I PROTETTI DI RENZI: ENI, IL MANAGER CHE SUSSURRA A BISIGNANI
I PM SOSTENGONO CHE IL NUOVO AD (ASSIEME AL SUO PREDECESSORE SCARONI) PUNTAVA ALLA STECCA MILIONARIA… LE INTERCETTAZIONI DIMOSTRANO GIà€ LA CONTINUITà€ DI RAPPORTI CON I SOLITI FACCENDIERI
Matteo Renzi dice che rinominerebbe Claudio Descalzi domattina.
Chi gli vuole bene pensa che Renzi lo confermerebbe per i buoni risultati ottenuti da questo manager nel settore dell’esplorazione, a partire dall’affare miliardario per l’Eni in Mozambico.
Chi gli vuole male pensa che siano i rapporti tra l’amministratore dell’Eni e l’amico di Renzi, Marco Carrai, a consigliare al premier questa benevolenza.
A differenza di Renzi, i pm milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro ritengono che “Paolo Scaroni e Descalzi abbiano organizzato e diretto l’attività illecita” del caso nigeriano.
Scaroni e Descalzi sono indagati per corruzione internazionale per l’acquisto al prezzo di 1 miliardo e 92 milioni di dollari di un giacimento off-shore dalle enormi potenzialità .
Un quinto del prezzo è stato congelato a Londra per una lite tra il mediatore Emeka Obi (collegato a Gianluca Dinardo, a sua volta legato a Luigi Bisignani) e il titolare effettivo di Malabu, cioè l’ex ministro del petrolio nigeriano Dan Etete.
Per i pm milanesi “la somma di 215 milioni, bloccata in Gran Bretagna, per la causa civile tra gli intermediari Emeka Obi e Dan Etete sarebbe stata certamente destinata a remunerare pubblici ufficiali e a pagare mazzette (kickbacks, Ndr) a managers di Eni e agli intermediari Obi/Agaev e Di Nardo/Bisignani”.
Per i pm “le somme ancora rimaste in Gran Bretagna devono essere sequestrate come provento del complesso schema di corruzione messo in piedi da Eni per garantirsi la concessione petrolifera OPL 245”.
L’ipotesi di accusa dei pm quindi, è che Descalzi, con Scaroni, avrebbe ordito uno schema corruttivo finalizzato a pagare mazzette ai manager Eni.
Accuse gravissime che devono essere dimostrate e vanno contestualizzate. Probabilmente la Procura sarebbe stata più morbida se non avesse dovuto fare la voce grossa con i giudici londinesi per convincerli a concedere un sequestro che non avevano molta voglia di eseguire.
A prescindere dalle accuse dei pm nella richiesta di sequestro restano però i fatti elencati negli atti allegati.
Fatti mai smentiti nè spiegati da Descalzi che avrebbero dovuto consigliare maggiore prudenza a Renzi prima di scrivere il suo tweet in difesa del manager.
Prima di ‘rinominare’ Descalzi il premier dovrebbe farsi spiegare le sue telefonate del 2010 con Bisignani.
Quelle conversazioni intercettate nell’inchiesta P4 dalla Procura di Napoli, poi trae enti locali già messi a bilancio per il 2015 con il decreto sugli 80 euro.
Ed è qui che il presidente di regione medio la prende male, tanto che persino il “renziano” Sergio Chiamparino ha parlato del tradimento di un “patto d’onore” da parte del governo.
La nuova sanità pubblica, però, non sarà ultra-federalista come quella disegnata ai tempi della Lega di governo: “Il fallimento del federalismo sanitario in Italia è nei fatti: metà delle regioni è commissariata”, ha detto Lorenzin e la colpa non è certo solo dei tagli, ma “anche delle regioni”.
Il vero problema, secondo il ministro, “è la governance: cattivi direttori generali, cattivi manager, cattivi primari e anche cattivi assessori regionali”.
I ministri e i premier, invece, specialmente quelli in carica sono tanto buoni. Marco Palombi smesse a Milano e ora usate contro Descalzi a Milano dimostrano che l’attuale numero uno (e allora numero due) dell’ENI si è speso nell’affare nigeriano in favore di Bisignani e della cordata di mediatori legati al potente lobbista amico di Scaroni, allora al vertice di Eni.
Che lo abbia fatto per creare uno ‘schema corruttivo’ come dicono i pm non è ancora dimostrato.
Che lo abbia fatto però è certo e il vero scandalo non è tanto che Renzi sostenga un amministratore indagato.
Bensì che lo sostenga senza che Descalzi abbia spiegato il senso delle telefonate.
La storia è complessa: un imprenditore amico di Bisignani, Gianluca Dinardo, è in affari con un nigeriano, Emeka Obi, a sua volta in contatto con l’ex ministro del petrolio della Nigeria, Dan Etete, titolare di fatto della società Malabu che detiene la concessione OPL 245.
Dinardo attiva Bisignani che contatta Scaroni, allora numero uno di Eni, che a sua volta mette in pista Descalzi.
Il 4 febbraio del 2010 Descalzi incontra a cena a Milano all’hotel Principe di Piemonte sia il venditore, Dan Etete, che il mediatore raccomandato da Bisignani, cioè Obi.
Il 18 febbraio la società di Obi ottiene un primo incarico dal venditore Malabu che ha potuto apprezzare le entrature di Di-nardo (o meglio di Bisignani) all’ENI. Etete cercava da anni un contatto diretto con i top manager di Eni.
Le trattative entrano nel vivo e a un certo punto però Eni sembra negoziare direttamente con Etete scavalcando Obi e quindi Dinardo-Bisignani .
Stiamo parlando di un affare da 1 miliardo e 92 milioni di dollari che dovrebbe garantire una commissione oscillante tra i 100 e i 200 milioni di dollari.
Bisignani entra in fibrillazione. Ovviamente Obi, come ha raccontato ai giudici inglesi, avrebbe garantito una percentuale della ‘mediazione’ a Dinardo e ovviamente Bisignani, come lui stesso ha ammesso con i pm si aspettava anche lui una fetta. In fondo l’affare era merito suo.
Descalzi è l’uomo incaricato da Scaroni di seguire la trattativa. Ovviamente sa benissimo che Bisignani è un amico del suo capo Scaroni e quanto sia potente.
In quel momento, siamo nei primi mesi del 2010, Silvio Berlusconi e Gianni Letta sono all’apice della loro forza. Bisignani è l’uomo che gestisce le partite più importanti: dalle nomine nei servizi segreti a quelle nelle società partecipate.
Quando Scaroni deve andare ad Arcore a parlare con Berlusconi prima passa da Bisignani e gli chiede consigli su come comportarsi e su quali argomenti affrontare. Descalzi quindi sa benissimo che Bisignani non è un qualsiasi lobbista ma è legato a Scaroni, cioè il suo capo, e a Berlusconi, cioè il capo del suo capo.
Quando il mediatore Obi si sente scavalcato da Eni che tratta direttamente con Etete, chiama Dinardo che a sua volta chiama Bisignani.
L’amico di Scaroni cerca il numero uno dell’Eni e poi subito dopo parla al telefono con Descalzi.
In una serie di telefonate, due del 13 ottobre 2010 e una del 14 ottobre 2010, Descalzi garantisce a Bisignani che Eni non scavalcherà il mediatore Obi e poi lo tiene aggiornato sulle trattative con il Governo nigeriano con una telefonata del 18 novembre del 2010.
Bisignani non aveva alcun incarico ufficiale dall’ENI per seguire l’affare nigeriano. Anche se avrebbe guadagnato una quota dei milioni di dollari della mediazione promessa al suo amico Dinardo.
In quelle telefonate Descalzi sta facendo l’interesse di un privato, amico del presidente dell’ENI e del presidente del consiglio, o quello della sua società ?
Probabilmente Renzi lo riconfermerebbe domattina perchè Descalzi ha agito nell’interesse di chi aveva il potere in quel momento.
E oggi il potere è nelle mani di Renzi.
Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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