Luglio 8th, 2015 Riccardo Fucile
PRIMA APPARIZIONE DAVANTI AI GIUDICI
«La legittimità dei miei atti da presidente della Regione Lombardia è incontestabile».
Lo ha detto Roberto Formigoni nelle dichiarazioni spontanee al processo Maugeri, nel quale è imputato per associazione per delinquere e corruzione assieme, tra gli altri, all’ex assessore regionale Antonio Simone e al faccendiere Pierangelo Daccò.
Formigoni ha aggiunto di non aver «mai emanato atti in favore» di alcuno e che la Procura «si è concentrata sui rapporti personali con Daccò e Simone»: «Non si tratta di utilità ma di scambi tra persone che sono amiche».
Formigoni all’inizio delle dichiarazioni ha voluto rivendicare la legittimità delle delibere regionali in materia sanitaria, «tutti atti sottoposti a plurimi controlli» da parte del Tar, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, «magistrature» che hanno sempre «dato sostanzialmente ragione a Regione Lombardia».
«Io ero il presidente della Regione e avevo un ruolo politico, dovevo occuparmi di politica e delle modalità tecniche si occupavano i dirigenti come Sanese».
«Se non avessi conosciuto Daccò e Simone questo processo non sarebbe mai iniziato – ha sottolineato Formigoni -, l’accusa si è concentrata sui miei rapporti personali».
L’ex governatore lombardo ha poi iniziato a raccontare l’origine del suo rapporto con Daccò che è «personale e amicale e che inizia nei primi anni del 2000».
Le accuse
È la prima volta, da quando è scattata l’inchiesta sul caso Maugeri, che Formigoni decide di presentarsi davanti ai giudici per rispondere alle accuse.
Secondo l’ipotesi accusatoria, dalle casse della fondazione Maugeri sarebbero usciti circa 61 milioni di euro in 10 anni, soldi da cui sarebbe stata creata la provvista per concedere benefit di lusso all’ex governatore per circa 8 milioni di euro, tra cui viaggi aerei, vacanze ai Caraibi e un maxi sconto sull’acquisto di una villa in Sardegna.
In cambio, attraverso l’opera dell’ex assessore Simone e del faccendiere Daccò, la fondazione avrebbe ottenuto con delibere di Giunta favorevoli, circa 200 milioni di euro di rimborsi indebiti. Secondo l’accusa, Formigoni, difeso dai legali Mario Brusa e Luigi Stortoni, avrebbe promosso un’associazione per delinquere per 14 anni tra il 1997 e il 2011.
L’amicizia con Daccò
«Ho conosciuto Pierangelo Daccò nel 2001 e con il tempo è diventato un amico: è una persona con cui è simpatico stare e con cui trascorrevo periodi di vacanza», ha detto Formigoni. L’incontro con Daccò, che all’epoca collaborava con l’ospedale Fatebenefratelli, avvenne durante il Meeting di Cl a Rimini.
«Mi presentò Daccò padre Schiavon – ha proseguito – e lo rividi l’anno successivo durante un incontro con l’allora presidente del Cile, quando si rafforzò la sua immagine come collaboratore del Fatebenefratelli».
«Negli anni successivi si sviluppò un rapporto – ha sottolineato – e spesso passava nel mio ufficio per un saluto e per uno scambio di chiacchiere tra amici».
Formigoni ha spiegato inoltre di aver conosciuto l’ex assessore regionale Antonio Simone, anche lui imputato, «negli anni ’70 quando entrambi eravamo responsabili del Movimento popolare».
«I periodi di vacanza con Daccò non sono mai, ripeto mai, serviti per parlare dei suoi interessi, non è mai stato architettato o pianificato alcunchè», ha detto Formigoni a proposito dei cinque giorni di «vacanza ai Caraibi».
«Anche Daccò sapeva che un conto sono i rapporti personali, un conto la mia funzione di amministratore, questa era la mia regola», ha aggiunto.
«Siamo amici e ci comportiamo da amici, l’amicizia è la tipica cosa in cui non ci sono calcoli. Io accettavo i suoi inviti per i viaggi e Daccò si faceva carico delle spese e non ha mai chiesto nulla, anzi io ho provato a pagare e forse una volta ci sono riuscito e poi cercavo di sdebitarmi con delle cene a casa mia o con visite in località turistiche».
Le barche e la villa
Formigoni ha voluto ribattere all’accusa di aver ottenuto benefit di lusso, tra cui l’uso esclusivo di yacht.
«Le barche erano di Daccò, che non le ha comprate per me ma per se stesso. Daccò mi invitava a bordo delle sue barche – ha sottolineato – e la mia unica colpa è quella di aver accettato l’invito di un amico. Ma tra amici ci si scambiano gli scontrini, le ricevute? Io allora avrei dovuto calcolare quanto spendevo per le cene in cui era ospite a casa mia e presentargli il conto?».
«Il mio uso esclusivo della barca di Daccò – con riferimento alle parole dei pm nell’imputazione – si riduce a 10-12 giorni di agosto e uno o due 2 weekend nei mesi di luglio e settembre, e quella barca Daccò la metteva a disposizione degli amici, delle sue figlie, sei loro fidanzati, delle figlie di Simone e di alte amiche e amici».
E ha raccontato di essere andato spesso dal 2006 in poi in vacanza in Sardegna «quando Daccò e Simone mi invitavano».
«I giornali di gossip dell’epoca ogni estate pubblicavano foto del presidente della Regione Lombardia ed ogni anno mi veniva attribuita una fiamma diversa, ma non erano che le figlie o le amiche dei miei amici».
Formigoni, inoltre, ha voluto respingere anche le accuse su un presunto maxi sconto per l’acquisto di una villa in Sardegna.
Ha chiarito che ad acquistare la villa fu il suo amico Alberto Perego da Pierangelo Daccò e che lui avrebbe fatto soltanto «un prestito» a Perego perchè «mi disse che non aveva 3 milioni a disposizione e che la banca gli faceva un mutuo soltanto di 1,5 milioni».
Per l’ex governatore, dunque, le «cosiddette utilità » contestate dai magistrati «non esistono e non mi riguardano o sono solo segni di amicizia».
«Sarei stato un fesso»
Formigoni ha spiegato di essere «finito in uno scenario kafkiano, di totale fantasia».
«Secondo l’accusa avrei cominciato a percepire le utilità dieci anni dopo l’inizio della mia attività delinquenziale a favore della Maugeri – ha aggiunto – e nonostante la mia capacità diabolica di corrompere sarei così fesso da non portare a casa nessun vantaggio nell’immediato».
Formigoni poi ha definito come «assolutamente legittime» le delibere di Giunta finite sotto la lente di ingrandimento della Procura di Milano.
«Alla Maugeri sono stati dati dei bei soldi – ha sottolineato – a mio avviso in modo del tutto legittimo. In 18 anni di presidenza non ho mai accettato che una delibera non venisse approvata all’unanimità – ha ribadito – ma gli atti secondo la Procura sono criminosi solo nel mio caso». Riferendosi all’accusa di associazione per delinquere, l’ex governatore lombardo si è difeso sostenendo di essere «accusato di aver creato un’associazione con un mucchio di gente che non conosco o che, nel 1997, ancora non conoscevo».
Il senno di poi
«Con il senno di poi posso imputarmi che mi sono esposto con leggerezza in un rapporto personale di confidenza, che all’esterno è stato visto malamente, ma questa amicizia non si è mai riverberata sulle mie scelte politiche»: questa la conclusione delle dichiarazioni spontanee di Formigoni, durate tre ore.
Il processo è stato aggiornato al 6 ottobre, quando verrà ascoltata Carla Vites, imputata e moglie di Antonio Simone.
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 8th, 2015 Riccardo Fucile
“LA DELEGA ALL’AMBIENTE AVREBBE PERMESSO DI FARE COSE CHE ALL’OPPOSIZIONE NON POTRESTI FARE”
“Non conosco bene la situazione in Puglia, ma un assessorato, magari all’Ambiente, sarebbe
un’opportunità ”.
Seduto in un albergo romano, il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, “dissidente” dei Cinque Stelle, lo dice chiaramente: lui accetterebbe la sfida di Michele Emiliano, il governatore che ha nominato nella giunta pugliese tre consigliere regionali del M5s. Ma parla anche di altro, nel giorno in cui riceve un premio da Legambiente per la raccolta differenziata a Parma: “Siamo al 70 per cento, quando arrivai in Comune era al 46”.
L’inceneritore però rimane un problema. Per sabato prossimo lei ha organizzato una manifestazione nazionale sul tema a Parma.
Protesteremo contro l’articolo 35 del decreto Sblocca Italia, che permette alle società private di importare rifiuti da tutte le regioni. Grazie a questa norma l’Iren, che gestisce l’impianto parmense, vuole dilatarne la portata, portandola da 70 mila a 195 mila tonnellate all’anno.
Ha invitato Beppe Grillo?
Ho invitato tutti, da lui fino al Direttorio. Vorrei che il tema fosse evidenziato: lascio a lei dire se finora sia stato fatto…
Sabato scorso era in programma un’altra manifestazione per la chiusura dell’inceneritore. L’aveva organizzata il meet up Parma 5 Stelle 2.0, a lei ostile.
Sono quattro persone, sempre antagoniste. Non sono mai state sanzionate, anche se usano il logo del M5s senza poterlo fare. E comunque la manifestazione è stata annullata, appena hanno saputo che i parlamentari invitati non sarebbero andati (i senatori Carlo Martelli e Barbara Lezzi, partiti per Atene con Grillo, ndr).
Le rimproverano di non aver fermato l’impianto.
Più che altro volevano affermare che la loro manifestazione era quella autentica, e la nostra di facciata. Io però ritengo inutile incatenarmi.
Allarghiamo il campo. Il M5S ha vinto le amministrative
Sì, siamo andati molto bene.
Il ritorno in tv ha pagato?
Certo, perchè così puoi spiegare le tue proposte a tutti. Ripetevo da tempo che bisognava tornarci. Quello che continua a mancare è altro.
Ossia?
Manca un vero coordinamento nazionale, un’organizzazione. Dovremmo incontrarci, discutere, fare rete.
Intanto Emiliano ha nominato in giunta tre consigliere dei 5 Stelle.
Non so quanto se l’abbia fatta solo per mettere in difficoltà il M5S. Però l’offerta è sempre positiva.
Lei come avrebbe risposto?
Io dico che avere la delega all’Ambiente non sarebbe male. So che quando hai le deleghe con i poteri puoi fare cose che non potresti fare stando all’opposizione. E in più potresti controllare dal di dentro l’amministrazione.
Il M5S ha detto no
Lo fecero anche a Roma, quando venne offerto di entrare in giunta. Io avrei preso in considerazione quella proposta.
Lei disse al Fatto di sentirsi solo nel M5S. È cambiato qualcosa
No, mi sento ancora molto solo. Le mie parole vengono sempre prese come critiche, ma sono solo riflessioni su cosa migliorare.
Lei non ha mai sbagliato?
Quando si litiga si è sempre in due. Ma i temi e le cose fatte sono indiscutibili.
Luca De Carolis
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 8th, 2015 Riccardo Fucile
ESPLODE IL CASO GENDER TRA GLI OMOFOBI PADAGNI: NON VOGLIONO IL MINISTRO AI LAVORI PARTICOLARI… CERTI AMBIENTI MEGLIO FREQUENTARLI IN INCOGNITO LA SERA, DA BUONI BORGHESI
Esplode la questione ‘gender’ nella Lega Nord.
La ‘base’ del Carroccio non ha apprezzato i cartelli che, a Milano, ritraggono la trans Efe Bal, nuda con il solo tradizionale fazzoletto verde leghista con disegnato il Sole della Alpi a coprirle il seno.
‘Efe Bal, ministro dei lavori particolari’, recita la campagna pubblicitaria avviata dalla trans, che da mesi è al fianco di Matteo Salvini nella battaglia per la raccolta firme a sostegno del referendum abrogativo della legga Merlin.
Le foto di Bal – che non sarebbero state gradite dal segretario federale leghista – hanno sollevato le critiche di diversi esponenti del Carroccio.
Non solo, anche la base sui social condanna l’uso del simbolo della Lega fatto dalla transessuale folgorata da Salvini, che la usa per coprirsi – poco – nelle foto che pubblica sui suoi canali e per ‘vestire’ – poco – gli uomini con cui si incontra.
A seccare e non poco è proprio come la bandiera venga usata dalla militante.
“Via i cartelloni subito – chiedono a gran voce i leghisti – via dalla Lega, cacciamola. Denunciamola per uso improprio del nostro simbolo. Noi tutti rispettiamo le nostre bandiere, la nostra Padania, ognuno è libero di fare la professione che crede, ma non con certe foto. E’ vergognoso, ridicolizza il partito. Fate rimuovere i cartelloni, si sta facendo pubblicità sfruttando i nostri simboli!”
“Vedere l’utilizzo del Sole delle Alpi con questa frase per scopi puramente pubblicitari mi sembra davvero fuori luogo e disgustoso”, scrive, su Facebook, Maurizio Bosatra, ex collaboratore di Roberto Calderoli, storico dirigente e organizzatore di tutti gli eventi leghisti.
“Agli ometti che corrono dietro a questa persona e se ne vantano facendo le foto – aggiunge in un ‘post’ che ha più di 200 ‘like’ – sappiate che lui è un uomo e quindi smettetela di parlare di famiglia naturale”.
Critiche anche dal consigliere comunale milanese, Massimiliano Bastoni
“Posso dire che questa cosa non mi piace per niente, senza che qualche cuore debole mi accusi di omofobia?”, si chiede su Facebook, riferito alla stessa foto di Efe Bal. “Posso dire – continua – che mi sento insultato nelle mie idee, senza che qualche leghista dell’ultima ora chieda la mia espulsione? Posso dire che mi fa schifo questa cosa e che il Sole delle Alpi è simbolo di battaglie di libertà e che va rispettato e non preso per il c…?”.
Ma come mai fino a ieri tutti invece erano entusiasti della sua presenza accanto a Salvini e della sua fede leghista?
Forse conveniva per evitare le accuse di omofobia ai padagni mentre oggi esplodono le conraddizioni di una alleanza strumentale?
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Luglio 8th, 2015 Riccardo Fucile
MA SARA’ PRESCRITTO IL 7 NOVEMBRE…. STESSA PENA PER LAVITOLA
Silvio Berlusconi è stato condannato a tre anni di carcere per corruzione. 
Lo hanno deciso i giudici della I sezione penale del Tribunale di Napoli che hanno condannato anche Valter Lavitola a tre anni di pena per la stessa accusa, nell’ambito del processo sulla presunta compravendita di senatori che causò la caduta del Governo Prodi nel 2008.
I difensori, Coppi, Longhi e Ghedini, avevano chiesto l’assoluzione.
Ieri l’ex Cavaliere aveva ritirato l’istanza di insindacabilità presentata presso la Giunta delle autorizzazioni della Camera in cui chiedeva di dichiarare la vicenda coperta da immunità parlamentare.
Cuore del processo l’ipotizzato versamento dell’ex presidente del Consiglio di 3 milioni di euro al senatore Sergio De Gregorio perchè cambiasse schieramento e contribuisse a determinare la crisi del governo Prodi dopo le elezioni del 2006.
La procura di Napoli aveva chiesto il giudizio immediato nei confronti del leader del Pdl, che era stato indagato per finanziamento illecito e corruzione, dell’ex senatore dell’Idv e dell’ex direttore dell’Avanti, ma il gip aveva respinto e si era quindi celebrata l’udienza preliminare
Durante la requisitoria la procura aveva chiesto cinque anni per Silvio Berlusconi e quattro anni e 4 mesi per Valter Lavitola.
Il rinvio a giudizio per l’ex Cavaliere e l’ex direttore de L’Avanti era arrivato il 23 ottobre 2013.
In quell’udienza il giudice per l’udienza preliminare Amelia Primavera aveva ratificato il patteggiamento a 20 mesi per Sergio De Gregorio.
“Siamo al cospetto di una delle peggiori ipotesi che si possano prospettare. Una vicenda che resterà nei libri di storia e servirà come monito per il futuro. Qui abbiamo potere economico che acquistare le persone per sfruttarne le funzioni e dirigerne il voto” aveva detto il pm Alessandro Milita. Oggi il pm Henry Woodcock parlato di “un banale contratto illecito, una questione di vile pecunia, di scambio, di baratto tra soldi e tutto ciò che rientra nella funzione parlamentare”.
Woodcock ha sostenuto che in questa vicenda “i motivi politici rimangono sullo sfondo” e si è soffermato sull’articolo 318 del Codice penale secondo la formulazione fatta nel 2012 in cui si parla di “asservimento” della funzione pubblica.
I legali della difesa sostengono infatti che non può essere applicato in questo caso in quanto emanato in un periodo successivo ai fatti contestati.
Il pm Fabrizio Vanorio ha sottolineato che la sentenza “farà giurisprudenza perchè è il primo caso in cui si affronta il tema della corruzione parlamentare“.
De Gregorio aveva deposto al processo sostenendo che quando non veniva pagato in Aula non ci andava scatenando il panico in Forza Italia.
Lavitola, in alcune dichiarazioni spontanee davanti al giudice, aveva sostenuto di non sapere di essere stato solo il veicolo della corruzione: “Sono stato corriere inconsapevole. Mi si accusa di avere portato mezzo milione di euro a De Gregorio in un pacchettino. Io ho dato questi soldi black (in nero, ndr), ma sono stato solo un postino, non conoscevo la ragione del pagamento”.
In aula a Napoli era stato sentito anche l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, che in serata ha commentato:“Se ne parlava, ma io non sono mai stato informato, C’erano delle voci, ma, come dissi al giudice, non ne sapevo nulla. Se lo avessi saputo sarei ancora presidente del Consiglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 8th, 2015 Riccardo Fucile
SI COMPIE IL PATTO ALFANO-RENZI PER SALVARE CASTIGLIONE E IL GOVERNO
È un grande scambio tra Renzi e Alfano quello che si compie sugli imbarazzi giudiziari del partito del ministro dell’Interno: la testa di Azzolini, dopo che era stata salvata, qualche settimana fa, quella di Castiglione e, con essa, la stabilità di governo, appesa al destino del sottosegretario indagato sul Cara di Mineo.
È questo lo scambio.
A ore, nella Giunta per le autorizzazioni, sarà votato, su proposta del presidente Dario Stefà no, il sì all’arresto di Antonio Azzollini, sul quale pende un’ordinanza di custodia cautelare per il crac del polo ospedaliero della Divina provvidenza.
E certo non si può dire che Ncd stia facendo le barricate per difendere il suo senatore. Che ha un ruolo di peso, come presidente della più importante delle commissioni. Parole morbide, quelle espresse dai suoi compagni di partito: “rammarico”, “solidarietà ”, accompagnate da grandi lodi alla “nobiltà del gesto” dopo che lo stesso Azzollini, a poche ore dal voto della Giunta, si è dimesso da presidente della Commissione.
Lo scambio si materializza plasticamente quando, nelle stesse ore, prende la parola in Aula Angelino Alfano sul Cara di Mineo, le sue prime parole dopo un silenzio assordate.
In Aula il ministro dell’Interno si limita a dire poco, anzi praticamente nulla sull’inchiesta che coinvolge il suo braccio destro in Sicilia Castiglione, indagato per turbativa d’asta.
Ma la notizia — fino a un certo punto perchè il copione non è nuovo — è l’indulgenza del Pd, anche della sua sinistra che, nel giorno in cui vota un arresto, non rivolge al ministro dell’Interno nemmeno una domanda.
Eccolo il “patto” con palazzo Chigi, che si fonda sulla ragion di governo. Perchè, sussurrano i renziani, “Castiglione è Alfano e se salta lui salta Ncd, per questo l’abbiamo salvato”.
E allora il ministro dell’Interno, in Aula, si limita a fare un po’ di propaganda: “Con il commissariamento dei centri di Roma e di Mineo, su suggerimento di Cantone, abbiamo confermato quanto avevamo detto: non avremmo mai consentito che l’accoglienza potesse trasformarsi in territorio di caccia per gli affaristi e in situazioni in odore di corruzione”.
Propaganda anche sul ruolo del Viminale nella vicenda: “Il Viminale – dice Alfano – è organo garante della trasparenza e della legalità , come dimostrato dal ruolo incisivo giocato dai prefetti di Catania e Roma, attraverso il commissariamento di due delle società coinvolte nella gestione del Cara”.
Peccato che, come al solito, i magistrati sono arrivati con le inchieste prima di tutti, della politica e del Viminale.
E la notizia del dibattito in Aula è dunque nel non detto, anzi nel non chiesto ad Alfano, ad accezioni di alcuni parlamentari come Peppe De Cristofaro di Sel proprio sulle responsabilità , anche del ministero e sue personali.
Per dirne una, Alfano non spiega come mai, dopo Mafia Capitale 1, e preso atto che Odevaine (arrestato) era componente della Commissione che ha aggiudicato la gara, non ha fatto alcun atto a Cara di Mineo, tipo ispezioni e controlli?
Oppure per dirne un’altra perchè il ministro dell’Interno sia rimasto sempre silente dopo che Cantone dice che la gara è illegittima.
Oppure, perchè non ha risposto alla lettera del 27 maggio di Cantone, che in sostanza chiede: che cosa ne pensa il ministro dell’Interno dell’appalto di Mineo per il quale Odevaine pretendeva mazzette di 10-20mila euro mensili, dai manager della Cascina grazie a una gara “illegittima”?
Chissà se è davvero possibile che al Viminale nessun funzionario lo avesse informato del ruolo di Odevaine. Silenzio.
È l’ora dello scambio. Ncd non dice nulla su Azzollini (in nome della stabilità di governo) e il Pd tace su Alfano (e Castiglione).
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 8th, 2015 Riccardo Fucile
SOSPESO DAI GIUDICI IL CONGRESSO DEL FRONT NATIONAL
Nuova vittoria giudiziaria di Jean-Marie Le Pen nella guerra familiare con la figlia Marine. 
Il tribunale di Nanterre, a cui l’ex leader si era rivolto, ha deciso la sospensione del congresso straordinario ‘per corrispondenza’ del Front National, che era chiamato a votare fino al 10 luglio sul nuovo statuto e sulla soppressione della carica di presidente onorario.
Il tribunale chiede al partito di organizzare un congresso “fisico”, come richiesto da Le Pen Senior.
Nella guerra in casa Le Pen, il padre conquista così un’altro punto.
Come ricorda il giornale Le Figaro, già la settimana scorsa, gli stessi magistrati avevano deciso in favore del patriarca 86enne, annullando la sua sospensione dal partito decisa dal comitato disciplinare come sanzione per le gravi affermazioni antisemite ribadite da Jean-Marie a una rivista di estrema destra.
Lo scontro politico in casa Le Pen ha assunto i toni da faida familiare.
A seguito di una serie di dichiarazioni antisemite, Marine, che controlla il Front National, aveva di fatto estromesso il padre vietandogli di parlare a nome del movimento.
Le Pen padre, intervistato dal giornale del Front National, aveva rivalutato il maresciallo Petain, capo della Francia che collaborò con i nazisti.
Questo pochi giorni dopo aver scatenato l’ennesima polemica sulle camere a gas, definite ancora “un dettaglio” della Storia dal fondatore del Front National.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 8th, 2015 Riccardo Fucile
VARATA LA GIUNTA LIGURE: DUE INDAGATI PER PECULATO E UN’AMICA DELLA MOGLIE … MELONI INFURIATA: IL “FIDANZA”MENTO E’ STATO BOICOTTATO IN LOCO… LILLI LAURO E SENAREGA LASCIATI A BAGNO MARIA… NASCE IL GRUPPO TOTI CON TRE ADERENTI, PARI A QUELLO DI FORZA ITALIA
Toti alla fine si è rimangiato il governo “con tecnici di primo piano” alla Sanità e al bilancio e ha dovuto cedere al manuale Cencelli. E al termine della tenzone la Giunta regionale appena varata è composta solo di politici lottizzati tra i partiti di centrodestra.
Se i problemi sanitari saranno risolti da chi forse conosce il dramma delle escoriazioni alle ginocchia per il cattivo uso delle ginocchiere, il bilancio ragionale resta nelle mani del presidente che ha dimostrato di saper usare almeno per ora il bilancino.
Pazienza se su sette assessori due sono inquisiti per peculato (Rixi e Scajola) e che, in caso di condanna, tra due anni decadrebbero dalla carica: un problema relativo per i destri “duri e puri” che amano parlare di legalità solo quando riguarda i mercatini abusivi e i campi rom.
Per la Protezione civile, dopo aver fatto il nome dell’esperto Bertolaso, Toti ha ripiegato sulla soluzione più saggia: ha nominato assessore il sindaco di Ameglia, suo vicino di casa.
In caso di alluvione non accadrà come alla Paita di farsi trovare ad Albenga mentre Genova era alluvionata: in questo modo Toti salverà il mobilio grazie alla pronta segnalazione del suo dirimpettaio.
Alla comunicazione andrà l’amica di sua moglie, Ilaria Cavo: in Mediaset aveva la consorte di Toti, Siria Magri, come superiore.
Inferocita invece la Meloni che si era prodigata per “Fidanza”re alla Liguria l’ex parlamentare europeo di Fdi.
Pare che alla fine il matrimonio sia stato fatto saltare da un altro milanese, Ignazio La Russa, che non gradiva che Fidanza facesse il gran passo.
Ultima conferma: i sei esponenti di Forza Italia si divideranno per due: tre (Toti, Giampedrone e Cavo) faranno il “gruppo Toti”, gli altri quello di “Forza Italia”, con bilanci e personale separati.
Restano a bagno maria Lilli Lauro e Senarega: avrebbero dovuto subentrare a due consiglieri divenuti assessori, ma per ora nessuno molla il posto.
Prima vorranno vedere se alle prime grandinate politiche Toti riesce a salvare il mobilio.
Si illudono di subentrare in autunno, forse è meglio si coprano bene: stare fuori dall’uscio in pieno inverno è causa di bronchiti fatali.
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Luglio 8th, 2015 Riccardo Fucile
LA CASTA CHE PER COSTITUZIONE E’ ESENTATA DALLE IMPOSTE TEME CHE I CREDITORI IMPONGANO DI ELIMINARE I PRIVILEGI
Dagli appalti pubblici e dai conflitti di interessi nell’Egeo alla bandiera cipriota. 
Il possibile Grexit non spaventa solo le istituzioni europee ma anche le uniche realtà che in Grecia producono pil indisturbate (il 20% del totale): le grandi navi degli armatori, da Alafouzos a Melissanidis, da Niarchos a Marinakis, se la crisi dovesse avere un’evoluzione traumatica, potrebbero trasferire sedi e filiali a Cipro.
Si tratta di quella casta che lo scorso febbraio il premier ellenico Alexis Tsipras aveva annunciato di voler colpire con una patrimoniale, senza poi tradurre in pratica la promessa.
Tanto che dieci giorni fa il presidente della commissione Ue Jean-Claude Juncker ha rivendicato di essere stato lui a chiedere al governo di rivedere le aliquote fiscali sulle compagnie di navigazione.
Peraltro in passato nessun norma ha impedito agli armatori greci di essere al contempo petrolieri, editori e titolari di lavori pubblici senza gare di appalto.
Alcuni di loro recentemente hanno anche partecipato al processo di privatizzazioni come quella dell’Opap (il Totocalcio) nonostante possedessero importanti squadre di calcio.
Senza contare che hanno goduto dell’esenzione fiscale per i profitti generati all’estero, come previsto dalla Costituzione.
La conferma della “voglia di Cipro” arriva dalle parole affidate alla stampa ellenica e inglese dal numero uno della Camera del trasporto cipriota, Thomas Kazakos.
Alcuni spedizionieri greci hanno già avviato contatti con le autorità locali per informarsi sulle procedure richieste e sul sistema fiscale applicato al momento sull’isola.
Dove, unico precedente europeo di quello che sta ora accadendo in Grecia, nel 2013 le banche sono rimaste chiuse per quasi due settimane in seguito a una crisi causata dalla pesante esposizione al debito di Atene.
“Noi forniamo solo un ventaglio di informazioni, poi la scelta spetta a loro”, ha detto Kazakos all’agenzia di stampa News Agency Cipro.
Nell’occasione ha anche ammesso che nei giorni scorsi diversi rappresentanti di realtà elleniche hanno contattato le società operanti su Cipro per valutarne lo status fiscale e ragionare su come avviare le pratiche per trasferire la domiciliazione fiscale sull’isola. Il sistema in vigore a Cipro, ha commentato Kazakos, è qualcosa che “gli armatori greci considerano attraente, competitivo, anche perchè è rispettoso della legge ed è trasparente”.
Ad oggi già il 40% delle navi battenti bandiera cipriota sono di proprietà greca.
E Cipro è la terza bandiera europea più utilizzata dopo quelle di Malta e Grecia, di fatto controllando il 4% della flotta mondiale.
Il suo principale porto, Limassol, è residenza fiscale di circa 130 società di gestione navale che svolgono attività internazionali dall’isola, tra cui sino a due anni fa moltissimi russi.
Il settore greco della cantieristica navale, a dispetto delle notizie sui licenziamenti, gode di ottima salute: l’associazione nazionale che raggruppa gli armatori nigeriani (Nisa) ha appena annunciato di aver raggiunto un accordo con diversi armatori greci per ricevere 40 navi cargo nell’arco di ventiquattro mesi.
Quindi nuove commesse.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 8th, 2015 Riccardo Fucile
“ABOLIREMO LE BABY PENSIONI”
A poche ore dall’ultimatum lanciato alla Grecia dal presidente del Consiglio Ue Donald Tusk (“Abbiamo solo 5 giorni per trovare l’accordo finale, altrimenti sarà Grexit“) e dopo l’incontro di martedì sera a Bruxelles dove la delegazione greca si è presentata a mani vuote, Alexis Tsipras parte all’attacco davanti alla plenaria dell’Europarlamento.
“I soldi dati alla Grecia non hanno mai raggiunto il popolo, i soldi sono stati dati per salvare le banche europee e greche”, ha scandito il capo del governo di Atene.
Ora “rivendichiamo un accordo con i nostri alleati — dice — che ci porti direttamente fuori dalla crisi, che faccia vedere la luce a fine del tunnel”.
E per raggiungere l’obiettivo, continua Tsipras, “vogliamo lanciare un dibattito di merito sulla sostenibilità del debito pubblico, non ci possono essere tabù tra di noi per trovare le soluzioni necessarie”.
Lo scopo è “trovare un compromesso positivo per evitare una frattura storica“. Intanto “oggi invieremo la nostra richiesta per un nuovo programma di aiuti all’Esm (il Fondo salva Stati, ndr)” e “spero che nei prossimi giorni risponderemo a questa crisi per tutta l’Eurozona”.
Un portavoce ha fatto sapere che il fondo e l’Eurogruppo hanno ricevuto la richiesta Un piano di salvataggio triennale che, secondo una stima del Fondo Monetario Internazionale, ammonterebbe ad un totale di 70 miliardi.
Il risultato uscito dal referendum del 5 luglio rappresenta “una scelta coraggiosa del popolo greco in condizioni di pressioni senza precedenti, con le banche chiuse e i mezzi di informazione che facevano terrorismo“.
Non si tratta, ha detto ancora Tsipras, di una “scelta di rottura con l’Europa, ma è la scelta di tornare ai valori che stanno alla base dell’Ue — ha spiegato ancora il capo del governo greco — è un messaggio chiarissimo. Occorre rispetto per la scelta del nostro popolo”.
“Il forte verdetto dei greci, dopo la decisione che abbiamo adottato di dare la parola al popolo perchè si potesse esprimere e potesse partecipare attivamente ai negoziati che riguardano il loro futuro, ci ha dato mandato per impegnarci a una soluzione giusta socialmente e sostenibile, senza gli errori del passato che hanno condannato l’economia greca”.
Questo perchè “la responsabilità principale del vicolo cieco in cui si trova oggi l’economia greca e in generale l’Europa non riguarda gli ultimi cinque mesi ma gli ultimi cinque anni, con l’attuazione di programmi che non ci hanno portato fuori dalla crisi”.
“Non sono di quei politici che attribuiscono tutta la colpa agli stranieri cattivi — si è difeso ancora Tsipras — siamo arrivati sull’orlo del fallimento perchè i governi che si sono succeduti in Grecia hanno creato rapporti clientelari, rafforzato la corruzione e gli intrecci tra politica ed economia, lasciando incontrollata l’evasione fiscale da parte dei grandi ricchi”.
Ma la cura imposta da Bruxelles non ha funzionato: “Le riforme ed il memorandum non hanno portato alla giustizia fiscale”.
Il discorso del premier greco è stato accolto da fortissimi applausi dalla destra e dalla sinistra dell’Aula dell’Europarlamento. Muto invece il centro dell’emiciclo dove si trovano popolari, liberali e socialisti che fanno parte della coalizione di maggioranza.
Weber: “Tsipras vuole il fallimento delle trattative”
Il clima in Aula è infuocato, duro il tono del dibattito.
“Lei rappresenta un governo che ha detto molte cose nelle ultime settimane — ha detto il leader del Partito popolare europeo al Parlamento Ue, Manfred Weber , il primo a replicare a Tsipras — noi dobbiamo tenere conto del fatto che persone sono state considerate come terroristi. Il primo ministro greco dovrebbe scusarsi per queste dichiarazioni inaccettabili, ma lei non lo ha fatto”, ha detto ancora Weber, in riferimento alle parole dell’ex ministro greco delle Finanze Yanis Varoufakis. “Anche ieri lei non ha presentato proposte, lei distrugge la fiducia”, ha continuato Weber, scatenando le proteste di una parte dell’Aula. “Lei è stato democraticamente eletto, noi rispettiamo questo — ha aggiunto il tedesco — ma lei ama la provocazione, noi il compromesso. Noi vogliamo il successo, lei vuole il fallimento. Spero che lei presenti presto le proposte di riforma“.
Al leader del Ppe ha fatto eco Guy Verhofstadt, capogruppo dell’Alde (Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa): “Noi andiamo avanti come dei sonnambuli verso il Grexit. Lo facciamo da cinque anni, anzi stiamo correndo in questa direzione. Ma a pagare il conto saranno i cittadini greci. Se vogliamo salvare la Grecia, lo sappiamo tutti, l’unica possibilità è che nelle prossime 48 ore voi presentiate un pacchetto credibile di riforme”.
La replica di Tsipras: “Taglio del debito per restituire i soldi. Aboliamo baby pensioni”
Dopo aver ascoltato il dibattito, Tsipras ha preso parola per la replica.
Ha assicurato, il premier greco, di non avere “alcun piano segreto per l’uscita dall’euro” — ipotesi avanzata da alcuni parlamentari — e ha avanzato due proposte. “Io chiedo un taglio del debito per poter essere in grado di restituire i soldi: ricordo che il momento di massima solidarietà nella Ue è stato nel 1953 quando venne tagliato il 60% del debito della Germania, dopo la Guerra”, ha detto Tsipras per la prima volta davanti all’assemblea dei parlamentari Ue.
Quindi l’apertura sul taglio delle pensioni: “Ci sono distorsioni del passato che devono essere superate, come la questione delle pensioni. Vogliamo abolire le baby pensioni in un Paese che si trova in una situazione disastrosa. Servono le riforme, ma vogliamo tenerci il criterio di scelta su come suddividere il peso”.
Tsipras chiede che sia il governo ellenico a decidere quali decisioni prendere e quali riforme mettere in atto: “Credo che sia un diritto del governo scegliere di aumentare le tasse sulle imprese per evitare di abbassare le pensioni, misure equivalenti per centrare gli obiettivi di bilancio. Se non è questo un diritto del governo, allora questo vuol dire scivolare verso la dittatura dei creditori. Allora i Paesi sottoposti agli aiuti non dovrebbero neanche tenere le elezioni“.
Tusk: “Arrivata la lettera, buon presagio. E’ l’ultima chance”
“La procedura dell’ultima chance è iniziata — ha fatto sapere il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk al termine del dibattito — il presidente dell’Eurogruppo Jeroem Dijsselbloem ha ricevuto la richiesta finale della Grecia. Spero sia un buon segno”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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