Settembre 7th, 2017 Riccardo Fucile
DOPO LA CONDANNA A 11 ANNI DI RECLUSIONE TORNA FRACANTONIO GENOVESE E CANDIDA IL FIGLIO NELLA LISTA DI FORZA ITALIA IN APPOGGIO A MUSUMECI
Nel nome del padre, votiamo il figlio. 
Sarà più o meno questo l’ordine di scuderia tra gli elettori di Francantonio Genovese, il deputato eletto col Pd a Messina poi passato con Forza Italia.
L’uomo che fu scelto da Walter Veltroni come primo segretario dei dem sull’isola ha infatti deciso di candidare il figlio Luigi alle prossime elezioni regionali.
Ovviamente il giovanissimo rampollo, studente all’università Luiss Guido Carli — correrà nella lista di Silvio Berlusconi, che appoggia la candidatura a governatore di Nello Musumeci.
Francantonio Genovese, come racconta la Gazzetta del Sud, “dopo la condanna a 11 anni in primo grado nel processo sui Corsi d’oro della formazione professionale vuole provare a rispondere con i numeri e per questo si misurerà lanciando nella mischia il giovanissimo figlio”.
Nel processo sui corsi di formazione Genovese è stato condannato in primo grado per associazione per delinquere, truffa, riciclaggio, frode fiscale, peculato perchè con enti controllati da lui e dai suoi familiari ha truffato la Regione siciliana.
L’entità della truffa? Circa venti milioni di euro.
Tra i condannati anche il deputato regionale Franco Rinaldi, cognato di Genovese e consigliere regionale anche lui passato nelle file di Forza Italia.
Genovese e Rinaldi sono anche indagati per corruzione insieme ad altre persone dell’inchiesta “Matassa” della procura di Messina, la maxi operazione su voto di scambio e interessi politici dei clan alle ultime elezioni, regionali e amministrative.
Il curriculum giudiziario dell’ex segretario del Pd è completato dalla condanna emessa dalla Commissione tributaria: Genovese dovrà risarcire al fisco 16 milioni di euro di redditi, detenuti in Svizzera tramite polizze assicurative.
Cresciuto nella Dc, nipote del più volte ministro Nino Gullotti, il deputato di Messina è stato anche sindaco della città dello Stretto. Poi dopo l’arresto del 2014 — scattato grazie al voto dei parlamentari del Pd — e la scarcerazione arrivata 19 mesi dopo è passato a Forza Italia insieme a tanti consiglieri comunali e di circoscrizione che facevano parte della sua area di riferimento.
Alla quale ora spera d’inserire un altro consigliere regionale: suo figlio.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 7th, 2017 Riccardo Fucile
ACCETTARE IL ROSATELLUM IN CAMBIO DEL VOTO AD APRILE, IN QUELLA DATA POTREBE ESSERE RICANDIDABILE
C’è uno strano fermento ad Arcore attorno al dossier legge elettorale, apparentemente inspiegabile in relazione a quel che, al momento, sta producendo il Parlamento sulla materia. Cioè nulla.
Da quando però il dossier è arrivato sulla scrivania dell’avvocato Ghedini, pare che anche Silvio Berlusconi abbia smesso di sbadigliare su soglie, collegi e tecnicismi, perchè ha capito che il piatto può diventare davvero ricco.
Avanza l’idea di un “baratto” da proporre al Pd (anzi qualche abboccamento c’è già stato): la richiesta è il voto nell’ultimo slot utile, ad aprile-maggio del 2018. In cambio, il prezzo che si può arrivare a pagare è la rinuncia al famoso modello tedesco e il sostegno al Mattarellum, nella versione aggiornata, detta “Rosatellum”, dal nome del capogruppo Pd che l’ha proposto.
Salvini sarebbe entusiasta di una legge del genere, gli azzurri del Nord anche e, ultimamente, anche un bel pezzo il partito del Sud che ha visto i sondaggi in Sicilia e vede come fumo negli occhi l’idea di una lista unica con la Lega.
Finora il vecchio Silvio è apparso recalcitrante a riesumare una legge con la quale in altri tempi vinse due volte (1994 e 2001) e che risolverebbe il problema della lista unica con la Lega (e relativo tormentone), perchè non è prevista.
Con sollievo reciproco, di Berlusconi e Salvini, pari all’insofferenza quotidiana. Adesso però qualcosa è cambiato e l’ex premier è molto più interessato, non perchè ha maturato un progetto sul paese, ma perchè ha capito che l’operazione gli potrebbe convenire.
Allungando i tempi della legislatura, Silvio Berlusconi può tornare candidabile e, dunque, può tornare a ricoprire incarichi di governo.
Spieghiamo perchè.
L’ex premier, in conseguenza di una condanna per frode fiscale, non è solo un ex senatore decaduto dalla carica ma, in base alle legge Severino, è anche incandidabile fino al 2019, fino cioè a sei anni dopo che la pena si è estinta. A meno che, come previsto dalla Severino, non ottenga prima la “riabilitazione”.
Ed è attorno a questo istituto giuridico che ruota tutto il ragionamento berlusconiano. Secondo l’articolo 179 del codice penale, trascorsi tre anni (dall’estinzione della pena) il condannato può chiedere la riabilitazione. E può ottenerla qualora “abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta”.
Nel caso di Berlusconi la condotta è sempre un capitolo movimentato, a giudicare da inchieste e procedimenti ancora in piedi, come la corruzione in atti giudiziari nel Ruby ter e la compravendita dei senatori a Napoli.
L’oggetto della valutazione però per ottenere la riabilitazione sarebbe la condotta, non in generale intesa come stile di vita o ipotesi di reati in altri processi, ma in merito a come è scontata la pena nel procedimento in questione, in questo caso la frode fiscale.
La tempistica è cruciale. Tre anni significa che a partire dall’8 marzo 2018, Berlusconi potrà presentare domanda al tribunale di sorveglianza per chiedere di essere riabilitato.
È un passaggio cruciale questo, che già scandisce il timing della politica berlusconiana, a prescindere da Strasburgo, dove si terrà un’udienza il 22 novembre, ma è possibile che la sentenza arriverà anche dopo sei mesi.
E potrebbe non essere un male, perchè non è affatto detto — l’umore è questo – che debba essere una sentenza favorevole. E scandisce quel recupero di vitalità , energia, voglia di essere in campo trapelato in questa estate della remise en forme e della dieta.
Già , la dieta, da sempre indicatore dell’avvicinarsi di ridiscese in campo.
Ai tempi del governo Monti otto chili persi prima della campagna elettorale; stavolta la bilancia segna 73 chili, ma pare voglia arrivare a quota settanta, una decina in meno rispetto ai mesi scorsi.
Perchè è chiaro che la data dell’8 marzo consente comunque di sentirsi pienamente in campo, con grande gioia dei suoi e dolore dei suoi (potenziali) alleati.
Cambia l’umore e qualifica la sua presenza sulla scena, visto che i tempi del pronunciamento sulla riabilitazione sono relativamente brevi, bastano un paio di settimane.
Il che significa, alla peggio, partecipare alla trattativa post voto nel pieno della ritrovata agibilità , ovviamente in caso di verdetto favorevole; alla meglio, rientrare dalla porta principale nei Palazzi dai quali era stato cacciato in un clima da “game over” storico — definitivo — nel lontano autunno del 2013.
Ecco dunque l’idea di un “baratto”, da proporre dopo questo ennesimo giro andato a vuoto sulla legge elettorale: il Rosatellum che nacque, qualche mese fa, proprio come un abito sartoriale cucito sul Pd in cambio del voto ad aprile-maggio secondo i desideri del Cavaliere e il suo calendario giudiziario.
È ardito, ma sulla carta è possibile. Il Parlamento, è scritto sulla carta, dura in carica cinque anni e la prima riunione si tenne il 15 marzo del 2013.
Significa che questa legislatura finisce il 15 marzo del 2018. Da quel momento le elezioni possono celebrarsi entro 70 giorni, dunque entro domenica 24 maggio.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 7th, 2017 Riccardo Fucile
“PREOCCUPATA PER LA LEGGE ELETTORALE, A RISCHIO TENUTA DEMOCRATICA”
“In Turchia, come Europa, ci siamo affidati a Erdogan, ora in Libia stiamo replicando in modo
pericolosamente caricaturale quel modello, mettendoci nelle mani di milizie come quella di Sabratah. Per soldi, i trafficanti di ieri si spacciano per gli anti-trafficanti di oggi. No, il ‘modello Minniti’ non mi convince. Hanno messo un tappo ma neanche troppo stagnante e penso che questo modo di agire alla fine ci si ritorcerà contro. Sul piano politico, non mi pare che legittimare milizie e tribù rafforzi il già gracile governo di al-Serraj, semmai il contrario. In Libia l’Italia si è messa in un mare di guai. Nessuno può dirsi soddisfatto o gridare vittoria di fronte allo scempio di vite umane, agli abusi, alle violenze più atroci perpetrate nei lager libici. La lettura del rapporto di Medici senza Frontiere dovrebbe sollevare un moto di indignazione nell’opinione pubblica europea e di vergogna per i leader politici”.
A sostenerlo, con la consueta nettezza e passione politica è Emma Bonino, leader storica dei Radicali, già ministra degli Esteri e commissaria Ue.
L’Huffington Post l’ha intervistata in occasione della presentazione del videospot a sostegno della campagna “Ero Straniero. L’umanità che fa bene”, la legge di iniziativa popolare per il superamento della Bossi-Fini, che ha i Radicali italiani tra i promotori.
Quanto all’altro tema caldo del momento, la legge sullo ius soli, Bonino rimarca: “L’affermazione del ministro Alfano secondo cui la legge è buona ma non è il momento di metterla ai voti è un segno, grave di impotenza politica”.
Questa è stata l’estate del Mediterraneo e dell’Italia che col ministro Minniti ha “dato la linea” sul fronte migranti e nei rapporti con la Libia. La diminuzione degli sbarchi viene vista come un successo italiano. Come stanno le cose per Emma Bonino?
“Ciò che abbiamo fatto, in chiave bilaterale, è una ripetizione, un po’ caricaturale, dell’accordo fatto con la Turchia, voluto dalla Germania che si è tirata dietro l’Europa…”.
Perchè un “po’ caricaturale”?
“Per una serie di motivi. Il primo è che la Turchia, seppur non al meglio, anzi, ha uno Stato, un governo, un controllo del territorio, pure troppo se posso permettermi. Il secondo motivo, è che il contributo finanziario ad Ankara era notevole. La differenza in Libia è che si tratta di un Paese che non ha istituzioni credibili, è un Paese che ha due governi, due parlamenti e oltre 140 tra milizie e tribù in armi . Francamente non ho capito bene con chi abbiamo negoziato. È chiaro che lo abbiamo fatto con al-Serraj ma siccome è noto a tutti che al-Serraj non controlla il territorio, o direttamente o attraverso al-Serraj stesso, si è dovuto negoziare con le milizie, con gli scafisti, con quelli che effettivamente controllano il territorio e che vivono di traffici illegali di tutti i tipi: la benzina, le armi, gli esseri umani. Qui siamo di fronte a persone che appartenendo a una milizia possono occuparsi alternativamente di combattere i propri nemici, pattugliare il mare ed esercitare funzioni di polizia o di guardiacoste; oppure svolgere varie attività , anche illegali, per arricchirsi. Il risultato è che, di fatto, i trafficanti di ieri sono gli anti-trafficanti di oggi, una conversione in ventiquattr’ore. E già questo dimostra la fragilità di questa costruzione, tanto è vero che il ministro Minniti è dovuto andare dal generale Haftar, l’uomo-forte della Cirenaica, il quale suppongo che voglia la sua parte. E poi c’è un fatto che reputo gravissimo e vergognoso…”.
Qual è questo fatto?
“Noi facciamo finta di non conoscere la situazione dei campi di detenzione in Libia. Una situazione agghiacciante, un vero inferno documentato dall’ottimo servizio di Amedeo Ricucci per il Tg1 e dall’angosciante rapporto di Medici senza Frontiere. Una situazione di totale spregio della dignità e della vita delle persone e di estrema gravità per le implicazioni e le conseguenze politiche possibili”.
Il ministro Minniti ha affermato l’impegno italiano perchè quei campi siano gestiti dall’Onu…
“Questa è una ‘pillola’ che non si può vendere, a meno che non si è in malafede. Perchè sono campi di detenzione, perchè la Libia non ha mai firmato le convenzioni di Ginevra sui rifugiati, perchè sono centri di detenzione del governo. Altro che piena agibilità ! Ma se l’inviato dell’Unhcr per la Libia abita a Tunisi, come tutti i diplomatici; autorizzato a qualche missione, più o meno lunga. A ciò si aggiunga che solamente 10 dei 30 centri ufficiali sono di tanto in tanto visitabili da un personale libico delle Nazioni Unite, gli altri 20 sono off limits. In più ci sono centinaia di carceri privati delle varie milizie che seguono la metodologia del narcotraffico: anche i narcotrafficanti nascondono la droga per poi rimetterla sul mercato quando il prezzo tende a salire.
Ci siamo messi, a mio avviso, in una situazione molto difficile e temo anche, come conseguenza politica, che invece di aiutare la formazione di un solido governo unitario – già difficile visti i diversi interessi degli attori esterni europei, in primis tra Francia e Italia – che noi rischiamo così di dare più forza alle milizie, in termini di credibilità , di interlocuzione, in termini finanziari.
No, non riesco proprio a tirare un sospiro di sollievo per ciò che l’Italia sta facendo in Libia. D’altra, parte l’avevo già detto in tempi non sospetti, alla Convenzione di Renzi al Lingotto, perchè questa cosa la sentivo venire… In quella sede avevo detto che c’è qualcuno che ha lo stomaco di rimandare indietro le persone in quello che non io ma l’ambasciatore tedesco che era stato autorizzato a vedere qualcuno di quei centri, li ha definiti la cosa più vicina ai lager che lui avesse mai visto. Qui siamo: dal punto di vista della tutela dei diritti umani, ciò che si sta facendo in Libia è qualcosa di inguardabile e dal punto di vista politico, temo che complichi ulteriormente la situazione perchè rafforza in termini monetari, oltre che di credibilità , le milizie varie. Al momento, peraltro, siamo pagando solo la milizia di Sabratah ma anche le altre batteranno cassa.
Per adesso, questo ‘tappo” sembra funzionare, ma non è poi così ‘stagno’ come viene venduto alla gente, visto che già si manifestano i primi rivoli: ad esempio, i 251 di Ferragosto non uscivano da Sabratah, che è a Ovest di Tripoli, ma da Homs, che è un porto a Est di Tripoli. Poi si è aperta la rotta Algeria-Spagna-Sardegna… A me sembra davvero che ci siamo messi in un mare di guai, le cui conseguenze le vedremo, e penso anche se succede qualcosa, come si sta già scoprendo — vedi il rapporto di Msf — gli stupri, le torture sistematiche, le fosse comuni nel deserto, mi auguro che nessuno se ne esca, a livello politico o di comunicazione, col dire ‘non sapevamo’, perchè questo sarebbe intollerabile”.
Un altro tema caldissimo è quello della legge sullo ius soli. C’è chi minaccia marce su Roma e chi sostiene che non è il tempo per votarla. È davvero impossibile approvare lo ius soli entro questo fine legislatura?
“È una questione di numeri evidentemente. E in questo senso il più esplicito è stato Alfano quando ha sostenuto che si tratta di una legge buona ma inopportuna. Immagino che lui, e non solo, intenda ‘inopportuna’ elettoralmente parlando. Resta il fatto che si tratta di un’ammissione di impotenza politica che la dice lunga su cosa potrebbe voler dire un sistema proporzionale, con governi di coalizione in cui ci sarà sempre qualcuno, l’Angelino di turno, che lo ‘ritiene giusto ma inopportuno’. Questi governi di coalizione li conosciamo dagli anni ’80 e avevamo superato il proporzionale perchè chi vince, col sistema maggioritario dei collegi, quale quello che noi propiniamo, possa assumersi la responsabilità , mentre nei governi di coalizione c’è sempre la via di fuga del ‘vorrei ma non posso’, ‘mi mancavano tre voti’… Allora è bene che la gente sappia che quella sullo ius solis è una buona legge che, però, elettoralmente parlando una parte di chi l’ha scritta ritiene che non porta voti e allora meglio rimandare… Questa io la chiamo resa”.
Il centrosinistra è destinato a perdere?
“Se gioca di rimessa, temo di sì. Molto dipenderà dalla legge elettorale. Io non sono mai stata, nè lo sono oggi, una grande entusiasta di Macron ma gli devo riconoscere il merito di aver battuto la Le Pen. E lo ha potuto fare per la legge elettorale francese. Ed è così da anni. Al primo turno i Le Pen, prima il padre e poi la figlia, vanno sempre molto bene, ma al secondo turno la gente che si è sfogata ci ripensa un attimo. Questo per dire che il sistema elettorale non è un optional marginale. Noi siamo un Paese alquanto ‘bizzarro’, e questa semmai è la mia preoccupazione sulla sua tenuta democratica, non certo per una inesistente invasione di migranti: a pochi mesi dalle elezioni, non sai bene con che legge vai, la data, della serie chi c’è c’è chi non c’è si arrangi… Questo è un Paese che cambia legge elettorale ad ogni cambio di governo, perchè chi sta in Parlamento e detiene la maggioranza si fa una legge ritagliata su se stesso. Noi rischiamo anche di avere due maggioranze diverse, una alla Camera e l’altra al Senato, e in più, non è solo la Commissione di Venezia (organo consultivo del Consiglio d’Europa, ndr), ad affermare che quando si fanno le leggi elettorali bisogna avere almeno un anno prima di andare al voto, perchè altrimenti tutta una serie di espressioni politiche non hanno il tempo materiale per entrare in lizza. E questo crea un altro bel pasticcio isituzionale. Spero che questo faccia riflettere tutti, perchè le regole del gioco sono fondamentali per tenere su un sistema democratico realmente efficiente ed altrettanto rappresentativo”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 7th, 2017 Riccardo Fucile
“LA SUA FAMIGLIA E IL PCI NE HANNO FATTO UN MILITARE MANCATO”
“Minniti un mio delfino? Non ho mai avuto delfini”. Massimo D’Alema attacca il ministro dell’Interno e lo fa proprio nella città di Marco Minniti in occasione della Festa della Sinistra iniziata ieri sera sul lungomare di Reggio Calabria.
Il tema che stimola i commenti sull’operato di Minniti, che fu sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nei due governi guidati da D’Alema, è quello dei migranti: “L’accordo di oggi con la Libia è uguale a quello di Berlusconi con Gheddafi. Io ho sempre considerato Minniti un tecnico della sicurezza. Un po’ la sua origine familiare e un po’ la sua formazione comunista hanno fatto di lui un militare più che… (un politico, ndr). Ho visto che ha detto che sulla difesa dei diritti umani dei migranti si metterà in gioco. Spero che lo faccia perchè finora non ho avuto questa impressione”.
D’Alema si è soffermato anche sul caso di Giulio Regeni e sulla ripresa dei rapporti tra l’Italia e l’Egitto: “Ci siamo dimenticati le responsabilità degli apparati egiziani nel rapimento e nell’assassinio di Giulio Regeni. Lo hanno ucciso i servizi di sicurezza egiziani. L’impressione è che la realpolitik prevalga sui principi e sulla dignità del nostro Paese”
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 7th, 2017 Riccardo Fucile
NIENTE OSCURO COMPLOTTO… RIMANE UNA FIGURA BARBINA
Un oscuro complotto. O un’evidente gaffe. 
Il capogruppo capitolino M5S Paolo Ferrara ha pubblicato sul suo profilo twitter la foto che mostra l’avvio dei lavori in una via Zotti, a Ostia: l’immagine mostra come alcune transenne per delimitare il piccolo cantiere siano finite all’interno delle voragini da riparare.
Per Ferrara il caso è già risolto: “X Municipio, in via Zotti una mano vile e sconosciuta boicotta il cantiere sulle voragini: non riusciranno a fermare il cambiamento!”.
C’è del marcio secondo Ferrara, che continua: “Una mano vile e sconosciuta ancora una volta agisce sempre in piena notte a Ostia, divertendosi a boicottare — come testimonia la foto a corredo — in via Zotti il cantiere per i piantonamenti e la chiusura delle voragini che qualche losco affidamento ha fatto in modo di creare e sedimentare nel tempo, causando notevole nocumento e pericoli micidiali alla cittadinanza”.
Il segnale è chiaro, per il consigliere grillino: “Le transenne di segnalamento delle voragini sono state infatti lanciate dentro i crateri stessi, a mo’ di sfida e avvertimento. Chi ha interesse a perpetrare quest’opera di ignominioso sabotaggio a danno dei cittadini del X Municipio?”.
Peccato che a far finire le transenne nelle voragini sia stato il vento dei giorni scorsi. “Io vivo al terzo piano proprio dove dite che stanno facendo i lavori .. e posso dire che le transenne le ha buttate giù il vento …”, scrive un utente su Facebook.
“Per quanto riguarda i lavori ricoprire le buche di terra non sono lavori ma solo nascondere il degrado in cui viviamo . Ci dobbiamo aspettare un altro video della Raggi quando avranno finito di seppellire le vergogne. E aggiungo che il vento c’è stato 5 giorni fa e ancora stanno così.. così come stanno i lavori da quando Virginia alle 5 di mattina è venuta a farsi il video con le scagnozza ben pagata della Di Pillo”.
Vincenzo, un altro utente, è d’accordo: “Signor Ferrara, vorrei ricordarle che a mezzodì del 01 settembre e la notte (23,30) del 02 settembre ci è stato un violento temporale con vento violentissimo”.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 7th, 2017 Riccardo Fucile
LA CAMPAGNA “ERO STRANIERO” GUIDATA DA EMMA BONINO HA RACCOLTO L’ADESIONE DI OLTRE 2.000 COMUNI
C’è anche Ventotene a raccogliere l’appello di Emma Bonino per aderire alla maratona “Ero straniero”, la campagna culturale ma soprattutto la legge di iniziativa popolare con cui l’ex ministro degli esteri e i Radicali Italiani propongono di superare la Bossi-Fini e vincere la sfida dell’immigrazione.
Alla presentazione romana dello spot dell’iniziativa che sta facendo a tappe il giro d’Italia, arriva l’annuncio della portavoce del sindaco dell’isola simbolo dell’Europa, Maria Ausilia Mancini: «In quanto porta d’Europa dove d’inverno vivono solo 200 persone e 7 bambini, siamo pronti ad accogliere delle famiglie di profughi con minori per dare speranza di vita a loro e a noi. Possiamo garantire un alloggio e ci impegniamo a cercare la possibilità di un lavoro di pubblica utilità ».
Sono al momento oltre duemila i Comuni che hanno risposto positivamente, tra cui Riace e S.Alessio in Aspromonte.
È una mattina afosa a Roma. Sullo sfondo c’è l’eco delle polemiche sui migranti che dall’inizio dell’estate si rincorrono amplificandosi a vicenda, le Ong, le violenze sessuali, le malattie modello malaria.
Emma Bonino è, al solito, categorica: «E’ ormai chiaro a chiunque come l’immigrazione sia stata erroneamente considerata troppo a lungo un problema emergenziale anzichè strutturale. Quest’estate, mentre i media si affannavano a raccontare le paure vecchie e nuove, moltissimi sindaci si sono resi disponibili a collaborare, spiegando di aver bisogno di gente che pulisca le poche spiagge libere rimaste o che si occupi dei servizi. Siamo in una condizione per cui, al di là dei micro-flussi, la legge Bossi-Fini non prevede che gli stranieri a cui è stato rifiutato l’asilo possano cercare un lavoro alla luce del sole. E così, in barba alle polemiche, conviviamo, male, con i famosi 500 mila invisibili che, respinti, restano in Italia nell’ombra».
Come se ne esce? Emma Bonino è radicale, mai estremista: «Il diritto alla casa non significa il diritto a occupare quella altrui. Ma se lasci crescere il bubbone come è stato fatto in questi anni, il bubbone a un certo punto esplode».
Parla di canali regolari d’immigrazione monitorata, di permessi di soggiorno temporanei per la ricerca, di potenziamento dei centri per l’impiego con fondi extra che alla fine diventano un risparmio su altre voci: «Da noi ci sono 20 mila centri per l’impiego a fronte degli oltre 73 mila del Regno Unito. Ma quelli britannici hanno un meccanismo di collegamento tra domanda e offerta molto funzionante per cui mediamente si trova lavoro in meno di un anno. Il risultato è che spendono di più per i centri per l’impiego ma risparmiano sull’assistenza ai disoccupati».
Per mettere fine ai pregiudizi basta guardare oltre il proprio naso, recita lo spot alla proiezione del quale partecipano anche molti stranieri, tra cui alcune immigrate cinesi che al termine dell’incontro raccontano alla sempre attenta Bonino la loro condizione di cristiane in difficoltà .
Gli sbarchi sono diminuiti, ripetono dal tavolo della raccolta firme, ma non è diminuito il numero di chi si mette in marcia dal cuore di tenebra dell’Africa sognando un’Europa che verosimilmente non raggiungerà : «Il tappo libico è una soluzione temporanea. Chiusa quella di Sabrata si stanno aprendo nuove rotte, quella algerina verso la Sardegna e verso la Spagna, quella del mar Nero, quella libica a est di Tripoli. l’unica soluzione duratura è ragionare sulla possibilità di canali d’ingresso legali e controllati».
(da “La Stampa”)
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Settembre 7th, 2017 Riccardo Fucile
MA SUI FATTI DI VIA DEL FRANTOIO LA NUOVA ALLEANZA CONTINUA A RACCONTARE BALLE, LE INDAGINI DELLA MAGISTRATURA HANNO DIMOSTRATO CHE GLI AGGRESSORI NON ERANO GLI IMMIGRATI
Ieri i capigruppo di tutti i partiti rappresentati in IV Municipio a Roma hanno approvato la
proposta di un Consiglio straordinario per parlare del centro per migranti della Croce Rossa in via del Frantoio, al Tiburtino III.
La mozione è stata presentata da Fratelli d’Italia, ma sarebbe ingiusto non dare i meriti della convocazione a chi ce li ha davvero: Casapound.
È infatti il movimento delle tartarughe a battersi da giorni sul consiglio straordinario al Tiburtino III.
Con un dettaglio: lo fa raccontando balle su quanto accaduto nell’”assedio” del 30 agosto scorso.
Con in testa un grosso striscione “Tiburtino III dice basta” e sventolando bandiere tricolore ieri quelli di Casapound sono entrati in aula: “Chiediamo l’immediata chiusura del centro per migranti di via del Frantoio, la situazione è insostenibile. La sera non si può più andare in giro”.
A prendere la parola davanti ai consiglieri Mauro Antonini, responsabile Cpi per il Lazio: “Chiediamo un consiglio straordinario su questa vicenda”.
E il Partito Democratico e il M5S hanno dato l’ok.
Di più: il vice presidente e assessore municipale alle politiche sociali, Rolando Proietti Tozzi, ha detto in Aula: “Ci sono delle grosse responsabilità su Tiburtino III che noi abbiamo ereditato, ma ci impegniamo a renderlo vivibile come anche San Basilio e Pietralata. Noi non abbiamo paura di niente, ci mettiamo la faccia — ha aggiunto — Abbiamo detto che lo Sprar sarebbe stato chiuso e lo abbiamo fatto. Abbiamo un progetto. Per fare un bando ci vogliono 8/10 mesi”.
Tutto questo senza che nessuno abbia avuto il coraggio di segnalare che quanto sta accadendo a via del Frantoio prende le mosse da una campagna finora sbugiardata dalle indagini della polizia.
Casapound infatti il 30 agosto ha fatto sapere che “una donna è stata rapita dagli ospiti del centro gestito dalla croce rossa”.
E questo nonostante già il 30 agosto si sapesse che un uomo era stato ferito con un’arma impropria proprio nell’occasione della presunta esplosione della bomba sociale al Tiburtino III.
Ma c’è di più. Perchè Pamela Pistis è accusata di aver infilzato sulla schiena Yacob Misgn con un tondino, un pezzo di ferro di quelli usati nell’edilizia e per questo è indagata per lesioni aggravate dall’uso di un’arma.
Ma il pubblico ministero sosterrà anche l’accusa di calunnia, ovvero il reato di chi accusa qualcun altro di aver commesso un reato davanti all’autorità giudiziaria sapendolo innocente.
È stato infatti accertato che le contusioni e i graffi sul corpo dell’indagata erano precedenti e non causati dall’aggressione degli altri immigrati del centro.
L’unica ferita recente le era stata provocata anzi dal marito con un pugno nel tentativo di strapparla da una eritrea a sua volta aggredita per essersi permessa di aiutare il connazionale ferito.
Il Corriere della Sera spiega che il ferimento sarebbe nato dopo la richiesta di una sigaretta fatta da Pamela all’eritreo e davanti alla risposta negativa di Yacob, la donna avrebbe reagito colpendolo (in un’ulteriore testimonianza a ferire l’eritreo sarebbe stato il nipote 12enne di Pamela).
In realtà l’uomo avrebbe solo simulato il lancio di un oggetto per allontanare i ragazzini che lo prendevano in giro.
Passa qualche ora e dal Campidoglio qualcuno deve avere capito che i gruppo al municipio ha fatto una cazzata e cerca di rimediare: “Il lavoro svolto dal presidio umanitario della Croce Rossa in via del Frantoio, nel Municipio IV, costituisce una risorsa e un valore aggiunto per tutto il territorio. E’ quindi assolutamente incomprensibile e inaccettabile mettere in discussione il servizio e le attività garantite ogni giorno dagli operatori”.
Così in una nota l’assessora alla Persona, Scuola e Comunità Solidale Laura Baldassarre e la presidente della Commissione Politiche Sociali e della Salute Maria Agnese Catini.
“Le difficoltà e i problemi di alcune aree della città non devono, in alcun modo, trasformarsi in strumenti per costruire speculazioni politiche sulla pelle delle persone. Occorre un’assunzione di responsabilità da parte di tutti, affinchè vengano stemperati i toni. E’, infatti, inaccettabile ogni forma di intimidazione o violenza, verbale e fisica”, concludono.
Ps Sarebbe interessante che la magistratura acquisisse i servizi dei Tg di quella giornata e identificasse coloro che avevano avallato le balle della Pistis, parlando di “eritrei armati di bottiglie di vetro e bastoni”., notizia smentita dai fatti e quindi oggetto di reato di calunnia e istigazione all’odio razziale.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 7th, 2017 Riccardo Fucile
LA STORIA DI GIOVANNI CICCARELLI, UN ITALIANO CHE ONORA IL NOSTRO PAESE, A DIFFERENZA DI CERTI FUORICORSO CHE VOGLIONO FARE IL PREMIER
Si è laureato con 110 e lode all’Università Vanvitelli di Napoli, ma un brillante percorso lavorativo lo ha portato a lasciare la sua terra, a lavorare all’estero e ottenere qui uno dei più prestigiosi premi per la sua professione.
Lui è un cardiologo, si chiama Giovanni Ciccarelli e con la futura moglie – anche lei italiana espatriata per lavoro – hanno deciso di fare ritorno a Napoli, di sposarsi nella loro terra di origine e costruire qui il loro futuro. Ricominciano quasi da zero, da precari.
La storia di Giovanni e Francesca Conte la racconta il Corriere della sera.
Hanno vissuto gli ultimi anni della loro vita in Belgio, dove lei lavorava come neurologa e lui si è dedicato a una ricerca sulla diagnostica delle stenosi coronariche che gli è valsa lo Young Investigator Award, un riconoscimento che nel suo settore lo qualifica come il migliore al mondo.
Eppure, nonostante la carriera avvivata – lei aveva un lavoro a tempo indeterminato, lui stava per ottenerlo – hanno scelto di rimettersi in gioco.
Si legge sul Corriere della Sera:
“Io e la mia fidanzata avevamo deciso che saremmo tornati. A me era stato proposto di rimanere a Aalst, lei aveva già un contratto, eppure abbiamo preferito considerare quell’esperienza conclusa. Nel nostro futuro, c’è Napoli».
E però pure la ricerca di un lavoro. Sì, perchè se in Belgio Francesca era già a posto e Giovanni lo sarebbe stato a breve, a Napoli la situazione è completamente diversa.
Di contratti a tempo indeterminato per ora non se ne parla: “Il quadro lo conosciamo – dice il giovane cardiologo –. Nel settore pubblico bisogna aspettare i concorsi, e in quello privato si va avanti con contratti a tempo determinato. Almeno all’inizio”.
A Napoli adesso lei lavorerà come precaria nell’unico ambulatorio di Epilessia presente in città . Ma la precarietà non lo spaventa.
Si dice disposto a fare qualche sacrificio. Per lui è un atto dovuto. Non vuole unirsi alle voci critiche nei confronti del suo paese, ma fare qualcosa di concreto per far cambiare le cose:
“Io devo e voglio credere nella mia terra, e voglio dare il mio contributo. Quando sento parlare male della sanità napoletana o campana ci soffro perchè so che qui ci sono medici bravissimi e strutture che possono funzionare bene, se messe in condizione di farlo. Andarsene non sarebbe giusto”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 7th, 2017 Riccardo Fucile
SIRACUSA: INCASTRATO DAL FIGLIO DOPO SEI MESI
Aveva raccontato agli investigatori che era stato un incidente domestico a uccidere la moglie 31enne
Laura Pirri.
Ma ora Sebastiano Iemmolo, 36 anni, è stato arrestato dalla polizia di Pachino, provincia di Siracusa, con l’accusa di omicidio, maltrattamenti in famiglia nei confronti di un minorenne e incendio.
La donna è morta il 25 marzo scorso, dopo 18 giorni di agonia nel reparto di rianimazione del Civico di Palermo per i postumi di ustioni sul 40% del corpo. Iemmolo aveva parlato di un’esplosione improvvisa della bombola da campeggio con la quale lei stavano cucinando.
Ma le indagini coordinate dalla Procura di Siracusa hanno virato sull’accusa di omicidio dopo la testimonianza della madre della vittima. La donna aveva raccontato che il figlio di 10 anni della coppia le aveva detto di aver assistito all’omicidio della madre.
Secondo chi indaga quindi non si è trattato di un incidente domestico, ma è stato il 36enne a uccidere la moglie durante una lite per avere 20 euro.
Dalla ricostruzione degli inquirenti, le ha dato fuoco dopo averle gettato addosso del liquido infiammabile.
Il procuratore Francesco Paolo Giordano, che col sostituto Tommaso Grillo ha coordinato le indagini, ha messo sotto intercettazioni ambientali la casa della madre di Iemmello, dove l’uomo era andato a vivere dopo il sequestro della casa in cui abitava con la moglie a Rosolini.
La donna, secondo l’accusa, negli anni è stata vittima dei maltrattamenti del 36enne, giudicato da chi indaga una persona violenta, che per futili motivi avrebbe anche incendiato l’auto di un vicino.
Il Gip Michele Consiglio ha emesso il provvedimento di arresto con l’accusa di omicidio, maltrattamenti, lesioni, incendio e calunnia.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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