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VERGOGNA DI STATO: DOPO LE MINACCE DI TOTO’ RIINA, IL PM DI MATTEO COSTRETTO A RINUNCIARE AL PARTECIPARE ALL’UDIENZA

Dicembre 11th, 2013 Riccardo Fucile

IL MAGISTRATO HA GIUSTAMENTE RIFIUTATO DI MUOVERSI SU UN CARRO ARMATO LINCE … UN GRUPPO DI CITTADINI HA ORGANIZZATO UN SIT-IN DI SOLIDARIETA’ DAVANTI ALL’AULA BUNKER MILANESE

Dopo l’ultimo allarme legato alle nuove minacce lanciate dal boss Totò Riina il pm Nino Di Matteo ha deciso di non partecipare all’udienza sulla trattativa Stato-mafia che si svolge oggi a Milano nell’aula bunker di via Ucelli di Nemi.
È prevista la deposizione del pentito Giovanni Brusca.
Il magistrato nelle ultime settimane è stato il bersaglio di minacce anonime e violentissime intimidazioni da parte del boss corleonese. Che addirittura ha detto a un detenuto: “Lo faremo in modo eclatante”.
Proprio per queste minacce era in forse la trasferta nel capoluogo della toga di Palermo. Un gruppo di cittadini ha organizzato un sit-in di solidarietà  davanti all’aula bunker in cui si celebra il dibattimento. I manifestanti esibiscono lo striscione con scritto “Milano sta con Di Matteo“.
A rappresentare l’accusa in aula sono il procuratore di Palermo Francesco Messineo, l’aggiunto Vittorio Teresi e i pm Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia.
La Procura non ha ritenuto che ci fossero le condizioni di sicurezza per una trasferta a Milano del pm.
Il nuovo allarme risale a venerdì scorso, quando la Dia, che sta ascoltando ore di conversazioni registrate di Riina, capta una frase molto allarmante che riguarda proprio Di Matteo.
Le parole del boss fanno pensare che il progetto di attentato al magistrato sia giunto a una fase esecutiva. La notizia viene comunicata subito alle Procure di Palermo e Caltanissetta, che indaga sulle intimidazioni al pm.
Sabato i vertici degli uffici giudiziari nisseni e palermitani si riuniscono e decidono di rivolgersi al ministro dell’Interno Angelino Alfano che li riceve domenica.
Come prevede la legge in casi eccezionali, i magistrati consegnano al ministro le intercettazioni di Riina: il codice di procedura penale stabilisce infatti che l’autorità  giudiziaria possa trasmettere copie di atti di procedimenti penali e informazioni Viminale ritenute indispensabili per la prevenzione di delitti per cui è obbligatorio l’arresto in flagranza.
Nella frase sentita venerdì Riina, che in un’altra conversazione aveva anche detto al boss della Sacra Corona Unita riferendosi a Di Matteo “tanto deve venire al processo”, non farebbe riferimenti specifici a Milano.
Ma la trasferta nel capoluogo lombardo era stata organizzata ed era nota da settimane, quindi ci sarebbe stato tutto il tempo di mettere in piedi eventuali atti intimidatori. Inoltre le condizioni di sicurezza dell’aula bunker non sono state ritenute ottimali.
Di Matteo è già  sottoposto a protezione di “livello 1 eccezionale”.
Nell’ultimo Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica che si è svolto a Palermo alla presenza di Alfano, si è discusso anche di potenziare la vigilanza attraverso spostamenti in un Lince blindato e dotando la scorta del pm del bomb jammer, un dispositivo che neutralizza congegni usati per azionare esplosivi.
Ma il magistrato si è rifiutato di andare in giro a bordo di un carro armato: “No, non se parla. Non posso andare in giro per Palermo, in un centro abitato con un carro armato. Non chiedetemelo” avrebbe detto la toga — come riporta il Corriere della Sera — quando gli è stata mostrata la foto del Lince.

(da “il Fatto Quotidiano“)

Commento del ns. direttore

Prendiamo atto che lo Stato italiano non è in grado di trasferire in sicurezza un magistrato da Palermo a Milano, un bel messaggio per i collaboratori di giustizia e i testimoni in genere.
Salvo che non si aggiri, per non dare nell’occhio, su un carro armato anti esplosivi come fossimo in Afghanistan.
Qualcuno obietterà , che avreste fatto voi?
Semplice: avremmo condotto Riina in un ampio salone con dieci sgabelli   e dieci cappi che pendono dal soffitto.
Sugli sgabelli in piedi avrebbe trovato i dieci familiari a lui più cari, senza distintizione di sesso ed età , con la corda al collo.
Poi ci saremmo rivolti a lui: “Totò, tra poco facciamo partire Di Matteo su un’auto scoperta da Piazza Politeama a Palermo per Milano. Qua hai un cellulare e due minuti di tempo: se hai qualche amico che vuole salutarlo digli pure che quando passa sono graditi gli applausi e i “viva Di Matteo”. Poi fino a che non arriva in tribunale a Milano stiamo tutti qua con i tuoi familiari, cosi li vedi bene in viso. Sperando che non sia per l’ultima volta. Gli sgabelli certe volte cedono…”

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IL DISAGIO C’E’, CHI LO SFRUTTA PURE: E VIENE USATO COME FOGLIA DI FICO PER COPRIRE ALTRI SCOPI

Dicembre 11th, 2013 Riccardo Fucile

DOPO I GIORNALISTI ALLA GOGNA, GRILLO VUOLE I POLITICI (QUINDI ANCHE LUI) AL PATIBOLO… BERLUSCONI SI TRAMUTA DA DIFENSORE DELL’ORDINE A EXTRAPARLAMENTARE

Si apre il terzo giorno della protesta dei Forconi e il prefetto di Torino ha ottenuto rinforzi per contrastare manifestazioni – parole sue – «uniche nel loro genere perchè basate su azioni sporadiche e presidii improvvisi in diversi punti».
Una città  storicamente abituata a convivere con forme radicali di conflitto ieri è parsa alla mercè di manifestanti che potevano interrompere a loro piacimento qualsiasi servizio pubblico e intimidire i commercianti.
Il tutto in un vuoto pneumatico, nel quale assenti la politica e le forze sociali, troppo lento nell’agire il ministro dell’Interno, il peso del confronto – persino psicologico – è stato caricato sui poliziotti.
Nessuno sottovaluta ampiezza e profondità  del malessere che attraversa la società  e che mette in difficoltà  le frange più deboli del lavoro autonomo, come i camionisti con un solo Tir o gli ambulanti, ma si ha l’impressione che le loro rivendicazioni servano come foglia di fico ai veri capi della rivolta.
Sul campo è nato con il logo dei Forconi un attore sociale e politico trasversale, il cui retroterra non è chiaro e che ha aggregato di tutto, persino gli ultrà  del calcio.
Un mondo politico costantemente alla ricerca di un copione da recitare non aspettava altro che strumentalizzare la protesta.
Beppe Grillo ha intravisto nella mobilitazione dei Forconi la possibilità  di intestarsi «il disagio sociale» per saldarlo alla collaudata retorica anti-politica. Ne è scaturito un incredibile invito alla polizia a farsi da parte, a non difendere più uomini/luoghi delle istituzioni.
È la democrazia a 5 Stelle che prevede che l’avversario, se giornalista, debba essere messo alla gogna e se, politico, lasciato in balia della collera dei Forconi.
Anche Silvio Berlusconi non ha resistito alla tentazione di far sentire la sua voce intimando al governo di convocare subito gli autotrasportatori ribelli, che lui comunque vedrà  già  oggi in parallelo al discorso che il premier Enrico Letta terrà  in Parlamento.
La vecchia tattica del Pci di contrapporre simbolicamente Paese legale e Paese reale deve aver conquistato il Cavaliere nella nuova modalità  di politico extraparlamentare.
Blocchi stradali à  la carte e proclami populisti lascerebbero il tempo che trovano se non fosse il contesto a renderli pericolosi.
La sensazione di vuoto avvertita a Torino rappresenta una metafora della nostra attuale condizione.
Siamo «tra color che son sospesi», chiediamo immediate e incisive riforme della politica e la Corte costituzionale ha messo in scacco chi dovrebbe votarle.
Vediamo che altri Paesi stanno uscendo dalla recessione e noi dobbiamo accontentarci che il Pil non viaggi più in negativo.
Forse è troppo facile indirizzare tutto ciò verso Palazzo Chigi, ma è la coincidenza temporale a imporlo.
Letta è atteso a Montecitorio per un passaggio politico che si presenta delicato.
Non prometta la luna, come fece nel discorso di insediamento, affronti i nodi che gli si sono parati davanti e dia le risposte che l’opinione pubblica attende.
Riempia il vuoto e avrà  dato un contributo anche all’isolamento dei Forconi.

Dario Di Vico
(da “il Corriere della Sera“)

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FRA I FORCONI DI PIAZZALE LORETO: “ANCHE QUESTO REGIME FINIRÀ QUI”

Dicembre 11th, 2013 Riccardo Fucile

GRILLO COME TOGNAZZI: “VOGLIAMO I COLONNELLI”… BERLUSCONI CERCA DI RIFARSI UNA VERGINITA’

Non era mai successo che il leader di una forza politica rappresentata in Parlamento chiamasse le forze dell’ordine a sostenere una rivolta, venendo meno al loro dovere di lealtà  democratica.
C’è qualcosa di sinistro, un sapore cileno in questa visionaria pulsione insurrezionale. Una pulsione che sollecita i generali dei carabinieri, dell’esercito e della polizia, cui spetta il monopolio della forza, affinchè gli uomini in divisa si facciano promotori di una delegittimazione dello Stato.
Grillo vaneggia di miccia esplosiva e di Italia in fiamme, inseguendo l’estrema destra che si lascia facilmente riconoscere nel linguaggio dei volantini distribuiti ai blocchi stradali in cui si manifesta la disperazione degli ambulanti, dei camionisti, degli ultras da stadio.
A sua volta imitato dalla destra berlusconiana che spera di recuperare in piazza la verginità  perduta in anni di malgoverno, fino alla mossa del Cavaliere pronto a incontrare i ribelli.
La spallata che Grillo già  sognava giungesse dai cinque giorni di sciopero a oltranza degli autoferrotranvieri di Genova, dovrebbe trasformarsi in sollevazione per mandare a casa il Parlamento eletto a febbraio e, con lui, il governo e il presidente della Repubblica.
Tutti a casa, tutti corrotti, il popolo in piazza. Per iniziativa di chi?
Nientemeno che dei Forconi, l’opaco movimento che ha avuto per epicentro la patria dell’economia illegale, la Sicilia, e che ora ha raggiunto il Nord Italia viaggiando sui Tir alla volta dei mercati generali ortofrutticoli dove regna il lavoro nero.
Li incontro davanti all’Upim di piazzale Loreto a Milano, con le bandiere tricolori e i cartelli «Vendesi. Letta liquida tutto». Chi siete? «Siamo l’Italia». No, dai, dimmelo. «Il popolo, il popolo che si ribella». Organizzato da chi? «Da Facebook». Ma ci sarà  pure un coordinatore fra voi… «Prova con quello lì, barba e cappello nero…».
Mi si affollano intorno, parlano tutti insieme: «Abbiamo il frigorifero vuoto»…
«Ti sembra giusto che a 19 anni devo mantenere mia madre e che ieri hanno pure arrestato mia sorella per un fatto di cui è innocente?»… «Io sono imprenditore, la prima volta che vado in piazza, mi porto la bandiera dell’Italia»… «E io ho una piccola gioielleria… »… «A questo punto ribellarsi è un dovere…».
Siete i Forconi? «Macchè, tutte le sigle, Movimento Autonomo Trasportatori, Cobas Latte, Life, Azione Rurale Veneto, sono superate: noi siamo l’Italia».
Jacopo Danielli, finalmente un nome, cresta bionda e orecchino, si autodefinisce «anarchico ma con criterio» e distribuisce un manifesto personale in cui critica l’estrema destra che si camuffa dietro ai Forconi; ma intanto è qui anche lui e mi chiede di aiutarli.
A fare cosa? «Restiamo per strada finchè non se ne vanno a casa tutti e mille gli abusivi del Parlamento, non ce la facciamo più». Cosa avevate votato? «Cinque Stelle tutta la vita, ma tra di noi troverai anche chi ha votato altro, sì, anche i fascisti». Perchè proprio in piazzale Loreto? «E ce le chiedi? Intanto perchè qui è stato appeso a testa in giù il regime di prima, e poi perchè da qui si blocca tutta la tangenziale Est di Milano».
Ma siete in poche decine, c’è un sacco di polizia… «Vuoi vedere come fermiamo il traffico? Basta fare un giro ogni dieci minuti…». «E stasera andremo tutti davanti a Mediaset perchè la televisione tiene nascosta la protesta del popolo ».
Sarà  per le bandiere appoggiate sulle spalle, sarà  per i ragazzi rasati e vestiti di nero, sarà  per quelle signore arrabbiate che distribuiscono il volantino de “L’Italia si ferma” all’uscita del mètro («Ci hanno accompagnato alla fame, hanno distrutto l’identità  di un Paese, hanno annientato il futuro di intere generazioni… contro il Far-West della globalizzazione che ha sterminato il lavoro degli italiani… per riprenderci la sovranità  popolare e monetaria »), fatto sta che l’atmosfera è quella dello stadio di San Siro la domenica pomeriggio.
Difatti parte il coro «Uno di noi, Gad Lerner uno di noi…», che mi convince a filarmela prima che mi organizzino un blocco stradale apposta.
Ci sono dei finanzieri in assetto antisommossa, ma il casco lo portano legato alla cintura.
Proprio lì di fianco, in viale Brianza, c’è un altro assembramento, sia pure più ridotto: davanti a una delle macellerie più rinomate e care di Milano ci vuole una fila di mezzora per comprare il fassone piemontese a 30 euro il chilo. Eccola qui la solita Italia dei ricchi e poveri, arrabbiata e spaccata in due.
Questa jacquerie che aspira a trasformarsi in sommossa generalizzata l’avevo sentita montare nei giorni precedenti perfino nei negozi di sperduti paesini del Monferrato. La fornaia che ha finito il pane alle 11 perchè i clienti fanno incetta in vista del blocco delle strade.
L’ortolano prudente che lo sa già : «Lunedì inutile andare alle 4 del mattino ai Mercati Generali di Torino, tanto saranno chiusi ». Un tam tam del malcontento che non ha bisogno di leader per diffondersi.
Poi la prima esplosione con gli scontri di piazza davanti alla Regione Piemonte, quella il cui presidente si faceva rimborsare anche le sigarette e i mutandoni.
Nell’assedio si ritrovano gli ambulanti di Porta Palazzo, gli autotrasportatori e gli ultras delle tifoserie già  da tempo coalizzati oltre il colore delle maglie.
Li unisce una rete tessuta silenziosamente da Forza Nuova e da altre sigle dell’estrema destra. Bastava leggere lo striscione di solidarietà  con i sampdoriani cui la polizia aveva impedito di raggiungere Milano, esposto dalla curva nerazzurra di San Siro domenica 1 dicembre.
La sera di lunedì scorso avevo incontrato la protesta dei Forconi nel centro di Genova, dov’era arrivata per estensione dopo i blocchi delle stazioni e degli snodi autostradali nel Ponente ligure. In basso presidiavano piazza della Vittoria, la stessa del V-day di Beppe Grillo.
Ma nel cuore della città , intanto, altri gruppetti sparpagliati di manifestanti senza alcun simbolo, giovani incappucciati, trasportavano le transenne dei cantieri vicini fino in piazza De Ferrari per ostruire l’accesso a via XX settembre. Veloci, silenziosi. Saranno quelli dei centri sociali? Di nuovo un contrasto plateale, nelle strade opulente dello shopping natalizio. L’arteria commerciale intasata dagli automobilisti malcapitati.
Qui e là  i manifestanti senza nome, drappelli di polizia con l’ordine di lasciarli sfogare.
Ma lungo imarciapiedi, davanti alle vetrine del lusso, faceva impressione riconoscere a poche decine di metri l’uno dall’altro alcuni anziani ben vestiti (no, non erano rom) inginocchiati a chiedere l’elemosina.
Bisognerà  prima o poi raccontarla questa Italia dei nuovi mendicanti, non più solo gli stranieri venditori di rose avvizzite. Il piccolo commercio andato a rotoli, l’economia del finto lavoro autonomo che non regge più e s’incrocia con l’esasperazione dei precari.
Grillo si offre come capopopolo, aspira a metterli tutti insieme.
Propone come catalizzatore del loro malcontento l’obiettivo di decapitare la classe politica dei nominati. Me lo ripetono con gentilezza i manifestanti di piazzale Loreto: «Avevi votato per Bersani e ti ritrovi il governo Letta, sei stato truffato anche tu. Unisciti a noi, siamo senza lavoro e senza soldi, non ci fermeremo finchè non li avremo mandati a casa». «Ieri eravamo alla Bicocca e siccome dal coordinamento nazionale non venivano indicazioni abbiamo deciso di testa nostra di venire qui in Loreto. Domani (oggi,ndr) bloccheremo un’altra zona. I politici devono capire che per loro è finita, non abbiamo niente da perdere».
Su via Doria, dietro al monumento dei partigiani trucidati, sfilano i trattori dei coltivatori diretti alla Regione Lombardia.
La destra in piazza coi tricolori non può dichiararlo, ma confida di godere della simpatia di ufficiali e poliziotti.
Quanto a Grillo, lui ci prova. O la va o la spacca.

Gad Lerner

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TORINO SOTTO ASSEDIO TRA STRADE BLOCCATE E SUPERMARKET CHIUSI, STANOTTE LA POLIZIA HA SGOMBERATO IL BLOCCO AI MERCATI GENERALI

Dicembre 11th, 2013 Riccardo Fucile

“SE LETTA OTTERRà€ LA FIDUCIA, FAREMO IL FINIMONDO”… VERTICE IN PREFETTURA PER INDIVIDUARE I MANIFESTANTI CHE MINACCIANO I COMMERCIANTI

Nel secondo giorno d’assedio, i forconi di Torino hanno stretto il palazzo del Consiglio regionale del Piemonte e obbligato i negozi a chiudere ancora una volta. Dopo i disordini di lunedì sotto la sede della giunta di Roberto Cota, con lanci di pietre e bombe carte, ieri mattina alcuni manifestanti si sono ritrovati sotto Palazzo Lascaris, dove a protestare c’erano anche alcuni metalmeccanici della Fiom.
Davanti al palazzo dei 43 consiglieri indagati per le “spese pazze” ci sono stati momenti di tensione tra i due gruppi, divisi da un cordone di polizia.
Da una parte i forconi intonavano l’inno nazionale, dall’altra le tute blu rispondevano con “Bella ciao”.
Per tutta la giornata il traffico è stato in tilt negli snodi principali della città  per i blocchi stradali, i mercati rionali sono rimasti chiusi e molti supermercati avevano le serrande abbassate per prevenire inconvenienti, viste le proteste contro la grande distribuzione che non ha aderito allo sciopero.
In alcuni casi sono dovuti intervenire i carabinieri. Il negozio di Eataly in centro città  è stato fatto chiudere due volte lunedì, perchè alcuni uomini dal volto coperto e armati di spranghe hanno minacciato la security.
A Nichelino un assicuratore è stato picchiato ed è stato ricoverato in ospedale. In alcune zone della città  i negozianti hanno ricevuto avvertimenti affinchè tenessero chiusi i loro esercizi, oppure sono stati costretti a chiudere dai manifestanti di passaggio.
“Sono inacettabili le minacce a commercianti per far chiudere le attività  commerciali”, ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Proprio per far fronte alle minacce ieri pomeriggio il procuratore aggiunto Paolo Borgna insieme a due sostituti (Andrea Padalino e Antonio Rinaudo) hanno incontrato i vertici dell’Ascom per instaurare una collaborazione e invitare i commercianti a denunciare i soprusi. “Condividiamo in parte le ragioni della protesta — aveva dichiarato lunedì la presidente dell’Ascom provinciale, Maria Luisa Coppa — ma non violenza e minacce”.
Poche ore dopo in prefettura si è riunito il comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico: “Abbiamo chiesto rinforzi”, ha detto il prefetto di Torino, Paola Basilone, dopo l’incontro col questore Antonio Cufalo, il sindaco Piero Fassino, i primi cittadini dei comuni della cintura, il presidente della Provincia Antonio Saitta e il procuratore capo Giancarlo Caselli.
Lunedì era apparsa chiaramente la difficoltà  delle forze dell’ordine nel contenere la violenza. “Non è stato sottovalutato nulla, perchè nessuno immaginava una cosa del genere” , ha affermato il prefetto, mentre il questore ha aggiunto che “non c’è stata nessuna sottovalutazione, i nostri uomini si sono trovati a bissare i turni cercando di contrastare una situazione complessa e improvvisa”.
Al termine della seconda giornata otto manifestanti sono stati denunciati, quattro per interruzione di pubblico servizio e altri quattro per violenza privata. Un manifestante è stato fermato dalla polizia e portato in questura dopo che aveva fatto esplodere una bomba carta vicino alla stazione Porta Nuova. E già  tuonano nuove minacce: “Se Letta otterrà  la fiducia, faremo il finimondo”.
Lo leggo dopo
Al terzo giorno della protesta dei “forconi”, la polizia cambia registro. All’alba di stamane, agenti in tenuta antisommossa hanno sgomerato il Caat di Grugliasco, cioè i mercati generali di Torino, per consentire a 300 camion di uscire con le derrate per negozi e supermercati.
Non ci sono stati tafferugli con i duecento manifestanti. Rimosso anche il blocco che i manifestanti avevano istituito sin da lunedì mattina in piazza Derna.
Ora i manifestanti si limitano a consegnare volantini ma senza impedire la circolazione. Blocchi confermati invece ad Avigliana e Santena.
Notizie quest’ultime che sembrano far presagire a un’altra giornata difficile in città , con proteste imprevedibili, dal centro alla periferia, capaci di paralizzare il traffico e la mobilità  delle persone.
Ed è proprio questa una delle accuse più frequenti che ieri i sindaci, a cominciare da Piero Fassino, hanno sottolineato nel vertice del comitato di sicurezza pubblica con prefetto e questore convocato nel pomeriggio su richiesta proprio del sindaco di Torino. “Non si ottiene così il consenso della gente ma solo rabbia e indignazione” ha spiegato Fassino.
E proprio Fassino ha ricevuto due telefonate dal ministro dell’Interno Angelino Alfano che ha promesso nuovi rinforzi per polizia e carabinieri. Nel frattempo la procura ha aperto un fascicolo contro ignoti e venti manifestanti sono stati denunciati per interruzione di servizio pubblico.
Uno dei leader del movimento Andrea Zunino comunque conferma che non c’è alcuna intenzione di sospendere la protesta: “Andremo avanti a oltranza, ma in modo pacifico”. E quasi a conferma di questa linea anche oggi i quaranta mercati di Torino si presentano deserti.
La protesta continua.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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BEPPE GRILLO E’ STATO DENUNCIATO AI SENSI DELL’ARTICOLO 266 DEL CODICE PENALE: “ISTIGAZIONE DI MILITARI A DISOBBEDIRE ALLE LEGGI”

Dicembre 11th, 2013 Riccardo Fucile

DUE CITTADINI ITALIANI HANNO PRESENTATO IN SERATA DENUNCIA ALL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA

La nota del denunciante Piercamillo Falasca:
“Insieme al cittadino Giovanni Susta (ispirati giuridicamente dal cittadino Luca de Vecchi), abbiamo denunciato il signor Beppe Grillo all’autorità  giudiziaria, perchè proceda secondo l’articolo 266 del codice penale (“Istigazione di militari a disobbedire alle leggi”).
Per chi non lo sa: sul suo blog, Grillo ha pubblicato una lettera aperta ai vertici di esercito, carabinieri e polizia perchè non proteggano più i politici, non facciano scorte e non assicurino la sicurezza dei palazzi istituzionali. La misura è colma, i cialtroni come Grillo vanno fermati. Denunciatelo anche voi.”

Art. 266 Codice Penale. Istigazione di militari a disobbedire alle leggi.

Chiunque [c.p. 327] istiga i militari a disobbedire alle leggi [c.p. 415] o a violare il giuramento dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio stato, ovvero fa a militari l’apologia di fatti contrari alle leggi, al giuramento, alla disciplina o ad altri doveri militari, è punito, per ciò solo, se il fatto non costituisce un più grave delitto, con la reclusione da uno a tre anni [c.p. 115, 265, 272].

La pena è della reclusione da due a cinque anni se il fatto è commesso pubblicamente [c.p. 265, 268, 269, 272, 302, 327, 654; c.p.m.p. 8, 9, 214].

Agli effetti della legge penale, il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso:
1. col mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda (1);
2. in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone;
3. in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata [c.p. 7, n. 1]

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SINDACATI DI POLIZIA “CARICANO” GRILLO : “DA LUI PAROLE FARNETICANTI”

Dicembre 11th, 2013 Riccardo Fucile

SCIOPERO FORCONI, SAP, SILP, COISP : “NO A STRUMENTALIZZAZIONI, GRILLO PENSI A FARE IL POLITICO NON IL COMICO”….”GRILLO ALIMENTA LO SCONTRO SOCIALE PER TORNACONTO POLITICO”

L’appello di Beppe Grillo alla Polizia ad unirsi alla protesta esplosa ieri in diverse città  d’Italia cade nel vuoto.
O meglio, viene respinta sonoramente al mittente da tutte le principali sigle sindacali. “Grillo dovrebbe dimenticarsi del suo passato di comico e smettere di fare il ridicolo. Pensi piuttosto a fare il politico”, dice il segretario del Sap Nicola Tanzi sottolineando che “dovrebbe essere lui il primo ad evitare di strumentalizzare” ogni vicenda. Togliersi il casco, dice Tanzi, “è un gesto che gli uomini delle forze dell’ordine fanno tutte le volte che, durante una manifestazione, ci si rende conto che non ci sono più rischi. E’ un gesto che viene fatto per stemperare l’ambiente, per dialogare con i manifestanti e per abbassare la tensione”.
Dunque, prosegue il segretario del Sap, “non c’è stata alcuna condivisione” da parte dei poliziotti con le ragioni della protesta.
“Certo – ammette Tanzi – al nostro interno viviamo un grosso disagio, i poliziotti hanno problemi enormi come tutti gli altri cittadini. E molti condividono il disagio di chi era in piazza”.
“Ma – conclude – quando siamo al lavoro dimentichiamo quel disagio e pensiamo soltanto ai nostri doveri, che sono quelli di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica e il diritto di manifestare a tutti. Il resto sono solo interpretazioni e strumentalizzazioni”.
Siap: “Da Grillo inviti farneticanti”.
Sulla stessa linea anche il Siap. “I poliziotti cittadini respingono al mittente gli inquietanti e farneticanti inviti all’insubordinazione e alla contestazione rivolti da Grillo: inviti che certamente mai potranno essere accolti dai lavoratori in uniforme”, spiega il segretario del Siap Giuseppe Tiani sottolineando che le forze dell’ordine “sono impegnate quotidianamente nella difesa del paese, della libertà  dei cittadini e di quegli stessi palazzi che rappresentano le istituzioni ed in cui siedono uomini e donne delle istituzioni”.
“Non ci stiamo – prosegue il Siap – a bieche strumentalizzazioni, utili a fomentare oltremodo lo scontro sociale e a rintuzzare i focolai della legittima protesta, solo per il proprio tornaconto politico”.
Gli uomini e le donne della polizia, dunque, sono “fermamente contrari alle possibili derive violente nelle manifestazioni di piazza, perchè appartenenti ad una Polizia democratica”.
Trent’anni fa, conclude Tiani, “abbiamo fortemente lottato affinchè la polizia fosse smilitarizzata e perchè fosse sentinella delle libertà “. Dunque “abiuriamo ogni posizione ed interpretazione, come quella grillina, che tenti di scardinare i fondamenti della democrazia”.
Coisp: “Da Grillo pupulismo puro”.
Duro, sull’invito di Grillo anche il segretario del Coisp Franco Maccari: “È una idiozia: i poliziotti non hanno la libertà  di decidere chi e cosa proteggere. Noi eseguiamo degli ordini. Questi ‘appelli’ di Grillo – ha detto all’Adnkronos – sono un esercizio di populismo puro, che rischiano di creare difficoltà  anche sulla strada, perchè qualche cittadino può pensare che gli uomini in divisa possano scegliere chi proteggere, quando e come intervenire”.

(da “Huffington Post “)

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