazione e incapacità  di esprimersi).
Tra l’altro, in termini puramente retorici, il peso delle metafore questa volta ha schiacciato i grillini e Letta è stato ben attento a pascolare nel concreto.
Per i grillini senza streaming non c’è democrazia, tutto deve avvenire in diretta davanti a una telecamera.
Lo streaming è l’unica garanzia contro i sotterfugi.
Diversamente dal passato, questa volta però lo streaming non ha funzionato come caricatura della democrazia e della comunicazione: limitarsi ad avvolgere ogni rapporto sociale, a mantenere vivo il contatto fra le parti, ad accorciare le distanze, senza preoccuparsi troppo dei messaggi.
Questa volta lo streaming è servito per conoscere meglio il programma di Letta, senza le fantasie dei retroscenisti e senza complessi di inferiorità  nei confronti della presunzione.
La politica ha vinto sul velleitarismo.
Ieri sera due case sono state assalite da dubbi e inquietudini.
Nella casa della Grillo & Casaleggio Associati si sarà  discusso a lungo sulla performance di Crimi e Lombardi (da abbiocco collettivo, «scongelatevi» ripeteva loro Letta) e la voglia di cambiare i portavoce sarà  stata grande.
Nella casa del Partito democratico le lodi a Letta saranno forse risuonate anche come rimprovero a Bersani.
Par di capire che il 25 Aprile non è morto, come vuole Beppe Grillo.

Aldo Grasso
(da “il Corriere della Sera“)

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LETTA: “ORA SIAMO PIU’ VICINI AL TRAGUARDO”, LA TELEFONATA DI NAPOLITANO AL CAVALIERE

Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile

ENTRO DOMENICA LA LISTA DEI MINISTRI….SULLA “SQUADRA” E’ ANCORA SCONTRO CON IL PDL

Il premier incaricato ha capito quello che fino alla mattina ancora non dava affatto per scontato. Cioè che il governo di larghe intese partirà .
«Siamo più vicini al traguardo», confida agli amici prima di tornare a casa.
Decisivo, raccontano, è stato ancora una volta l’intervento di Giorgio Napolitano.
Che ha svegliato il leader del Pdl, dall’altra parte dell’Atlantico, per una telefonata dai toni poco diplomatici.
Era preoccupato il capo dello Stato per l’aggressività  che stava crescendo nel Pdl in sua assenza. Voleva vederci chiaro.
Capire se si trattava di un gioco al rialzo del Cavaliere, parte della trattativa, oppure se qualcuno stava provando davvero a far saltare tutto.
E visto che, dall’altra parte, Berlusconi si affannava a ripetere di non aver cambiato idea e che il governo sarebbe dovuto partire, Napolitano ha concluso con un perentorio: «Allora spiegalo ai tuoi». E così è andata.
Berlusconi ha tenuto ad assicurare personalmente il premier incaricato di non aver fatto nulla per sabotare il suo tentativo. «È stata una telefonata di incoraggiamento durata 30 secondi», ha riferito Letta.
D’altronde anche i falchi nel Pdl hanno ormai compreso che il governo avrà  la fiducia.
La inusuale presenza di Denis Verdini nella delegazione del Pdl serviva proprio per lanciare un messaggio all’ala dura, quella determinata a porre condizioni tali da far fallire l’operazione.
Invece, dietro la porta chiusa della sala del Cavaliere, i quattro del Pdl hanno trovato nel vicesegretario del Pd un interlocutore aperto e disponibile. Su tutto.
Persino sull’ipotesi di restituire l’Imu Letta non ha detto di no: «Dobbiamo lavorarci ancora, così le coperture mi sembrano un po’ deboli. Ma parliamone, l’Imu è anche una mia priorità ».
Il problema, ha fatto presente il futuro premier, è che dovremo attendere la nomina del ministro dell’Economia per verificare le cifre e le compatibilità  di bilancio.
Il problema vero, quello che ancora non è stato risolto, non riguarda però il programma bensì la composizione dell’esecutivo.
Letta infatti punta a depoliticizzare il più possibile la squadra, verso un ideale 50+50 di giovani politici ed esperti.
Parlando ai 5Stelle fa riferimento a «persone competenti, non che abbiano 40 anni di carriera alle spalle. Questo perchè, la mattina dopo, molti di quei ministeri avranno picchetti di persone che hanno perso lavoro e non si potranno fare mesi di pratica».
E tuttavia il Pdl ancora insiste su una formula di governo diversa, con nomi pesanti, per un governo «ultrapolitico»: dal segretario del Pdl ai capigruppo Brunetta e Schifani.
Il ragionamento di Alfano a Letta tira in ballo le presidenze delle Camere: «Voi avete già  piazzato Boldrini e Grasso, sul governo pretendiamo un riequilibrio. Sarebbe corretto se avessimo noi più ministri del Pd».
Una richiesta inaccettabile per Letta.
Disposto a indicare Alfano, Lupi e due ministre donne del Pdl, magari Bernini e Lorenzin. Ma niente di più.
Il bilancino prevede al momento 4 ministri del Pd (più il premier), 4 del Pdl e 2 di Scelta civica.
Ci saranno infatti, almeno nel disegno di Letta, anche delle «personalità  sfidanti», cinque o sei esperti che diano il segno di un’apertura alla società  civile.
Gli altri saranno politici della generazione anni Sessanta-Settanta.
Quanto alla postazione più problematica, quella di via Arenula, il criterio sarà  la neutralità .
«Non possiamo mettere le dita negli occhi a Berlusconi – spiega un democratico che sta seguendo la trattativa – ma nemmeno nominare un Guardasigilli che dia l’impressione ai nostri di voler dare un salvacondotto al Cavaliere».
Un nome giusto, su cui si sta riflettendo, è quello del vicepresidente del Csm Michele Vietti.
Un moderato, che ha sempre difeso i magistrati ma senza mai attaccare personalmente il leader del Pdl.
Il piano comunque è inclinato. Letta si prenderà  la giornata odierna per mettere a punto un programma e sondare ancora una volta il Pdl, in attesa di un colloquio definitivo con il Cavaliere in persona di ritorno dagli States.
Soltanto domenica salirà  al Quirinale per sciogliere la riserva e presentare la lista dei ministri, che giureranno nel pomeriggio con una cerimonia lampo.
E lunedì spazio al voto di fiducia alla Camera.
Se poi qualcosa dovesse andare storto, nel Pd stanno ragionando anche su un piano B. «Perchè con Berlusconi non ci si può mai fidare».
Napolitano manderebbe infatti Letta davanti alle Camere in ogni caso e, a quel punto, non è detto che il Pdl reggerebbe unito di fronte all’ipotesi di un voto anticipato. Insomma, basterebbe una mini-scissione di pochi senatori del Pdl per consentire al governo Letta di prendere comunque il largo.
In alternativa sarebbe il governo a guida Pd a portare il paese alle urne, con tutti i vantaggi del caso.
Nel supporto del M5S nessuno infatti spera più.
L’incontro di ieri con Crimi e Lombardi è servito a Letta per vendicare l’umiliazione di Bersani.
In diretta streaming il premier incaricato gioca con i grillini al gatto con il topo e ne approfitta per elencare le sue priorità : l’uscita dalla crisi economica, la riforma della politica e una nuova Europa.
«Sarebbe frustrante per la voglia di cambiamento che il vostro mondo ha espresso, se la vostra indisponibilità  a mescolarvi finisse per continuare a mantenere questa incomunicabilità ».
Grillo gli risponde dal blog in serata: «Con questi non ci mescoleremo mai».

Francesco Bei
(da “La Repubblica“)

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SE NESSUNO ASCOLTA LA VOCE DELLA BASE: IL LATO COMUNE DI CINQUESTELLE E PD

Aprile 26th, 2013 Riccardo Fucile

DELEGHE IN BIANCO AI CAPI CHE POI FANNO QUELLO CHE GLI PARE E SPESSO IL CONTRARIO DI QUELLO CHE HANNO PROMESSO

E allora, perchè non finirla con queste ipocrite pagliacciate? Sono ormai mesi che Grillo e il Pd fanno a gara a chi è più democratico, più trasparente nelle scelte.
Il Pd rimprovera a Grillo e Casaleggio di guidare un partito personale, una setta dove decidono i due capi, in barba allo slogan «uno vale uno».
D’altra parte, Grillo ha accusato il Pd di allestire primarie truccate, dall’esito già  deciso, in favore dell’apparato che controlla le regole.
Per mesi ci siamo chiesti chi avesse più ragione.
Ora lo sappiamo, tutti e due.
Quirinarie, parlamentarie, primarie rappresentano una stessa delega in bianco ai capi.
I quali poi sono liberissimi di fare l’esatto contrario di quanto vogliono gli elettori e i militanti. Tutti sanno che Bersani e i bersaniani hanno vinto le primarie contro Renzi per due ragioni sulle altre.
La prima è che venivano considerati «più a sinistra » rispetto al rivale, presentato come assai più disponibile nei confronti della destra in generale e di Berlusconi in particolare.
La seconda è che fra il primo e il secondo turno Bersani ha ottenuto il decisivo appoggio degli elettori di Vendola e di Sel, proprio sulla base della promessa di non accettare mai compromessi non solo con il berlusconismo, ma neppure con il centrismo rappresentato da Monti.
Ora i bersaniani stanno per varare un governo con Berlusconi e Monti.
Che si fa, si restituiscono i soldi dell’obolo al partito?
Un discorso non diverso riguarda la tecnologicamente più avanzata ma non meno truffaldina democrazia elettronica di Grillo.
Dopo il grottesco delle parlamentarie, che sono servite a mandare in Parlamento troppi sprovveduti col voto del condominio, siamo arrivati al numero da circo delle quirinarie.
L’unico voto in due turni al mondo dove prima del ballottaggio non si conosceva il risultato del primo turno.
Peraltro non ancora comunicato.
Il risultato finale, con numeri risibili, è stato reso noto quando i giochi per il Quirinale erano finiti. Forse appunto perchè i numeri erano risibili.
In compenso sulla scelta vera, l’alleanza col Pd, la base non è mai stata consultata.
La realtà  è che tutto viene deciso dai monarchi Grillo e Casaleggio.
Per giorni i grillini hanno rivolto una domanda ai dirigenti del Pd: perchè no a Rodotà ? Lamentando, a ragione, di non aver mai ricevuto una risposta.
Anche noi però abbiamo provato a fare una domanda a Grillo e Casaleggio: perchè non lanciate un referendum in rete sull’alleanza col Pd? In attesa della risposta che non è mai arrivata, vale quella che ci siamo dati da soli.
Perchè i capi avrebbero perso.
La soluzione del governissimo in corso è dunque il frutto della totale indifferenza dei vertici del Pd e di Grillo, in questo almeno uguali, nei confronti della volontà  di 18 milioni di elettori.
Nel Paese e nell’opinione pubblica una maggioranza di governo c’era, largamente maggioritaria. In Parlamento se n’è voluta trovare un’altra, che conviene alle oligarchie vecchie e nuove.
Ma che almeno ciascuno si assuma le proprie responsabilità .
E per favore, la smettano di organizzare show e di spacciarli per esercizi di democrazia.

Curzio Maltese
(da “La Repubblica”)

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