Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
LO SCOPO DEL PROGETTO: COLLEGARE LE REALTA’ DEL TERRITORIO PER RICOSTRUIRE UNA DESTRA NON CONFORME… LA NUOVA PAGINA FACEBOOK: UNA PIAZZA CUI PUOI ACCEDERE DA TANTE VIE DIVERSE, CONFRONTARTI E SCAMBIARE ESPERIENZE E IDEE
Lo avevamo annunciato e, dopo il periodo estivo, il progetto è stato messo a punto. 
Non si tratta dell’ennesimo partitino, circolo esclusivo o club di reduci, ma una piazza virtuale a cui si può accedere da vie culturali, politiche e personali diverse, mantenendo ciascuno la propria autonomia operativa.
Nella piazza ci si confronta nel massimo rispetto, ci si conosce, ci si scambia idee e progetti, riducendo le distanze e i pregiudizi.
La piazza è anche una vetrina delle varie iniziative locali che così vengono portate a conoscenza di altri: la Destra italiana può crescere solo facendo interagire la “base”, dopo tanti anni in cui i vertici hanno saputo solo dividerla.
“Circuito Italia” è un servizio diretto sia ai singoli che ad associazioni, circoli culturali, blog, comunità di base, ovvero a quelle entità territoriali che permettono ancora di tenere in vita il mondo della “destra non conforme” ed autonoma nel nostro Paese.
Una base che vuole tornare ad essere protagonista, al di là delle appartenenze passate e ai percorsi personali.
Distinti e distanti dagli occasionali pifferai o illusionisti che intendono solo riciclarsi.
A chi entra a far parte di “Circuito Italia” chiediamo solo una dose di umiltà : se qualcuno fosse mai depositario della verità , la Destra italiana non sarebbe nella situazione in cui versa.
Umiltà e voglia di intraprendere il percorso di una destra moderna che sappia coniugare libertà e socialità .
Senza modelli di riferimento politici passati perchè è il momento di aggiornare tesi e strumenti, di “costruire il nuovo”, non di “celare i buchi”, di avere il coraggio di navigare in mare aperto, non sottocosta.
E’ la prima volta che viene proposta una sfida innovativa di questo tipo e il successo o meno della iniziativa dipenderà solo da voi.
Perchè sarete voi i protagonisti.
https://www.facebook.com/groups/524726207606748/?ref=ts&fref=ts
Pubblichiamo un primo elenco dei circoli di base, blog e associazioni aderenti a Circuito Italia
Angela Napoli
Destra Libertaria
Adesso Noi
Riva Destra
Sindacato Europei dei Lavoratori
Noi di Destra Brianza circolo di Monza –
Noi di Destra Brianza circolo del Vimercates –
Noi di Destra Brianza circolo di Lissone e Vedano
Noi di Destra Brianza circolo di Muggiò
Noi di Destra Brianza circolo di Seregno
Noi di Destra Brianza Circolo di Biassono , Macherio e Sovico
Destra di Base circolo di Lecce
Destra di Base circolo di Monteron
Destra di Base circolo di Cursi
Destra di Base circolo di Copertin
Destra di Base circolo di Parabita
Destra di Base circolo di Matino
Destra di Base circolo di Lequile
Destra di Base circolo di Neviano
Destra di Base circolo di Aradeo
Destra di Base circolo di Galatina
Destra di Base circolo di Gallipoli
Destra di Base circolo di Taviano
Destra di Base circolo di Castrignano del Capo
Destra di Base circolo di Squinzano
Destra di Base circolo di Surbo
Destra di Base circolo di San Cesareo
Destra di Base circolo di Casarano
Destra di Base circolo di Ugento
Destra di Base circolo di Nardò
Destra di Base circolo di Maglie
Destra di Base circolo di Foggia
Destra di Base circolo di Bari
Destra di Base circolo di Taranto
Destra di Base circolo di Messina
Destra di Base circolo di Salerno
Controinformazione-Italia blogspot
Destradipopolo.net
Liguria Futurista
Associazione Narsil Varese
Circuito Italia Como
Arcipelago Nazionale
Rifondazione Italia per la Legalita
Noi per l’Italia
Occidente
Italia del Popolo Circolo di Floridia
Italia del Popolo Circolo di America Meridionale
Italia del Popolo Circolo di Arnara
Italia del Popolo Circolo di Como
Italia del Popolo Circolo di Pavia
Italia del Popolo Circolo di Bologna
Italia del Popolo Circolo di Cerignola
Italia del Popolo Circolo di Caserta
Italia del Popolo Circolo di Fabro
Italia del Popolo Circolo di Lecce
Italia del Popolo Circolo di Bari
Italia del Popolo Circolo di Brindisi
Italia del Popolo Circolo di Bergamo
Italia del Popolo Circolo di Milano
Italia del Popolo Circolo di Ravenna
Italia del Popolo Circolo di Brescia
Italia del Popolo Circolo di Francavilla
Italia del Popolo Circolo di Catanzaro
Italia del Popolo Circolo di Forli
antoninoingrosso.blogspot.com
Civica Alleanza per Senago
Fronte Giustizialista Roma
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
“E’ UNA SCATOLA VUOTA”… A PARTE CHE CI VOGLIONO I DUE TERZI DEL PARLAMENTO, IL PD NON FARA’ MAI ENTRARE I REATI FISCALI E LA PROSTITUZIONE MINORILE TRA QUELLI OGGETTO DI AMNISTIA
È Niccolò Ghedini a frenare gli entusiasmi: “Altro che segnale da Napolitano — spiega al Cavaliere – quello che ha proposto è una scatola vuota. Per l’amnistia occorrono i due terzi degli aventi diritto e il Pd ha già fatto capire che è contrario, e che comunque non farà sconti a Berlusconi”.
Silvio Berlusconi è nero. L’illusione dell’atto di clemenza è durata un attimo. Napolitano non solo non ha mosso un dito per salvarlo dai processi. Ma ora arriva anche la “beffa”.
Propone l’amnistia, ma già sapendo che, se si fa, non riguarderà Silvio Berlusconi: “Questa mossa — è l’analisi condivisa ad Arcore – è perfetta per quello là , così mentre si chiacchiera del nulla facendo finta che ci si occupa di giustizia tu esci dal Parlamento e le procure ti sbranano”.
Ecco la beffa. Sono gli avvocati del premier ad appuntare passaggio dopo passaggio del discorso letto da Grasso e dalla Boldrini: il capo dello Stato “ordina” al Parlamento un provvedimento di clemenza; lo fa anche in modo duro, puntuale, dando la scadenza entro il 28 maggio.
E duramente replica ai Cinque stelle, che subito erano saliti sulle barricate per denunciare una legge “salva-Berlusconi”: “Coloro i quali pongono la questione in questi termini — dice da Cracovia il capo dello Stato — se ne fregano del paese”.
Ma, letta da Arcore, già si capisce che non ci sono margini per risolvere il “caso Berlusconi”.
Non solo il provvedimento è indigeribile per il Pd. Ma è chiaro che sarà impossibile, semmai si avvierà la discussione, inserire i reati che riguardano il Cavaliere, come la frode fiscale e la prostituzione minorile. Lo dicono apertamente i big del Pd.
E bastava vedere le facce durante la lettura del messaggio del capo dello Stato per capire come stavolta al Nazareno nessuno ha voglia di dire “signor sì”. Nemmeno al Colle più alto.
Non è un dettaglio. È questo Parlamento a stabilire a quali reati fa riferimento il provvedimento di clemenza.
Gli avvocati del Cavaliere non ci girano tanto attorno, mentre i centralini di Arcore vengono presi d’assalto dalle colombe pidielline, ansiose di comunicare al Capo che Napolitano ha fatto una grande apertura: “E’ un atto ai limiti del sadismo — è la tesi degli avvocati — perchè figuriamoci se questo Parlamento riesce a inserire nei reati la frode fiscale e la prostituzione minore”.
Ecco perchè l’ex premier, racconta chi ci ha parlato, è contrariato, teso.
Sente attorno l’indifferenza al suo dramma. Col Parlamento chiamato a discutere di provvedimenti di clemenza che non lo riguardano mentre sarà costretto ai servizi sociali.
Con Enrico Letta, cui non più di una settimana fa ha dato la fiducia, che non ha pacificato nulla, e mente batte le mani al capo dello Stato, lavora a spaccare il Pdl.
Col Quirinale che dopo aver “orchestrato la manovra per farlo fuori” ora ne esce con la coscienza pulita, proponendo un provvedimento che non passerà .
Ed è il corno politico della mossa di Napolitano l’aspetto altrettanto inquietante: “E’ un’altra mossa — dice un azzurro di rango – per blindare il governo Letta fino al 2015”. Non è un caso che le colombe si spellano le mani ad applaudire Napolitano, a partire dal capogruppo al Senato Renato Schifani.
Mentre parecchi falchi si sono risparmiati la fatica di essere in Aula.
E chi c’era, come Daniela Santanchè, mette a verbale una frase velenosa: “Mi resta il retropensiero su come mai tale discorso sia arrivato ora e non prima della sentenza definitiva di Berlusconi”.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
IL GOVERNO PENSA DI STANZIARE TRA 2 E 5 MILIARDI, CONFINDUSTRIA NE CHIEDE IL DOPPIO PER RILANCIARE COMPETITIVITA’ E CONSUMI… CI GUADAGNANO DI PIU’ LE AZIENDE O I DIPENDENTI?
Due gli obiettivi che si vogliono perseguire con un taglio al cuneo fiscale, ossia l’insieme dei carichi fiscali
(47,6% la media in Italia) che gravano sul costo del lavoro: aumentare la competitività delle nostre imprese e accrescere il potere d’acquisto delle famiglie.
«Bisogna porsi l’obiettivo di migliorare le condizioni del mercato del lavoro – sottolinea Tito Boeri, economista del lavoro all’Università Bocconi -, che vede dai 7 ai 9 milioni di persone in disagio occupazionale. Se migliorassimo la competitività delle imprese riusciremmo a intercettare la domanda estera, migliorando il mercato del lavoro creeremmo più domanda interna: avremmo entrambi gli effetti. Ecco perchè bisogna fare questa operazione oggi e mettervi tutte le risorse disponibili».
Ci sono però dei rischi.
Secondo Francesco Daveri, docente di economia politica all’Università di Parma, quella allo studio del governo rischia di essere «una manovra tesa più al recupero della domanda, dando più soldi alle famiglie, che a un vero recupero della competitività che permetterebbe di far partecipare il sistema alla ripresa in atto negli Usa e in Germania».
Il timore delle parti sociali è che, anche con un minor costo del lavoro, le imprese non assumano.
«Ma sarebbe più facile far ripartire l’economia puntando sugli elementi forti che non sussidiando le debolezze», ovvero i consumi.
Mariano Bella, a capo dell’ufficio studi di Confcommercio, punterebbe tutto sul taglio dell’Irpef: «Andrebbe a beneficio di tutti, le risorse liberate andrebbero tutte in maggiori consumi».
Quando?
Più soldi nelle tasche delle famiglie, meno spese per le imprese, forse, ma per quanto? L’importante – avvertono tutti gli esperti interpellati – è che non si tratti di un’una tantum, di un provvedimento spot che si fa una volta e basta.
«Quello che conta è che sia sostenibile nel tempo – sostiene Daveri -. Che sia riconosciuta una somma annuale o venga data ogni mese poco per volta, l’importante è che non sia richiesta indietro l’anno successivo».
La somma concentrata in una volta avrebbe maggior visibilità , «ma se venisse detto – prosegue l’economista di Parma – che quest’anno vengono ridati, ad esempio, 25 euro al mese e negli anni prossimi si vuole continuare a farlo, dando magari qualcosa in più, ecco, questo sarebbe un fattore che farebbe cominciare a recuperare fiducia alle persone che, in funzione di questo, potrebbero riprendere a indebitarsi».
Secondo Boeri, la riduzione del prelievo «deve intervenire mese per mese. Non farei cose complicate nè una tantum, ma interventi permanenti: altrimenti non hanno alcun effetto. Si tratta dopotutto di una riduzione delle aliquote: ogni mese si pagherebbe di meno».
Comunque serve più di ogni altra cosa un segnale, perchè come conferma Bella, di Confcommercio, «per adesso la ripresa è solo nei modelli econometrici, non è nei fatti».
Ora occorre, sostiene, «tagliare sprechi nella spesa pubblica e restituire potere d’acquisto. Io sono per un programma strutturale e progressivo che vari le aliquote in maniera stabile, piuttosto che con interventi spot. L’importante è che sia una manovra incisiva e credibile».
Quanto?
Come sempre sull’intervento da fare si scatena il balletto delle cifre.
Il governo, partito da una cifra di 2 miliardi, sarebbe pronto a impegnarne 4 o 5.
Confindustria ne chiede 8-10, di miliardi, il Pdl, con il capogruppo alla Camera Brunetta, almeno 16.
Chi ha ragione? «In un’ipotesi da 2 miliardi – avvisa Boeri – vuol dire che un lavoratore con 30 mila euro in busta paga si vedrebbe aumentare il netto di 30 euro all’anno. Il suo datore di lavoro vedrebbe il costo del lavoro ridursi di 60 euro all’anno: non se ne accorgerebbero nemmeno».
Anche 4 o 5 miliardi «sono pochi, davvero molto pochi. Bisogna porsi un’obiettivo più consistente: 2,5 punti che costano circa 16 miliardi».
Il punto è trovare le risorse. Tagli immediati, ma non solo.
«Con una negoziazione europea si potrebbe cercare di fare intervenire i tagli non subito ma nel corso del tempo, e attuare invece gli sgravi fin da subito».
L’importante, aggiunge Bella, di Confcommercio, «è tagliare veramente il cuneo fiscale, non amplificarlo sui consumi per ridurlo sul lavoro, come avvenuto con l’iva. Sarebbe solo una rimodulazione del cuneo».
Secondo Daveri, avere 300 euro in più all’anno, come viene ipotizzato, non sposterebbe di molto le cose. «La spesa annua delle famiglie è di circa 29 mila euro l’anno. Sarebbe come dare un centesimo. Sono convinto, sebbene in minoranza, che non sarà pompando soldi nelle famiglie che usciremo dalla crisi. Ma per aumentare i consumi servirebbe il 2-3% in più.
Tutto contribuisce, ma non sarà questo a far ripartire il Pil di chissà che, servirà a stabilizzare la riduzione dei consumi».
Come?
Qual è l’intervento più efficiente in termini di taglio del cuneo? Daveri, che preferisce l’intervento sulle imprese «per un recupero di competitività », sostiene che sarebbe utile il taglio dell’Irap sul costo del lavoro «spostando così – suggerisce l’economista di Parma – il finanziamento della spesa sanitaria a carico delle imposte sul reddito».
Di diverso avviso è Bella. Secondo lui occorre «maggior reddito alle famiglie».
Col taglio a favore delle imprese si rischia, sostiene, il trasferimento del costo dei servizi oggi pagati con le imposte sul lavoro alla fiscalità generale.
Il responsabile dell’Ufficio Studi di Confcommercio preferirebbe un taglio secco dell’Irpef, «non vedo altre possibilità ».
Del resto per un’impresa, «pagare 20 allo Stato come sostituto d’imposta per il lavoratore o pagare 18 e dare 2 in più al lavoratore in busta paga sono la stessa cosa. E la competitività non c’entra».
Per accrescerla «meglio ridurre gli adempimenti amministrativi, assicurare una giustizia civile che funzioni…».
Secondo Boeri, invece, «una parte importante deve andare dal lato delle imprese, altrimenti non serve per aumentare la competitività ». E propone una riduzione dei contributi previdenziali dal 32,7 al 30%.
«Poi però – aggiunge l’economista della Bocconi – una parte dovrebbe andare al lavoratore».
In ogni caso, dice Boeri, «alla fine non conta a chi si riducono le tasse. Anche se il taglio fosse tutto sui lavoratori, i datori ne beneficerebbero, magari non subito. Ricontrattando i salari, farebbero ripagare parte di questa riduzione delle tasse ai lavoratori, sotto forma di salari più bassi».
Francesco Spini
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
UNA NUOVA NORMATIVA SULL’ASILO POLITICO, POCHI RITOCCHI ALLA BOSSI-FINI
Legge organica sull’asilo. Più fondi ai comuni per l’accoglienza dei rifugiati. Controlli Ue (Frontex) rinforzati alle frontiere marittime dell’Italia. Ritocchi alla Bossi-Fini.
La road map per riscrivere le regole dell’immigrazione è tracciata.
Un pacchetto di quattro punti, elaborato ieri in un vertice a palazzo Chigi, per rispondere ai morti di Lampedusa
Sul tavolo, un intervento in tempi brevi che non alteri gli equilibri del governo Letta, ma si muova su un terreno più stabile, puntando su alcune modifiche condivise. Insomma, non si discute la riscrittura da capo a piedi della legge Bossi-Fini (come molti nel Pd vorrebbero, a partire dal ministro per l’Integrazione Cècile Kyenge), nè la cancellazione con un colpo di spugna del reato di clandestinità (frutto del passato accordo Pdl-Lega).
Si tratta, in primo luogo, di mettere mano a una legge organica sull’asilo, per rispondere a caldo all’indignazione internazionale per la tragedia di Lampedusa e alle ripetute richieste del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Dal governo si fa poi notare che l’emergenza oggi sono i rifugiati, mentre sempre meno sono i migranti economici che entrano e restano in Italia (sempre più Paese di transito dei flussi).
Da qui la proposta, che verrà discussa in settimana in un vertice ministeriale tra Enrico Letta, Angelino Alfano, Fabrizio Saccomanni, Emma Bonino, Mario Mauro ed Enzo Moavero: una legge organica sul diritto d’asilo.
Nel caso di Lampedusa infatti siamo di fronte a migranti in fuga da zone di guerra (Siria) o da Paesi dove rischiano comunque persecuzioni (Corno d’Africa).
Insomma tutti potenziali richiedenti asilo in base alla Convenzione di Ginevra del 1951, alla quale l’Italia ha aderito insieme ad altri 143 Paesi.
«Peccato però – spiega Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati – che mentre abbiamo un testo unico sull’immigrazione, sull’asilo abbiamo solo una giungla normativa di decreti e circolari e nulla di organico. Non solo. Il nostro sistema di accoglienza, diviso tra comuni e Cara, manca di una cabina di regia che elimini sprechi e inefficenze. Per non parlare dell’assenza di integrazione. E ancora:
bisognerebbe rendere possibile presentare la richiesta di asilo già all’estero, per esempio alla rappresentanza diplomatica italiana a Tripoli. Ben venga dunque un intervento in tal senso».
Tutto questo tenendo presente che il nostro Paese non è sotto assedio.
Una prova? L’Italia nel 2012 ha ricevuto 15.715 richieste d’asilo: molte meno di Germania (77.500), Francia (60.600), Svezia (43.900), Gran Bretagna (28.200) e Belgio (28.100).
Nel pacchetto messo a punto dal governo, si prevede poi la concessione di nuovi fondi (2-300 milioni), entro la prossima settimana, ai comuni impegnati nell’accoglienza dei rifugiati, in modo da alleggerire anche il peso su Lampedusa.
Sul fronte europeo si chiederanno non tanto nuovi finanziamenti (l’Italia è già tra i principali beneficiari dei fondi europei sull’immigrazione), ma un rafforzamento dei rapporti con i Paesi d’origine dei flussi, a partire dalla Libia, per fermare le rotte della morte e un maggiore impegno di Frontex in Italia (agenzia europea per il pattugliamento delle frontiere esterne Ue), oggi troppo sbilanciato sul fronte spagnolo
E ancora: il governo intende recepire in anticipo tre direttive europee sull’immigrazione che scadono nel 2015 (e invece potrebbero essere approvate nel pacchetto entro fine anno): le direttive “Qualifiche”, “Accoglienza” e “Procedure” proprio sul diritto di asilo.
Infine la Bossi-Fini: la legge del 2002 ha più a che fare con i cosiddetti migranti economici, cioè coloro che scelgono di lasciare volontariamente il proprio Paese d’origine per cercare un lavoro, che con rifugiati.
Anche per questo il governo prevede per ora solo dei ritocchi alla legge, per armonizzarla con le nuove norme in arrivo.
Altro punto dolente è il regolamento di Dublino che affida al Paese di primo ingresso, ossia all’Italia, tutto il carico dei migranti
Intanto proprio sull’asilo qualche proposta già avanza in Parlamento: il presidente del gruppo Pd alla Camera, Roberto Speranza, assieme ai deputati Antonello Giacomelli e Khalid Chaouki, ha pronto un testo di legge per dare «finalmente completa attuazione all’articolo 10 della Costituzione ».
Un altro testo prende invece di mira il reato di clandestinità .
A presentarlo è il senatore Pd, Luigi Manconi: «Quello è un reato orribile che punisce non per ciò che si fa ma per ciò che si è. Non per un delitto commesso, ma per una condizione di vita: migrante, fuggiasco, povero. E questo contribuisce a riportare il nostro ordinamento giuridico a una condizione precedente l’affermazione dello stato di diritto. Una ragione in più per abrogare una norma inutile, tanto più che la Corte costituzionale nel 2010, ha dichiarato illegittima l’aggravante di clandestinità ».
Vladimiro Polchi
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE TORNA A ROMA PER SCIOGLIERE NODI POLITICI MA ANCHE PERSONALI
Torna a Roma oggi Silvio Berlusconi, e lo attendono molti nodi da sciogliere. 
Nodi politici, che rendono il Pdl una polveriera, con l’ala governativa di Alfano che deve affrontare la sfida dei lealisti di Fitto, Gelmini, Carfagna. Ma nodi anche personali, legati alla sua situazione giudiziaria.
Sì perchè, entro il 15 ottobre, il Cavaliere deve decidere se chiedere di scontare la sua pena per la condanna Mediaset in affidamento ai servizi sociali, anzichè agli arresti domiciliari.
Se la richiesta non arriverà nei termini previsti, e dunque nei prossimi giorni, scatteranno automaticamente gli arresti, nella sua casa romana dove ha deciso di spostare la sua residenza.
Ma sembra proprio che ormai la decisione di richiedere l’ammissione ai servizi sociali sia presa. E lo testimonia il fatto che proprio oggi, a Roma, l’ex premier assieme ai suoi avvocati ha in programma di incontrare i responsabili di alcune comunità e associazioni che potrebbero essere indicate al Tribunale di sorveglianza come idonee a svolgere l’attività di recupero.
Si parla di tre associazioni o fondazioni, ma al momento sono poche le indiscrezioni sulla possibile scelta.
Contatti ci sarebbero stati con il Ceis di don Picchi, comunità di recupero di tossicodipendenti dove già svolse i servizi sociali Cesare Previti, ma anche altre associazioni e comunità si sono fatte avanti.
Ieri, pubblicamente, ha offerto «ospitalità » con tutti gli onori e per un lavoro quotidiano di «quattro-cinque ore» Mario Capanna, presidente della «Fondazione diritti genetici»: «So da intermediari autorevoli che Berlusconi ha preso assai di buon grado la mia offerta. È normale, perchè sarebbe un’occasione anche per lui: vi pare che potrebbe andare a pulire i cessi in una comunità ?».
Ma sono in tanti a farsi sotto, come l’«Associazione italiana vittime di malagiustizia», che però avendo sede a Milano sarebbe difficilmente conciliabile con l’intenzione del Cavaliere di rimanere a Roma.
E ci sono le offerte pubbliche come quella di Don Mazzi che non sono piaciute per niente all’entourage dell’ex premier.
Insomma, probabilmente Berlusconi terrà le carte coperte fino all’ultimo, ma molto forte resta l’ipotesi che – alla fine – la sua scelta ricada su qualche associazione legata al Partito radicale, magari «Nessuno tocchi Caino» che si occupa di problemi legati alla giustizia, alla pena capitale, alle carceri e che ospitò in regime di semilibertà Fioravanti e la Mambro.
Si vedrà , anche perchè i tempi della decisione del tribunale non saranno brevissimi: potrebbero servire settimane, se non mesi, prima di un pronunciamento definitivo.
Nel frattempo, Berlusconi deve dividersi fra le riunioni con i suoi avvocati che anche ieri lo hanno incontrato, con quelle delicatissime che riguardano la sorte del suo partito in subbuglio. Un partito mai così facile da domare, ma che lui ha tutte le intenzioni di riportare alla calma in un momento «tanto delicato per noi tutti e per me».
E dunque è grande il suo impegno perchè, come ha ripetuto anche nelle ultime ore, il Pdl «resti unito».
Oggi potrebbe vedere Raffaele Fitto, che poi in serata sarà a Ballarò per spiegare la sua posizione che continua a essere durissima, ma è probabile che tra oggi e domani tutti i big siano convocati – assieme o separatamente – per cercare di arrivare a una soluzione unitaria che allo stato non sembra affatto a portata di mano.
Infatti è vero che Berlusconi vorrebbe che attorno ad Alfano si ritrovasse l’unità , e lo stesso segretario spinge perchè entro pochissimi giorni l’ex premier si spenda con una dichiarazione pubblica di appoggio nei suoi confronti: il modo migliore, pensano i big dell’area governativa, perchè rientri il dissenso di quella fascia importante del partito anche non falcheggiante che oggi si raduna attorno a Fitto.
E però, non è così scontato che il Cavaliere sia pronto a concedere i pieni poteri ad Alfano, o comunque a schierarsi così nettamente con lui in contrapposizione a fedelissimi come Verdini, Bondi e tanti altri.
«La verità – dice chi gli è vicino – è che lui vuole restare saldamente al centro e al comando del partito, e sa che l’unico modo per tenere il Pdl è che la sua figura resti forte e centrale».
C’è dunque ancora molto da lavorare, mentre fioccano le ipotesi su documenti politici, manifestazioni, fino ad arrivare alle più estreme che prevedono una pericolosissima scissione, a oggi meno probabile che nei giorni scorsi ma niente affatto scongiurata per il futuro.
Quel che è certo è che questa settimana, con le tensioni in atto sulla legge di Stabilità a partire dall’Imu, potrebbe dire molto sul futuro del centrodestra.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
EX BERSANIANO GUIDA L’ATTACCO PER MATTEO….CUPERLO: “VINCERO’ NEI CIRCOLI”
Quattro candidati più Marco Pannella, che sostiene di volere correre alle primarie del Pd. Fu escluso nel 2007, ma lo storico leader dei Radicali insiste e, al nuovo giro di boa del congresso, provoca i Democratici «sulla possibilità e sulla doverosità di rinnovare la mia iscrizione e la mia eventuale nuova candidatura alla segreteria democratica».
Lo ha detto a luglio Pannella, e lo riconferma ieri sera.
Il Pd entra nella settimana cruciale in vista dell’elezione del nuovo segretario l’8 dicembre. Meno due giorni alla presentazione delle candidature, venerdì, e già le macchine organizzative sono pronte a partire.
Matteo Renzi ha scelto il capo del suo comitato elettorale: sarà Stefano Bonaccini, il segretario dell’Emilia Romagna, che è stato un bersaniano di ferro nelle primarie del 2012, quelle dello scontro tra il sindaco “rottamatore” e Bersani.
Molta acqua, e molto in fretta, passa sotto i ponti, e sembra un’era geologica fa quando Beppe Grillo, il capo del Movimento 5Stelle, si presentò nella sezione del Pd di Arzachena per chiedere la tessera e annunciare che voleva fare il leader del partito.
Era il 2009, quello della sfida tra Bersani e Franceschini.
Renzi intanto, il super favorito, ha quasi pronto il manifesto- mozione a cui ha lavorato il ministro Graziano Delrio.
Lo slogan provvisorio è “Cambiare il partito per cambiare il paese”. Sabato a Bari prende il via la sua corsa con una mega manifestazione alla Fiera del Levante. Non a caso è stato scelto il Sud, però una regione ricca di eccellenze da un lato, e piagata dalla vicenda dell’Ilva.
In preparazione la mozione congressuale di Gianni Cuperlo, lo “sfidante” di Renzi, appoggiato dalla sinistra del partito, dai “giovani turchi”, da bersaniani e dalemiani.
Il fronte cuperliano è ampio: si è aggregherà anche l’area “Costituente delle idee” di Cesare Damiano, del cristianosociale Mimmo Lucà , di Vannino Chiti.
Oggi al Nazareno, la sede del Pd, Cuperlo li incontrerà , anche con Franco Marini. Mentre ieri riunione del comitato organizzatore con Stumpo, Verducci, D’Attorre e invitati alcuni lettiani. Slogan sempre provvisorio “Per un Pd di tutti”
Cuperlo è convinto di raccogliere consensi con un lavoro capillare nel partito: «Spero di vincere nei circoli», spiega.
E conta sull’endorsement di Susanna Camusso, ma pure delle Acli, dell’Arci.
«Gianni dovrebbe crederci di più», è il rimprovero che gli muovono i bersaniani, fino all’ultimo convinti che se ci fosse stata una gara tra Renzi e Enrico Letta, la leadership del sindaco di Firenze ne sarebbe uscita sconfitta.
I sondaggi vedono un forte distacco tra Renzi e Cuperlo. Pippo Civati, l’outsider che non ha partecipato al voto di fiducia a Letta, incalza.
Nè intende rinunciare alla sfida per la leadership del Pd, Gianni Pittella, da molti dato in ritirata. «Non è così, sono in campo », fa sapere.
I lettiani vanno in ordine sparso; i bindiani sceglieranno regione per regione.
Francesco Boccia, braccio destro di Letta, sta con Renzi, ma Paola De Micheli appoggerà quasi certamente Cuperlo, così come Francesco Russo.
Fabrizio Barca, il candidato mancato, dice che sceglierà chi votare al congresso «la sera prima delle primarie».
«Renzi e Letta sono due ex dc e questo dovrebbe rappresentare un problema per il Pd? Non credo proprio, non lo è per me nè per le 12 mila persone che ho incontrato nei circoli», replica Barca.
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
“IL SOVRAFFOLLAMENTO UMILIA L’ITALIA, INTERVENIRE E’ UN IMPERATIVO UMANO”….IL PD PRECISA “ESCLUSI I REATI FISCALI” E PONE FINE ALLA SPECULAZIONE GRILLINA
Per affrontare l’emergenza carceraria «è necessario intervenire nell’immediato con il ricorso a rimedi
straordinari».
Nel messaggio alle Camere sulla situazione «drammatica» nelle carceri italiane, Napolitano prefigura il ricorso all’indulto e all’amnistia, il primo per pene fino a tre anni di reclusione e il secondo per reati di non particolare gravita.
«Questo – ha sottolineato – consentirebbe di adempiere rapidamente alla sentenza della Corte europea e rispettare i principi costituzionali».
Prima di citare indulto e amnistia, Napolitano ha elencato una serie di altri interventi che potrebbero contribuire a ridurre il sovraffollamento carcerario.
«Ma tutti – ha sottolineato – benchè condivisibili, appaiono parziali».
Nonostante alcuni siano già previsti in provvedimenti sulla giustizia non sono in grado di consentire all’Italia di ottemperare alla sentenza della Corte di Strasburgo.
Il Presidente della Repubblica ha citato la messa alla prova, la reclusione a domicilio, la riduzione della custodia preventiva in carcere (il 19% dei carcerati, ha ricordato, è in attesa di giudizio e altrettanti hanno subito condanne in primo grado), l’aumento degli sforzi per far scontare le pene agli stranieri nei loro Paesi, l’attenuazione degli effetti della recidiva «quale presupposto ostativo alle pene alternative della detenzione carceraria», una incisiva depenalizzazione, e l’aumento della capienza complessiva degli istituti penitenziari.
IL NODO BERLUSCONI
Resta da capire come un atto di clemenza potrebbe incidere sulle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi.
Per quanto riguarda l’amnistia, disciplinata dall’articolo 151 del codice penale, “estingue il reato, e, se vi è stata condanna, fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie” e, per effetto e nei limiti dell’articolo 210 dello stesso codice, “impedisce l’applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l’esecuzione”. Pertanto un’amnistia potrebbe risolvere in parte i problemi giuridici del leader del Pdl, almeno per quanto riguarda la condanna passata in giudicato relativa al processo Mediaset. Rimarrebbero scoperti però gli altri processi in dirittura d’arrivo.
L’indulto invece è “causa generale di estinzione della pena, che condona in tutto o in parte la sanzione inflitta con la sentenza di condanna, ovvero la commuta in pena di specie diversa”.
Questo provvedimento quindi non cambierebbe la situazione di Berlusconi per quanto riguarda la decadenza da senatore. Si tratta comunque di due atti di clemenza generali, ad efficacia retroattiva e, come tali, si distinguono dalla grazia che, invece, è un provvedimento individuale.
Mette i punti in chiaro il Partito democratico
“Amnistia e indulto – dice il responsabile Giustia, Danilo Leva- non potrebbero riguardare reati particolarmente odiosi nè i reati di natura economica e fiscale”.
E comunque, aggiunge Leva: “possono arrivare solo al culmine di un percorso che prevede misure strutturali che incidano definitivamente sul problema del sovraffollamento carcerario e concretizzino la funzione rieducativa della pena”.
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
NEL 2008 LA DECISIONE DEL CAVALIERE DI IMPEDIRE LA VENDITA AD AIR FRANCE-KLM E’ COSTATA 4 MILIARDI (PARI A DUE IMU)… PERSO UN ALTRO MILIARDO IN 4 ANNI, ORA LA COMPAGNIA NON VALE PIU’ NULLA ED E’ A RISCHIO DI PRIVATIZZAZIONE FORZATA
Anche i soldi per la benzina sono finiti e il governo discute di un salvataggio urgente. Così Alitalia ritorna al centro del dibattito politico, proprio come è accaduto 5 anni fa. Questa volta, però, lo scenario è molto differente.
Non sono bastati i quattro miliardi di euro pubblici buttati per cercare di fare rinascere la compagnia di bandiera.
Non sono bastate le misure del governo Berlusconi sulla chiusura del mercato con il divieto d’intervento per l’Antitrust sulle tratte monopolistiche detenute dalla nuova Alitalia.
E soprattutto non sono bastati i soldi immessi dagli imprenditori prestati al trasporto aereo e guidati dalla cordata “tutta italiana” capitanata da Roberto Colaninno e Intesa Sanpaolo.
Ma facciamo un passo indietro.
Era il marzo del 2008 e le elezioni erano alle porte.
Dopo mesi di discussioni, il governo Prodi, ormai cadente, aveva scelto di optare per la soluzione di Air France-Klm, come partner per evitare il fallimento della vecchia Alitalia.
La soluzione era la più logica perchè entrambe le compagnie facevano parte dell’alleanza globale Skyteam con delle sinergie importanti.
La proposta dei francesi era forte.
Sei miliardi di euro messi sul tavolo per fare gli investimenti necessari dal 2008 al 2013 oltre a una cifra superiore a 300 milioni di euro per la maggioranza dell’azienda.
Arrivarono però le elezioni e Silvio Berlusconi s’impose con il motto “Alitalia agli italiani”, che il giorno dopo la tornata elettorale diventò addirittura “Io amo l’Italia e volo Alitalia”.
E ancora: “Risolveremo la questione senza svendere e senza nazionalizzare, facendo appello al contributo delle imprese italiane che hanno tutto da guadagnare”.
E così fu, ma l’azienda nel frattempo portò i libri in tribunale con un fallimento fragoroso.
Miliardi di euro di perdite spalmate nella bad company che rimaneva in pancia allo Stato, mentre la parte buona veniva venduta a un prezzo non proprio trasparente alla cordata degli imprenditori italiani.
Il fallimento è costato oltre 4 miliardi di euro e questo è ormai un dato accertato, ma quel che è peggio è che il governo decise di bloccare la concorrenza con il decreto “Salva Alitalia”.
Questo decreto era alla base della fusione tra AirOne e la nuova Alitalia in modo da dare spunto al Piano Fenice orchestrato dall’allora amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera.
Il Piano Fenice era il piano deciso dagli investitori per rilanciare la compagnia. Tuttavia si basava su un grande errore: l’acquisto degli aeromobili a corto raggio che AirOne si era impegnata a comprare negli anni precedenti e che l’aveva portata in una posizione finanziaria non certo brillante.
La nuova Alitalia partiva dunque con una strategia impostata su quella di AirOne. Inoltre gli investitori italiani misero sul piatto meno di un miliardo di euro, e nonostante l’arrivo di Air France — Klm, questa cifra era palesemente troppo piccola per portare la compagnia italiana nell’Olimpo dei grandi vettori mondiali: Alitalia trasporta circa 25 milioni di passeggeri, meno di un quarto di quelli di Lufthansa e meno di un terzo della compagnia low cost Ryanair e il gruppo franco-olandese AirFrance-Klm.
La flotta di Alitalia è troppo incentrata verso il corto-medio raggio, il segmento con più concorrenza, mentre è estremamente debole rispetto ai competitor per le rotte intercontinentali, dove ci sono i margini maggiori.
Il management ha ridotto i costi operativi, ma senza investimenti nella flotta a lungo raggio ha potuto fare ben poco.
E un aereo a lungo raggio costa all’incirca 200 milioni di euro, vale a dire un quinto dell’investimento totale fatto per la ripartenza del vettore cinque anni orsono.
Dal gennaio 2009, quando la compagnia ha ripreso l’operatività , a oggi il vettore ha perso circa 1 miliardo di euro, vale a dire quanto era stato investito dai soci.
È la ragione per cui in questo momento Alitalia ha l’estrema necessità di ricapitalizzare.
Allo stesso tempo sta per finire il blocco all’uscita per i soci, e i rumors indicano che molti azionisti non sono più disposti a sopportare le perdite.
Durante l’estate si è parlato spesso dell’arrivo del cavaliere bianco. Questo cavaliere aveva le sembianze di Etihad o Aeroflot, due vettori extra-comunitari.
È bene ricordare che per la legislazione vigente una compagnia extra-comunitaria non può avere la maggioranza assoluta azionaria e dunque tali soci sarebbero potuti essere solo “marginali”.
Marginali rispetto a chi? E qui viene il punto.
Air France-Klm, primo azionista di Alitalia con il 25 per cento, ha l’opzione di salire nell’azionariato e prendere la maggioranza assoluta.
È chiaro che il gruppo franco-olandese vuole la maggioranza al prezzo più basso possibile, dato che continua a perdere centinaia di milioni di euro anche quest’anno. Ed è anche chiaro che il coltello dalla parte del manico ce l’hanno i francesi, visto che Alitalia ha ormai finito i margini di manovra.
Il problema è dunque dare il giusto prezzo ad Alitalia, ma probabilmente il valore dell’azienda è molto basso, viste le continue perdite.
C’è poi il dubbio che il governo si abbandoni all’ennesimo errore e pensi di salvare gli imprenditori o l’azienda con una nazionalizzazione mascherata e l’arrivo di fondi pubblici.
Ad esempio attraverso la Cassa Depositi e Prestiti che, se non direttamente, potrebbe agire attraverso i suoi Fondi di investimento.
Si è parlato anche di Ferrovie dello Stato, ma l’ipotesi sembra tramontata (anche per un evidente problema di conflitti di interesse, per esempio sulla tratta Milano-Roma).
Al governo Letta, però, non riesce ancora la quadratura del cerchio.
L’esecutivo studia il ritorno dello Stato nel capitale della compagnia di bandiera con una quota, secondo le notizie più recenti, tra il 16 e il 30%.
Ancora soldi pubblici, insomma. E dovranno arrivare anche in fretta, visto l’ultimatum dei creditori.
Scaroni (Eni) ha infatti dichiarato: “Se non riscuote la fiducia degli azionisti non possiamo tenerla in vita noi”.
E ha dato tempo fino a sabato: o si saldano i debiti o salta la fornitura di carburante.
Andrea Giuricin
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
LA PROCURA DELEGA UN SUPPLEMENTO D’INDAGINE SULLE DICHIARAZIONI (RITENUTE FALSE) DI TARANTINI… PER L’ACCUSA SAREBBE STATO INDOTTO A MENTIRE
La procura di Bari ha avviato altre indagini sulle bugie dette da Gianpaolo Tarantini nell’inchiesta escort
e pagate — secondo l’accusa — dall’allora premier Silvio Berlusconi.
La procura ha delegato ai Carabinieri del Nucleo Investigativo un supplemento di indagini, chiesto dalla difesa di Walter Lavitola, ex direttore dell’Avanti.
A causa dei nuovi accertamenti sono quindi destinati a slittare i tempi dell’eventuale richiesta di rinvio a giudizio per induzione a mentire per Berlusconi e Lavitola.
La Procura aveva chiuso le indagini il 20 luglio scorso. Berlusconi si era fatto interrogare sostenendo di non sapere che le ragazze di Giampi fossero prostitute.
Per gli inquirenti l’ex presidente del Consiglio avrebbe pagato Tarantini grazie a Lavitola, perchè mentisse agli inquirenti baresi che indagavano sulle escort.
”Io ho sempre avuto il piacere di dare a chi avesse bisogno — spiegava Berlusconi — per me una donazione di qualche migliaio di euro era assolutamente nulla”.
Tarantini avrebbe ricevuto da Silvio Berlusconi 10mila euro al mese oltre a 500mila euro (ma soltanto la metà gli sarebbe stata consegnata) per avviare un’attività economica.
Quei regali fatti a Tarantini, insomma, sarebbero stati soltanto ”beneficenza”, non soldi — come sostiene la pubblica accusa — necessari per comprare il suo silenzio. Oltre al denaro, pero’, l’imprenditore barese aspirava a entrare in contatto, tramite l’ex premier, con i vertici di Protezione Civile e Finmeccanica con cui poter fare affari.
Un paio di settimane fa era emerso che agli atti dell’inchiesta mesi fa era stata depositata una informativa della Guardia di Finanza in cui emergevano le bugie dell’ex premier messe a confronto con intercettazioni e verbali.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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