VACANZE DI LUSSO, FORMIGONI: “DACCO’ PAGAVA, L’AMICIZIA NON FA CALCOLI”
PRIMA APPARIZIONE DAVANTI AI GIUDICI
«La legittimità dei miei atti da presidente della Regione Lombardia è incontestabile».
Lo ha detto Roberto Formigoni nelle dichiarazioni spontanee al processo Maugeri, nel quale è imputato per associazione per delinquere e corruzione assieme, tra gli altri, all’ex assessore regionale Antonio Simone e al faccendiere Pierangelo Daccò.
Formigoni ha aggiunto di non aver «mai emanato atti in favore» di alcuno e che la Procura «si è concentrata sui rapporti personali con Daccò e Simone»: «Non si tratta di utilità ma di scambi tra persone che sono amiche».
Formigoni all’inizio delle dichiarazioni ha voluto rivendicare la legittimità delle delibere regionali in materia sanitaria, «tutti atti sottoposti a plurimi controlli» da parte del Tar, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, «magistrature» che hanno sempre «dato sostanzialmente ragione a Regione Lombardia».
«Io ero il presidente della Regione e avevo un ruolo politico, dovevo occuparmi di politica e delle modalità tecniche si occupavano i dirigenti come Sanese».
«Se non avessi conosciuto Daccò e Simone questo processo non sarebbe mai iniziato – ha sottolineato Formigoni -, l’accusa si è concentrata sui miei rapporti personali».
L’ex governatore lombardo ha poi iniziato a raccontare l’origine del suo rapporto con Daccò che è «personale e amicale e che inizia nei primi anni del 2000».
Le accuse
È la prima volta, da quando è scattata l’inchiesta sul caso Maugeri, che Formigoni decide di presentarsi davanti ai giudici per rispondere alle accuse.
Secondo l’ipotesi accusatoria, dalle casse della fondazione Maugeri sarebbero usciti circa 61 milioni di euro in 10 anni, soldi da cui sarebbe stata creata la provvista per concedere benefit di lusso all’ex governatore per circa 8 milioni di euro, tra cui viaggi aerei, vacanze ai Caraibi e un maxi sconto sull’acquisto di una villa in Sardegna.
In cambio, attraverso l’opera dell’ex assessore Simone e del faccendiere Daccò, la fondazione avrebbe ottenuto con delibere di Giunta favorevoli, circa 200 milioni di euro di rimborsi indebiti. Secondo l’accusa, Formigoni, difeso dai legali Mario Brusa e Luigi Stortoni, avrebbe promosso un’associazione per delinquere per 14 anni tra il 1997 e il 2011.
L’amicizia con Daccò
«Ho conosciuto Pierangelo Daccò nel 2001 e con il tempo è diventato un amico: è una persona con cui è simpatico stare e con cui trascorrevo periodi di vacanza», ha detto Formigoni. L’incontro con Daccò, che all’epoca collaborava con l’ospedale Fatebenefratelli, avvenne durante il Meeting di Cl a Rimini.
«Mi presentò Daccò padre Schiavon – ha proseguito – e lo rividi l’anno successivo durante un incontro con l’allora presidente del Cile, quando si rafforzò la sua immagine come collaboratore del Fatebenefratelli».
«Negli anni successivi si sviluppò un rapporto – ha sottolineato – e spesso passava nel mio ufficio per un saluto e per uno scambio di chiacchiere tra amici».
Formigoni ha spiegato inoltre di aver conosciuto l’ex assessore regionale Antonio Simone, anche lui imputato, «negli anni ’70 quando entrambi eravamo responsabili del Movimento popolare».
«I periodi di vacanza con Daccò non sono mai, ripeto mai, serviti per parlare dei suoi interessi, non è mai stato architettato o pianificato alcunchè», ha detto Formigoni a proposito dei cinque giorni di «vacanza ai Caraibi».
«Anche Daccò sapeva che un conto sono i rapporti personali, un conto la mia funzione di amministratore, questa era la mia regola», ha aggiunto.
«Siamo amici e ci comportiamo da amici, l’amicizia è la tipica cosa in cui non ci sono calcoli. Io accettavo i suoi inviti per i viaggi e Daccò si faceva carico delle spese e non ha mai chiesto nulla, anzi io ho provato a pagare e forse una volta ci sono riuscito e poi cercavo di sdebitarmi con delle cene a casa mia o con visite in località turistiche».
Le barche e la villa
Formigoni ha voluto ribattere all’accusa di aver ottenuto benefit di lusso, tra cui l’uso esclusivo di yacht.
«Le barche erano di Daccò, che non le ha comprate per me ma per se stesso. Daccò mi invitava a bordo delle sue barche – ha sottolineato – e la mia unica colpa è quella di aver accettato l’invito di un amico. Ma tra amici ci si scambiano gli scontrini, le ricevute? Io allora avrei dovuto calcolare quanto spendevo per le cene in cui era ospite a casa mia e presentargli il conto?».
«Il mio uso esclusivo della barca di Daccò – con riferimento alle parole dei pm nell’imputazione – si riduce a 10-12 giorni di agosto e uno o due 2 weekend nei mesi di luglio e settembre, e quella barca Daccò la metteva a disposizione degli amici, delle sue figlie, sei loro fidanzati, delle figlie di Simone e di alte amiche e amici».
E ha raccontato di essere andato spesso dal 2006 in poi in vacanza in Sardegna «quando Daccò e Simone mi invitavano».
«I giornali di gossip dell’epoca ogni estate pubblicavano foto del presidente della Regione Lombardia ed ogni anno mi veniva attribuita una fiamma diversa, ma non erano che le figlie o le amiche dei miei amici».
Formigoni, inoltre, ha voluto respingere anche le accuse su un presunto maxi sconto per l’acquisto di una villa in Sardegna.
Ha chiarito che ad acquistare la villa fu il suo amico Alberto Perego da Pierangelo Daccò e che lui avrebbe fatto soltanto «un prestito» a Perego perchè «mi disse che non aveva 3 milioni a disposizione e che la banca gli faceva un mutuo soltanto di 1,5 milioni».
Per l’ex governatore, dunque, le «cosiddette utilità » contestate dai magistrati «non esistono e non mi riguardano o sono solo segni di amicizia».
«Sarei stato un fesso»
Formigoni ha spiegato di essere «finito in uno scenario kafkiano, di totale fantasia».
«Secondo l’accusa avrei cominciato a percepire le utilità dieci anni dopo l’inizio della mia attività delinquenziale a favore della Maugeri – ha aggiunto – e nonostante la mia capacità diabolica di corrompere sarei così fesso da non portare a casa nessun vantaggio nell’immediato».
Formigoni poi ha definito come «assolutamente legittime» le delibere di Giunta finite sotto la lente di ingrandimento della Procura di Milano.
«Alla Maugeri sono stati dati dei bei soldi – ha sottolineato – a mio avviso in modo del tutto legittimo. In 18 anni di presidenza non ho mai accettato che una delibera non venisse approvata all’unanimità – ha ribadito – ma gli atti secondo la Procura sono criminosi solo nel mio caso». Riferendosi all’accusa di associazione per delinquere, l’ex governatore lombardo si è difeso sostenendo di essere «accusato di aver creato un’associazione con un mucchio di gente che non conosco o che, nel 1997, ancora non conoscevo».
Il senno di poi
«Con il senno di poi posso imputarmi che mi sono esposto con leggerezza in un rapporto personale di confidenza, che all’esterno è stato visto malamente, ma questa amicizia non si è mai riverberata sulle mie scelte politiche»: questa la conclusione delle dichiarazioni spontanee di Formigoni, durate tre ore.
Il processo è stato aggiornato al 6 ottobre, quando verrà ascoltata Carla Vites, imputata e moglie di Antonio Simone.
(da “il Corriere della Sera”)
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