Settembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
PRELEVAVANO AFRICANI DA UN CENTRO DI ACCOGLIENZA E LI SFRUTTAVANO NEI CAMPI PER 25 EURO AL GIORNO… LI FACEVANO DORMIRE IN BARACCHE E MANGIARE A TERRA
Assumevano lavoratori in nero nella loro azienda agricola, poi la paga variava in base al colore
della pelle.
Con queste accuse i carabinieri hanno arrestato due fratelli di Amantea, in provincia di Cosenza, nell’ambito di un’inchiesta sullo sfruttamento dei rifugiati ospitati nei centri di accoglienza.
Sono stati posti ai domiciliari per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravati dalla discriminazione razziale.
Da quanto accertato, i due fratelli, 48 e 41 anni, facevano lavorare in nero nella loro azienda agricola migranti africani, oltre a romeni e indiani. La paga però era variabile. I “bianchi”, infatti, prendevano 10 euro in più degli altri: 35 euro al giorno contro 25.
Le indagini, condotte dai carabinieri di Amantea sotto la direzione del pm Anna Chiara Fasano e il coordinamento del procuratore di Paola, Pierpaolo Bruni, hanno permesso di scoprire che i rifugiati, principalmente provenienti da Nigeria, Gambia, Senegal e Guinea Bissau, venivano prelevati in una parallela del centro di accoglienza “Ninfa Marina” e portati a lavorare nell’azienda agricola.
I rifugiati africani si trovavano a lavorare nei campi assieme ad altri stranieri provenienti principalmente dalla Romania e dall’India.
Erano sottoposti a condizioni di lavoro degradanti: dormivano in baracche, mangiavano a terra e vivevano sotto la stretta e severa sorveglianza dei due fratelli arrestati.
I provvedimenti restrittivi sono stati disposti dal gip del Tribunale di Paola, Maria Grazia Elia, su richiesta della Procura Ai due fratelli è stata anche sequestrata l’azienda e altri beni per un valore di circa due milioni di euro.
Il centro di accoglienza dell’ex hotel “Ninfa Marina”, gestito dalla cooperativa Zingari 59, è quello che ospita il più elevato numero di migranti nel Cosentino.
Stando ai dati della Prefettura del maggio scorso, riportati dalla Gazzetta del Sud, nella struttura vivono 360 persone, mentre la capienza prevista in convenzione sarebbe di 160.
Per questo, scrive sempre il quotidiano, ha anche diritto al rimborso più elevato: 2.038.160 di euro.
Nel 2015 le associazioni La Kasbah e Garibaldi 101 denunciavano “l’assenza di una adeguata assistenza medica e le carenze nei servizi di informazione legale, nella mediazione culturale e all’alloggiamento delle persone”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
LA PROVOCAZIONE DELL’ARTISTA LORENZO MONTANARI
Immigrati in gabbia: anzi, nel carrozzone con le ruote del circo equestre, quello del Circo Barnum.
Due ragazze di seconda generazione, una di origine filippina e l’altra egiziana, e due richiedenti asilo appena arrivati in Sicilia dall’Africa.
Chiusi come animali, accovacciati sui sacchi di iuta, a farsi guardare e a rispondere alle domande dei curiosi.
È la performance che va in scena fino al 22 ottobre al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, nell’ambito della mostra Resonance II, a cura di Adriaan Eeckles.
Voluta e organizzata dal CCR, il centro comune di ricerca che fa capo alla Commissione Europea, e dedicata al tema dell’uguaglianza e della disuguaglianza, al motto di «adattare, migliorare, avvicinare».
Un pugno nello stomaco, il cuore della sezione battezzata The Grand Scientific and Social Exhibition che non ha timore a riferirsi proprio a P.T. Barnum, il re del circo. Nella sua carovana, il più grande spettacolo sulla terra, figurava uno zoo umano, con esemplari considerati come pericolosi o fuori dalla norma.
Oggi, la tentazione è di ritornare a quella immagine selvaggia, per rendere concrete la sbarre di una gabbia mentale fatta di incomprensione e di pregiudizi. E rivelarne tutta l’assurdità .
Spiega Lorenzo Montanini, il regista, attore e performer autore, con Francesco Felaco, di quella che si fa fatica a definire installazione: «La gente viene, guarda e si sente in imbarazzo. Poi, un po’ a fatica, comincia a parlare, a interloquire. Qualcuno, si spera, finirà per farli evadere».
Alle prime uscite pubbliche, nel centro scientifico di Ispra, e ieri sera a Milano, i più diretti sono stati i bambini, come quel quattrenne che guardando Moussa, il ragazzo della Guinea, gli ha detto: «Che ci fai là dentro?». Lui gli ha risposto con una domanda: «E tu come ci vedi?». «Normali». Ecco, appunto.
Qualcun altro si fa trascinare dall’emozione, trascende. Si arriva al «che siete venuti a fare», a un passo dal «tornatevene da dove siete arrivati».
Blessy Nambio e Cristina Abdel Mallak, la ragazza filippina e quella egiziana copta, replicano tranquillamente con la forza della propria storia.
Sono nate qui, qui hanno studiato fino alla laurea, una all’Orientale di Napoli e l’altra a Milano in comunicazione interculturale, e non sono a corto di argomenti.
Blessy: «La cittadinanza italiana è arrivata appena una settimana fa: tutto sommato, una bella coincidenza. Per 28 anni ho vissuto con l’incubo del permesso di soggiorno da rinnovare, nella borsa un passaporto filippino che rappresentava soltanto una parte della mia vita ». Cristina: «Dopo l’università facevo servizio civile al Centro Orientamento Educativo, Lorenzo mi ha fatto la proposta e io ho pensato che fosse il modo di far scoppiare qualche contraddizione. Eccomi in gabbia, allora: forse hanno paura che li mangi?».
Daniela Ghio, la demografa specializzata in migrazioni che ha ideato il progetto con Montanini, secondo l’intento della mostra che promuove la collaborazione fra artisti e scienziati, confessa che, all’inizio, leggendo la proposta si è «molto rattristata.
Non è stato facile veder ridotto l’argomento dei miei studi a un carrozzone con le sbarre. Poi ci siamo incontrati, e allora abbiamo cominciato a condividere il linguaggio e a scambiarci i ruoli. Partendo dal fatto che siamo migranti anche noi: io ho studiato e lavorato in Canada, lui adesso vive a Barcellona».
A pochi metri dalla gabbia, un’altra provocazione di Montanini: il Burqarium, quasi un padiglione sigillato delle meraviglie, dove una ragazza velata cede il suo indumento a una ragazza nuda (qui vige il divieto ai minori di 14 anni) e si è invitati a ragionare sull’importanza del coprirsi la testa nella storia del mondo: ricordandosi, per esempio, di quelle suore francesi che durante la rivoluzione, per non essersi volute svelare, furono uccise.
C’è poi la storia dell’uomo cannone, un terrorista dell’Isis che declama Marinetti e che alla fine sceglie di non uccidere, preferendo finire attrazione del circo.
Ma, al di fuori della sezione Barnum, tutta Resonances è una scoperta, dal Mickey Mouse a due teste di Frederik De Wilde, monito contro i rischi della sperimentazione sugli animali, alle installazioni sui veleni della tavola di Martin Haeblesreiter e Michela Secchi.
Ceffoni sul muso, che aiutano a pensare.
(da agenzie)
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Settembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
DOPO LE BUFALE SULLE REGISTRAZIONI INTEGRALI SIAMO ALLA DEGNA CONCLUSIONE
Ricordate il poliziotto che durante lo sgombero di via Curtatone è stato sorpreso a dire “spezzategli
un braccio” rivolto ai suoi sottoposti e nei confronti degli sgomberati e dei manifestanti?
Le immagini di quel disastroso sgombero sono finite su tutti i giornali e anche quel video ha girato molto. Non abbastanza, a quanto pare, visto che il poliziotto va verso l’archiviazione
Scrive infatti oggi Il Messaggero:
Una frase detta in un momento di grande concitazione, per tutelare uno dei suoi agenti che era stato colpito da un sanpietrino. Per la Procura di Roma, non c’è reato nelle parole pronunciate dal dirigente del commissariato Trevi Campo Marzio, che era stato iscritto sul registro degli indagati come atto dovuto — per istigazione a delinquere, perchè nel mezzo della carica della polizia durante lo sgombero del palazzo di via Curtatone, il 24 agosto, aveva detto ai colleghi: «Se tirano ancora qualcosa spezzategli un braccio», riferendosi agli occupanti.
Per questo motivo, il procuratore aggiunto Francesco Caporale ha chiesto l’archiviazione del fascicolo.
Il dirigente, ascoltato dagli inquirenti, si è difeso dicendo di aver pronunciato quella frase d’impulso, rispondendo al suo autista che gli aveva detto di essere stato colpito da una pietra.
Il collega del funzionario, sentito come persona informata sui fatti, ha confermato. Nel frattempo, il poliziotto è stat otrasferito al Dac anticrimine, in un ufficio più burocratico.
Dopo le bufale sulle registrazioni integrali, propalate persino da un senatore della Repubblica italiana che per questo non si è mai scusato, siamo alla degna conclusione.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
COALIZIONI SOLO SULLA CARTA, MANI LIBERE DOPO IL VOTO
Potremmo avere un vincitore la sera delle elezioni?
Se la geografia politica non cambierà a vantaggio di uno dei tre blocchi, è escluso che questa legge faccia il miracolo. L’impianto è per quasi due terzi (64 per cento) proporzionale: tot voti uguale tot seggi. Il rimanente terzo si articola in collegi (231 alla Camera, 102 al Senato) con un solo candidato per partito o coalizione, dove passa chi arriva primo.
Il futuro Parlamento rispecchierà all’incirca i rapporti di forza. Tutto cambierebbe qualora di qui alle elezioni il centrosinistra, o il centrodestra, oppure il M5S facessero un balzo in avanti.
In quel caso l’ipotesi di un vincitore non sarebbe così campata in aria, perchè quei punti in più permetterebbero di fare la differenza in tutti i collegi in bilico.
Sarebbe favorita la sintesi o la frammentazione?
Col «Rosatellum», la soglia di sbarramento diventa in realtà una sogliola, visto che si appiattisce al 3 per cento. Coinciderebbe con quella oggi vigente alla Camera, mentre al Senato calerebbe parecchio rispetto all’8 per cento attuale (per chi vuole correre da solo).
Ciò significa che, grazie alla novità , Bersani potrebbe scamparla e portarsi a casa i suoi deputati della quota proporzionale; idem la Meloni, mentre Alfano sarebbe tra color che son sospesi.
Però con le nuove regole la loro salvezza non sarebbe comunque gratis: qualora volessero partecipare al bottino dell’uninominale, i partitini sarebbero costretti a entrare nell’orbita dei pianeti maggiori, coalizzandosi con loro e diventandone i satelliti.
Eventuali larghe intese Pd-Fi sarebbero facilitate?
Rispetto al «Consultellum», chiaramente sì. Perchè con le confuse regole attuali, che alla Camera danno la vittoria a chi supera il 40 per cento, Berlusconi sarebbe costretto a fare lista unica con Salvini, dal quale dopo le elezioni faticherebbe a sganciarsi perchè tutti i rappresentanti del centrodestra alla Camera risulterebbero in condominio con la Lega, affratellati dallo stesso simbolo, cosicchè un divorzio post-elettorale costerebbe a Silvio più di quello con Veronica.
Grazie al «Rosatellum», viceversa, il Cav manterrebbe il simbolo di Forza Italia sulla scheda, e i due terzi degli eletti «azzurri» farebbero capo a lui.
Soltanto il terzo dei collegi uninominali sarebbe a metà con Salvini.
Insomma, qualora dalle prossime elezioni nessuno uscisse vincitore, e l’interesse del Paese richiedesse di dar vita a un governo con il Pd, grazie alla legge in gestazione il Cav avrebbe meno scrupoli a scaricare la Lega e più parlamentari disposti a seguirlo.
Gli elettori peserebbero nella scelta dei candidati?
La proposta Pd non prevede le preferenze. Tutti i candidati saranno scelti dai rispettivi leader.
Quelli che correranno dei collegi uninominali dovranno battersi con la concorrenza degli altri partiti, quindi la designazione dall’alto sarà solo il primo step: l’ultima parola spetterà al popolo sovrano, che potrà scegliere tra le varie offerte politiche. Quanto ai candidati nel proporzionale, i loro nomi dovranno essere tutti indicati sulla scheda.
E diversamente dall’antico «Porcellum», non sarà un lungo elenco perchè ogni listino conterrà al massimo 4 nomi (bilanciati in base al sesso) per assicurare la «riconoscibilità » chiesta dalla Consulta. Se qualche nome farà orrore, sarà facile regolarsi.
(da “La Stampa”)
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Settembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
LE SIMULAZIONI PORTANO A UN SISTEMA TRIPOLARE INGESSATO SENZA VINCITORI… IL SISTEMA DELLE ALLEANZE POTREBBE PORTARE I GRILLINI AL TERZO POSTO
Il PD ci riprova depositando in contemporanea alla Camera e al Senato il Rosatellum bis (dal nome
del capogruppo Pd a Montecitorio). E avvertendo i possibili alleati (Forza Italia, Lega e Ap) che il testo depositato ieri è l’ultima spiaggia per cambiare la legge elettorale.
Il Rosatellum bis è un Mattarellum in versione rovesciata visto che a fare la parte del leone sarà la quota di proporzionale (64%) contro il 36% di collegi uninominali.
La quota di sbarramento per entrare in Parlamento sarà al 3% a livello nazionale (per accontentare gli alfaniani) e del 10% per le coalizioni.
Una quota che di fatto potrebbe tagliare le gambe sul nascere a Campo progressista e a Mdp che difficilmente potranno raggiungere la cifra doppia senza un’alleanza con il Pd.
In compenso, per presentarsi in alleanza le liste non dovranno avere necessariamente programmi in comune. E sulla carta potrebbero nascere strane alleanze.
Forza Italia potrebbe presentarsi con la Lega al Nord e con Alfano al Sud.
Ci sarà un’unica scheda e non viene concesso il voto disgiunto. C’è la quota di genere (60-40) e la possibilità di un massimo di tre pluricandidature nei listini proporzionali, ma anche la possibilità per un candidato di presentarsi sia nei collegi uninominali che in quelli plurinominali.
Infine, non c’è l’indicazione del capo della coalizione — ovvero del candidato premier — nè l’obbligo per la coalizione di presentare un programma comune.
Così com’è, il Rosatellum bis si configura come un trappolone meraviglioso: la struttura della legge porta a un’inevitabile torsione maggioritaria.
Sulla scheda, a ogni candidato uninominale sul collegio (la parte maggioritaria), è associata una lista o una coalizione di liste (la parte proporzionale) e non è permesso il voto disgiunto.
Tale meccanismo costringe inevitabilmente le forze politiche a coalizzarsi: senza alleanze pre-elettorali le formazioni minori non avrebbero alcuna possibilità di eleggere il proprio candidato nella modalità maggioritaria
Rosatellum bis: un trappolone meraviglioso
Dino Martirano sul Corriere della Sera di oggi prova a immaginare chi potrebbe vincere con il Rosatellum bis. Con 231 collegi uninominali e 399 proporzionali e partendo dagli attuali rapporti di forza misurati dalla media dei sondaggi (Pd 27,8%, Ap 2,4%, per un totale del centrosinistra del 30,2%; M5S 27,7%; FI 13,4%,Lega 14,8%,FdI 4,7% per un totale del centrodestra del 32,9%), le simulazioni portano a un sistema tripolare praticamente ingessato che non produce vincitori.
I calcoli – elaborati da Youtrend per l’Agenzia Agi – dicono che il centrodestra sarebbe in testa (227-247 seggi) senza raggiungere la maggioranza.
Avanti rispetto al centrosinistra (184-204 seggi) e lasciando la terza posizione ai grillini che pagherebbero la corsa in solitario. In questo schema Articolo Uno avrebbe 14 seggi.
Se uno dei tre poli dovesse fare il «boom», toccando quota 35%, il problema della governabilità del Paese – in assenza di grandi coalizioni e/o alleanze post elettorali – rimarrebbe senza soluzione.
Con il 35% dei voti i tre poli otterrebbero, rispettivamente, un risultato diverso ma inutile per governare da soli: il centrodestra avrebbe 253-273 seggi, il centrosinistra 266-286, il M5S 257-277.
Dunque, solo con un bottino elettorale che tende verso il 40% si otterrà la maggioranza in Parlamento.
Sotto quella soglia, pur rimanendo sopra il 35%, tutto dipenderà dalla bravura dei partiti nel conquistare il maggior numero possibile dei 231 collegi uninominali.
Infine c’è la questione delle liste civetta. I partiti che rimangono sotto la soglia del 3% sono fuori, ma la presenza di liste che superano la soglia dell’1% può favorire la coalizione visto che i voti si ripartiscono tra i partiti della coalizione che ce l’hanno fatta.
Animalisti, casalinghe e pensionati ma persino l’ultradestra potrebbe essere decisiva per la vittoria in caso di accordo.
(da “NextQuotidiano”)
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