Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
RABBIA DEI MILITANTI DOPO IL CROLLO ALLE AMMINISTRATIVE: “QUANDO POTEVATE GOVERNARE E CAMBIARE L’ITALIA NON LO AVETE FATTO”
Sul blog di Beppe Grillo è “tsunami” di commenti al vetriolo per il flop elettorale di M5S: i followers cinquestelle se la prendono anche con il loro leader, come fa Fabio Z. da Carsoli che, senza girarci intorno, gli scrive «Caro Beppe, adesso il vaffa te lo devi prendere tu».
«Bla bla bla bla bla, e poi quando potevate governare e cambiare il paese non lo avete fatto, per cosa credete la gente vi abbia votato? Per giocare alle belle madamine? Come previsto ora avete un terzo dei voti, così sarete contenti, – scrive Agostino I. – Siete riusciti a far tornare in auge Berlusconi. Grazie, davvero grazie, tornerò certo a votarvi, così potrete continuare con le vostre vuote dissertazioni. Nessuno vi ha spiegato che nella vita vi sono delle priorità , e che a volte meglio scegliere il male minore anzichè suicidarsi?».
Francesco Barresi ce l’ha con la strategia comunicativa del movimento e sostiene che «Bisogna andare in tv, altrimenti il massacro mediatico continuerà all’infinito. Se non si vuole andare nei talk, andate ad interviste faccia a faccia…ma andateci!».
«Beppe, Roma è un brutto segnale, – sottolinea Nino C. – digli a quei 4 stronzi che abbiamo mandato in Parlamento di cambiare attitudine: che rispettano i patti, e si mettano a lavorare. Seriamente. Ricordagli che sono dei miracolati di San Grillo!!». Preoccupato per il futuro il commento di Francesco Ruggiero: «Ragazzi ,le proiezioni sembrano impietose, come facciamo, tutti si schifano ma continuano a votarli! Io non capisco come faremo a cambiare le cose?».
Ce ne è anche per i portavoce Vito Crimi e Roberta Lombardi che non passano indenni dalla sollevazione della base grillina.
«Non ci siamo ancora accorti degli errori macroscopici che stiamo commettendo nella fase comunicativa», scrive Antonio Filigheddu.
«Non si deve parlare con i giornalisti? Non sono d’accordo ma mi adeguo – prosegue – poi sabato 25 maggio 2013 vedo l’intervista su “Oggi”, corredata di servizio fotografico, dei due portavoce Crimi e Lombardo. Vi ricordate la pubblicità delle calze bianche e corte indossate ad un appuntamento galante? Medesimo effetto! Punti persi -200. percentuale persa alle urne… un’infinità !.»
(da “La Stampa”)
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Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
DA QUANDO SONO IN PARLAMENTO I CINQUESTELLE HANNO AVUTO UNA SOLA STRATEGIA: ATTACCARE IL PD E SALVARE BERLUSCONI… E L’ELETTORATO SI STA ACCORGENDO DEL BLUFF PER CONTO TERZI
Siamo tra i pochi, a destra, ad aver aperto un fronte anti-grillino ancorato al concatenarsi di
fatti precisi, avendo seguito, non fosse altro perchè l’abbiamo visto nascere nella nostra città , la genesi del movimento Cinquestelle.
Una premessa: non discutiamo la buona fede della base, denunciamo la strategia dei vertici, che è cosa ben diversa.
Se è vero che il nucleo iniziale dei Cinquestelle era composto da persone animate dalla volontà di reale cambiamento, la crescita del Movimento è stato caratterizzato da scelte precise: allontanamento dei “puri”, progressivo passaggio di consegna a riciclati con provenienze varie (persone che politica l’avevano in realtà gia fatta in vari movimenti, non certo neofiti), accreditamento di una corte dei miracoli e di norme interne degne del Comintern, mancanza assoluta di democrazia.
Non a caso il denominatore comune dello “stare insieme” è stato trovato nel riciclaggio di battaglie altrui: dal No Tav al No Euro, dalla lotta anticasta a quella del taglio dei costi dei partiti.
Tutte lotte portate avanti da anni da altri Movimenti di base, sia di destra che di sinistra, di cui si è fatto un mix populista per poter vendere un prodotto appetibile a tutti.
Tale sintesi ha trovato nel comunicatore Casaleggio l’assemblatore che ha preparato l’imballaggio e in Grillo l’attore più capace di portarla in scena.
Essendoci negli Italiani “fame di legalità e di lotta al privilegio”, il ben miscelato prodotto ha trovato molti acquirenti, come era logico e giusto.
Ma a questo punto il giocattolo che doveva semplicemente tenere “congelato” il voto di protesta di milioni di italiani (per conto terzi) è sfuggito di mano ai suoi burattinai: ricordate il timore di Grillo, alla vigilia delle politiche, di prendere troppi voti e la paura di doverli poi gestire in fase propositiva?
Qualsiai altro partito avrebbe messo sul tavolo le proprie richieste programmatiche e trattato per un governo che ne recepisse almeno tre su dieci.
Non è stato fatto per due ragioni: la prima, secondaria, è che si sarebbe trattato di proposte talmente campate in aria, demagogiche e dai costi spropositati che avrebbero fatto saltare l’economia del nostro Paese a livelli peggiori della Grecia.
La seconda, più inconfessabile, è che il vertice ha pilotato i gruppi alla predefinita madre di tutte le battaglie: attaccare il Pd e salvare Berlusconi.
Qualcuno obietterà : ma come, se i grillini vogliono addirittura l’ineleggibilità di Berlusconi…
Palle, per un motivo molto semplice: Berlusconi, in base alla normativa vigente, non è ineleggibile perchè non è legale rappresentante delle sue emittenti.
Che poi lo sia di fatto, per la legge conta meno che zero, la norma vigente è quella: la presunta battaglia grillina per la sua ineleggibilità è solo un bluff che non reggerebbe al primo ricorso alla Suprema Corte.
E questo i Cinquestelle lo sanno benissimo, usano l’argomento solo per i gonzi cui carpiscono il voto in funzione anti-cavaliere, salvo poi rendergli ogni tipo di servigio dietro le quinte.
Eccoli in suo soccorso, con la loro presunta intransigenza, contro Bersani che non voleva le larghe intese, eccoli nel rifiutare un dialogo con il Pd come avrebbe voluto il 60% del loro elettorato, eccoli reprimere il dissenso interno che avrebbe potuto portare a discutere le parole d’ordine del duo G & C, eccoli uniformarsi al Pdl su temi come l’ immigrazione, eccoli nel non sottolineare per nulla la lotta all’evasione fiscale come una priorità , eccoli strizzare l’occhio ai leghisti nel nord est.
E, caso strano, anche le collaudate “macchine del fango”, brevettate dai media vicini al Cavaliere, non arrivano mai a chiedere che G & C rendano pubblici gli introiti milionari del blog che, essendo organo del Movimento, dovrebbero essere destinati al Movimento stesso e non a privati.
Grillo ha eseguito il mandato ricevuto: permettere l’inciucio di Silvio con il Pd, garanzia di altri due anni di compromessi a tutela degli interessi propri e del Cavaliere.
Uno continuerà a fare il finto rivoluzionario, l’altro il finto statista.
Ma il voto di oggi e la perdita di metà dei consensi alle amministrative rappresenta il segnale che molti italiani hanno cominciato a capire che non basta mandare avanti degli sprovveduti che discutono un mese di diarie, salvo tenersele, per coprire una regia occulta e interessata ai propri giochi di potere.
Non a caso le alternative a Berlusconi oggi sono Grillo e Renzi: Silvio non solo è riuscito a mantenere saldo il proprio potere, ma si è anche scelto gli oppositori più congeniali ai suoi affari.
Geniale, ammettiamolo.
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Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
IN 14 SU 16 COMUNI CAPOLUOGO IN VANTAGGIO IL REDIVIVO CENTROSINISTRA CHE PASSA AL PRIMO TURNO A PISA, MASSA E VICENZA
Il bipolarismo, sospeso sul piano nazionale con il governo di larghe intese, rinasce a livello locale.
E’ questo, in estrema sintesi, il risultato del primo turno delle elezioni amministrative. Il centrosinistra è in vantaggio in quattordici su sedici fra i comuni capoluogo interessati dal voto.
A Roma, e in tutte le principali città in cui i cittadini sono stati chiamati alle urne, i ballottaggi sono tutti, o quasi, fra Pd e Pdl.
Con l’eccezione significativa di Treviso e Lodi, tradizionali ‘feudi’ della Lega, dove il candidato del Carroccio dovrà vedersela con quello del centrosinistra.
Per Nichi Vendola è tempo di brindare: “Oggi il centrosinistra risorge nelle città – commenta il leader di Sel – nella prima prova dopo lo schianto, si dimostra capace di essere un’alternativa credibile”.
Una sfida che richiama alla mente quanto è successo alle regionali in Friuli Venezia Giuli, dove la candidata del Pd Debora Serracchiani ha avuto la meglio sul governatore uscente Renzo Tondo, sostenuto da una coalizione Pdl-Lega.
“Io e Marino abbiamo vinto nonostante il Pd”, commenta infatti la governatrice friulana a Repubblica Tv .
Era il 22 aprile e la vittoria della candidata democratica fu un vero e proprio miracolo due giorni dopo la tumultuosa assemblea dei parlamentari sul tradimento di Romano Prodi, candidato al Quirinale.
Tempi non meno agitati di quelli attuali, visto che c’è un governissimo e il voto di Roma premia proprio un candidato che del no all’alleanza con il Pdl ha fatto una battaglia elettorale.
Da parte sua Gianni Alemanno ostenta ottimismo: “La partita è aperta – dice – ora riportiamo al voto gli astenuti”.
E dà la colpa al derby Roma-Lazio per la finale di Coppa Italia, che avrebbe “distratto e irritato” gli elettori (video).
Anche Silvio Berlusconi, che ci ha messo la faccia per dare la volata al sindaco uscente e non è certo soddisfatto dei risultati, minimizza la portata del voto locale: le amministrative non hanno nulla a che vedere con il governo, è la riflessione del Cavaliere, anzi semmai sono la riprova della necessità che l’esecutivo prosegua il suo lavoro e vari quanto prima i provvedimenti ‘choc’ sull’economia, a partire da Imu, Iva, Equitalia e lavoro dei giovani.
Crollo dei 5 Stelle.
L’altro dato da registrare è il tonfo del Movimento 5 stelle, su cui pesa il silenzio di Beppe Grillo. A Roma Marcello De Vito ottiene uno stentato 12,6% (ed è il miglior dato nazionale, in media nelle altre città non ha superato il 10%), sdrammatizza la sconfitta (parla di un “calo non vistoso”) e attribuisce il calo di consensi al poco spazio avuto su giornali e tv (video).
In nessun comune il candidato del M5S raggiunge il traguardo del ballottaggio.
La base del Movimento protesta sul web: “Inutile girarci intorno, abbiamo preso una batosta”, scrive un militante sul blog di Grillo.
E il suo è il commento il più votato.
Ma è il governatore del Lazio Nicola Zingaretti a individuare il nodo del problema: “Il M5S è quello che più ha tradito le attese dei suoi elettori che avevano chiesto un’istanza di cambiamento. È evidente che c’è qualcosa che non va nella la sintonia tra chi lo vota e chi lo dirige”.
Anche se Ignazio Marino, in vantaggio in questa prima tornata, non chiude la porta ai grillini: “C’è voglia di cambiamento a Roma – dice – ma abbiamo temi in comune con il M5S”.
Il voto città per città .
La conta dei voti è a metà strada in quasi tutte le città interessate dalle elezioni. A Roma il 9 e 10 giugno i cittadini saranno chiamati a scegliere tra Ignazio Marino, che a questa prima tornata ha ottenuto il 43,1% e Gianni Alemanno, fermo al 30,2%.
A Brescia, testa a testa fra Emilio Del Bono (centrosinistra) e Adriano Paroli, entrambi al 38,3%.
A Vicenza, invece, netta affermazione del centrosinistra: Achille Variati, con il 54,7%, vince al primo turno contro la pasionaria leghista Manuale Dal Lago (27,2%). A Siena, nonostante lo scandalo del Monte dei Paschi, si afferma il candidato sindaco del Pd Bruno Valentini che con il 41,3% ha la meglio su quello del centrodestra Eugenio Neri (22,7%).
A Massa Alessandro Volpi (Pd) è sindaco con il 54,03% contro il 17,42% di Gabriella Gabrielli, sostenuta da Udc e Scelta Civica.
A Pisa è certa la vittoria del candidato del Pd Marco Filippeschi con il 52,9% contro il 12,9% dello sfidante del Pdl Franco Mugnai.
A Treviso, come già anticipato all’inizio, Giovanni Manildo (Pd) è in vantaggio con 45,1% sul candidato della Lega Giancarlo Gentilini (33%).
Situazione simile anche a Lodi, dove Simone Uggetti del Pd vince con il 44,5% contro la leghista Giuliana Cominetti, ferma al 33, 45.
A Imperia il democratico Carlo Capacci con il 46,73% ha la meglio su pidiellino Erminio Annoni (28,81).
Nella città ligure è emblematico anche il crollo del M5S, passato dal 33,6% delle politiche ad appena l’8,8% delle amministrative.
A Isernia vince invece con il 51,5% Luigi Brasiello, candidato per una lista civica sostenuta da centrosinistra, Udc.
A Barletta, l’ex portavoce del presidente Napolitano Pasquale Cascella, candidato con il Pd, è in vantaggio con il 42,5% sul concorrente di centrodestra Giovanni Alfarano (22,9%).
Infine ad Ancona è ballottaggio fra Valeria Mancinelli del Pd (37,3%) e Italo D’Angelo del Pdl (20,57%).
(da “La Repubblica“)
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Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
SECONDO PIEPOLI MARINO E’ AL 40,8%, ALEMANNO AL 31,1%, DE VITO AL 12,8%, MARCHINI AL 9,4%… SECONDO TECNE’ MARINO 42,6%, ALEMANNO 28,3%, DE VITO 12,8%, MARCHINI 11,4%
Questa sera Roma non avrà un nuovo sindaco – nessuno dei 19 candidati alla poltrona più
importante del Campidoglio ha infatti superato la soglia del 50% al primo turno – ma Gianni Alemanno dovrà affrontare il ballottaggio partendo in svantaggio rispetto al candidato di centrosinistra Ignazio Marino.
E’ quanto emerge dalle prime due proiezioni dell’Istituto Piepoli per la Rai (copertura del 15,5%) che assegnano all’ex senatore del Pd il 40,8% dei consensi, contro il 31,1% del primo cittadino uscente (la proiezione Tecnè per Sky assegna invece a Marino il 42,6% e ad Alemanno il 28,3%).
Dati dunque assolutamente provvisori ma che danno un’idea della tendenza.
Il primo partito che esce da questo giro di elezioni amministrative è in ogni caso quello del non voto: solo il 52% circa degli aventi diritto si è recato alle urne a Roma, con un calo medio del 20% rispetto alla precedente tornata omogenea.
Il fantasma dell’astensione si aggira dunque per la capitale e per gli altri 15 capoluoghi in cui si è votato per il rinnovo del sindaco.
Se le proiezioni dell’Istituto Piepoli per la Rai fossero confermate, il Movimento Cinque Stelle registrerebbe un forte calo anche a Roma.
Perderebbe infatti circa il 15 per cento rispetto ai consensi ottenuti alle elezioni politiche di febbraio.
Il candidato del M5s Marcello De Vito è al 12,8% mentre alle Politiche il movimento aveva raggiunto il 27,27%.
Tra gli altri candidati in corsa va segnalato il risultato di Alfio Marchini che alla guida di una lista civica ha ottenuto un 9,4% che saranno ora spendibili per un eventuale apparentamento al secondo turno.
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Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
LA LISTA DI GRILLO PASSA DAL 18,5% AL 6,6%… LIEVE FLESSIONE DEL PD, SPROFONDA IL PDL
Il risultato delle elezioni regionali in Val d’Aosta premia Union Valdà’taine e Union Valdà’taine Progressiste, che raccolgono rispettivamente il 33,47 e il 19,21% dei voti: insieme, avranno 20 dei 35 seggi a disposizione. Cinque anni fa correvano insieme, e raccoglievano il 44,39%.
POCO ASTENSIONISMO
L’elezione di domenica non ha esaltato, come invece sembra avvenite nel resto del Paese, l’astensionismo. Su 102.633 elettori aventi diritto, si sono presentati ai seggi in 74.955 (73,03%) a fronte di una media nazionale molto più bassa.
Rispetto alle elezioni politiche di fine febbraio sono andati persi 2.214 voti espressi (allora la percentuale di votanti, riferita alla Camera che ha lo stesso bacino d’elettori rispetto alla Regione, fu del 76,96%).
M5S E UNION VALDà”TAINE
Due soli partiti erano in corsa in entrambe le elezioni del 2013: l’Uvp, che perde circa 4.000 voti (e si assesta al 19,21%) e il Movimento 5 Stelle.
Nella corsa alle Politiche la lista che appoggiava Roberto Cognetta raccolse 13.403 preferenze, pari al 18,5% degli elettori della Camera.
Adesso, alle regionali, M5S ha raccolto il 6,62% ma soprattutto solo 4.773 voti. È andato disperso, tra i vari schieramenti, un patrimonio di 8.630 preferenze. In Regione siederanno, quindi, 2 cittadini.
PDL E PD
Da segnalare che nelle regionali sono entrati in gioco il Pdl (2.961 voti e 4,11%) e il Partito democratico (6.401 voti, pari al 8,88%).
Il Pdl non ha ottenuto seggi, mentre il Pd ne ottiene tre. I
due partiti non erano presenti alle politiche ma erano in campo alle Regionali 2008: per il Pd si registra una leggera flessione (aveva 6.840 voti, pari al 9,31 %), mentre è evidente il calo del Pdl: 7.826 voti e il 10,65 % nel 2008.
(da “il Corriere della Sera“)
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Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
PICCOLI CENTRI DOVE IL TEMPO E LA MENTALITA’ SI E’ FERMATA E DA DOVE I GIOVANI SPERANO DI ANDARE VIA IN TEMPO
Sono nata in Calabria 30 anni fa, in un paese di 2000 abitanti vicino a Corigliano. Dalle
nostre parti si fa voto a San Francesco di Paola per avere un maschio, in Calabria tutte le donne vogliono un figlio maschio, ancora oggi.
Se nasci femmina la tua stessa venuta al mondo disattende la volontà di chi dovrebbe amarti incondizionatamente ma nonostante questo la Calabria è una terra matriarcale, sono le madri a indirizzare le famiglie, a aiutare i figli nelle scelte e anzi spesso a decidere per loro.
Fabiana era di Corigliano e per capire la sua vita e la sua morte atroce immaginatevi un paese arroccato di case costruite la maggior parte nel dopoguerra e mai ristrutturate, sentite l’odore dei camini accesi l’inverno, l’unico bar nella strada principale teatro della vita sociale dei pochi rimasti, severo e insindacabile tribunale di chi vale e di chi non vale, di chi conta e chi no.
La maggior parte degli avventori sono anziani.
Si perchè quasi nessun giovane rimane in Calabria, una terra splendida ma con troppo poco da offrire e quasi niente da costruire.
Sono sicura che anche Fabiana Luzzi sognava di andar via.
Partiamo tutte a bordo di pullman stanchi verso la capitale oppure Bologna, alcune volte Milano.
Arriviamo qui in queste città dove le mamme e le figlie si baciano, si raccontano tutto, dove se fai l’amore la prima persona a cui lo dici è proprio tua mamma sicura che anche lei alla tua età ha fatto lo stesso.
In Calabria se a 16 anni fai l’amore e tua madre, o peggio ancora tuo padre, lo scoprono sei certa di aver dato la peggiore delusione che potevi ai tuoi genitori. Fabiana è cresciuta come tutte noi, sentendosi dire cittu ca tu si filmmina, non su così pi tia, fai silenzio, sei una donna non sono cose per te.
Davide sarà cresciuto aspettando il suo battesimo del fuoco, la prima volta, quella che ti fa entrare al bar spavaldo a dire mo sugnu n’uomminu, ora sono un uomo, come se bastasse questo per essere cresciuto e aver trovato un ruolo in quella società .
Il rapporto fra uomo e donna in Calabria si forma presto, un binomio di due mondi paralleli che non si trovano mai, molti crescono vedendo padri e nonni dare qualche sganassone alle compagne, vedono loro reagire senza reagire, accettare quei comportamenti come connaturati agli uomini per retaggio culturale e sovrastruttura sociale.
Si incassa, si va avanti, ca non è c’ama fa ridi i genti, non dobbiamo far sogghignare la gente, un’espressione tipica per dire che i panni sporchi si lavano in famiglia.
I ragazzi guardano, imparano che la violenza è virilità , che fa parte del gioco delle coppie, diventa spesso parte di loro.
Alcuni la metabolizzano, altri no.
Le donne in Calabria, sono poche quelle che restano, poche quelle che amano liberamente, poche quelle che hanno compagni che le considerano loro pari in ogni cosa.
Così andiamo via, sono le nostre madri a volerlo, i nostri padri a lavorare per poterci permettere di farlo.
Diventiamo magistrati, insegnanti, avvocati, siamo pronte a parlare di tutto, con una mentalità aperta che non ha nulla a che vedere con quella con cui siamo cresciute. Dentro di noi però portiamo il peso degli insegnamenti che il piacere, la libertà sono cose da maschi, ci ribelliamo ma difficilmente ce ne liberiamo del tutto.
Noi calabresi oggi siamo tutte Fabiana, chi è rimasto e chi come me è andata via, ma un pezzo del mio cuore è ancora lì, nonostante tutto.
Francesca Chaouqui
(da “il Corriere della Sera“)
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Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
I SERVIZI SEGRETI AVVISARONO PALAZZO CHIGI: “I CAPITALI DI RIVA VIAGGIANO VERSO L’ESTERO”
Come in un pozzo di cui non si vede il fondo, nell’affaire Ilva le accuse si moltiplicano.
L’ultima — come si legge nell’avviso più recente notificato al patron Emilio e ai suoi familiari — è quella di aver “comprato” il consenso di «politici, mass media, organizzazioni sindacali, settore scientifico e clero».
Ma la saga giudiziaria non durerà all’infinito.
La Procura ha deciso di mettere un punto: l’inchiesta è virtualmente chiusa perchè di qui alla fine di giugno la Procura notificherà ai più di quaranta indagati l’avviso di conclusione e li manderà a giudizio.
Davanti alla Corte d’Assise di Taranto comincerà così il più grande processo della storia per un disastro ambientale: una città , una regione avvelenata da una famiglia che ha scritto la storia dell’acciaio in Italia, e dai suoi quadri.
I COMPLICI
L’Ilva — sostengono il procuratore capo Franco Sebastio, l’aggiunto Pietro Argentino e i sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile — ha dato in questi anni «malattia e morte ai cittadini che abitano quartieri vicino al siderurgico». Ma non lo ha fatto da sola.
Ma eludendo i controlli e avvicinando controllori di vari livelli.
Così per la prima volta finiscono sul banco di accusa i sindacati. «Distratti» aveva attaccato il Procuratore generale di Lecce, Vignola, soltanto alcuni giorni fa. «L’azienda — si legge nel campo di imputazione — cercava di individuare le problematiche che non avrebbero consentito l’emissione di provvedimenti autorizzativi nei confronti dello stabilimento Ilva, concordando così le possibili soluzioni e individuando i soggetti di vari livelli (politico-istituzionale, mass media, organizzazioni sindacali, settore scientifico, clero) da contattare, provvedendo anche a concordare in anticipo il contenuto di documenti ufficiali che dovevano essere emanati ed indirizzati allo stesso stabilimento Ilva».
L’Ilva quindi inquinava, si arricchiva. Mentre — accusa la Procura — gran parte della città (i giornali, la chiesa e appunto i sindacati) girava consapevolmente la testa dall’altra parte.
I SERVIZI
L’offensiva dei giudici tarantini faceva invece molta paura al gruppo Riva. Tanto che — ha scritto il gip di Milano nel provvedimento con il quale ha sequestrato al gruppo un miliardo e 200 milioni per evasione fiscale — nel marzo di quest’anno «hanno provato a modificare la giurisdizione dei trust» cercando di mettere al sicuro il bottino.
I soldi del gruppo sono quasi tutti all’estero, hanno dimostrato le indagini. Confermando una nota riservata con cui il Dis (il Dipartimento di informazioni per la sicurezza) aveva comunicato a Palazzo Chigi che la famiglia Riva aveva accumulato disponibilità fuori dai confini.
Notizia che l’inchiesta ha poi confermato nella sostanza e con numeri macroscopici rispetto a quelli inizialmente intercettati dai Servizi (la cifra di cui la nostra intelligence aveva avuto notizia era decisamente più bassa).
ALITALIA
Oggi verranno aperte alcune cassette di sicurezza. Dopodichè, come prevede il decreto, si potrà andare anche sul capitale non strettamente riconducibile alla Riva Fire, la cassaforte del gruppo.
Le Fiamme gialle stanno valutando, tra le altre cose, se sequestrare anche le azioni di Alitalia.
Nel portafoglio delle partecipazioni c’è anche il controllo del 49 per cento di una società tramite la quale la famiglia Riva ha in mano il 10,6% della compagnia aerea. Primi azionisti privati italiani.
Acquistato nel novembre del 2008 per 120 milioni, il valore di carico delle azioni in bilancio al momento si aggira attorno ai 70.
E i finanzieri segnalano un’altra strana operazione legata ad Alitalia. Alcuni mesi fa, mentre i commercialisti del gruppo cercavano di mettere al sicuro i trust dalla Procura di Taranto, una delle società off shore, la Orion Trust, «sottoscriveva un prestito obbligazionario emesso da Alitalia per il valore di 16 milioni ».
Un’operazione anche questa in cui la famiglia, come per l’acquisto dell’Ilva, tratteneva i profitti e scaricava il rischio.
L’AIA DISATTESA
Il 10 aprile scorso il Garante dell’attuazione dell’Aia nominato dal governo Monti, Vitaliano Esposito, si accorge che le cose non stanno andando come previsto.
E così invia una diffida a Bondi e Ferrante.
Serve una «rete di idranti per bagnare i parchi minerali»: quando c’è vento, come ieri, le polveri si continuano a spandere sul quartiere Tamburi.
«E’ necessario rimodulare gli interventi di depolverazione sull’altoforno» e rimettere mano, come promesso, a tutte le emissioni che riguardano le cokerie.
Inoltre i nastri trasportatori non sono stati coperti, come si erano impegnati a fare.
E per la prima volta, dice l’Arpa, si registrano valori di inquinamento sempre più alti anche in mare.
Carlo Bonini e Giuliano Foschini
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Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
POTREBBE IN TEORIA SBLOCCARE UNA DECINA DI MILIARDI PER INVESTIMENTI PRODUTTIVI ALLE INFRASTRUTTURE CO-FINANZIATI DALLA UE… MA SENZA SFORARE IL LIMITE DEL 3%: IL DEBITO PUBBLICO DELL’ITALIA E’ SEMPRE OSSERVATO SPECIALE
Con tre giorni di anticipo sulla scadenza annunciata del 29 maggio, la Commissione europea
fa trapelare da Bruxelles l’intenzione di proporre ai 27 dell’Ue di chiudere mercoledì la procedura d’infrazione per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia.
L’indicazione sta nelle raccomandazioni all’Italia che l’Esecutivo comunitario discuterà e, in linea di massima, approverà mercoledì.
L’ok alla chiusura della procedura non è, però, un via libera senza condizioni alla spesa pubblica: esso, infatti, si accompagna, alla richiesta di mantenere la rotta del risanamento dei conti pubblici.
Le intenzioni della Commissione, intercettate dall’Ansa, non colgono di sorpresa Palazzo Chigi, perchè erano nell’aria, dopo che Bruxelles aveva lodato le prime mosse praticamente a costo zero del governo Letta, che avevano mantenuto il deficit di bilancio italiano sotto la soglia del 3%.
Ma vengono ovviamente accolte con soddisfazione: “Finalmente — si nota — una buona notizia”, pur se la prudenza suggerisce di attendere la formalizzazione della decisione. Prima di andare al vaglio della Commissione, le raccomandazioni dei collaboratori del responsabile degli affari economici e monetari Olli Rehn saranno oggetto di un approfondimento tecnico, oggi, da parte degli sherpa dei 27 commissari. In concreto, che cosa significa la chiusura della procedura d’infrazione?
L’Italia potrà sfruttare i margini di manovra sugli investimenti produttivi aperti di recenti dall’Ue, ma riservati a chi ha i conti in ordine.
Però, chiudendo la procedura Bruxelles non scoperchia il vaso di Pandora, perchè gli sforamenti andranno prima comunque discussi con gli interlocutori comunitari.
Diverse le stime sull’impatto del provvedimento: secondo alcuni, potrebbe sbloccare circa 12 miliardi di investimenti produttivi da destinare, in primo luogo, alle infrastrutture. Altri, invece, stimano il tesoretto a 8 miliardi.
E i finanziamenti pubblici italiani potranno essere co-finanziati dagli strumenti comunitari.
Con l’ok alla chiusura della procedura per deficit eccessivo, Bruxelles certificherà che il programma d’azione presentato dal governo Letta consente all’Italia di restare al di sotto della soglia del 3% nel rapporto deficit-Pil sia quest’anno sia nel 2014: un programma d’azione che, al momento, prevede l’Imu e l’aumento dell’Iva.
Sullo spazio di manovra, seppure limitato, che si aprirà gravano, quindi, parecchie ambiguità . Sono sei le raccomandazioni che la Commissione potrebbe rivolgere formalmente all’Italia mercoledì: la prima riguarda il proseguimento dell’azione di consolidamento del bilancio, si tratta, cioè, di rispettare gli impegni presi; le altre insistono tutte sull’esigenza di andare avanti con il processo di riforme giudicato essenziale per ridare slancio alla crescita del Paese e quindi all’occupazione, anche se, purtroppo, non nell’immediato.
A leggerle, molti penseranno “la solita solfa”: aumentare l’efficienza della pubblica amministrazione e la produttività del sistema bancario nazionale; accrescere ancora la flessibilità del mercato del lavoro, agendo pure sulle scelte per la formazione dei lavoratori; ridurre la pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese; aprire di più alla concorrenza i servizi.
Giampiero Gramaglia
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 27th, 2013 Riccardo Fucile
SONDAGGI IN CALO RISPETTO ALLE POLITICHE, MA L’ALTO ASTENSIONISMO POTREBBE SIGNIFICARE UN CROLLO COME IN FRIULI…SI SPERA NEL BALLOTTAGGIO IN CINQUE CITTA’
Il post di Beppe Grillo è comparso sul suo blog alle 11,25 della domenica, con un titolo asettico («Parma, un anno a 5 Stelle»), un testo moderatamente celebrativo dell’amministrazione Pizzarotti, ma con una curiosa sfasatura di cinque giorni rispetto alla data dell’anniversario della vittoria, che cadeva il 21 maggio.
Un ritardo voluto?
Grillo ha propagandato il consuntivo sull’unica città amministrata dai suoi, proprio nel giorno del più significativo test elettorale dopo il successo di febbraio?
Ogni illazione con Grillo può apparire incauta, ma una cosa è altamente probabile: il test amministrativo è atteso con una certa trepidazione da tutto il gruppo di comando del Movimento.
Per almeno due motivi.
I sondaggi apparsi in quasi tutte le città chiamate al voto non sono stati incoraggianti e d’altra parte è molto significativo lo spread dimostrato dal Cinque Stelle nelle prove locali rispetto al voto politico.
Il 26 febbraio si è votato per il Parlamento ma anche per il governo di tre Regioni: ebbene in Lombardia il Movimento di Grillo, mentre alle Politiche ha ottenuto il 17,4%, alle Regionali si è fermato al 14,3%, nel Lazio la differenza è stata addirittura del 5,6%, nel Molise di ben 10 punti.
Sono le premesse per un arretramento complessivo, oppure potrebbe spuntare qualche sorpresa?
E ancora: un (eventuale) arretramento sarebbe da attribuire al tipo di test, oppure ad una demotivazione più profonda degli elettori?
Per Roberto Weber, leader della Swg, uno dei più solidi istituti di sondaggio «il M5S i voti li ha conquistati in due mosse, il rancore verso i partiti e una certa voglia di cambiamento da intercettare: su questo secondo piano c’è molta delusione, perchè Grillo ha snocciolato una serie impressionante di no».
Come dimostrerebbe la flessione in tutti i sondaggi nazionali.
Ma poi c’è il fattore locale.
Nella città più importante nella quale si vota, Roma, il Cinque Stelle parte da un precedente impegnativo: il 27,27% ottenuto (in ambito comunale) alle Politiche di 3 mesi fa. Un’asticella alta, che se fosse replicata, potrebbe avvicinare il candidato sindaco del Cinque Stelle, Marcello De Vito, al ballottaggio del secondo turno, visto che nessuno dei due favoriti, il sindaco Gianni Alemanno e il professor Ignazio Marino, sembra in grado di essere eletto al primo turno.
Ma i sondaggi, per quel che valgono, nelle settimane scorse avevano ridimensionato le aspettative di quasi tutti i candidati a Cinque Stelle e non soltanto a Roma.
Eppure, in alcune città il Movimento di Grillo parte così alto che potrebbe aspirare – ecco la possibile sorpresa – a portare alcuni dei propri candidati al secondo turno, trasformando quei ballottaggi in altrettante lotterie: ad Imperia il Cinque Stelle parte dal 33,9%, a Viterbo dal 31,8%, ad Ancona dal 29,1%. Ma non basta: la debolezza del centrodestra a Pisa e Massa può aprire la strada al ballottaggio anche lì ai candidati del Cinque Stelle.
Occasione persa invece ad Iglesias dove l’eccellente risultato delle Politiche (31%) è stato vanificato dallo scontro «fratricida» tra Simone Muscas e Carla Cuccu, concluso con il forfeit di entrambi e dunque con l’assenza del simbolo del M5S dalla scheda elettorale.
Certo, se i ballottaggi saranno numerosi e il Cinque Stelle resterà ovunque a due cifre, le amministrative potrebbero trasformarsi in un nuovo moltiplicatore per Beppe Grillo.
In caso contrario? Il vero rischio per il Cinque Stelle più che politico non è psicologico?
Sostiene Pippo Civati, uno che li conosce bene: «Obiettivamente per un movimento come il Cinque Stelle non ha molto senso paragonare i risultati delle amministrative con quelli delle politiche, in tanti comuni loro esistono da poco e in ogni caso è tutto da vedere se ci sarà un arretramento. Certo, nel loro modo di vivere la politica, c’è un aspetto emotivo che incide molto, sia nella buona che nella cattiva sorte».
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
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