Novembre 18th, 2017 Riccardo Fucile
NUOVO INCIDENTE, TANTA PAURA MA NESSUN FERITO, LA NUVOLA NERA HA PERSINO OSCURATO LA CUPOLA DELLA BASILICA
Ancora un autobus Atac in fiamme. Questa volta vicino San Pietro. Al punto che una densa nube di fumo nero è stata visibile per un’ora da tutta Roma dietro il cupolone. Tanta paura e danni, ma nessun ferito.
L’incendio si è verificato a bordo di un mezzo pubblico della linea 46 in via di villa Alberici, non lontano dalle Mura Vaticane, poco dopo mezzogiorno.
L’autista si è accorto che le fiamme avevano già avvolto la parte posteriore del mezzo e si è quindi fermate ed è sceso, mettendosi in salvo.
Sul posto sono intervenuti polizia e vigili del fuoco. Il traffico nella zona è rimasto bloccato. Il fuoco ha annerito la facciata di un palazzo, minacciando di estendersi agli appartamenti del primo piano e danneggiando anche alcune auto in sosta.
Sono in corso accertamenti per stabilire le cause del rogo, probabilmente causato da un guasto tecnico: a Roma è già successo, cone le stesse modalità , almeno 15 volte nel corso del 2017 e oltre 20 nel 2016.
La nota dell’azienda
L’azienda ha spiegato in una nota: «Atac ha immediatamente avviato un’indagine interna per accertare le cause dell’incendio che si è sprigionato stamane su un bus in servizio sulla linea 46, lungo la via Aurelia. L’autista, avvedutosi delle fiamme, ha fatto subito scendere in sicurezza i passeggeri e ha allertato i vigili del fuoco, che sono intervenuti estinguendo l’incendio».
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2017 Riccardo Fucile
NON E’ PIACIUTA LA GESTIONE DEL CONFRONTO TV CON RENZI E DELLA VISITA NEGLI USA… DOPO AVER ATTACCATO PER ANNI LA SINISTRA (COME PIACE AI VERTICI) ORA SI ACCORGONO CHE L’AVVERSARIO E’ IL CENTRODESTRA
Da Genova è arrivato Beppe Grillo. Da Roma sono giunti Luigi Di Maio e Alessandro Di
Battista, e i due probiviri Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede.
Da tempo a Milano, nella sede della Casaleggio associati, non si vedeva un vertice M5s come quello di ieri, necessario per dare uno slancio in avanti, e anche una sterzata, alla costruzione della premiership addosso a Luigi Di Maio.
Non tutto è andato per il verso giusto, Beppe Grillo non nasconde il suo disappunto per la gestione sul fronte della comunicazione, dal confronto tv con Renzi alla visita a Washington. E poi il dispiacere di non essere riusciti in Sicilia a sfondare il muro dell’astensione.
Negli uffici di Davide Casaleggio, in una via centralissima di Milano, il candidato premier è arrivato per primo, dopo essere stato alla Confesercenti, accompagnato da Stefano Buffagni, consigliere regionale della Lombardia, sempre più vicino ai vertici. A poco a poco sono giunti tutti gli altri. Il nuovo assetto grillino è come se si fosse di fatto formalizzato in questa lunga giornata negli studi della Casaleggio associati dove da sempre i pentastellati prendono le decisioni che contano.
“Puntare sui temi”, è lo slogan ripetuto da tutti i partecipanti alla fine del vertice. Perchè anche di questo si è parlato e di dove andare a prendere i voti e in quale bacino pescare: “Il nostro avversario è il centrodestra. Quindi dobbiamo tornare a parlare alla sinistra e a chi non va votare. Mettere al centro dell’agenda i temi sociali, come il reddito di cittadinanza, l’abolizione dell’articolo 18 o della Legge Fornero”.
Ma soprattutto le scelte, quindi tutto ciò che ruoterà attorno a Di Maio come capo politico del Movimento, dovranno essere condivise e ponderate – così sarebbe stato detto – per evitare alcuni sbagli commessi in questa prima fase da candidato premier, come la decisione di sfidare Matteo Renzi a un dibattito tv per poi tirarsi indietro.
E il vertice di ieri, in particolare quello più ristretto, va visto anche in quest’ottica, cioè nella decisione di condividere le scelte.
Un ruolo sempre più importante lo giocherà Buffagni poichè, si è detto durante la riunione, “dobbiamo attecchire al Nord, dove ancora le nostre percentuali sono basse, ma possiamo crescere”.
Non è un caso infatti se Di Maio dopo aver trascorso tre mesi in Sicilia per campagna elettorale, appena tornato da Washington, sta trascorrendo il fine settimana a Milano tra incontri con Confprofessioni e iniziative che riguardano l’ambiente come piantare gli alberi nella periferia del capoluogo lombardo.
Il consigliere regionale, esperto di temi economici, è colui che ha il polso della situazione e che darà una mano al candidato premier per parlare soprattutto con le imprese: “Presto annunceremo la nostra riforma del fisco”, dice Di Maio.
“Abbiamo parlato di programma e di campagna elettorale. Come sarà la campagna? Immagino ci seguirete”, si limita a dire Bonafede.
E Fraccaro, accanto a lui prima di infilarsi su un taxi aggiunge: “Tutto bene, sarà una campagna elettorale bellissima. Tante idee”. Alessandro Di Battista va via correndo: “Devo andare a Ostia a chiedere la campagna elettorale. Abbiamo parlato di campagna elettorale, c’è tanto entusiasmo”. E anche lui sale su un taxi diretto in aeroporto. Infine c’è Grillo, che lascia la sede della Casaleggio associati nascosto nel sedile di dietro di una macchina.
Gli ultimi ad andar via sono Di Maio e il notaio che da sempre segue le vicende M5s: “Sta facendo il punto con Luigi prima di andare all’incontro di Confprofessioni”, viene spiegato.
Anche in questo caso sarebbe un modo per fare in modo che la figura di Di Maio, candidato premier, venga seguito con maggiore condivisione.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 18th, 2017 Riccardo Fucile
CHIOSCHI CON RISTORANTI, PISCINE E DISCOTECHE IN MANO ALLE MAFIE DEL LITORALE… IL COMMISSARIO VOLEVA REVOCARE 25 CONCESSIONE SU 71 PER ABUSI GRAVI: ORA TOCCHERA’ AL SINDACO ELETTO
Un giro d’affari da 1,4 miliardi di euro cui le istituzioni sono chiamate finalmente a mettere i giusti paletti.
Gli stabilimenti balneari di Ostia sono stati (e lo sono ancora) una parte considerevole dell’oro di Roma. Il “bottino” per le mafie del litorale capitolino, capaci finanche di dare vita a faide sanguinose per difendere gli interessi criminali che vi ruotavano attorno.
Una partita in cui il clan Spada — salito agli onori delle cronache negli ultimi giorni per l’aggressione di “Robertino” a una troupe Rai — è solo uno dei giocatori in campo. Semplici chioschi diventati stabilimenti con migliaia di metri quadrati di spiaggia, piccole attività in cui si sono realizzati ristoranti di lusso, piscine e discoteche costruiti grazie ad abusi edilizi su cui mai si è accesa l’attenzione dell’amministrazione pubblica.
Dune sbancate per realizzare parcheggi, autorizzazioni passate di mano in mano a suon di milioni senza controlli.
E ora proprio le concessioni sono al centro del futuro del mare di Roma. Su alcune, ben 25 su 71, il commissario straordinario Domenico Vulpiani ha intrapreso una battaglia legale che punta alla revoca, ma le altre — nonostante gli abusi — sono sfuggite alle maglie legali del prefetto e, finchè il Governo nazionale non deciderà se e come applicare la Direttiva Bolkenstein, resteranno in mano agli imprenditori che le hanno detenute finora. Non solo: mentre in città si arriva a sfrattare istituzioni come la Casa Internazionale delle Donne per presunti canoni non pagati, i concessionari revocati del litorale sono quasi tutti ancora al loro posto. Compresi quelli coinvolti nelle inchieste più compromettenti.
LE “BUONE INTENZIONI” DEL NUOVO PUA
Entro i primi giorni della prossima settimana, quando le elezioni saranno concluse e Ostia avrà la sua nuova amministrazione politica, probabilmente il commissario straordinario Domenico Vulpiani si congederà tenendo una conferenza insieme alla sindaca Virginia Raggi, durante la quale verrà presentato nel dettaglio il nuovo Piano di Utilizzo degli Arenili (detto Pua).
Oltre a ripristinare i varchi e abbattere il cosiddetto “lungomuro”, il cuore del piano — a quanto ha potuto apprendere ilfattoquotidiano.it — sarà quello di ordinare la demolizione di tutti i manufatti che non abbiano valore storico — dunque realizzati negli ultimi 15-20 anni — e riportare la situazione “all’origine”, ovvero alle planimetrie prima “occultate” dai traslocatori municipali e poi ritrovate da Alfonso Sabella, in un anfratto dell’ex Fiera di Roma all’Eur (quelle su cui si era lavorato prima, invece, secondo il magistrato ed ex assessore portavano la firma del presidente dell’Assobalneari, Renato Papagni).
Un obiettivo ambizioso, tenendo conto finora il Municipio è riuscito a ordinare la revoca solo a un terzo dei concessionari attuali, mentre il X Gruppo Mare della Polizia Locale — nella parentesi in cui era guidata da Antonio Di Maggio — di abusi definiti “gravi” ne aveva rinvenuti ben 77 su 71 stabilimenti.
A questo atto “formale”, in realtà di concreto è seguito ben poco: i balneari, anche quelli coinvolti nelle inchieste più compromettenti, sono ancora tutti al loro posto.
Il motivo? I provvedimenti municipali vengono sistematicamente impugnati di fronte ai tribunali amministrativi. “Stiamo combattendo una battaglia legale a colpi di cavilli, non è facile ma possiamo farcela”, azzardava giorni fa il prefetto Vulpiani.
FRA ABUSI E INCHIESTE
Basta consultare la lista delle concessioni revocate e vedere a chi sono intestate, per farsi un’idea.
Abbiamo lo stabilimento Le Dune, assegnato al presidente della Federbalneari, Renato Papagni, che insieme al limitrofo Tibidabo conterebbe ben 51.528 mq di demanio marittimo contro i 22.600 assegnati dalla concessione, come denuncia anche l’Associazione Mare Libero.
Poi c’e’ il Kursall, storico stabilimento intestato a Micaela Balini, sorella di Mauro, il presidente del Porto di Ostia arrestato nel 2015 con l’accusa di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta e riciclaggio: qui i vigili urbani hanno di fatto lasciato in piedi soltanto l’accesso al mare: via la discoteca, il bar, il ristorante, la piscina, il solarium, la palestra e perfino i magazzini adibiti a cabine, spogliatoi e depositi per sdraio e lettini, per un totale di ben 1500 mq di strutture non autorizzate.
Riconducibili alla famiglia del patron del porto ci sono gli stabilimenti Hakuna Matata, Kursaal e La Rotonda-Shilling, intestati rispettivamente ai fratelli Laura, Micaela e Fabio: in totale per loro quasi 5000 mq di strutture abusive.
Dal punto di vista della superficie, risulta ancora più ampio il sequestro operato a La Casetta, riconducibile ad Annamaria Ancilli, dove gli agenti hanno messo i sigilli a gazebo, tettoie e percorsi non autorizzati. Non solo.
Nella lista troviamo stabilimenti storici come il Venezia, il Pinetina-Nuova Pineta e La Rotonda. Chiudono l’elenco Bagni Vittoria, Capanno, Kellis, Marechiaro, Salus, Sporting Beach, Peppino a Mare, CRAL, Mami, Elmi, Battistini, Curvone, Lido Beach, Lido ristorante, La Caletta, La Capannina e La Plaia. L’unico ad aver chiuso davvero sembra essere stato il Med, dell’ex presidente del Sindacato Italiano Balneari, Fabrizio Fumagalli.
I BALNEARI E IL LORO PROGETTO FARAONICO
Dunque, queste licenze quando verranno rimesse a bando? Torneranno sul mercato solo i 25 revocati o tutti i 71 “abusivi”?
La verità è che le istituzioni non hanno ancora compiuto i passi formali per rimettere ordine nel settore. Il Governo nazionale è alle prese con la Direttiva Bolkenstein, che finchè non verrà recepita con una legge ad hoc lascerà la possibile ai concessionari di ottenere proroghe per tempi indefiniti nonostante — come accade ad Ostia — le loro autorizzazioni siano scadute.
Poi c’è la Regione Lazio che non ha ancora approvato la bozza del Pua regionale presentata nel 2016 (e probabilmente non lo farà prima delle elezioni di marzo). Quindi il Comune di Roma, che ha solo avviato l’iter della revoca delle concessioni.
Di fatto, “è ancora tutto fermo, non abbiamo ricevuto nulla”, come conferma a ilfattoquotidiano.it proprio Renato Papagni, presidente di Federbalneari e imprenditore teoricamente “revocato”.
Proprio per bocca di Papagni, ora i balneari rilanciano con un progetto faraonico: nuove concessioni in cambio di 40 milioni in opere pubbliche. “Abbiamo presentato al prefetto Vulpiani — racconta — un progetto di autodemolizione di parte dei nostri stabilimenti, a cui si aggiunge l’abbattimento a nostre spese del lungomuro, la realizzazione di una pista ciclabile limitrofa alla strada e il restyling di rotonda, pontile e lungomare, per un investimento complessivo di 40 milioni. Ma ci è stato risposto picche. E noi siamo pronti a denunciare tutto questo”.
Insomma un Pua condiviso “dove ci si metta in regola e si lavori insieme per il bene del territorio”. Il commissariamento è terminato, ora tocca di nuovo alla politica.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 18th, 2017 Riccardo Fucile
PRIMA IL SALUTO ROMANO, POI IL PENTIMENTO, ORA RICAMBIA IDEA: L’AVANSPETTACOLO CONTINUA
«A seguito degli avvenimenti di cui mi sono reso protagonista durante la partita di
calcio Marzabotto-Futa65 sono qui ad esporre il mio più totale e sincero pentimento. Sono consapevole di aver recato offesa non solo alle associazioni partigiane e antifasciste ma a tutta la comunità di Marzabotto»: così scriveva Eugenio Luppi, il calciatore della Futa 65 (seconda categoria bolognese), che domenica scorsa a Marzabotto ha esultato dopo un gol con il braccio teso e mostrando una maglia nera col simbolo della Repubblica Sociale italiana.
Forse però Luppi si è pentito del proprio pentimento perchè non andrà domenica al Sacrario di Monte Sole (teatro dell’eccidio nazista), diversamente da quanto annunciato.
Dirigenti, allenatori e tutti gli altri giocatori della squadra alle 11 si troveranno invece nella sede del Comune di Marzabotto, per poi recarsi in visita al sacrario.
«Le istituzioni hanno anche un compito educativo oltrechè il dovere di farsi promotrici di iniziative utili a mantenere viva la memoria» sottolineano i sindaci della Città Metropolitana di Bologna e di Marzabotto, rispettivamente Virginio Merola e Romano Franchi. Dopo aver duramente criticato il gesto del giocatore, ora, la Città metropolitana di Bologna e il Comune di Marzabotto, vittima di alcune delle più feroci stragi contro civili commesse dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, ritengono necessario avviare un percorso costruttivo ed educativo coinvolgendo anche società sportive e istituzioni scolastiche.
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2017 Riccardo Fucile
IL DOPO RIINA: SONO TRE I NOMI CHE GIRANO, POI CI SONO I MENO CONOSCIUTI MA CHE HANNO PRESO IL CONTROLLO DEI MANDAMENTI A PALERMO
Attilio Bolzoni su Repubblica oggi torna sul problema della successione al Capo dei Capi dopo la morte di Totò Riina.
Secondo la DIA il capo dei capi continuava a rimanere al vertice dell’organizzazione criminale, «a conferma dello stato di crisi di una organizzazione incapace di esprimere una nuova figura in sostituzione di un’ingombrante icona simbolica».
In una intercettazione registrata circa un anno fa Santi Pullarà , figlio di Ignazio, reggente del clan di Santa Maria di Gesù. «Minchia — dice hai visto Bernardo Provenzano? Sta morendo, mischino. Se non muoiono tutti e due, luce non ne vede nessuno: è vero zio Mario?».
E lo “zio”, alias Mario Marchese, considerato l’ultimo boss di Villagrazia: «Lo so, non se ne vede lustro — mostra di essere d’accordo — e niente li frega. Ma no loro due soli, tutta la vicinanza».
Come dire che per rilanciare Cosa nostra, dovrebbero morire Riina e Provenzano, ma anche gli altri padrini storici. Da registrare anche le perplessità dello stesso Riina su Matteo Messina Denaro, che “se n’è andato all’estero” dopo “non aver fatto niente” per lui.
Bolzoni fa altri tre nomi oltre a quello del latitante mafioso più ricercato d’Italia.
Ci sono tre nomi che girano più di altri in questo toto-mafia palermitano. Uno è quello di Giuseppe Guttadauro, ex aiuto primario di chirurgia all’ospedale Civico, originario del quartiere Brancaccio, un cervello fino che una volta fu avvertito persino dall’ex governatore Totò Cuffaro (appena tornato a far politica) che qualcuno aveva piazzato delle miscrospie nel suo salotto. Guttadauro vive a Roma, vicino alla stazione Ostiense. Fa volontariato in un’associazione, organizza cene nella sua bella casa, incontra tanti personaggi. E’ libero dal 2012.
Il secondo della lista è Gaetano Scotto, boss della borgata dell’Arenella, mafioso con tante entrature nei “servizi”. Ogni mattina passeggia tranquillo fra i vicoli che portano alla vecchia tonnara, attualmente è indagato per l’omicidio del poliziotto Nino Agostino ucciso nell’estate del 1989. È libero dal 2016.
Il terzo accreditato come possibile nuovo capo si chiama Giovanni Grizzaffi, è di Corleone ed è nipote di Totò Riina. Si è fatto quasi un quarto di secolo di carcere e ha quasi settant’anni. È libero dal luglio scorso.
La mafia del paese punta su di lui per continuare la saga dei Corleonesi, ma i boss di Palermo non ne vogliono sapere di ritrovarsi una fotocopia del vecchio Riina fra i piedi.
Poi ci sono mafiosi meno conosciuti ma che hanno preso il controllo dei “mandamenti” a Palermo. Sono loro i rappresentanti di quelle strutture criminali che dovranno prima riunirsi, dare forma alla Cupola e poi eleggere il capo.
A meno che i capi mandamento non trovino l’uomo giusto che possa mettere tutti d’accordo, capace di amministrare le finanze dell’organizzazione e redimere contrasti, uno in grado di “ragionare” e trascinare fuori dalla crisi economica e d’identità la loro Cosa nostra. Ma deve scegliere anche lui la latitanza come ha fatto Riina.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 18th, 2017 Riccardo Fucile
I FIGLI DI QUELLA MAFIOSITA’ DIVERSA DALL’ESSERE MAFIOSI
Peppe Anthony del bar Sweet Temptation non ha dubbi. «La famiglia Riina? Miei
grandissimi amici. Che sia morto Totò mi dispiace, come quando muore chiunque, non più ma neanche di meno. Le stragi? I ventisei ergastoli? E io che ne so, non ero con lui, non posso sapere».
Mostra un quadro di fronte al bancone, il dipinto della torre di Corleone sullo sfondo di un tramonto. Firmato Lucia Riina. E’ lei una delle due figlie del boss, l’artista, l’unica rimasta a vivere in città . «Così le faccio pubblicità , la aiuto a vendere».
Sul muro accanto c’è la gigantografia di Marlon Brando con il mascellone ne Il Padrino. «Scrive un articolo? Tanti auguri di buona salute», augura sulla porta.
La piazza dove si trova il bar, di fronte alla Villa comunale di Corleone, è intitolata a Falcone e Borsellino. E davanti alla piazza c’è un gruppo di volontari del Cidma, il Centro di documentazione sulla mafia e sul movimento antimafia che ogni anno accoglie novemila turisti per raccontare la storia di Cosa Nostra mostrando i faldoni del maxiprocesso e le fotografie della mostra permanente di Letizia Battaglia: «Arrivano dall’Australia, dal Giappone, da tutta Europa — racconta una di loro, Serena Trumbaturi, 24 anni, studentessa di Giurisprudenza — sulla scia del mito della mafia, si aspettano di trovare don Vito Corleone e trovano noi, molti sono delusi, però noi siamo felici di fare capire che questa città non è solo quella dei boss, che qui si respira aria nuova».
Eccole, a pochi metri di distanza, le due città , quella bianca e quella nera.
La casa di Totò Riina e di Ninetta Bagarella in via Scorsone è chiusa, solo una veloce chiusura di persiana, due mani di donna dietro la finestra. Poco distante ci sono i vecchi a ricordare di quando il boss che diede l’assalto allo Stato andava con le vacche in campagna.
Prima che fratello e padre saltassero su una bomba da cui cercavano di ricavare polvere da sparo, prima che «’U curtu» commettesse il primo delitto per vendicare un’avance alla sorella Caterina, la madre dei tre figli — Mario, Franco e Giovanni — che adesso sono gli eredi designati.
Soprattutto Giovanni, ormai quasi settantenne, scarcerato tre mesi fa dopo venticinque anni di galera.
Non è il solo a essere riemerso. C’è il nipote dello storico boss Luciano Leggio, Giovanni Marino, uscito di cella sei mesi fa. E poi i vivandieri e i collaboratori di Provenzano, da poco liberi.
È ancora «dentro» invece Rosario Lo Bue, considerato il capo della famiglia di Corleone, uomo-ponte tra Riina e Provenzano.
«È morto Riina ma non è morta la mafia — sintetizza Dino Paternostro, responsabile della legalità della Camera del Lavoro di Palermo e memoria storica di Corleone —. Ma mi piace ricordare che qui è nata anche l’antimafia, con le guerre contadine, con Placido Rizzotto, con Bernardino Verro, con i 168 contadini e sindacalisti uccisi le cui storie oggi si studiano in tutte le scuole di Corleone, elementari e medie».
Ecco il profilo Facebook di Tony Ciavarello, marito di Maria Concetta Riina, l’altra figlia del boss che vive in Puglia, quello che di recente ha lanciato una raccolta fondi dopo che i magistrati hanno disposto il sequestro delle sue aziende di ricambi auto. Una fotografia con un nastro nero di lutto.
E c’è un diluvio di condoglianze sotto quella fotografia. Molta è gente di Corleone. Figlia di quella «mafiosità diversa dall’essere mafiosi» di cui parla don Luca Leone, parroco di frontiera della chiesa di San Leoluca, emigrato neonato con la famiglia in Piemonte e in Emilia e tornato qui, nella sua trincea.
«C’è tanta gente che esprime un desiderio di rinascita — dice — e che si rende conto che la mafia non ha lasciato nulla, solo povertà e disoccupazione».
In piazza tre anziani, «niente nomi, i nomi non servono»: «Siamo pensionati, facevamo i contadini. Adesso neanche a lavorare la terra si può più andare, le strade sono tutte buchi», dice uno. Gli fa eco l’amico: «Tutta colpa della politica». E della mafia no? «La mafia sta a Roma».
(da “La Stampa”)
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Novembre 18th, 2017 Riccardo Fucile
LA PRESIDE DELLO STORICO LICEO CLASSICO DELLA CAPITALE: “C’E’ UN CLIMA MAFIOSO E IL GENITORI DIFENDONO I RAGAZZI”
Un gruppo di studenti dello storico liceo classico di Roma, il Virgilio, avrebbe avuto un atteggiamento “intimidatorio e mafioso”.
È questa la denuncia della nuova preside Carla Alfano, che ha parlato dei problemi legati al comportamento della “cricca” della Roma bene. Ma i genitori non ci stanno e si scontrano sulla questione occupazione.
Dalla festa con alcol e droga alle bombe carta, dal crollo di un soffitto alla cocaina tra i banchi fino al video di un rapporto intimo filmato forse da uno studente: sono tanti gli episodi gravi accaduti su cui ora si dibatte.
“C’è una minoranza che comanda su una maggioranza fin troppo silenziosa”, ha ammesso la preside al Corriere della Sera, aggiungendo: “Altro che impegno politico, non sanno neanche cosa sia. Le famiglie minimizzano”.
Il clima mafioso? “Sì, le bombe dei giorni scorsi ne sono un esempio. Come scagliare un pallone con violenza contro altri studenti o fumare in faccia agli insegnanti. Significa: comandiamo noi, controlliamo il territorio”.
Il Corriere della Sera ha intervistato alcuni genitori. C’è, ad esempio, Marco Luzzatto, padre di una liceale, che marca la differenza tra l’essere un genitore autorevole e autoritario: “Non capisco perchè si debba parlare in modo denigratorio di una scuola con 1300 alunni continuando ad inanellare una serie di episodi che accadono in ogni parte del mondo”.
Ma i prof non reagiscono? “Alcuni hanno un altissimo profilo culturale, ma sono impauriti. Altri invece affrontano i provocatori, intervengono, rimproverano, mettono note sul registro. Ma è una lotta impari: ci sono genitori che gliele fanno togliere o che ricorrono al Tar contro le bocciature. E vincono. Ma c’è di più: ho il sospetto che ragazzi poco meritevoli ottengano voti alti in condotta. D’ora in poi controllerò di più”.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 18th, 2017 Riccardo Fucile
IL GRANDE SUCCESSO SI RIDUCE AD AVER APPROVATO IL PIANO DELLA GIUNTA MARINO
Ieri Virginia Raggi ha annunciato un risultato epocale per la città di Roma: “dopo
decenni di assenza di regole” la Giunta capitolina ha approvato il Piano regolatore degli impianti pubblicitari (PRIP). Una vittoria in fatto di legalità , scrive la sindaca su Facebook, dalla quale ne trarranno vantaggio soprattutto le imprese “che avranno ora regole certe da seguire”.
Finisce così l’era dell’abusivismo e delle foreste di cartelloni pubblicitari piazzati ovunque in città senza alcun controllo da parte del Comune.
L’approvazione del PRIP si va così ad aggiungere agli oltre 254 successi di Virginia Raggi che da un anno e mezzo a questa parte si sta dando un gran da fare per cambiare Roma.
La Raggi ci tiene anche a dare i numeri di questa rivoluzione che finalmente ripristina il decoro dell’Urbe.
Con il PRIP ci saranno nella Capitale 15mila impianti pubblicitari al posto dei 28mila che invadevano la città . Cambia di conseguenza anche la superficie espositiva totale che passa da 166mila a 61mila quadrati.
Non c’è che dire, un bel risultato per la sindaca della legalità .
Ma il problema dell’annuncio trionfale della Raggi è un altro. Perchè in realtà la giunta pentastellata ha fatto ben poco per il Piano regolatore degli impianti pubblicitari che era già bello e pronto grazie al lavoro delle famigerate “amministrazioni precedenti” alle quali la Raggi e il M5S sono sempre pronte ad addossare le colpe di qualsiasi cosa sbagliata succeda a Roma.
Marta Leonori, ex assessore alle Attività produttive del Comune di Roma durante il mandato di Ignazio Marino, ha ricordato alla Raggi di chi è il vero merito se oggi Roma va incontro a questa svolta “epocale”.
I cittadini romani dovrebbero ringraziare il lavoro della giunta guidata da Marino che il 20 ottobre 2015 dava l’annuncio dell’approvazione dei piani locali per le affissioni nei quindici municipi.
I numeri sono gli stessi della Raggi: “62mila metri quadri di spazi pubblicitari stradali contro i circa 233mila del passato”.
Il comunicato dell’epoca ricorda che il PRIP era stato elaborato da Aequa Roma anche grazie alla raccolta opinioni dei cittadini nel novembre 2013. Nella presentazione in PowerPoint dei due anni di lavoro sul “manifesto” per Roma si trova tutta la cronistoria del Piano.
Il PRIP è iniziato con la cancellazione della precedente sanatoria per 5.000 impianti abusivi voluta dalla giunta Alemanno (dicembre 2013), è proseguito con l’approvazione in Giunta (maggio 2014) e ha avuto il via libera dell’Assemblea Capitolina nell’estate del 2014.
Non è purtroppo la prima volta che la Raggi si prende i meriti del lavoro di Marino senza menzionarlo, era già successo con l’inaugurazione della Sala degli Orazi e Curiazi al Campidoglio oppure quando ha annunciato la partenza del progetto Roma Resiliente.
Ma allora perchè Virginia Raggi parla di successo epocale e di grande vittoria per Roma?
Cosa ha fatto in concreto la giunta a 5 Stelle che da un anno e mezzo è al governo della Capitale?
Secondo la Leonori è molto semplice, la Raggi “ha approvato in via definitiva i piani già pronti da ottobre 2015 e su cui il Prefetto Tronca aveva fatto (con una certa lentezza) il percorso partecipativo!”.
La Raggi però non ha assolutamente ringraziato o ricordato il lavoro svolto da Leonori e Marino ed anzi ha parlato solo del contributo determinante dei Municipi (della scorsa amministrazione) “attori di un percorso partecipato cui hanno preso parte anche cittadini e Associazioni”.
Forse se la sindaca avesse annunciato l’avvio delle gare si potrebbe parlare di un “buon risultato”, ma un anno e mezzo per approvare Piani che erano già pronti sembra essere davvero tanto.
(da “NextQuiotidiano”)
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