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“CARO LUIGI, TI ASPETTO DA VESPA, SE NON HAI PAURA”: LA BOSCHI RIDICOLIZZA DI MAIO

Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile

E QUESTO VORREBBE FARE IL PREMIER… PRIMA RINVIA, POI VUOLE LA CLAQUE E RIESCE A FAR FARE UN FIGURONE PERSINO A MARIA ELENA (CHE HA PIU’ “ATTRIBUTI” DI LUI)

Ieri Maria Elena Boschi aveva sfidato Di Maio a un confronto tv su Banca Etruria: «Ora basta con le bugie: sono pronta a un dibattito televisivo con l’onorevole Di Maio sulla questione bancaria e più in generale sulle misure che noi abbiamo preso per salvare l’Italia dalla crisi mentre il Movimento Cinque Stelle rincorreva le scie chimiche e la lotta ai vaccini. Entriamo nel merito e vediamo chi sta mentendo agli italiani», aveva detto la Boschi su Facebook.
Bruno Vespa si era detto subito disponibile ad ospitare il confronto a Porta a Porta.
Dopo lunga meditazione Di Maio ha risposto che “adesso sono impegnato in Sicilia a mandare a casa gli impresentabili di Musumeci e di Micari votando e facendo votare Giancarlo Cancelleri (quello che nelle liste ha messo i parenti n.d.r.). Mi piacerebbe fare il confronto con Maria Elena Boschi all’americana, in una piazza davanti a Banca Etruria con i risparmiatori in piazza, così avrà  modo di dire anche a loro la verità ”, ma dopo il 5 novembre.
Immediata la risposta della Boschi: “L’onorevole Di Maio ha risposto ponendo condizioni per il confronto. Per me va bene aspettare le elezioni siciliane come lui chiede. E va bene anche che si porti in studio la claque dei suoi amici ad applaudirlo. Può persino chiedere l’aiuto da casa, se si sente più tranquillo. Mi dica solo il giorno: ‘Porta a Porta’ ha offerto per primo la disponibilità  e va in onda il 7, l’8 e il 9 novembre. Ci dica la data che preferisce, appena ha finito di girare per l’Italia mentre noi lavoriamo nei luoghi delle istituzioni che ci pagano lo stipendio per lavorare, non per stare in piazza. Oppure ha paura ad affrontarmi in studio? I veri truffati sono quelli che credono alle sue bugie”.
Il problema è che Di Maio è un “prodotto di laboratorio” che prima deve imparare la lezione per poi esporla.
Un politico vero avrebbe accettato la sfida anche stasera, senza bisogno della claque di supporto   e senza studiare le battute   con lo staff di Casaleggio.
Alla fine Maria Elena ha dimostrato di avere più “attributi” di lui.

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LOTITO RESTA SOLO DAVANTI ALLA SINAGOGA, LA COMUNITA’ EBRAICA NON C’E’

Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile

“PORTEREMO DUECENTO GIOVANI TIFOSI AD AUSCHWITZ”, MA IL PROBLEMA E’ CHE NON SONO QUELLI GIUSTI… MINNITI VUOLE INTERDIRE LO STADIO AI RAZZISTI, FORSE NON HA CAPITO CHE LO PAGHIAMO PER ARRESTARLI

“Annuncio oggi ufficialmente che la Lazio organizzerà  una iniziativa annuale per portare ogni anno 200 tifosi in visita ad Auschwitz”. In visita alla Sinagoga di Roma, il presidente della Lazio, Claudio Lotito, prova a frenare le polemiche nate dopo il ritrovamento di alcuni adesivi antisemiti, che ritraggono Anna Frank con la maglia della Roma, su una vetrata della curva Sud dello stadio Olimpico.
“La maggioranza della nostra tifoseria – ha sottolineato Lotito – è con noi contro ogni antisemitismo”.
Una visita in solitaria, quella di Lotito, dato che non c’era nessun esponente della Comunità  ebraica ad accogliere il presidente della Lazio fuori dalla Sinagoga.
Sulla vicenda degli adesivi antisemiti arriva la dura condanna del capo dello Stato, Sergio Mattarella: “Il volto e le pagine del diario di Anna Frank, la sua storia di sofferenza e di morte a opera della barbarie nazista hanno commosso il mondo. Utilizzare la sua immagine come segno di insulto e di minaccia, oltre che disumano, è allarmante per il nostro Paese, contagiato, ottanta anni addietro, dall’ottusa crudeltà  dell’antisemitismo”.
La nota del Quirinale fa sapere che il capo dello Stato ha parlato della vicenda con il ministro dell’Interno, Marco Minniti, “che gli ha assicurato grande impegno per individuare i responsabili di un comportamento così ignobile affinchè vengano perseguiti secondo la legge e vengano definitivamente esclusi dagli stadi”.
Il segretario del Pd Matteo Renzi propone: “Se fossi il presidente di una squadra di calcio domani farei mettere sulle maglie la Stella di David al posto dello sponsor #annafrank”.
Il direttore del centro Wiesenthal, Efraim Zuroff, bolla gli insulti antisemiti come “sconvolgenti, miserevoli e ripugnanti”.
Sulla proposta di Renzi, Zuroff esprime perplessità : pur comprendendo “l’impatto simbolico” di giocare con la Stella Gialla sulle maglie, sottolinea che l’iniziativa “non aggiunge conoscenza:meglio far visitare Auschwitz ai giocatori”.
“Vergogna. È assurdo. Siamo al paradosso”. Parole durissime di condanna e di solidarietà  alla Comunità  ebraica di Roma sono state espresse stamane da monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo. “Stiamo sottovalutando l’antisemitismo risorgente in diversi modi”, dice al Sir: “Non è possibile dimenticare ciò che è avvenuto soprattutto usando il nome, la storia e il dramma di Anna Frank in questo modo. Penso veramente che bisogna vergognarsi, che l’unica parola è: vergogna”.
Intanto anche il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani in plenaria a Strasburgo si è espresso sul tema: “Non posso non condannare fermamente ciò che accaduto a Roma dove un gruppo di hooligan ha usato l’immagine di Anna Frank per offendere tifosi di un’altra società “.
Ha definito l’episodio “un fatto grave: ognuno ha diritto di essere praticante della propria religione e le comunità  ebraiche fanno parte della nostra Unione. Credo che l’antisemitismo debba restare soltanto un’orribile esperienza del nostro passato”.
Tutti fingono di dimenticare:
1) Che ormai ogni forma di razzismo viene consentita senza mai identificare i responsabili, a cominciare dai mandanti fino alle migliaia di utenti dei social che ogni giorno istigano impuniti all’odio razziale. Quando ai TG serali vedranno centinaia di leoni da tastiera o da stadio in manette portati in galera, privati della patria potestà  sui figli e coi beni sequestrati per far fronte a multe da almeno 50.000 euro, state tranquilli che l’educazione tornerebbe nella vita civile del nostro Paese.
2) Le forze dell’ordine e il ministro degli Interni vengono pagati per perseguire i reati penali, non per vietare di accedere agli stadi. Quando qualcuno commette un reato si deve intervenire immediatamente e fermare il colpevole, non far finta di nulla e fare films da guardare con comodo.
3) I presidenti devono smetterla di essere succubi di una minoranza di violenti. Invece che fare i tour operator ad Auschwitz ritirino per un anno la squadra dal campionato. Si deve arrivare al punto che i “tifosi normali” prendano a sprangate il primo coglione razzista che mette a repentaglio il loro diritto a godersi lo spettacolo della partita.
E’ così che le famiglie torneranno allo stadio.

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VOLANO GLI STRACCI TRA ZAIA E MARONI, IL GOVERNATORE LOMBARDO: “STATUTO SPECIALE PER IL VENETO? PROPOSTA AVANZATA A MIA INSAPUTA, C’E’ UN PROBLEMA INTERNO ALLA LEGA”

Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile

SALVINI SI VESTE DA POMPIERE PRIMA CHE LE FIAMME DIVORINO IL CAROCCIO: “C’E UNA SOLA LEGA”… MA AL SUD NON L’HANNO PRESA BENE

All’indomani del referendum, i due alfieri dell’autonomia Luca Zaia e Roberto Maroni sono già  divisi.
La richiesta del governatore del Veneto di uno statuto speciale non piace al suo collega e compagno di partito, che in un’intervista a Repubblica esprime tutto il suo disappunto. “Zaia mi ha spiazzato, ha avanzato la sua proposta a mia insaputa”.
I due sembrano aver preso strade completamente diverse: se Maroni vorrebbe continuare a dialogare con il governo, Zaia si avvia a uno scontro istituzionale riassunto dal sottosegretario agli Affari Regionali Gian Claudio Bressa, che ha definito “una provocazione” la sua richiesta di uno statuto speciale per il Veneto.
Il governatore lombardo si dice “spiazzato” dalla richiesta del collega veneto, che considera senza mezzi termini un errore.
Una sorpresa condivisa da buona parte del Carroccio, compreso il leader Matteo Salvini. Che però, intervenendo stamattina a Radio Anch’io, mette subito in chiaro una cosa: anche dopo i referendum di Lombardia e Veneto, “c’è una sola Lega che dà  speranza a 60 milioni di cittadini italiani” afferma il leader leghista.
Quando alla richiesta di statuto speciale da parte del Veneto, Salvini rimanda tutto a “una discussione tra persone serie”. “Ci sono due milioni e mezzo di veneti che hanno dato mandato per trattare autonomia. Poi quanta autonomia deve arrivare… da persone serie si discute”.
Dopo i referendum – aggiunge – “gli italiani devono decidere” se continuare a farsi governare da “un centralismo che ha fallito”, pur restando “nell’ottica dell’unità  nazionale”.
Insomma Salvini cerca di barcamenarsi perchè è evidente che il referendum gli ha creato grossi casini al Sud.
“Mi ha un po’ spiazzato – spiega Maroni a Repubblica – Non era concordata questa mossa, l’ho appresa stamattina. Domani leggerò la sua proposta di legge e capirò se sarà  possibile un percorso comune”.
Maroni dice di non sapere perchè Zaia abbia fatto questa mossa “non concordata”. “Francamente non lo so, se per vicende interne alla Lega o per mostrare i muscoli. Però ogni risposta è lecita perchè è indubbio che ora c’è un problema all’interno della Lega. E un altro con il governo”.
Per il leader leghista, è difficile ora fare una battaglia insieme”.
“Bressa – sottolinea Maroni – mi ha telefonato stamattina (ieri, ndr) dicendomi chiaro che se io gli avessi chiesto lo statuto speciale per la Lombardia non sarebbe stata possibile alcuna trattativa con il governo, visto che la materia è di competenza del Parlamento. Io speravo di fare una battaglia comune, e invece a questo punto non ci faranno sedere allo stesso tavolo. Un conto è andare a trattare in due, un altro andarci da soli. E poi anche per un motivo strettamente tecnico”.
Quale? “Al contrario di quella di Zaia che parlava in modo vago di nuove forme di autonomia senza citare le risorse, la mia richiesta referendaria faceva esplicito riferimento all’articolo 116, il che mi impedisce ora di chiedere lo statuto speciale. Anche se volessi allinearmi al governatore veneto, non potrei farlo. Non potrei seguirlo sulla sua strada. Ecco perchè mi ha un po’ spiazzato”.

(da “Huffingtonpost”)

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REFERENDUM, QUALI SONO LE COMPETENZE CHE SI POSSONO CHIEDERE CON L’AUTONOMIA

Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile

LO STATO SPENDE 28 MILIARDI L’ANNO IN LOMBARDIA E VENETO PER QUESTE FUNZIONI, VEDIAMO QUALI SONO

Sono 28 i miliardi all’anno di spesa che lo Stato effettua nei territori di Veneto e Lombardia per le funzioni che secondo l’articolo 116 della Costituzione potrebbero essere assegnate alle amministrazioni territoriali.
Il Sole 24 Ore riepiloga conti e funzioni e spiega che si tratta di 23 settori di attività , che spaziano dall’istruzione ai beni culturali, dai trasporti fino alla giustizia di pace: il Veneto ha già  preparato un disegno di legge per chiederli tutti e 23, e la Lombardia sembra intenzionata a imboccare una strada simile.
Il risultato finale farebbe crescere di quasi il 77% le dimensioni del bilancio attuale della Lombardia, e del 71,6% quelle dei conti veneti ( con tutti i rischi di sprechi relativi)
Ma la strada è lunga, e il percorso incerto.
Con l’autonomia differenziata i territori possono chiedere più funzioni, insieme alle risorse necessarie per finanziarle, ma il dare-avere fra tasse e spesa pubblica non viene modificato in modo diretto.
Se per esempio la Lombardia ottenesse una competenza piena sul sistema dei trasporti, voce a cui lo Stato dedica quasi due miliardi all’anno da Milano a Brescia e da Sondrio a Mantova, il bilancio regionale registrerebbe due miliardi di spesa in più e altrettanti di entrata con l’assegnazione di nuovi fondi.
La sfida, semmai, si giocherebbe intorno al tema dell’efficienza: se la Regione riesce a fare le stesse cose dello Stato con meno soldi, quello che avanza può essere dirottato allo sviluppo di altri servizi.
Ma potrebbe anche essere l’opposto.
Prima però bisogna trovare un accordo fra governo e regione sulle attività  effettivamente trasferibili, e a ciascuna di queste va applicata l’etichetta con il prezzo condiviso, cioè con i fondi che lo Stato è disposto a trasferire insieme ai compiti.
Poi bisogna tradurre il tutto in leggi che, come accade sempre quando si toccano materie costituzionali, devono ottenere una maggioranza assoluta dei componenti alla Camera e al Senato.

(da “NextQuotidiano”)

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L’ASSESSORA GRILLINA A ROMA ASSUME L’EX SOCIA DEL SUO STUDIO

Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile

ROSALBA CASTIGLIONE, RESPONSABILE DELLE POLITICHE ABITATIVE, HA PRESO CON SE’ UN’AMICA DI UNIVERSITA’ CON CUI AVEVA APERTO POI UNO STUDIO LEGALE

Rosalba Castiglione, assessora alle politiche abitative del Comune di Roma, ha assunto come collaboratrice l’avvocata Livia Sirovich, già  sua socia in uno studio legale. Della vicenda parla oggi Simone Canettieri sul Messaggero:
Lo scorso 16 ottobre la giunta Raggi ha dato il via libera all’assunzione dell’avvocato Livia Sirovich, un altro articolo 90, ingaggiato a 44.892,10 euro all’anno.
Un incarico che chiamarlo «fiduciario», come recita la delibera 228, può apparire un eufemismo.
L’assessora e la neo collaboratrice, amiche dai tempi dell’Università , risultano anche essere state socie di uno studio legale.
È proprio il consiglio dell’ordine degli avvocati di Roma a certificarlo. Anzi, come si legge nel verbale del 22 ottobre 2009, l’Ordine prende atto della «costituzione dell’associazione professionale denominata Studio legato associato Castiglione-Sirovich e manda all’ufficio iscrizione per ulteriori adempimenti».
Ora il sodalizio, tra Rosalba e Livia, si è riformato in Campidoglio. Anche se dal profilo Linkedin la grillina appare ancora in società  con l’attuale collaboratrice.
Nei giorni scorsi si era parlato molto dell’assunzione di Cristiano Battaglini, pallavolista, nello staff dell’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti, di cui è fraterno amico. L’assunzione di Sirovich aprirà  nuove polemiche
Alla luce di questo, le motivazioni scritte in calce nella delibera di assunzione sembrano davvero cucite su misura. Castiglione, a proposito della nomina della collega nello staff dell’assessorato al Patrimonio e alla Politiche abitative, «segnala che le conseguenti mansioni da svolgere, connotate da estrema delicatezza, richiedono una figura competente e in possesso di elevate doti di riservatezza e capacità  di lavorare in team».
E chi meglio di un’amica e soprattutto già  (e forse tuttora) socia in affari legali?

(da “NextQuotidiano”)

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PROVINCE NEL LIMBO, COSTANO E NON FUNZIONANO

Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile

PROBLEMI DI MANUTENZIONE PER LE SCUOLE E NEL 30% DELLE STRADE

Tra Parma e Cremona hanno chiuso un ponte sul Po. Stessa cosa è accaduta sul Rio Bavera, fra Cuneo e Imperia. A Latina fra San Felice e Terracina il ponte non c’è più: demolito. Fra Cerveteri e Bracciano c’è stata una frana tre anni fa, e lì è rimasta. Dal 12 ottobre Salcito e Trivento sono isolate da Campobasso. A Catanzaro due strade sono parzialmente chiuse al traffico, nell’imperiese sono tre.
Per via delle cattive condizioni del manto stradale sul trenta per cento delle provinciali italiane c’è il limite di velocità  a 50 o 30 chilometri orari, in molte è vietato il transito ai mezzi pesanti.
Karl Marx amava dire che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. L’idea di abolire le province e trasformarle in enti di coordinamento fra Comuni non era sbagliata. Le vecchie amministrazioni, un retaggio dell’Italia preunitaria, erano ormai schiacciate fra Comuni e Regioni.
Una volta assegnati a queste ultime i centri per l’impiego e fatte salve le funzioni minori su caccia e agricoltura, alle vecchie province sono rimasti due compiti di spesa: la gestione delle sue strade e la manutenzione delle scuole superiori.
Servivano ancora un presidente, un consiglio provinciale retribuito e quarantamila dipendenti?
Non si tratta però di funzioni che possono essere abbandonate a se stesse o lasciate senza fondi: stiamo parlando di 130 mila chilometri di asfalto e 5100 edifici per due milioni e mezzo di studenti.
Il nodo dei trasferimenti  
Non era semplice abolire le province. Il processo inizia con Monti, insiste Letta, il governo Renzi tenta di arrivare in fondo. La legge di Stabilità  per il 2015 impone tagli per quasi un miliardo l’anno per tre anni, la gran parte dei 3,7 miliardi che le amministrazioni ricevevano grazie a due entrate proprie: l’imposta di trascrizione sulle auto e una quota della tassa sull’assicurazione.
La legge Delrio abolisce gli enti elettivi e li trasforma in «area vasta». Oggi il presidente della provincia e il consiglio sono scelti fra sindaci e consiglieri dei Comuni, che per quella funzione non ricevono un euro.
Quasi la metà  dei quarantamila dipendenti – circa sedicimila – sono stati trasferiti altrove, alle Regioni e nei tribunali.
Nel frattempo la riforma costituzionale avrebbe dovuto cancellare le province dalla Carta e consentire al governo di chiudere il cerchio, spostando ai Comuni anche la gestione delle scuole superiori.
L’esito del referendum del 4 dicembre 2015 ha fermato l’enorme macchina in mezzo al guado, e lì ha iniziato ad affondare. Incassata la sberla elettorale, il governo Gentiloni è corso ai ripari facendo l’unica cosa possibile: retromarcia.
Se si esclude il costo dei dipendenti trasferiti negli ultimi due anni, le 76 province e le 14 aree metropolitane hanno ricevuto fondi che coprono gran parte dei tagli.
I fondi che mancano  
Secondo le cifre che circolano a Palazzo Chigi e al Tesoro all’appello mancano complessivamente 420 milioni di euro. La Finanziaria per il 2018 ne stanzierà  altri 350, le province ne rivendicano il doppio.
Oggetto del contendere sono i dipendenti: i sindaci lamentano il fatto che le Regioni li assumono senza restituire il costo del trasferimento.
Fra le proteste Palazzo Chigi ora ha imposto una sanzione per le Regioni furbette con un taglio del venti per cento al fondo regionale per il trasporto locale.
Come testimoniano i casi citati, il problema resta e il prossimo governo dovrà  decidere che fare: se – nella migliore tradizione italiana – gestire l’esistente tamponando le falle, ritentare l’abolizione o ripensare il ruolo delle province. Non è, e non può essere solo un problema di risorse.
Achille Variati è sindaco di Vicenza, presidente della sua provincia e dell’Unione nazionale: «Non siamo nemmeno buoni enti di gestione del territorio. Fra autorità  di bacino, dei trasporti, consorzi di bonifica non ci si capisce nulla. Occorre rimettere in ordine quelle funzioni».
Variati non lo ammette, ma fra questo e la ricostituzione delle province il passo è breve. Nei periodi di vacche magre capita però di fare scelte sagge: per far tornare i conti a Vicenza ha venduto agli spagnoli di Abertis per trenta milioni di euro il sei per cento nell’autostrada Brescia-Padova. Stessa cosa hanno fatto i colleghi di Verona e Brescia. Due piccioni con una fava: una poltrona in meno, più soldi per sistemare le provinciali. Dice Variati: «Nessuno nega ci fossero sprechi, ma il governo deve essere capace di valutare caso per caso. Qui di sprechi ne abbiamo fatti pochi».
Detto dal presidente di una lobby nazionale, è un passo avanti. Alessio Pascucci è sindaco a Cerveteri con una lista civica di centrosinistra. Dottore di ricerca in ingegneria, 35 anni, guadagna duemila euro netti al mese per governare un Comune di quasi quarantamila abitanti. Poco prima di essere rieletto ha fatto approvare il primo piano regolatore della città , cosa che non deve essere piaciuta a chi ha lanciato una molotov davanti casa dei genitori. La riforma Delrio lo fa partecipare gratuitamente ai consigli della città  metropolitana di Roma dove è presidente della commissione bilancio. Qui la faccenda ha del kafkiano.
Il vuoto di potere a Roma  
La legge prevede che il presidente della ex provincia non sia eletto; su quella poltrona siede di diritto Virginia Raggi. C’è un però: poichè i consiglieri vengono invece eletti secondo un criterio che tiene conto dei cittadini rappresentati, la Raggi governa un ente in cui il suo partito (pardon, movimento) è in minoranza.
Pascucci è convinto che questo caos sia un problema per tutti: «Ai consigli la Raggi non viene mai. E mi sento di dire che con i problemi che ha in Campidoglio la capisco pure. Capisco anche il clima di rassegnazione negli uffici: la gran parte dei dirigenti e dei funzionari è senza guida e non sa che fare».
La storia delle città  metropolitane meriterebbe una puntata a parte: immaginate negli Anni Novanta sul modello francese, avrebbero dovuto sostituire i Comuni delle grandi città  come Roma, Milano, Torino e Napoli.
Oggi ce ne sono quattordici, si sovrappongono inutilmente e non servono quasi a nulla. «Le basti sapere che il bilancio preventivo 2017 di Roma (quello che si vota prima, e non dopo un anno di amministrazione) lo abbiamo approvato pochi giorni fa». Pascucci ha votato no al referendum, vorrebbe la ricostituzione delle province e spiega perchè: «Il problema è l’esondazione delle Regioni, nate per legiferare e invece oggi impegnate ad amministrare. Il livello intermedio è schiacciato. Mi spiega che senso ha rivolgersi alla Regione Lazio e partecipare a un bando per finanziare questa o quella iniziativa?».
Pascucci racconta di strade smottate e scuole in difficoltà , spesso senza gli impianti a norma. «A Fiumicino la preside non ha spazio per le nuove sezioni.
A Ladispoli c’è una scuola nuovissima, peccato non abbiano i soldi per costruire la palestra». A mettere una toppa sono i piani sulla «buona scuola» e «scuole sicure», ma anche in questo caso le province hanno fatto la parte dei parenti poveri. «Secondo i nostri calcoli gli istituti superiori hanno usufruito solo del 16 per cento di quei fondi», racconta la portavoce dell’Upi Barbara Perluigi.
Le ragioni sarebbero molte, non ultimo il fatto che il primo bando dava la precedenza ai sindaci che chiedevano fondi attraverso un modulo da spedire a Palazzo Chigi.
L’aiuto europeo  
La situazione è poi migliorata grazie all’arrivo dei bandi della Banca europea degli investimenti dedicati all’edilizia scolastica (maledetta Europa).
«Non c’è dubbio che le province abbiano fatto più sacrifici di chiunque altro», ammette Luigi Marattin, consigliere a Palazzo Chigi, professore a Bologna ed esperto di enti locali. «Per ritrovare un assetto stabile servono due cose: rimettere in equilibrio le risorse, e credo che questo sia stato fatto. La seconda è ripensare l’ente, le sue funzioni di coordinamento e regolamentazione dei servizi pubblici locali».
L’importante – si potrebbe aggiungere – è evitare di tornare al punto di partenza. I siciliani, che in fatto di istinti gattopardeschi non conoscono rivali, hanno ripristinato le province tali e quali: l’Assemblea regionale l’ha fatto poco prima di Ferragosto a legislatura finita con un blitz degno di Arsenio Lupin.
Le hanno chiamate «liberi consorzi» e l’ultima Finanziaria regionale gli assegna pure una ricca dotazione: ora il governo ha impugnato tutti gli atti di fronte alla Corte costituzionale. «Spero si possa parlare di tutto ciò già  in campagna elettorale, magari concentrandosi sul merito dei problemi. Me lo auguro anzitutto da cittadino», aggiunge Marattin.
Se lo augurano anche a Parma, Cremona, Cuneo, Imperia, Latina, Roma, Campobasso, Catanzaro e tutti gli italiani che percorrendo una provinciale si chiedono se sia normale pagare così tante tasse e trovare le strade in quelle condizioni.

(da “La Stampa”)

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CARABINIERE AI DOMICILIARI PER TRUFFA E FALSO: “RIMBORSI SPESE GONFIATI PER 50.000 EURO”

Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile

E’ IL DELEGATO DEL COCER IN SICILIA… NEL MIRINO I RIMBORSI DI QUANDO SI RECAVA A ROMA PER IL SUO IMPEGNO SINDACALE

Truffa e falso per avere gonfiato i rimborsi spesi per le trasferte a Roma. Sono le accuse avanzate nei confronti di Alessandro Rumore, appuntato dei carabinieri, delegato del sindacato Cocer in Sicilia, in servizio a Borgetto, in provincia di Palermo. Per il militare il gip Wilma Mazzara ha ordinato i domiciliari.
Secondo la Procura di Palermo, che ha coordinato l’indagine, Rumore avrebbe gonfiato i rimborsi quando si recava nella Capitale per il suo impegno sindacale: in alcuni casi attestato viaggi mai fatti.
La truffa ammonterebbe a oltre 50mila euro.
Il carabiniere è accusato anche del reato di induzione indebita a dare o promettere utilità .
Secondo gli inquirenti, allo scopo di diventare il responsabile occulto della sede locale della società  di vigilanza privata La Sicurezza, che doveva aprire a Partinico — altra città  in provincia di Palermo — avrebbe spinto alcune guardie giurate in servizio alla Europol, società  concorrente, a dimettersi.
I vigilanti sarebbero stati assunti, poi, grazie all’intercessione di Rumore proprio a La Sicurezza. L’appuntato avrebbe fatto assumere anche la convivente come segretaria.
In oltre 40 pagine di imputazione formulate dalla procura sono una cinquantina le false missioni e i rimborsi gonfiati contestati a Rumore.
L’indagine a carico dell’esponente del Cocer nasce dall’inchiesta aperta su una presunta rapina subita da alcune guardie giurate dell’Europol, le stesse che poi l’appuntato avrebbe fatto dimettere.
La denuncia presentata dai vigilanti non ha convinto gli inquirenti che hanno cominciato una serie di attività  di intercettazioni e pedinamenti arrivando poi alla truffa messa a segno dal carabiniere che risponde per la sua qualità  di truffa militare, reato più grave della truffa semplice.
Il gip, nel disporre i domiciliari per il carabiniere, parla della “disinvoltura dell’indagato nei rapporti interpersonali, degli stretti legami di amicizia e delle cointerressenze esplicite anche con soggetti indagati di gravi crimini, del tentativo di approffittarsi genericamente di una funzione e di un ruolo”.
Nei periodi presi in esame dagli investigatori, Rumore avrebbe intascato, tra false missioni e rimborsi gonfiati, circa mille euro in più a settimana.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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IL PASTICCIERE EROE DI ERCOLANO: “DENUNCIAI GLI ESTORSORI E ORA HO VINTO I MONDIALI”

Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile

MATTEO CUTOLO: “RIFAREI LA SCELTA DI DIRE NO AL PIZZO, OGGI LA CITTA’ E’ RINATA”

Erano gli anni in cui la camorra di Ercolano imponeva il “doppio pizzo”. Un clan bussava a Natale, Pasqua e Ferragosto, l’altro riscuoteva una volta al mese.
«Questo accadeva perchè via IV Novembre, dove si trova il mio negozio, nel periodo fra il 2007 e il 2009 era considerata terra di confine fra due organizzazioni che si dividevano il territorio, racconta Matteo Cutolo, titolare della paticceria gelateria “Generoso”.
Poi però le cose cominciarono a cambiare. Convocati dalla Procura antimafia, decine di commercianti accettarono di denunciare gli estorsori.
E adesso, quando sono trascorsi meno di dieci anni da quella straordinaria rivolta dei contro il racket, la primavera della città  degli Scavi può annoverare fra le sue fila anche un campione del mondo.
Liberato dalla pressione malavitosa, Matteo Cutolo ha continuato a coltivare l’attività  di famiglia con eccellenti risultati. Prima, nel 2016, ha vinto il campionato italiano a Carrara. Ora addirittura il titolo iridato con la Nazionale che si è imposta a Milano nella competizione organizzata dalla Federazione internazionale pasticceria, gelateria e cioccolateria (Fipgc) in occasione di Host, il salone dell’ospitalità  in fiera a Milano
«Una grande soddisfazione», dice Matteo, che ha gareggiato in squadra assieme a Giuseppe Russi ed Enrico Casarano imponendosi sui concorrenti provenienti da 17 Paesi di tutto il pianeta, dalla Cina al Giappone, da Hong Kong alla Svizzera, passando per Francia, Spagna e Thailandia.
«Dedico questo successo alla mia famiglia che mi è stata sempre vicino», sottolinea Cutolo che non dimentica i momenti tormentati che hanno preceduto la primavera di Ercolano.
«La situazione era molto difficile. Ero costretto a pagare l’estorsione e questo mi faceva sentire perennemente con l’acqua alla gola, non potevo investire per la mia attività , magari acquistando macchinari più moderni. Ero angosciato».
La convocazione dei carabinieri arrivò inaspettata.
«Mi dissero di presentarmi in Procura il 22 dicembre, una data peraltro caldissima per chi fa il mio lavoro. Mancavano sette giorni e mi spiegarono che non potevo sottrarmi. Per tutta la settimana, non smisi un istante di riflettere sul da farsi. Decisi quasi all’ultimo istante, mentre in auto raggiungevo gli uffici della Procura. Scelsi, semplicemente, di dire tutta la verità . Era l’unico modo per garantire a me stesso e ai miei figli un futuro migliore».
Come Cutolo, si regolarono così tantissimi commercianti di Ercolano. Gli estorsori dei clan Ascione e Birra furono arrestati. Al processo principale istruito dal pm del pool anticamorra Pierpaolo Filippelli (oggi procuratore aggiunto a Torre Annunziata) si contarono ben 42 parti offese.
La maggior parte degli imputati fu condannata e altri imprenditori trovarono la forza di denunciare.
Cutolo, che in tasca ha anche una laurea in Commercio internazionale, è sicuro: «Rifarei quella scelta mille volte, perchè quanto accaduto a Ercolano conferma che, quando lo Stato decide di affrontare seriamente un problema, i risultati arrivano. Devo ringraziare il dottor Filippelli e i carabinieri di Torre del Greco perchè non ci hanno mai abbandonato. Non solo durante il processo, ma anche dopo, quando molti di loro hanno cambiato città ».
Mentre Matteo può sollevare al cielo la Coppa del Mondo della sua specialità , a Ercolano nulla è più come prima. «La primavera non è mai finita, anzi continua — sottolinea Cutolo – ci sono molti turisti e nuovi negozi che aprono. Sono passati i giorni in cui si vedevano solo saracinesce abbassate ».

(da “La Repubblica”)

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ANNA FRANK CON LA MAGLIA DELLA ROMA? PER I TIFOSI E’ UNA GOLIARDATA

Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile

OGGI LOTITO IN VISITA ALLA COMUNITA’ EBRAICA… MA ORMAI E’ UNA STORIA CHE SI RIPETE DA TEMPO

Una Anna Frank con la maglia delle squadre di calcio più tifate d’Italia è l’apertura di Repubblica di oggi in risposta alla vicenda dell’adesivo della ragazzina con la maglia della Roma che i tifosi della Lazio hanno appiccicato in Curva Sud domenica sera durante Lazio-Cagliari.
Una storia che i tifosi hanno cercato di negare fino all’ultimo parlando di complotto nei confronti dei biancocelesti finchè ieri non è scoppiata in tutto il suo fragore.
Tutto è accaduto perchè, dopo la squalifica della Curva Nord (per razzismo…), la società  di Claudio Lotito ha avuto la splendida idea di permettere ai tifosi abbonati di spostarsi in Curva Sud, quella che tradizionalmente è appannaggio del tifo giallorosso, e che tre giorni dopo avrebbe dovuto ospitare un turno infrasettimanale con la Roma in campo.
A quel punto i tifosi laziali hanno pensato di imbrattare la curva dei rivali con adesivi antisemiti.
Oltre ad Anna Frank con la maglia della Roma, reduce da un’iniziativa che aveva messo già  nei guai la Lazio nel 2013, anche le scritte “Romanista Ebreo” e “Romanista Aronne Piperno” (ovvero il personaggio del film “Il Marchese del Grillo).
Dopo gli ululati contro i giocatori del Sassuolo Adjapong e Duncan il giudice sportivo aveva deciso la chiusura della Curva Nord laziale per due turni, visto che gli ultrà  biancocelesti erano pure recidivi.
Bocciati i ricorsi alla giustizia sportiva, la Lazio ha consentito agli abbonati della curva chiusa di acquistare un biglietto per l’altra curva (solitamente invenduta) al prezzo simbolico di un euro: bastava entrare sul sito del club, digitare alcuni codici per “annullare l’abbonamento” soltanto per la gara in questione e acquistare il tagliando. Il club di Lotito l’aveva vestita come manifestazione contro il razzismo: “We fight racism”.
In pratica le istituzioni sportive hanno consentito alla Lazio di interpretare la squalifica della Curva Nord come una squalifica “dei seggiolini” (che infatti sono rimasti inutilizzati) consentendo agli occupanti dei settori da cui partivano gli ululati di entrare allo stadio con un euro di spesa. Nessuno ha avuto nulla da ridire sulle decisioni di Lotito: nè la Lega Calcio, nè l’Osservatorio, nè la Questura. Guarda caso, sono quelli che oggi si indignano per l’accaduto e promettono indagini e altre amenità .
Cosa rischia adesso la Lazio?
Matteo Pinci su Repubblica spiega oggi che è difficile che il procuratore della Figc Pecoraro entri nel merito dell’iniziativa che ha permesso a una curva squalificata di entrare in altro settore: se però identificasse i presupposti del razzismo (per le immagini non serve la percettibilità ), potrebbe far giocare la prossima gara a porte chiuse, oltre a multare per non meno di 50mila euro.
Un fascicolo verrà  aperto in procura anche se sarà  difficile identificare gli autori del gesto. Alcune pagine Facebook ieri ospitavano utenti che si vantavano del gesto. Dopo lo scoppio del caso hanno cancellato tutto.
Lotito, per prendere le distanze dai propri ultrà , oggi avrebbe dovuto far visita alla Sinagoga. Ma la Comunità  ebraica avrebbe voluto un gesto di condanna forte e a ieri notte non si era trovato un accordo. Stickers con l’immagine di Anna Frank in maglia giallorossa erano già  comparsi nel 2013 attaccati su muri e cartelli stradali del Rione romano Monti, accompagnati dalla scritta ‘Romanisti Ebrei’. I laziali gridano al complotto ad opera dei rivali e se la prendono anche con i giornalisti (“siete il nostro male”).
Ieri in serata il gruppo degli Irriducibili ha inviato all’ANSA un comunicato surreale, dove gli ultras della Lazio si dicevano “stupiti da tutto questo clamore mediatico” e convinti che “tutto debba rimanere nell’ambito del ‘nulla’, circoscritto a un contesto sportivo animato da scherno, sfottò e goliardia”.
“Esistono altri casi che secondo noi meriterebbero aperture dei tg e ampie pagine di giornali”, in un tripudio di benaltrismo. “Non ci dissociamo da ciò che non abbiamo fatto, ci meravigliamo che queste, che vengono ritenute accuse, quando vengono fatte nei nostri confronti non scandalizzano nessuno — sostengono gli Irriducibili — Ci verrebbe da chiedere perchè non si è sottolineata la nostra iniziativa annessa in ricordo delle vittime del terrorismo”. Che concludono: “Sono tutte mosse atte a ostacolare la crescita della nostra Lazio che si sta affermando come una delle più belle realtà  di questo campionato”.
Un complotto, insomma.

(da “NextQuotidiano”)

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