Settembre 13th, 2014 Riccardo Fucile
STUDIO FISAC: NEGLI ANNI ’70 I GIOVANI GUADAGNAVANO IL 10% IN PIU’ DELLA MEDIA NAZIONALE, ORA IL 12% IN MENO
Il salario netto mensile medio di un lavoratore italiano nel 2013 è pari a 1.327 euro. Coloro che guadagnano,
pur lavorando, meno di mille euro al mese oscillano tra i sei e i sette milioni di persone.
E’ quanto emerge dal rapporto sui salari dell’Isrf Lab – curato dal segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale, con la collaborazione di Nicola Cicala – dal titolo Poveri salari.
Un giovane neolaureato “peraltro mediamente precario se va bene oscilla tra gli 800 e i 1.000 euro mensili fino a trentacinque anni. Mentre oltre sette milioni di pensionati percepiscono meno di 1.000 euro mensili”.
E se il salario netto si è attestato su poco più di 1.300 euro al mese, il raffronto con quello di un lavoratore tedesco è impietoso: quest’ultimo, come si sottolinea nello studio, “guadagna in media 6 mila euro in più l’anno”.
Tra i più colpiti dalla ‘questione salariale’ ci sono i giovani. Megale nel rapporto denuncia, infatti, “come un giovane degli anni ’70 guadagnasse mediamente il 10% in più della media nazionale, negli anni della crisi invece ne porta a casa il 12% in meno.
La diseguaglianza, come emerge dal rapporto, è il frutto di una “progressiva sperequazione” di lungo periodo: “Nel 1970 un manager guadagnava venti volte di
più di un operaio mentre oggi arriviamo a picchi che superano le duecentocinquanta volte. Diseguaglianze che si sostanziano anche dall’analisi che si fa nel testo delle dichiarazioni fiscali da dove si rileva che “oltre 15 milioni di lavoratori dipendenti guadagnano poco più di 1.300 euro netti al mese in media. Di questi circa 7 milioni ne guadagnano meno di 1.000”.
Ancora secondo la ricerca, i contratti nazionali dal Duemila ai giorni nostri sono stati un argine contro l’inflazione ma non abbastanza forte per reggere il combinato disposto, peso del fisco e bassa produttività .
Il reddito disponibile familiare, tra il 2000 e il 2013, infatti, registra una perdita di circa -8.312 euro per le famiglie di lavoratori, a fronte di un guadagno di 3.142 euro per quelle di professionisti e imprenditori.
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Settembre 13th, 2014 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI FORLI’: “NON VIVO DI POLITICA COME GLI ALTRI: SE PERDO ALLE PRIMARIE VUOL DIRE CHE TORNERO’ A INSEGNARE ALL’UNIVERSITA'”
Fosse un campionato di calcio — come a molti piace considerare la politica in tempi renzisti — il suo nome finirebbe tra le sorprese.
Roberto Balzani, già repubblicano di famiglia mazziniana, poi iscritto al Pd e, alla fine, sindaco di Forlì, si candida alle primarie per la presidenza della Regione in totale solitudine.
Non ha nessuna corrente che lo sostenga, non piace alle cooperative e, soprattutto, non piace nè a Matteo Renzi nè a Pier Luigi Bersani.
È sempre dell’idea di andare a una battaglia quasi impossibile?
Assolutamente si, io non ho nulla da perdere. Non sono come gli altri.
Che vuol dire non sono come gli altri?
Che non vivo di politica. Ho una cattedra all’università , se perdo le primarie torno al mio posto.
È un male vivere di politica?
È il male estremo. Forse non saremmo finiti in questa situazione se non ci fosse stata la politica a mescolarsi con le questioni personali.
Lei descrive il Pd come la peggiore Forza Italia.
Siamo diventati anche questo.
E qual è stato il momento della svolta? Renzi segretario?
Non direi. Semplicemente quando abbiamo smesso di discutere. Quando è iniziata la bufera sui consiglieri regionali, culminata con l’iscrizione al registro degli indagati di Matteo Richetti e Stefano Bonaccini, avevo chiesto attraverso la federazione di Forlì di aprire un dibattito. Nessuno ha risposto. Lo stesso è accaduto due mesi fa.
Si riferisce alla condanna di Vasco Errani?
Sì, quello è il momento peggiore che il Pd in Emilia Romagna ha vissuto. Non giudico la condotta di Errani che si è dimesso, ma il comportamento partito, tutti hanno preferito reagire personalmente, senza che ci fosse stata una riflessione. Non è da partito sano reagire così, si è perso il senso della politica.
Bonaccini dovrebbe dimettersi?
Non credo per l’indagine o, almeno, non dovrebbe farlo fino al rinvio a giudizio. Dovrebbe dimettersi per la deriva nella quale il partito, in Regione, è finito. Era il segretario regionale e con responsabilità doveva farsi da parte. Ha prevalso la ragione personale. E l’ambizione. Non ha ascoltato interesse politico se non il suo. Imperdonabile.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 13th, 2014 Riccardo Fucile
SOLDI PUBBLICI ALLE SCUOLE PRIVATE, ESENZIONE DALLA TASI, LAVORO DA STOPPER SU ETEROLOGA E GAY
Matteo Renzi ieri non era col Papa al sacrario di Redipuglia, in Friuli, per il centenario dello scoppio della
Grande Guerra: ha disdetto per essere in Puglia per un giro istituzionale.
Francesco non se la prenderà : non solo perchè è un uomo buono e non bada a queste cose, ma anche perchè l’organizzazione che guida non ha proprio niente di cui dolersi col giovane premier italiano.
Renzi, infatti, nei rapporti con la Chiesa, sta proseguendo l’antica tradizione dell’inchino, una sorta di regola a Palazzo Chigi. Meglio un’esenzione che un milione di pater e gloria, figurarsi di una visita in Friuli.
Quel che c’era da dire, d’altronde, tra Italia e Santa Sede, è argomento che sarà stato affrontato già dal Segretario di Stato, Pietro Parolin, nel pranzo che ha avuto con Renzi martedì alla presenza di Maria Elena Boschi, Luca Lotti e porporati a sfare. Solo una goccia nel fluire eterno e astratto del potere romano, che pure ama incarnarsi a volte in terrene leggine, decretucci, normette e cattolicissime omissioni: Procure e Anti-riciclaggio chiedono da mesi allo Ior la lista dei conti sospetti, ma pressioni del governo in tal senso non risultano agli atti.
Ecco, dunque, una rapida panoramica delle opere del Renzi vaticano.
8 PER MILLE
È la vicenda più fresca. Non solo il governo Renzi non prende neanche in considerazione di modificare il meccanismo truffaldino con cui la Cei incassa tre volte di più di quanto i cittadini le destinino direttamente (la cosiddetta divisione proporzionale dell’inoptato), ma ora vuole regalare al Vaticano pure un pezzo dei soldi lasciati allo Stato dai contribuenti.
È andata così. La Finanziaria di Letta stabiliva che tra i benificiari dell’8 per mille lasciato all’erario ci fosse anche l’edilizia scolastica; il 1 settembre — quando alla Camera è arrivato il decreto attuativo scritto a Palazzo Chigi — c’era però una piccola modifica: i soldi andranno alle scuole “di proprietà pubblica dello Stato, degli enti locali territoriali e del Fondo edifici di culto”.
Il Fondo in questione — che fa capo al ministero dell’Interno — oltre a negozi, appartamenti, foreste e quant’altro, è il formale proprietario di 750 e più grandi complessi ecclesiastici, con scuole annesse, dati in gestione alle varie congregazioni di Santa Madre Chiesa.
Sono scuole private, ma beneficeranno dei (pochi, circa 150 milioni l’anno) soldi dell’8 per mille dello Stato.
Ora il testo è all’esame del Parlamento: “Delrio ci tiene molto”, dicono nei corridoi (anche se, a stare a Dagospia, al Vaticano non ritengono più il cattolicissimo sottosegretario un interlocutore affidabile: ha perso punti col capo).
TASI-IMU
Gli edifici, anche “commerciali”, di proprietà di enti religiosi continuano a essere largamente esentati dal pagamento delle imposte sugli immobili.
Dopo gli anni dell’esenzione semi-totale, il governo Monti — anche per evitare una multa dall’Ue — decise di far pagare il settore “no profit” almeno per le parti degli edifici adibiti “a uso commerciale”: peccato che poi fece un regolamento incomprensibile e da allora ancora non s’è visto un euro.
Ora, però, ci sono le nuove istruzioni pubblicate il 26 giugno dall’Agenzia delle Entrate. Risultato: a parte gli alberghi, anche con Renzi la Chiesa non paga.
Le cliniche sono esentate (basta che siano convenzionate col Ssn) e le scuole praticamente pure: la legge “salva” quelle che chiedono alle famiglie “importi simbolici”, ma secondo il Tesoro “simbolico” significa che la retta non deve superare i 6-7 mila euro l’anno, cioè all’ingrosso 700 euro al mese.
DIRITTI CIVILI
Sulle coppie di fatto, Renzi si presentò in Parlamento parlando di un “compromesso” possibile. Le Camere, dunque, hanno discusso e ora in Senato c’è un ddl quasi pronto e accettato da molte forze politiche, anche d’opposizione.
E qui arriva il compromesso renziano: con apposita intervista al giornale della Cei, Avvenire, a fine luglio, Renzi ha definito “superato il testo” e annunciato “un ddl ad hoc del governo”. Quando? Mah.
Per la fecondazione eterologa, invece, è accaduto il contrario. La Consulta boccia la legge 40 e consente di ricorrere a donatori esterni alla coppia, il ministro Lorenzin s’affretta a scrivere un decreto, ma il premier lo straccia: “Ci deve pensare il Parlamento”. Nel frattempo, lui e il ministro mandano i Nas in quelle cliniche che tentano di far rispettare la legge. D’altronde, ai tempi del referendum sulla legge 40 e degli inviti al boicottaggio del cardinal Ruini, il nostro si esprimeva così: “Non andrò a votare. Rivendico la legittimità della posizione di chi ritiene di dover far fallire il referendum facendo mancare il quorum”.
LE SCUOL
L’istruzione prima di tutto, dice Renzi, e infatti alle scuole private non solo sarà confermato più o meno l’intero pacchetto dei finanziamenti diretti da mezzo miliardo l’anno (con buona pace della Costituzione che li vieta), ma si appresta anche a varare una defiscalizzazione abbastanza decisa delle donazioni.
Nelle parole di La buona scuola, vale a dire le linee guida della riforma prossima ventura: “Va offerto al settore privato e no profit un pacchetto di vantaggi graduali per investimenti in risorse umane e finanziarie destinato a singole scuole o reti di scuole, attraverso meccanismi di trasparenza ed equità che non comportino distorsioni”. Quando tra pubblico e privato non c’è differenza, in genere è il secondo che ci guadagna.
Marco Palombi
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Settembre 13th, 2014 Riccardo Fucile
RISPUNTA L’IPOTESI MARINA ALLA GUIDA DI FORZA ITALIA
Il tutti contro tutti che dilania ormai Forza Italia lascia sul campo il candidato del partito alla Consulta, Antonio Catricalà , ma trascina in una palude la stessa leadership di Silvio Berlusconi.
Cala il gelo dopo l’attacco senza precedenti di Raffaele Fitto – sempre più leader di una vasta area di dissenso – a Maria Rosaria Rossi, tesoriera ma soprattutto braccio destro dell’ex Cavaliere, lei che in una intervista a Repubblica invitava l’eurodeputato pugliese, di fatto, a fare le valigie.
Berlusconi reagisce malissimo all’ennesimo schiaffo di Fitto.
Dopo la storia dei tanti che non versano nemmeno un euro al partito, per lui è la conferma del «fallimento del progetto » Forza Italia.
Meglio smantellare tutto, ricominciare daccapo, puntare sul voto in tempi ravvicinati (se Renzi vorrà ) e su «un Berlusconi» per la premiership, per usare le parole della Rossi.
Ed è risaputo che l’unico nome in campo – pur tra mille smentite ufficiali – resta quello di Marina. Sponsorizzato proprio dal “cerchio” Pascale-Rossi.
Il leader forzista apprende dell’attacco alla tesoriera appena uscito dall’istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone e prima di raggiungere Milanello per incontrare la squadra, l’uveite ormai è guarita.
Nei confronti dell’ex pupillo pugliese confessa ai suoi di nutrire ormai «profonda disistima: approfitta sempre dei momenti di difficoltà del partito per attaccarmi, cosa aspetta Raffaele a lasciare Forza Italia? » è lo sfogo molto privato.
Il momento di difficoltà ultimo a cui fa riferimento è l’impasse parlamentare che ha costretto il quartier generale di Arcore ad accettare il passo indietro di Catricalà , impallinato in aula dai “ribelli”.
Una brusca sconfitta, ascritta a Berlusconi e alla linea “buonista” rispetto a Renzi e al governo (ancora ieri il Mattinale di Brunetta rilanciava la «coesione nazionale»).
Per tutto il giorno non un parlamentare interviene anche solo per difendere la Rossi. C’è ormai un partito nel partito che vorrebbe vedere lei come la Pascale, sempre più “interventiste”, fuori dalla stanza dei bottoni.
Non solo pugliesi e campani schierati con Fitto e con la richiesta di primarie. Ma anche big con più legislature alle spalle, Capezzone e Carfagna, Saverio Romano, Polverini, Prestigiacomo e tanti altri.
Alla squadra si aggiunge ora Trifone Altieri, uomo di Fitto in Provincia di Bari, che subentra alla Camera ad Antonio Leone (Ncd) eletto al Csm.
«Lascia allibiti che il presidente Berlusconi possa consentire alla senatrice Rossi di rilasciare o ritirare patenti sulla legittimità dello stare nel partito» è l’attacco mattutino di Fitto dal suo blog.
«Nè la senatrice nè altri hanno titoli o legittimazione tecnico-giuridica e statutaria, nonchè politica, per ipotizzare cose del genere ». Scrive di «disagio sempre più forte di tanti colleghi» per concludere che Forza Italia «è stata e sarà ancora» casa sua.
Non lascia, insomma, se vogliono mi caccino, è il senso.
La replica ufficiale Berlusconi la affida dopo otto ore di silenzio, alle 20, alla portavoce Deborah Bergamini.
Critica i «toni discutibili» di Fitto, difende la Rossi e i suoi titoli (assegnati dal capo), per concludere: «Evidentemente, la sua solerzia quando si tratta di prendere voti per sè diventa distrazione o svogliatezza quando si tratta di lavorare per tutta Forza Italia».
Fitto non controreplica, la definirà «patetica» coi suoi. Ma è l’unico ad uscire allo scoperto, con l’eccezione di Maurizio Bianconi: «Non seguo l’ordine di Berlusconi di non attaccare Renzi, avevamo 13 milioni di voti, oggi tre».
Questo il clima. E il frullatore ha solo cominciato a girare.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Settembre 13th, 2014 Riccardo Fucile
I PM SOSTENGONO CHE IL NUOVO AD (ASSIEME AL SUO PREDECESSORE SCARONI) PUNTAVA ALLA STECCA MILIONARIA… LE INTERCETTAZIONI DIMOSTRANO GIà€ LA CONTINUITà€ DI RAPPORTI CON I SOLITI FACCENDIERI
Matteo Renzi dice che rinominerebbe Claudio Descalzi domattina. 
Chi gli vuole bene pensa che Renzi lo confermerebbe per i buoni risultati ottenuti da questo manager nel settore dell’esplorazione, a partire dall’affare miliardario per l’Eni in Mozambico.
Chi gli vuole male pensa che siano i rapporti tra l’amministratore dell’Eni e l’amico di Renzi, Marco Carrai, a consigliare al premier questa benevolenza.
A differenza di Renzi, i pm milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro ritengono che “Paolo Scaroni e Descalzi abbiano organizzato e diretto l’attività illecita” del caso nigeriano.
Scaroni e Descalzi sono indagati per corruzione internazionale per l’acquisto al prezzo di 1 miliardo e 92 milioni di dollari di un giacimento off-shore dalle enormi potenzialità .
Un quinto del prezzo è stato congelato a Londra per una lite tra il mediatore Emeka Obi (collegato a Gianluca Dinardo, a sua volta legato a Luigi Bisignani) e il titolare effettivo di Malabu, cioè l’ex ministro del petrolio nigeriano Dan Etete.
Per i pm milanesi “la somma di 215 milioni, bloccata in Gran Bretagna, per la causa civile tra gli intermediari Emeka Obi e Dan Etete sarebbe stata certamente destinata a remunerare pubblici ufficiali e a pagare mazzette (kickbacks, Ndr) a managers di Eni e agli intermediari Obi/Agaev e Di Nardo/Bisignani”.
Per i pm “le somme ancora rimaste in Gran Bretagna devono essere sequestrate come provento del complesso schema di corruzione messo in piedi da Eni per garantirsi la concessione petrolifera OPL 245”.
L’ipotesi di accusa dei pm quindi, è che Descalzi, con Scaroni, avrebbe ordito uno schema corruttivo finalizzato a pagare mazzette ai manager Eni.
Accuse gravissime che devono essere dimostrate e vanno contestualizzate. Probabilmente la Procura sarebbe stata più morbida se non avesse dovuto fare la voce grossa con i giudici londinesi per convincerli a concedere un sequestro che non avevano molta voglia di eseguire.
A prescindere dalle accuse dei pm nella richiesta di sequestro restano però i fatti elencati negli atti allegati.
Fatti mai smentiti nè spiegati da Descalzi che avrebbero dovuto consigliare maggiore prudenza a Renzi prima di scrivere il suo tweet in difesa del manager.
Prima di ‘rinominare’ Descalzi il premier dovrebbe farsi spiegare le sue telefonate del 2010 con Bisignani.
Quelle conversazioni intercettate nell’inchiesta P4 dalla Procura di Napoli, poi trae enti locali già messi a bilancio per il 2015 con il decreto sugli 80 euro.
Ed è qui che il presidente di regione medio la prende male, tanto che persino il “renziano” Sergio Chiamparino ha parlato del tradimento di un “patto d’onore” da parte del governo.
La nuova sanità pubblica, però, non sarà ultra-federalista come quella disegnata ai tempi della Lega di governo: “Il fallimento del federalismo sanitario in Italia è nei fatti: metà delle regioni è commissariata”, ha detto Lorenzin e la colpa non è certo solo dei tagli, ma “anche delle regioni”.
Il vero problema, secondo il ministro, “è la governance: cattivi direttori generali, cattivi manager, cattivi primari e anche cattivi assessori regionali”.
I ministri e i premier, invece, specialmente quelli in carica sono tanto buoni. Marco Palombi smesse a Milano e ora usate contro Descalzi a Milano dimostrano che l’attuale numero uno (e allora numero due) dell’ENI si è speso nell’affare nigeriano in favore di Bisignani e della cordata di mediatori legati al potente lobbista amico di Scaroni, allora al vertice di Eni.
Che lo abbia fatto per creare uno ‘schema corruttivo’ come dicono i pm non è ancora dimostrato.
Che lo abbia fatto però è certo e il vero scandalo non è tanto che Renzi sostenga un amministratore indagato.
Bensì che lo sostenga senza che Descalzi abbia spiegato il senso delle telefonate.
La storia è complessa: un imprenditore amico di Bisignani, Gianluca Dinardo, è in affari con un nigeriano, Emeka Obi, a sua volta in contatto con l’ex ministro del petrolio della Nigeria, Dan Etete, titolare di fatto della società Malabu che detiene la concessione OPL 245.
Dinardo attiva Bisignani che contatta Scaroni, allora numero uno di Eni, che a sua volta mette in pista Descalzi.
Il 4 febbraio del 2010 Descalzi incontra a cena a Milano all’hotel Principe di Piemonte sia il venditore, Dan Etete, che il mediatore raccomandato da Bisignani, cioè Obi.
Il 18 febbraio la società di Obi ottiene un primo incarico dal venditore Malabu che ha potuto apprezzare le entrature di Di-nardo (o meglio di Bisignani) all’ENI. Etete cercava da anni un contatto diretto con i top manager di Eni.
Le trattative entrano nel vivo e a un certo punto però Eni sembra negoziare direttamente con Etete scavalcando Obi e quindi Dinardo-Bisignani .
Stiamo parlando di un affare da 1 miliardo e 92 milioni di dollari che dovrebbe garantire una commissione oscillante tra i 100 e i 200 milioni di dollari.
Bisignani entra in fibrillazione. Ovviamente Obi, come ha raccontato ai giudici inglesi, avrebbe garantito una percentuale della ‘mediazione’ a Dinardo e ovviamente Bisignani, come lui stesso ha ammesso con i pm si aspettava anche lui una fetta. In fondo l’affare era merito suo.
Descalzi è l’uomo incaricato da Scaroni di seguire la trattativa. Ovviamente sa benissimo che Bisignani è un amico del suo capo Scaroni e quanto sia potente.
In quel momento, siamo nei primi mesi del 2010, Silvio Berlusconi e Gianni Letta sono all’apice della loro forza. Bisignani è l’uomo che gestisce le partite più importanti: dalle nomine nei servizi segreti a quelle nelle società partecipate.
Quando Scaroni deve andare ad Arcore a parlare con Berlusconi prima passa da Bisignani e gli chiede consigli su come comportarsi e su quali argomenti affrontare. Descalzi quindi sa benissimo che Bisignani non è un qualsiasi lobbista ma è legato a Scaroni, cioè il suo capo, e a Berlusconi, cioè il capo del suo capo.
Quando il mediatore Obi si sente scavalcato da Eni che tratta direttamente con Etete, chiama Dinardo che a sua volta chiama Bisignani.
L’amico di Scaroni cerca il numero uno dell’Eni e poi subito dopo parla al telefono con Descalzi.
In una serie di telefonate, due del 13 ottobre 2010 e una del 14 ottobre 2010, Descalzi garantisce a Bisignani che Eni non scavalcherà il mediatore Obi e poi lo tiene aggiornato sulle trattative con il Governo nigeriano con una telefonata del 18 novembre del 2010.
Bisignani non aveva alcun incarico ufficiale dall’ENI per seguire l’affare nigeriano. Anche se avrebbe guadagnato una quota dei milioni di dollari della mediazione promessa al suo amico Dinardo.
In quelle telefonate Descalzi sta facendo l’interesse di un privato, amico del presidente dell’ENI e del presidente del consiglio, o quello della sua società ?
Probabilmente Renzi lo riconfermerebbe domattina perchè Descalzi ha agito nell’interesse di chi aveva il potere in quel momento.
E oggi il potere è nelle mani di Renzi.
Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 13th, 2014 Riccardo Fucile
CIRCA 300 PERSONE ALL’INCONTRO CON L’EX PRESIDENTE DELLA CAMERA: “INIZIA IL TOUR PER L’ITALIA, TRA UN ANNO TIREREMO LE SOMME”
Nel luogo storico della destra italiana, Fini sancisce il suo definitivo ritorno in politica. Alla 33esima edizione della Festa Tricolore di Mirabello l’ex presidente della Camera riunisce circa 300 fedelissimi, una base da cui ripartire con il progetto “Partecipa” che lo vedrà protagonista di vari appuntamenti in tutta la penisola.
Fini ha parlato alle 18 per circa un’ora toccando vari aspetti della politica italiana e dello stato attuale della destra in Italia.
“Con Liberadestra vogliamo costruire un’alternativa al governo Renzi, che è Capitan Fracassa, non solo ha la sindrome dell’annuncite ma in quello che fa, poco, non dà risposte agli interessi della gente e alle aspettative di chi lo ha votato”, spiega Fini, che però si dimostra cauto e non vuole accelerare i tempi.
Appuntamento tra un anno, quando si deciderà se trasformare l’associazione Liberadestra in un partito.
“Non ci interessano le Regionali. Ci diamo appuntamento qui tra un anno, dopo aver girato l’Italia e tireremo le somme se trasformare, e io farò di tutto perchè sia così, quest’associazione di volontari, in un partito politico. Io ci credo e lo spero ardentemente”.
Per l’ex presidente della Camera, “il centrodestra oggi è profondamente diviso, credo che la cosa più urgente da fare sia cercare di capire dove abbiamo sbagliato e cosa occorre fare per riconquistare la fiducia degli elettori rimasti delusi. Il distacco non è solo tra i partiti, ma tra una fetta consistente della pubblica opinione”.
“Si può fare solo una cosa se si vuole ridare una speranza alla destra, bisogna ripartire dal basso”. E proprio in quest’ottica, spiega che “siamo ripartiti con l’autofinanziamento, come facevamo una volta e come si continua a fare qui”.
“Non ho la presunzione di dire qualcosa di importante, ma di continuare a ragionare su come ricostruire la destra italiana” ha concluso Fini.
Tre aspetti vanno a nostro parere per ora sottolineati.
Il primo è relativo all’atteggiamento della stampa berlusconiana che ha ripreso a vomitare contumelie contro Fini: strano atteggiamento verso chi viene considerato “finito”, visto che se così fosse non dovrebbe neanche costituire oggetto di interesse.
Certi attacchi somigliano agli avvertimenti usati, non a caso, dai pregiudicati.
Il secondo è la domanda che a destra molti si pongono e che non ha ricevuto risposta: che tipo di destra vorrebbe riproporre Fini. Il successo o meno dell’operazione dipende dal posizionamento che emergerà col tempo: non sarà certo una riproposizione del modello liberal-centrista a generare entusiasmi.
Il terzo aspetto riguarda l’inopportunità di dare un ruolo, come è invece accaduto a Mirabello, a screditati personaggi in cerca d’autore, abituali frequentatori di troppe parrocchie.
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Settembre 13th, 2014 Riccardo Fucile
AGENTI IN ASSETTO ANTISOMMOSSA DAVANTI ALLA PREFETTURA, RENZI SNOBBA PURE I PEDIATRI… CONTESTAZIONI ANCHE A BARI
Un sit-in di operai e ambientalisti organizzato da Unione sindacale di base e comitati cittadini ha contestato
il presidente del consiglio Matteo Renzi all’arrivo nella prefettura di Taranto, dove partecipa a un incontro sul caso Ilva con istituzioni locali, associazioni di categoria, sindacati e rappresentanti dei lavoratori del siderurgico.
”Per noi il futuro dell’azienda è una questione nazionale”, ha detto il premier. Fuori i manifestanti con bandiere e striscioni hanno lanciato bottiglie, urlato ‘buffone, buffone’ contro Renzi e scandito lo slogan ‘Taranto libera’.
Agenti in assetto antisommossa sono schierati davanti al palazzo per tenere sotto controllo il presidio di alcune decine di persone.
Non sono mancati momenti di tensione perchè alcuni dei manifestanti, che chiedevano di partecipare all’incontro, hanno cercato di superare lo sbarramento delle forze dell’ordine. Numerosi gli striscioni contro l’inquinamento e l’emergenza sanitaria a Taranto.
In corrispondenza con la visita del premier l’Usb ha indetto uno sciopero di 12 ore per i lavoratori dell’Ilva
Non sono mancate poi le polemiche con i rappresentanti dei pediatri di Taranto che avevano chiesto di incontrarlo per discutere dell’emergenza sanitaria e ambientale in città .
“Mi dispiace molto di non aver potuto parlare oggi con i pediatri”, ha detto il premier, “mi sono fatto dare il numero di telefono della pediatra che aveva scritto la lettera e mi è stato detto che era a 45 minuti da qui e non c’era tempo per vedersi”
Renzi è in Puglia anche per un sopralluogo nei comuni del Gargano colpiti dal maltempo delle scorse settimane.
Nel capoluogo è prevista un’altra contestazione, perchè oltre 40 sindaci del Salento sono partiti da Lecce per andare a manifestare contro il progetto del gasdotto Tap, il cui terminale dovrebbe approdare a San Foca, marina di Melendugno (Lecce).
Metà dei sindaci ha raggiunto Bari in auto, gli altri a bordo di un pullman che espone un cartello indicativo “40 sindaci del Salento No Tap san Foca”.
Tutti indossano la fascia tricolore e portano le delibere con cui i rispettivi consigli comunali hanno detto no al gasdotto Tap.
Tanta la rabbia e la delusione dopo la firma da parte del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, del decreto con cui si sancisce la compatibilità ambientale del progetto, che ha ricevuto del resto l’ok definitivo nello Sblocca Italia.
“Ci hanno trattato come se fossimo l’ultima ruota del carro”, ha commentato il sindaco di Melendugno, Marco Potì. “E questo nonostante tutti i pareri negativi espressi in questi anni da più parti. Renzi deve ascoltarci. Deve ascoltare un intero territorio”.
Gli fa eco Luca De Carlo, sindaco di Vernole, con Melendugno il territorio più interessato al megaprogetto. “Non ci fermeremo fin quando non vedremo le ruspe. Qui si tratta di 15 ettari di polo industriale che ricadranno su un’area vergine. Qualcuno alla fine si dovrà prendere le responsabilità per questa nuova Cerano”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 13th, 2014 Riccardo Fucile
LE SUPERCAZZOLE DI RENZI AUMENTANO E I SUOI NOMINATI FINISCONO INDAGATI
Renzi ha perso 15 punti di fiducia in tre mesi. Così ha deciso di moltiplicare i tweet, che sono per lui il prolungamento del pene. Non bastandone più uno alla volta, ieri ne ha sparati cinque tutti insieme, così chi era in crisi di astinenza s’è fatto la scorta e poi se li è delibati uno per uno con godimento multiplo.
Il contenuto, del Pentatwitter, al solito, non è granchè: lui è felice di aver nominato Descalzi all’Eni, infatti è indagato per corruzione, sono soddisfazioni; i candidati li scelgono i cittadini (soprattutto uno: lui) e non le Procure (che si limitano a compilare il registro degli indagati su cui lui sceglie i candidati); e supercazzole sfuse su India, tagli a Regioni e sanità , Europa e il 3%.
Ma il mezzo conta più del messaggio.
Sul Grande Twittatore è uscito un libro per Fazi Editore, dal titolo arrembante #Arrivo Arrivo, liberamente ispirato all’arriba-arriba-à ndale-à ndale di Speedy Gonzales. Sottotitolo: “La corsa di @matteorenzi da Twitter a Palazzo Chigi” (e ritorno).
Autori i giornalisti infatuati Matteo Grandi e Roberto Tallei.
Prefatore l’inutile Luca Sofri.
In copertina il Nostro, slanciato come una pera, corre e sorride al futuro in tenuta da jogging.
Primo capitolo: “Il tweet Vangelo secondo Matteo”. Mecojoni.
Svolgimento: “Il primissimo tweet di Renzi, cimelio storico da esporre nel museo della comunicazione, datato 8.1.2009, già lasciava intravvedere il suo potenziale comunicativo”.
Eccolo: “Torna a pensare che per il Pd fiorentino più che le primarie ci voglia il primario!”.
Torna chi? Parla di sè in terza persona come Povia, il Divino Otelma e i reclusi nei manicomi criminali? Boh.
Però il primo tweet non si scorda mai, e già lascia intravvedere.
Come pure gli altri: “Pensa che arrivare in Palazzo Vecchio al mattino presto e lavorare da solo nel silenzio della sala Clemente VII”, punto, fine e morta lì.
Già pensare è un verbo impegnativo. “Ha lasciato la sala del Consiglio ed è tornato in ufficio. All’una di notte, da solo, con il ritmo dei passi…”, segue rimando a Facebook, che sta a Twitter come le linee-guida alle slide: “…ad accompagnare il rumore del silenzio mentre la penombra illuminava il Salone dei 500.
Ci sono dei momenti in cui ti rendi conto di quanto sei fortunato a poter servire la tua comunità . Oggi è uno di questi. Viva Fiorenza!”. Lirismo puro, Dolce Tweet Novo.
Dopo due anni esatti di cure, il 12.1.2011 Matteo nostro riesce finalmente a cinguettare in prima persona: è la scoperta dell’Io, non meno devastante del Lui.
Infatti El Twitador inizia subito a cazziare quelli che comunicano in terza persona: “@Donadelli74 entrare su Twitter e lasciarci il portavoce è roba da sfigati”.
Concetto alato, tipico degli statisti momentaneamente ristretti a fare i sindaci.
Siccome però scripta manent e i tweet di più, fa tenerezza rileggere quelli con cui il Twittatore Folle deliziava i fiorentini: “Io sono per abolizione finanziamento pubblico a partiti e giornali e per mostrare conti correnti e proprietà dei politici”.
Ma non del finanziere Marco Carrai, che nello stesso periodo gli metteva gratuitamente a disposizione un pied à terre in via degli Alfani 8, all’insaputa degli elettori e dei lettori di Twitter.
In ogni caso, non appena andrà al governo, Renzi dimenticherà prontamente l’abolizione dei fondi pubblici a partiti e giornali.
A volte, sopraffatto dalla fatica, il sindaco 2.0 twittava “XimNd” e subito dopo, per maggiore chiarezza, “Xvhgcuy” (13.2.2012), poi però si riaveva dal deliquio e chiariva aitante: “Apprezzabile lo sforzo esegetico per capire i miei ultimi tweet! Ma è solo l’iPhone lasciato aperto. Stavo Twittando #amiainsaputa”.
Peccato, perchè “XimNd” e “Xvhgcuy” resteranno i tweet più sinceri del conte Mascetti reincarnato.
Seguiranno “#enricostaisereno” e “un forte abbraccio a @EnricoLetta”, un attimo prima dell’incaprettamento.
Il mitico “Berlusconi sa che se vinciamo noi lui è il 1° rottamato”.
E l’imperituro “Scegliendo le persone più competenti, l’Italia può diventare la più bella startup del mondo”, 13 mesi prima di scegliere Boschi, Madia, Pi-notti, Alfano, Lupi, Lorenzin, Orlando, Guidi e la vigilessa.
Manca giusto #ladonnabarbuta.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 13th, 2014 Riccardo Fucile
UNA FARSA INDECOROSA: PRIMA HANNO IGNORATO GLI APPELLI PER SALVARLA, ORA APRONO UNA PRATICA “DOVUTA” DOPO LE DENUNCE, PER POI ARCHIVIARE IL TUTTO… GALLETTI SAREBBE IL MINISTRO DELL’AMBIENTE O DEL PLOTONE DI ESECUZIONE DELLA FAUNA?
Ci sarà anche un’inchiesta penale a determinare perchè è morta l’orsa Daniza e chi sono gli eventuali
responsabili.
Dopo l’indagine (quella seria) avviata dal Corpo forestale dello Stato, anche la Procura di Trento ha aperto un fascicolo (dovuto, dopo le denunce ricevute).
Le indagini, delegate alla sezione di polizia giudiziaria, saranno seguite personalmente dal procuratore capo di Trento Giuseppe Amato che per la prossima settimana ha convocato un vertice fra inquirenti e rappresentanti della Provincia e del Corpo forestale incaricato della cattura dell’orsa.
Considerando che quella stessa Procura ha ignorato numerosi esposti delle associazioni animaliste e di esperti che la invitavano a impedire la cattura di Daniza, quanto sopra è davvero una garanzia: in particolare un singolare vertice con gli assassini e i mandanti, non in veste di indagati ma di tecnici dell’esecuzione.
Al momento infatti nessuna persona risulta inserita nel registro degli indagati e pochi sono gli elementi in mano agli inquirenti che attendono gli esiti dell’esame autoptico sull’animale, già eseguito all’Istituto zooprofilattico delle Venezie.
Anche in questo caso ignorato l’invito delle associazioni ad affidare l’autopsia di Daniza alla sede di Roma, in modo da evitare condizionamenti ambientali.
Il reato ipotizzato è quello di uccisione di animale protetto, che nel caso di mancanza di dolo — ovvero la volontà di uccidere — prevede una pena da uno a sei mesi, in caso di dolo fino a due anni.
Riguardo ai cuccioli di Daniza, l’ipotesi di reato potrebbe essere quello di maltrattamento di animale.
Un intervento emblematico di come finirà l’inchiesta è dato dalla esilarante affermazione del cosiddetto ministro dell’ambiente Guan Luca Galletti: “Ci sta tutto sull’onda dell’emotività , ci sta anche questo atteggiamento, sicuramente esagerato”.
Colui che dovrebbe tutelare la fauna protetta non si indigna, anzi invita a “non esagerare” e si augura che “la stessa attenzione ci sia per il dissesto idrogeologico che ha provocato sei morti questa estate”.
Dimenticando che è lui il ministro dell’Ambiente e che i sei morti sulla coscienza dovrebbe averli lui e i suoi predecessori che non hanno fatto una mazza per evitare tali tragedie.
Poi conclude: “Io mi sto concentrando particolarmente sul problema del dissesto idrogeologico, vorrei che tutti insieme continuassimo con questa grandissima attenzione”.
Bravo, concentrati, facciamo così: se si verificherà un’altra tragedia dovuta all’incuria delle istituzioni, dopo che ti sei “concentrato”, vorrà dire che ti spari un colpo di anestetico in testa perchè non sei riuscito a evitarlo.
Manifestazione a Trento
Un centinaio di animalisti ha manifestato questa mattina in piazza Duomo a Trento. All’iniziativa, promossa dalla Lav, hanno aderito altre sigle animaliste fra cui Oipa, Lac ed Enpa. Presenti in piazza anche rappresentanti di Verdi e Sel.
La manifestazione è stata l’occasione per avviare una raccolta di firme in calce ad una petizione in cui vengono richieste le dimissioni del presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, del vice presidente Alessandro Olivi e dell’assessore all’ambiente Michele Dallapiccola, considerati dagli animalisti responsabili della morte di Daniza e della situazione di pericolo che vivono i suoi due cuccioli.
Gli animalisti, molti dei quali con una maschera di orso sul volto, si sono raccolti attorno ad una corona funebre in memoria dell’orsa morta e hanno acceso un cero. Quindi si sono stesi tutti per terra. Nel suo intervento il responsabile della Lav del Trentino, Simone Stefani, ha sottolineato “la pessima figura che il Trentino ha dato nel mondo con una condotta irresponsabile”.
Cresce intanto la preoccupazione per la sorte dei due cuccioli
Restati senza madre, per molti esperti la loro sopravvivenza sarebbe difficile. L’unica certezza è che al momento sono ancora vivi e che si sono riuniti. Ad uno di loro, dopo le fasi concitate della cattura, era stata applicata una marca auricolare per consentire la localizzazione via radio. Dell’altro orsetto, che non era presente al momento del tentativo di cattura, non c’erano più tracce. Venerdì mattina però i forestali trentini li hanno avvistati tutti e due in un bosco mentre camminavano uno accanto all’altro.
I segnali radio che arrivano dal chip di uno degli orsetti consentiranno ora ai tecnici di seguire i loro spostamenti.
Per i due animali, la cui età è stimata in 8-9 mesi, inizia però ora la fase più delicata della loro vita, completamente mutata dopo la morte della madre.
“Anche se gli orsetti di Daniza staranno uniti, è difficile che sopravvivano oltre l’anno di vita”, sostiene Gudrun Pflueger, esperta di fauna selvatica della Società europea Wilderness.
“In base a studi recenti — aggiunge — il 27% dei cuccioli non sopravvive al primo anno di vita perfino se stanno con la madre”. “Gli orsetti — aggiunge — hanno numerosi nemici in natura, come lupi, aquile e volpi, e possono morire di fame. Prima dell’inverno poi hanno bisogno di molte calorie ma devono conoscere i luoghi dove cibarsi di bacche, ma ora non possono farlo perchè non sono accompagnati e istruiti dalla madre”.
argomento: criminalità, denuncia | Commenta »