Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
IL RISCHIO DI UN ASSETTO OSTILE AL CAVALIERE CON RIPERCUSSIONI SUL GOVERNO HA CONSIGLIATO DI RIMANDARE IN EXTREMIS LA SEDUTA
La seduta della Giunta delle elezioni del Senato è stata rinviata “a data da destinarsi”. Al
momento la decisione non è stata motivata, ma tutto lascia supporre che lo slittamento sia legato alle divisioni interne al Pd.
All’ordine del giorno c’era infatti la nomina del nuovo presidente e di conseguenza il rischio di una spaccatura del partito di Guglielmo Epifani visto che uno dei primi provvedimenti che l’organismo di Palazzo Madama dovrà discutere è la proposta per le ineleggibilità di Silvio Berlusconi annunciata dal Movimento Cinque Stelle.
Quella di oggi era infatti una seduta decisiva per sondare gli equilibri politici all’interno giunta.
Il centrodestra con Lega e Gal ha infatti otto senatori.
Otto ne ha il Pd, quattro M5S, e uno Sel.
Se tiene l’asse tra il Pdl, la Lega e il Pd potrebbe essere eletto il leghista Raffaele Volpi.
Ma se una parte del Pd (ne bastano quattro) seguirà le indicazioni espresse nei giorni scorsi da Felice Casson (contrario a votare un leghista presidente), allora la Giunta avrà un altro presidente e virerà verso posizioni ostili a Silvio Berlusconi, che potrebbe essere dichiarato ineleggibile in quanto concessionario pubblico, ai sensi della legge 361 del 1957.
Conclusione al momento meno probabile, ma da non escludere a priori, tanto che il Pdl ha già messo in conto anche questo scenario con conseguenze considerate ovvie. “In questi venti anni – spiega alla Dire il presidente della commissione Giustizia del Senato Nitto Palma – Berlusconi è stato alternativamente leader politico e presidente del Consiglio. Nel 1996 la maggioranza di centrosinistra non ha ritenuto di dichiararne l’ineleggibilità . Sono passati da allora 17 anni. Mi chiedo come si possa solo pensare di far valere ora quella norma”.
La scelta della conferenza dei capigruppo di rinviare la seduta è stata contestata dal M5S. Secondo il presidente dei senatori grillini Vito Crimi “si è perso già troppo tempo per la convocazione di un organismo fondamentale. Ci sembra una forzatura”.
(da “La Repubblica“)
argomento: Parlamento | Commenta »
Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
OCCORRE SEMPRE ESSERE SCOMODI E NON RINUNCIARE ALLA DOMANDA CHE PUO’ FAR DISPIACERE… LA STRANA CONCEZIONE DI DEMOCRAZIA DEI GRILLINI
C’è un solo modo per fare il giornalista: andare dal ministro e chiedere, dall’onorevole e chiedere, dal sindaco e chiedere, dal questore e chiedere, dal padrone e chiedere, dall’operaio e chiedere, dai sindacati e chiedere.
E star lì fino a quando non si è avuta una risposta.
Poi bisogna essere onesti con se stessi e con gli altri, tenere la schiena dritta, servire possibilmente i lettori e non gli apparati.
Con questi semplici principi, ai quali aggiunge una straordinaria capacità di raccontare e denunciare le cose che non vanno, Milena Gabanelli si è guadagnata un posto d’onore tra i giornalisti bravi e scomodi, quelli che non si fanno intimidire da nessuno e non rinunciano alla domanda che può dispiacere.
Domenica sera, con un servizio inappuntabile sulla scarsa trasparenza della gestione economica del Movimento 5 Stelle, la giornalista di Report ha dimostrato una volta ancora di essere libera e imparziale anche davanti a chi l’aveva scelta come candidato al Quirinale.
Quanti introiti arrivano al blog di Grillo e Casaleggio?
Dove si possono leggere i bilanci del Movimento?
Perchè non sono state pubblicate le fatture delle spese elettorali?
Domande che piovono come sassi su un Movimento avvitato da settimane sui propri rimborsi parlamentari («Davanti a tre milioni di disoccupati, smettetela di parlare di scontrini fiscali», esorta nel finale Gabanelli).
I militanti reagiscono, e male, inondano i forum, si lasciano andare a offese e triviali volgarità , attaccano la giornalista che un tempo meritava elogi perchè «nemica dei poteri forti» e adesso, sostiene qualche anonimo blogghista, «viene richiamata all’ordine».
A dire quel che è giusto dire ci si fa qualche nemico, ma ne vale sempre la pena, diceva Enzo Biagi.
Chi è stato eletto dai cittadini deve rispondere di quel che fa, ovunque sia e chiunque sia: il mestiere di giornalista non contempla amicizie interessate o casi di coscienza. Per questo il servizio di Milena Gabanelli invece di irritare dovrebbe far riflettere e pensare tutti quelli che chiedono agli altri trasparenza e non riescono ad averla in casa propria.
La libertà è un esercizio che si misura anche nei comportamenti: Report e Gabanelli sono cani da guardia senza collare; nel Movimento 5 Stelle si vedono ancora tanti guinzagli.
Giangiacomo Schiavi
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: Grillo | Commenta »
Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
LA PARTITA DA 12 MILIARDI CON LA COMMISSIONE È SOLO ALL’INIZIO
Scordatevi l’Imu e l’Iva, il dossier decisivo per Enrico Letta è quello della procedura di
infrazione per deficit eccessivo che la Commissione europea chiuderà il 29 maggio.
Quella data, però, è l’inizio e non la fine di un negoziato che vale tra i 10 e i 12 miliardi.
Soldi che possono cambiare il destino del governo.
NEL Pd il sindaco di Firenze Matteo Renzi attacca (il suo partito ed Enrico Letta): “Intervenire sull’Imu è una cambiale che si paga all’accordo con Berlusconi”.
Gli risponde il segretario Guglielmo Epifani che “non è un regalo a nessuno ma al buon senso” (ben pochi economisti concordano). Scaramucce che servono anche a nascondere il primo grosso fallimento in arrivo per il governo, l’aumento di un punto dell’Iva a luglio, come previsto dalle ultime manovre del governo Berlusconi.
Non ci sono i 2 miliardi (4 nel 2014) per evitarlo.
Ma tutto questo quadro potrebbe cambiare se le cose andassero come Letta e il ministro per gli Affari europei Enzo Moavero sperano.
Molto dipende dal Consiglio europeo del 27 e 28 giugno, anche di questo ha parlato ieri il premier in un colloquio telefonico con il presidente americano Barack Obama, concorde con l’Italia sulla “attenzione prioritaria alle politiche volte a fronteggiare la disoccupazione giovanile”. Messaggio in codice per dire che gli Stati Uniti sostengono l’Italia nelle sue richieste al Consiglio di giugno dedicato alla disoccupazione giovanile.
In Italia ci sono 10-12 miliardi di euro (per uno di quei misteri tipici della contabilità pubblica la somma dipende dal metodo di calcolo) già in bilancio ma che non possono essere spesi.
Sono quote di cofinanziamento, che affiancano risorse europee (in percentuali variabili).
Finchè l’Italia è vittima della procedura di infrazione aperta nel 2009, usare quei soldi significa far aumentare il deficit.
La rigidità dei vincoli europei prevede infatti che per i Paesi sulla lista nera anche gli investimenti vengano trattati come fossero spesa corrente.
Dal 29 maggio l’Italia uscirà da questa cappa.
“Ma non c’è alcun automatismo”, spiegano fonti ministeriali.
Il tesoro da 10-12 miliardi è già impegnato, frammentato in mille rivoli concentrati nelle quattro Regioni “obiettivo convergenza”, cioè Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
La sfida per il governo Letta è poter accedere a quelle risorse e “riprogrammarle” in modo da assicurare che siano spese subito e per contrastare la crisi.
Ogni spostamento di un euro dovrebbe essere concordato con Bruxelles , visto che le risorse nazionali si muovono agganciate alla quota di cofinanziamento europeo.
Un processo lunghissimo, che farebbe partire gli interventi forse nel 2015, troppo tardi.
Bisogna quindi fissare regole chiare ex ante e poi cominciare subito a spendere.
Al Consiglio europeo di un anno fa, quello in cui Mario Monti convinse Angela Merkel ad approvare lo scudo anti spread, la Commissione europea ottenne mandato a preparare una lista di voci da classificare come investimenti, cioè finanziabili senza far aumentare il deficit.
La proposta di “golden rule” (la regola d’oro) sarà presentata dalla Commissione al Consiglio di giugno.
E quello sarà il primo passo.
Poi il Consiglio — cioè i governi nazionali, cioè la Germania — dovrà decidere se recepire i suggerimenti della Commissione.
I tecnici dei ministeri competenti già prevedono come finirà : prima delle elezioni d’autunno in Germania non si muoverà nulla.
Solo dopo la riconferma della Merkel i tedeschi potranno fare qualche concessione.
Tra fine 2013 e inizio 2014 il governo Letta potrà avere il via libera a spendere qualcosa.
Il Consiglio europeo di fine giugno potrebbe però almeno fissare come priorità gli investimenti contro la disoccupazione giovanile, accelerando un po’ i tempi.
Ma il negoziato per l’Italia resta lungo.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: economia, Europa | Commenta »
Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
LE PROIEZIONI DEI RISULTATI DI FEBBRAIO CON ALTRI SISTEMI ELETTORALI: STESSA INSTABILITA’
Che cambiare legge elettorale sia una priorità lo dicono tutti da tempo.
È sul come che si presenta, puntuale, lo stallo di sempre.
Nel tentativo di garantire la messa in sicurezza di un sistema di voto diverso dall’attuale – come assicurato dal premier Enrico Letta – Palazzo Chigi starebbe lavorando in questi giorni a un Porcellum «corretto»: alzare la soglia di sbarramento intorno al 40% per accedere al premio di maggioranza oppure eliminare definitivamente un bonus che entro la fine dell’estate la Consulta potrebbe giudicare incostituzionale.
Ma, a febbraio, come sarebbero andate le elezioni se non ci fosse stato il premio di maggioranza?
La risposta arriva da Labor Ele – il centro di analisi elettorale dell’Università di Roma Tre guidato dai docenti Antonio Agosta (Scienza della politica) e Nicola D’Amelio (Tecniche di analisi elettorale) – e la simulazione per la Camera ha fornito risultati decisamente sconfortanti ai fini della governabilità del Paese: la coalizione di centrosinistra, che alle Politiche ha ottenuto 340 seggi, ne avrebbe conquistati 192 (così ripartiti: Pd 165, Sel 21, Centro democratico 3, Svp 3); il centrodestra, che al voto si è assicurato 124 seggi, ne avrebbe contati 191 (Pdl 149, Lega 28, Fratelli d’Italia 14); il Movimento 5 Stelle, 108 seggi acquisiti dalle urne, sarebbe arrivato a quota 167 e si sarebbe confermato il primo partito; la coalizione guidata da Mario Monti, 45 seggi a febbraio, ne avrebbe incassati 67 (Scelta civica 55, Udc 12).
Una maggioranza impossibile da assicurare a Montecitorio a meno di non procedere sulla strada delle larghe intese, come spiega il professor Agosta: «Si sarebbe dovuto far ricorso a una grande coalizione: con il Porcellum senza premio di maggioranza l’unico modo per assicurare un governo all’Italia sarebbe stato promuovere un’alleanza tra il Partito democratico e il Popolo della libertà oppure far sì che il centrosinistra o il centrodestra si risolvessero a un’alleanza con il Movimento 5 Stelle».
Lo scenario non sarebbe cambiato neanche andando a votare con il Mattarellum: la simulazione di Labor Ele, anche in questo caso, ha evidenziato il rischio governabilità : 259 seggi per il centrodestra, che avrebbe ottenuto la maggioranza relativa e costituito in Aula il gruppo più numeroso senza però poter contare sulla metà più uno degli eletti e quindi sulla maggioranza assoluta necessaria a ottenere la fiducia; 235 seggi per il centrosinistra; 108 seggi (come l’effettivo risultato elettorale) per i Cinque Stelle e 15 seggi per la coalizione di Monti.
«Anche qui uno spaccato di totale instabilità – conclude il professor Agosta –. Ritornando alla realtà politica attuale, e in base ai nostri studi, l’unica soluzione possibile oggi sarebbe quella di riformare la Costituzione per consentire a Camera e Senato di procedere su binari differenti, consentendo soltanto all’aula di Montecitorio il potere di conferire e revocare la fiducia all’esecutivo».
Elsa Muschella
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: elezioni | Commenta »
Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
DALLA GIUNTA DELLE ELEZIONI PASSANO LE RICHIESTE DEI PM
Lotteranno fino alla fine, come si conviene quando c’è di mezzo un pezzo di legalità da
difendere, ma la partita appare persa.
La giunta per le elezioni e le immunità parlamentari del Senato — organismo particolarmente delicato in questa legislatura perchè da lì passeranno le prossime richieste dei magistrati per i futuri tasselli dei processi che riguardano non solo Silvio Berlusconi, ma anche Denis Verdini e molti altri indagati/imputati illustri a Palazzo Madama come Roberto Formigoni — potrebbe avere un presidente leghista.
Alla fine, nonostante la battaglia condotta da Sel, che avrebbe voluto alla presidenza Dario Stèfano, quella poltrona è a un passo dal finire nelle mani di una finta opposizione, il Carroccio appunto.
Che, in quanto astenuto sul voto di fiducia al governo Letta, un voto che al Senato vale come contrario, è considerato opposizione, quindi con le carte in regola per ambire alla presidenza della giunta.
Salvo colpi di scena (auspicabili, ma difficili), questa sera la Lega potrebbe già avercela fatta.
Il candidato alla carica è Raffaele Volpi, senatore molto vicino a Giancarlo Giorgetti (il “saggio” leghista alla corte di Napolitano con idee di correre come segretario nel prossimo corso della Lega), ma soprattutto uomo di Roberto Calderoli; l’autore del Porcellum ne seguirà da vicino i primi passi.
Lo vuole Berlusconi.
Il segretario della Lega, Roberto Maroni, ha infatti fatto sapere ai diretti interessati (Berlusconi, Verdini e, appunto, Calderoli) di voler rimanere estraneo alla lotta per la conquista della poltrona; Volpi, dopotutto, non è uno dei suoi.
Difficile capacitarsi di una simile dèbà¢cle, soprattutto dopo quanto avvenuto, poco più di dieci giorni fa alla Camera, quando Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia è diventato presidente dell’omologa giunta a Montecitorio.
Eppure, anche in questo caso, come in quello precedente, da parte del Pd non c’è stata alcuna levata di scudi. Anzi.
La presidenza della giunta per le immunità è stata trattata all’interno del pacchetto delle presidenze spettanti alle opposizioni (le cosiddette commissioni di garanzia) insieme al Copasir e alla Vigilanza Rai.
Il raggiungimento dell’obiettivo giunta, da parte della Lega, nasce da lontano.
E grazie alla sagacia e alla conoscenza dei regolamenti di Roberto Calderoli.
Fu lui a suggerire a Maroni di far astenere i senatori leghisti sul voto al governo, proprio per non rompere l’asse con il Pdl, ma in modo da essere considerati opposizione al momento della divisione delle poltrone “di garanzia” delle commissioni.
Per Berlusconi, infatti, è fondamentale avere il controllo della giunta.
Calderoli, dunque, promise al Cavaliere che avrebbe fatto il possibile per spuntarla.
“Abbiamo fatto anche noi il possibile — racconta, non senza amarezza, un senatore del Gruppo misto, vicino a Sel — ma ci siamo trovati davanti a un accordo granitico fatto da Calderoli e Berlusconi a cui il Pd ha deciso di soggiacere. E non riusciamo a capire perchè”.
Inutile, infatti, inneggiare all’incandidabilità di Berlusconi, come nei giorni scorsi ha fatto più volte il Pd con Luigi Zanda, quando poi una battaglia così importante come quella della giunta per le elezioni non viene portata avanti con convinzione.
Il malumore nel Pd, comunque, è molto alto.
Questa mattina ci sarà l’ultima riunione dei democratici, quella definitiva, per cercare di evitare che il gruppo si spacchi al momento del voto, cosa che appare invece inevitabile.
Quel che temono, però, sia i democratici sia il Pdl, è che alla fine, in caso di grosso caos nel Pd, la presidenza possa finire (alla quarta votazione, cioè quando cala il numero dei voti necessari) nella disponibilità dei grillini, in particolare di Vito Crimi, capogruppo M5S al Senato.
Una vera beffa per il Cavaliere che non lo perdonerebbe mai al Pd. Con conseguenze sul governo. Non di forma, stavolta, ma di sostanza.
La battaglia, al momento, appare persa.
A meno di uno scatto d’orgoglio finale del Pd che, però, non pare nell’aria.
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
CRESCE NEL PD IL DISSENSO PER GLI ACCORDI DI VERTICE
Ci risiamo. Pure per eleggere il presidente della Giunta per le elezioni e le immunità il Pd rischia un nuovo caso Francesco Nitto Palma: i vertici del gruppo e del partito s’accordano col centrodestra su un nome gradito al Cavaliere, gli eletti — evidentemente incapaci di arrendersi alla realpolitik — contraddicono quell’intesa.
Nel caso specifico, anche con l’accordo dei vertici democratici, il favorito è Raffaello Volpi, dirigente leghista da Brescia.
Pure stavolta però, chi dovrebbe effettivamente eleggerlo, non ci pensa nemmeno: “Io di certo un leghista non lo voto”, ci spiega al telefono Felice Casson, ex magistrato e senatore alla terza legislatura, già tra i protagonisti dell’ammutinamento in commissione Giustizia che stava per far saltare il governo Letta.
Senatore, ci risiamo
Per una prassi consolidata che deriva da motivi che direi ovvi, la presidenza della Giunta spetta all’opposizione e la Lega non ha votato contro il governo.
Vabbè, il Carroccio si è astenuto
Appunto, si è astenuto e in commissione Giustizia coi suoi due voti ha fatto eleggere l’ex ministro berlusconiano Nitto Palma. Per quanto mi riguarda in Senato ci sono solo due partiti di opposizione: Sel e Movimento 5 Stelle.
Anche fra loro non c’è accordo sul presidente: lei chi preferisce?
Non è una cosa che spetta a me decidere, spero che un nome unico verrà indicato dalle opposizioni.
I suoi colleghi del Pd in Giunta sono d’accordo con lei?
Non saprei, non ci siamo ancora riuniti.
Risulta che i vertici del suo gruppo abbiano dato via libera a Volpi.
Nessuno mi ha fatto sapere niente. Quando e se dovessero comunicarcelo faremo le nostre osservazioni.
Insomma, si va verso un nuovo caso Nitto Palma?
Glielo ripeto: io un funzionario di partito della Lega non lo voto.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: PD | Commenta »
Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
SI INSEDIA LA GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONI, SCONTRO SUL PRESIDENTE…IL CONFLITTO DI INTERESSE
Il timer di quella bomba a orologeria chiamata “ineleggibilità di Silvio Berlusconi” sarà
innescato alle 14 di oggi, nella prima riunione della Giunta per le elezioni e le immunità , dedicata all’elezione del presidente.
«Non aspetteremo un minuto per sollevare la questione», dice il capogruppo dei 5 stelle al Senato Vito Crimi.
Il Movimento ha tutto l’interesse a cavalcare una battaglia che fa male al Pdl e mette il Pd in un angolo, e comincerà a farlo subito, partendo dal rivendicare la presidenza della Giunta.
O comunque, cercando di impedire che vada alla Lega, al senatore Raffaele Volpi, sul cui nome gli altri partiti si sarebbero già accordati.
«Per prassi la presidenza deve andare all’opposizione — dice d’un fiato il senatore stellato Michele Giarrusso — ma loro vogliono scegliersi l’opposizione che fa più comodo, come hanno fatto alla Camera, dove hanno eletto presidente addirittura Ignazio La Russa, che in giunta non avrebbe dovuto neanche esserci visto che Fratelli d’Italia non ha i numeri per fare un gruppo autonomo. Se queste sono le scelte, se si vuole dare quel ruolo a qualcuno che è di certo più amico di Berlusconi di noi, un motivo ci sarà ».
E però, avverte lo stesso Giarrusso, «so che parte del Pd non è d’accordo con questa impostazione. Qui democratici, M5S e Sel hanno la maggioranza. I numeri per impedire questo abominio ci sono tutti».
Felice Casson, senatore pd, ricorda che «la Lega al Senato non può essere considerata opposizione, visto che si è astenuta sul voto di fiducia al governo », e per questo non crede le spetti la presidenza.
Questione nient’affatto irrilevante, perche se il voto del presidente vale come quello degli altri, il suo ruolo è fondamentale per decidere i tempi e organizzare un lavoro lungo e complesso.
La Giunta deve esaminare tutti i casi di incompatibilità , incandidabilità e ineleggibilità .
Di solito ci si divide a livello territoriale, a ogni commissario vengono affidati i casi di una regione differente (nel caso di Berlusconi si tratta del Molise).
Le pratiche vengono istruite presso il “comitato cariche”, di cui fanno parte un numero ristretto di commissari e che di solito è presieduto da uno dei vicepresidenti. Lì si fa una sorta di istruttoria, alla fine della quale il relatore fa il suo rapporto e la giunta vota.
A quel punto, nel caso dicesse sì all’ineleggibilità di Berlusconi, ci sarebbe una “procedura di contestazione”, un “processo” per il quale il Cavaliere avrebbe diritto a portare avvocato e testimoni.
Al termine la Giunta rivota di nuovo, dopodichè la questione passa all’esame dell’aula.
Se pure tutto venisse fatto in modo molto rapido, e non accade mai, passerebbe almeno un mese prima dell’arrivo in aula. Il che dimostra quanto conti chi decide i tempi.
Poi c’è il problema politico. Il Pd sembra orientato a dare ai commissari libertà di coscienza, un’arma che potrebbe rivelarsi a doppio taglio visto che il partito è diviso tra chi pensa che sia ora di dire le cose come stanno, e cioè che Berlusconi è proprietario de facto di Mediaset e quindi non avrebbe mai dovuto essere eletto, e chi crede che dopo 20 anni questa battaglia sia insensata.
Doris Lo Moro, senatrice democratica in Giunta, ieri a Un giorno da pecora è stata chiara: «Come cittadina penso che non sia il caso di avere nè un deputato nè un premier in condizioni di evidente incompatibilità , ma un altro conto è l’applicazione della legge che richiede serietà e serenità ».
Fuori dal Senato Matteo Renzi pensa che l’intera vicenda sia un regalo a Berlusconi: «Te ne accorgi ora che fa politica da 19 anni? Se vuoi vincere le elezioni non puoi squalificare gli altri. Devi prendere il loro voto o gli italiani ti beccano ».
Comunque vada, le conseguenze non sarebbero da poco.
Se l’ineleggibilità di Berlusconi passasse in giunta, e addirittura in aula, il Pdl toglierebbe immediatamente l’appoggio al governo Letta.
Se non passasse, e le larghe intese restassero in piedi, il Pd avrebbe qualcos’altro da spiegare a una parte dei suoi elettori.
Annalisa Cruzzocrea
(da “La Repubblica“)
argomento: Berlusconi, Parlamento | Commenta »
Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
TRA GLI “INVITI A DEDURRE” CI SONO, OLTRE I SINGOLI CONSIGLIERI, ANCHE I PRESIDENTI DEI GRUPPI PDL PAOLO VALENTINI E LEGA STEFANO GALLI CHE DOVEVANO GESTIRE I FONDI
Per ora tocca al Pdl e alla Lega m aa breve i conti salati arriveranno anche agli altri gruppi consiliari del Pirellone.
La Procura della Corte dei Conti della Lombardia, infatti, ha emesso inviti a dedurre nei confronti di consiglieri regionali che nella passata legislatura facevano parte di Pdl e Lega, contestando danni erariali per quasi 500 mila euro a carico dell’amministrazione regionale.
Le attività investigative, coordinate e dirette dal Procuratore regionale Antonio Caruso e dal sostituto procuratore Adriano Gribaudo, e condotte dalla Guardia di Finanza di Milano, hanno consentito di tirare le somme dopo l’inchiesta della Procura di Milano che ha iscritto nel registro degli indagati 40 consiglieri di centrodestra.
Tra i destinatari ci sono oltre ai singoli consiglieri regionali beneficiari dei rimborsi, anche i presidenti dei gruppi consiliari interessati (Paolo Valentini per il Pdl e Stefano Galli per la Lega, ndr) cui era affidato il compito e la responsabilità di gestire i fondi attribuiti ai gruppi stessi.
Già lo scorso 13 maggio i magistrati contabili avevano contestato oltre un milione di euro di fondi utilizzati in modo irregolare dai gruppi consiliari della Regione Lombardia nel 2012, su un totale di 3 milioni 736mila euro utilizzati dai consiglieri della passata legislatura.
L’ufficio di presidenza della Regione aveva deciso di sospendere l’erogazione dei 220.212 euro stanziati per il trimestre aprile-giugno del 2013.
Nell’inchiesta della Procura di Milano sulle presunte spese pazze al Pirellone si contano però 91 ex consiglieri perchè l’indagine ha messo in luce irregolarità anche tra i consiglieri dell’oppsizione Sel, Pd, Idv e anche Udc.
argomento: LegaNord, PdL | Commenta »