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M5S OPERAZIONE REBRANDING: DA FORZA DI GOVERNO A DI NUOVO SULLE BARRICATE PER OTTENERE IL VOTO SUBITO

Maggio 2nd, 2018 Riccardo Fucile

MA COMINCIA A SERPEGGIARE QUALCHE MALUMORE

È il giorno della ristrutturazione del marchio.
Dopo quasi due mesi di tentativi anche fortemente criticati (da avversari politici come da una fronda interna) di arrivare alla composizione di un governo, il Movimento 5 stelle ha rispolverato i panni barricaderi e scelto di andare alla lotta.
Il mirino è fissato con decisione sul ritorno alle urne. Perchè le speranze che il forno con la Lega torni a cucinare il suo pane sono ormai ridotte al lumicino.
E Matteo Renzi ha seccamente affossato qualsivoglia ipotesi di accordo con il Pd.
La prospettiva è piuttosto oscura.
Un governo benedetto dal Quirinale, magari solo per rifare la legge elettorale. O magari un’intesa tra centrodestra e Pd con un accordo su qualche punto specifico, o con un appoggio esterno.
Prospettive che comunque vedrebbero Luigi Di Maio e i suoi confinati all’opposizione. Con il vecchio mantra politicista, ripetuto senza sosta dai vertici stellati, che a un inizio certo non corrisponderebbe fine altrettanto certa.
Un onorevole di lungo corso fa un salto indietro nel tempo: “Vi ricordate di quando partì Enrico Letta? Tutti dicevano sarebbe durato un anno o due, e abbiamo visto come è andata a finire”.
Se il successore di Paolo Gentiloni scavallasse l’anno o, peggio, le prossime elezioni europee, per il Movimento 5 stelle si porrebbe un problema non di poco conto.
Intanto disperderebbe un enorme capitale di consenso confinandosi (o venendo confinato, a seconda delle versioni) ancora una volta all’opposizione.
E sarebbe una pietra tombale per il capo politico e un pezzo consistente di classe dirigente, impossibilitata a quel punto a derogare alla regola del limite dei due mandati
Dunque si punta alle urne. Più che mai il leader M5s ha sparato a palle incatenate in direzione del tanto corteggiato Matteo Salvini: “Non vuole andare a votare perchè la Lega non ha soldi perchè ha i conti bloccati — ha attaccato durante Porta a Porta – E ho anche il serio sospetto che ci sia legalmente un rapporto dove nel passato Berlusconi è intervenuto per aiutare economicamente la Lega”. Parole pesantissime. Che hanno scatenato la reazione del leader del Carroccio: Chiunque parli di soldi, prestiti, fideiussioni, regali e ricatti inesistenti a me e alla Lega se finora è stato ignorato, da domani sarà  querelato”.
C’è un sospetto che si è inoculato come un virus nella dirigenza del Movimento: “Salvini ha contattato Matteo Renzi per assicurargli che non si tornerà  al voto a breve”.
Ecco quindi il senso della denuncia pubblica di Di Maio: “In questi 55 giorni Renzi e Berlusconi si sono sempre sentiti, e anche Renzi e Salvini: l’unico obiettivo è non mandare al governo il Movimento cinque stelle. Vogliono fare un governo dell’ammucchiata Pd-Forza Italia-Lega”. Ce n’è anche per il Pd, al quale rivendica una sofferta apertura e il successivo “sabotaggio” dell’ex segretario. C’è tutto l’armamentario anti-sistema delle grandi occasioni.
“Non si può votare a giugno, ma votiamo il prima possibile”, ha spiegato il leader. E senza passare per una riforma della legge elettorale che potrebbe dare fiato alle trombe di un qualsivoglia esecutivo.
Il nuovo voto “sarà  il vero ballottaggio”, perchè “il sistema si è bipolarizzato”.
Una decisione che non è stata accolta plebiscitariamente nel Movimento. C’è una piccola fronda, ancora non organizzata. Composta da un lato da alcuni eletti, soprattutto all’uninominale, che vedono seriamente messa in discussione la possibilità  di venire rieletti. E dall’altra da una per ora esigua componente di onorevoli di lungo corso che si sono sentiti tagliati fuori dalla gestione del post-elezioni.
E che stanno cogliendo la palla al balzo per far passare la svolta di Di Maio come la certificazione del suo fallimento nel tentativo di raggiungere Palazzo Chigi.
Ancora nulla rispetto al vero e proprio subbuglio scatenato dalla possibile intesa con il Pd. Ma è un seme che, se non sterilizzato, rischia di piantare radici più solide del previsto nel campo stellato.
Ma il dado è stato tratto. E cadendo dal bussolotto ha segnato il numero che corrisponde alle urne. Da ottenere il prima possibile, meglio se entro l’anno.
Per evitare di essere marginalizzati. Per evitare che il sogno di tanti di entrare nella stanza dei bottoni si infranga su una regola voluta fortemente da Gianroberto Casaleggio.
O che, cambiandola, si incrini una diga con effetti potenzialmente dirompenti.

(da “Huffingtonpost”)

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AL LIMITE DI UNA CRISI ISTITUZIONALE

Maggio 2nd, 2018 Riccardo Fucile

PARTITI INCAPACI DI INDICARE UNO SBOCCO, IPOTESI GOVERNO DEL PRESIDENTE MA DI MINORANZA… CONSULTAZIONI FORSE VENERDI

Come in un drammatico gioco dell’oca, in cui si torna sempre al punto di partenza. Anzi, con meno chances rispetto all’inizio, perchè questi sessanta giorni di crisi hanno già  consumato tutte le opzioni e bruciato, in un clima dissolutorio di pre-ordalia elettorale, gli auspicati sussulti di “responsabilità ” che il tempo avrebbe dovuto portare “nell’interesse generale”.
Così al Quirinale ci si appresta a registrare l’esito annunciato di una direzione che certificherà  ciò che è stato chiaro sin dalla famosa intervista di Renzi a Fabio Fazio.
E cioè non solo la fine di ogni dialogo, ma la ripresa di una ostilità  tra Pd e Cinque stelle già  rivolta ad eccitare le piazze e a riempire le urne.
E se è possibile che già  nella giornata di venerdì si svolgerà  un giro di consultazioni, la sensazione è che, stavolta, la margherita delle opzioni del presidente ha assai meno petali rispetto all’inizio.
I punti fermi, negli stessi ragionamenti dei suoi consiglieri, riguardano ciò che il presidente di sicuro “non farà “, più che ciò che potrebbe fare.
A partire da un governo di minoranza, che consenta al centrodestra di andare in Aula a raccattare voti dei “responsabili”, convertiti alla religione della governabilità  pur di non dover affrontare il rischio di una nuova campagna elettorale.
La mossa rappresenterebbe un azzardo: immaginate un governo — guidato da Salvini, Giorgetti o chiunque sia — che giura con i propri ministri, poi si presenta in Aula e non incassa la fiducia.
Resterebbe in carica per gli affari correnti portando il paese al voto: ne trarrebbe un vantaggio competitivo rispetto agli altri schieramenti, in un clima avvelenato nel paese.
Nè sono percorribili gli schemi franati nelle due esplorazioni, quella della Casellati prima, di Fico poi.
Che senso avrebbe dare a questo punto un pre-incarico a Salvini, nel momento in cui lo stesso leader della Lega continua a dichiarare che si muove nello stesso perimetro (il dialogo coi Cinque stelle) su cui è franata la presidente del Senato? Nessuno.
E che senso avrebbe un pre-incarico a Di Maio adesso che si è chiusa ogni interlocuzione sia a destra sia a sinistra col leader pentastellato che, evidentemente, punta a un ritorno al voto in tempi rapidi? Egualmente nessuno.
Altra ipotesi che rimbalza in questi giorni al Quirinale, in ragionamenti mai usciti dalla sfera dell’informalità , riguarda lo schema caro a Gianni Letta, principe della diplomazia berlusconiana.
Prevede che la parte renziana del Pd, in nome di un dialogo sulle riforme o quantomeno sulla legge elettorale, possa aiutare la nascita di un governo di centrodestra, purchè non guidato da Salvini.
Ipotesi che cozza non solo con l’assenza di dichiarazioni pubbliche, ma con la stessa logica. Perchè uno scenario del genere presuppone la rottura in due del Pd e non si capisce dove sarebbe il vantaggio di Renzi nel rompere il suo partito per andare in soccorso del centrodestra in nome di una legge elettorale che gli servirebbe a ben poco.
La verità  — sembra retorico dirlo, ma è così — è che siamo dentro una crisi senza precedenti. In cui due giri di consultazioni e due tentativi falliti guidati dai presidenti dei due rami del Parlamento sono stati passaggi tutt’altro che indolori dal punto di vista sistemico.
Più che fasi “maieutiche” per aiutare i partiti a maturare nuove consapevolezze, hanno disvelato una cruda realtà . E cioè che, per la prima volta, un governo del presidente — lo si chiami di “tregua”, di “garanzia”, “istituzionale”, ma la sostanza non cambia — non avrebbe i numeri in Parlamento, dato questo di cui al Colle sono consapevoli, in un quadro di crescente preoccupazione.
Perchè al momento non c’è un Parlamento pronto ad accogliere un nome indicato dal capo dello Stato, in un rigurgito, si sarebbe detto una volta, di “responsabilità  nazionale”.
Anzi, al momento un governo del genere rischierebbe di essere figlio di nessuno. Salvini e Di Maio hanno già  messo agli atti la loro contrarietà . E senza Lega e Cinque Stelle, mancano i numeri.
Ecco il punto drammatico. E il salto di qualità .
Non è all’orizzonte solo una crisi di “governabilità “, ma una inedita crisi “istituzionale”, in cui i partiti incapaci di indicare uno sbocco possibile e imprigionati in una sorta di cupio dissolvi trascinano le istituzioni, persino la principale come la presidenza della Repubblica, dentro le proprie contraddizioni.
Perchè è chiaro che il voto entro l’estate non è contemplabile e la finestra è considerata chiusa al Quirinale.
Ma il “piano b” del Colle è fragile: è appunto un altro capitolo della crisi, non la fuoriuscita da essa. Il “piano b” è un governo “per la manovra” spedito dal presidente alle Camere, con l’obiettivo di evitare — o almeno provarci – l’esercizio provvisorio in autunno.
Se non ottiene la fiducia, in autunno invece porta il paese al voto, restando in carica per gli affari correnti.
Di questo si ragiona al Quirinale, alla vigilia del possibile terzo giro di consultazioni: della scelta “solitaria” che sarà  chiamato a compiere il capo dello Stato; della prima legislatura, di fatto, non avviata della storia repubblicana (non è mai successo che durasse meno di un paio d’anni); e di un governo, nato su impulso del capo dello Stato, per la prima volta di minoranza nel Parlamento.
Più che uno sbocco, è un fallimento in cui, suo malgrado, viene coinvolta la presidenza della Repubblica che, per la prima volta, non riesce a fare ciò che si è sempre fatto, ovvero un governo, anche ricorrendo alla fantasia politica più ardita: “balneare”, di “decantazione”, “di tregua”, “di scopo”.
Dopo ci sono le urne, con la stessa legge elettorale, il paese in esercizio provvisorio, il possibile aumento dell’Iva, e un gorgo che risucchia verso l’ignoto.

(da “Huffingtonpost”)

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FRANCIA SOTTO CHOC, RAGAZZINA 13ENNE STUPRATA E STRANGOLATA NEL BOSCO

Maggio 2nd, 2018 Riccardo Fucile

A UCCIDERLA IL BUON BORGHESE DEL SUO VICINO, STIMATO PADRE DI FAMIGLIA… PICCOLO DETTAGLIO: AVEVA ALLE SPALLE UNA CONDANNA A NOVE ANNI PER STUPRO DI MINORENNE

Incredulità  e orrore in Francia per la fine atroce di Angelique, 13 anni, una ragazzina scomparsa mercoledì scorso e ritrovata cadavere sabato in una foresta a Wambrechies, nel nord. A ucciderla, e a confessare poche ore dopo l’arresto, David R., un vicino, padre di famiglia che ha alle spalle una condanna a 9 anni per stupro di minorenne.
È stato proprio grazie all’archivio creato nel 2004, che raccoglie i Dna di tutti i delinquenti sessuali pericolosi, che l’uomo è stato rintracciato e ha poi fornito una confessione piena e dettagliata agli inquirenti.
A rendere noti i particolari agghiaccianti del delitto è stato oggi pomeriggio il procuratore di Lille, Thierry Pocquet. David, l’omicida, lavorava alla Transpole, l’azienda dei trasporti della regione di Lille.
Con moglie e due figli, di cui uno dell’età  di Angelique, era stimato dai vicini e conosciuto nella scuola del quartiere.
Agli inquirenti, il killer ha raccontato di essersi «sentito solo e giù» per l’assenza della famiglia, che si trovava in vacanza.
È quindi andato in un sex shop di Lille a comprare del Viagra, ingoiandone almeno un paio, poi delle birre, bevendole in casa da solo davanti alla tv.
Al risveglio, ha raccontato, «non mi sentivo bene e sono uscito a prendere aria». Lì ha incrociato Angelique, nel parco e – dice – «mi è venuta voglia, era più forte di me». L’ha attirata in casa con una scusa, le ha offerto da bere e le ha cominciato a porre domande intime. La vittima ha provato a fuggire più volte ma inutilmente.
L’ha poi violentata e uccisa strangolandola con i pantaloni.
Mancano ancora conferme e riscontri sui dettagli, ma il medico legale ha attestato che Angelique è morta per «asfissia traumatica».
Il killer era stato condannato a 9 anni per lo stupro di una dodicenne, negli anni Novanta, dopo aver aggredito due donne di una quarantina d’anni.
Aveva scontato 6 anni ed era uscito di carcere, rispettando da allora sempre la libertà  condizionata alla quale era sottoposto.

(da agenzie)

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DUE PILOTI FRANCESI COMPRANO UN AEREO PER SALVARE VITE NEL MEDITERRANEO: “SAREMO GLI OCCHI DELLE ONG”

Maggio 2nd, 2018 Riccardo Fucile

A BORDO DEL COLIBRI SORVOLERANNO LE ACQUE A 50 CHILOMETRI A NORD DI TRIPOLI PER INDIVIDUARE LE IMBARCAZIONI IN PERICOLO… NEI PRIMI 4 MESI DEL 2018, 571 PROFUGHI MORTI AL LARGO DELLA LIBIA GRAZIE ALLA POLITICA CRIMINALE DELL’EUROPA

Hanno speso tutti i loro soldi perchè non c’era il tempo per una colletta: le navi delle ong al largo del Mediterraneo “hanno bisogno del Colibrì“.
È questo il nome dell’aereo che Benoà®t Micolon e Josè Benavente hanno comprato per 130mila euro con l’intenzione di diventare gli occhi del mare: “Sorvoleremo un rettangolo di 150 chilometri da est a ovest, a 50 chilometri a nord di Tripoli, per segnalare ai soccorritori e alla guardia Costiera italiana la presenza di imbarcazioni a rischio”, hanno detto a Le Monde. E lo faranno con il loro MCR-4S, un aereo turistico che da oggi salverà  vite umane.
“Non c’era più tempo”
Partiti il 30 aprile da Annemasse, l’operazione dei due piloti è iniziata ufficialmente mercoledì due maggio, con base a Malta. Ma il loro impegno risale al 28 gennaio scorso, quando fondano Piloti Volontari, associazione nata proprio con l’obiettivo di dare sostegno dall’alto al lavoro delle ong: “All’inizio, avevamo pensato a un crowdfunding per trovare i soldi, ma ci sarebbe voluto troppo tempo. Con l’arrivo della primavera ricominciano le partenze da Tripoli” ha spiegato Josè Benavente, consapevole che nei primi quattro   mesi del 2018 sono morte 571 persone al largo delle coste libiche, secondo l’Organizzazione Internazionale per le migrazioni.
Nello stesso periodo del 2017 erano stati registrati 1.091 morti, ma gli arrivi in Europa erano stati 44.058, contro i 18.939 di quest’anno.
Pilota automatico e dieci ore di autonomia
“Quando i soccorritori di Sos Mediterranèe ci hanno spiegato i loro problemi nell’individuare le imbarcazioni in spazi aperti, abbiamo capito che saremmo potuti essere davvero utili, da subito” raccontano i due.
L’idea di fondo è che setacciare il mare da un aereo che sorvola l’acqua a bassa quota è decisamente più facile rispetto a un’osservazione fatta dal ponte di una nave. Un’idea che ha spinto Micolon e Benavente a bruciare le tappe: giusto il tempo di depositare lo statuto dell’associazione, trovare e comprare l’aereo e farci installare un pilota automatico per potersi concentrare sul mare, con un sistema satellite che permette di comunicare con le ong e un riserva di carburante che consente di volare per dieci ore di fila.
I due piloti si sono conosciuti nel 2006 sui banchi di una scuola piloti. Micolon arriverà  alle 6.000 ore di volo a bordo del Colibri, dopo aver iniziato la carriera spegnendo gli incendi nelle foreste del sud della Francia.
Si trovava in riposo a Chamonix quando Benavente, originario di Lione ma da anni stabilito a Kinshasa, lo ha chiamato: “Non avevo neanche finito la frase che lui mi aveva già  detto di si” racconta Benavente, 49 anni, che meditava da molto tempo l’idea di sorvolare il Mediterraneo per salvare i migranti.
§“Abbiamo iniziato con i soldi che avevamo, ora abbiamo aperto un sito per raccogliere donazioni” dicono. “Dietro alla nostra iniziativa c’è l’idea che tutti possano partecipare, anche solo con qualche euro”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA DISOCCUPAZIONE IN EUROPA TORNA AI LIVELLI DEL 2008, MA IN ITALIA IL TASSO RESTA PIU’ ALTO DI QUATTRO PUNTI

Maggio 2nd, 2018 Riccardo Fucile

E CI SONO 750.000 PRECARI IN PIU’, PEGGIO SOLO GRECIA E SPAGNA … SONO AUMENTATI SOLO I DIPENDENTI A TERMINE

Mentre l’Unione europea riporta il tasso di disoccupazione al livello del settembre 2008, prima che la crisi finanziaria travolgesse anche l’economia reale, quello italiano resta inchiodato da oltre due anni nei dintorni dell’11%.
Quattro punti più della media dei 28: va peggio solo in Grecia e in Spagna.
E il 6,8% registrato dall’Istat a fine 2008 resta un miraggio.
Quanto alla disoccupazione giovanile, nonostante la discesa dello 0,9% registrata a marzo resta al 31,7%, più del doppio della media del Vecchio Continente (15,6%) e quasi dieci punti sopra il livello di dicembre 2008.
Per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti i dati di marzo “confermano il consolidamento positivo dell’assetto del mercato del lavoro italiano, in corso da diversi trimestri”, mentre l’ex sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi esulta perchè “i nostri giovani stanno finalmente beneficiando delle politiche messe in atto dai governi #Pd”.
Basta però un confronto con i Paesi partner per rendersi conto che quel “consolidamento” non basta per schiodare il Paese dagli ultimi posti della classifica Ue.
Non solo: un’analisi della tipologia di contratti conferma che negli ultimi dieci anni il mercato è diventato sempre più precario. Rispetto a fine 2008 ci sono 750mila dipendenti a termine in più e 50mila stabili in meno.
Tasso di disoccupazione 4,3 punti sopra il livello del 2008…
La rilevazione diffusa mercoledì dall’Istat mostra che a marzo sono aumentati gli occupati under 34 e gli over 50, ma sono diminuiti quelli nella fascia di mezzo — quella compresa tra i 35 e i 49 anni — e le donne.
Nel complesso, gli italiani con un lavoro sono saliti a 23,13 milioni, +62mila rispetto a febbraio e +190mila rispetto al marzo 2017. Si tratta del valore più alto dall’agosto 2008. Ma nel frattempo sono calati di oltre 1 milione gli inattivi, cioè quelli che un posto non lo cercano più perchè scoraggiati.
Così, il tasso di disoccupazione dal febbraio 2012 non è mai sceso sotto la doppia cifra. Dal settembre 2015 oscilla intorno all’11,5%.
Nell’ultima parte del 2017 è sceso all’11% e da qualche mese resta inchiodato su quel livello. A fine 2008 era al 6,7%.
…mentre la Ue è tornata ai valori pre-crisi
Nel frattempo il resto d’Europa, complice l’ombrello della Bce e la stabilità  dei mercati finanziari, ha recuperato terreno tornando ai livelli pre-crisi: a marzo, ha fatto sapere l’Eurostat, la disoccupazione nella zona euro si è attestata all’8,5%, il tasso più basso da dicembre 2008, e quella della Ue a 28 è al 7,1%, il minimo da settembre 2008.
Per capirci: in Germania il tasso è al 3,4%, in Francia all’8,8%, in Svezia al 6,2%, in Portogallo al 7,4. La disoccupazione più alta, annota l’istituto statistico europeo, si registra in Grecia (20,6% a gennaio 2018), Spagna (16,1%) e a seguire Italia.
L’Italia è inoltre l’unico Paese Ue dove a marzo la disoccupazione femminile è aumentata di 0,5% toccando il 12,5% contro l’8,9% medio della zona euro. Solo la Lituania ha fatto registrare un altro aumento, ma di appena lo 0,1%. L’occupazione femminile del resto rimane al 49,1% contro una media Ue superiore al 72 per cento.
Stabili i dipendenti a tempo indeterminato, aumentano quelli a termine e gli autonomi
Quanto alla tipologia dei posti di lavoro, la fotografia del mese di marzo conferma che il mercato è diventato più precario.
Se gli occupati nel complesso sono aumentati, i dipendenti stabili oggi sono 14,93 milioni contro i 14,98 milioni di fine 2008. Nel frattempo quelli a termine — platea che comprende gli iper-precari con contratti da pochi giorni — sono saliti da 2,1 a 2,9 milioni mentre sono calati da 5,7 a 5,2 milioni gli indipendenti.La tendenza è confermata dall’andamento registrato dall’Istat negli ultimi 12 mesi: su base annua gli occupati sono aumentati di 190mila unità  grazie esclusivamente ai lavoratori a termine (+323mila), mentre anno su anno sono calati i permanenti (-51mila) e gli indipendenti (-81mila).
Crescono soprattutto gli occupati ultracinquantenni (+391mila) e, in misura minore, i 15-34enni (+46mila) mentre calano i 35-49enni (-246mila). Nell’arco di un anno diminuiscono sia i disoccupati (-118mila) sia gli inattivi (-150mila).

(da “il Fatto Quotidiano”)

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SPRECO DI CITTADINANZA, CONFINDUSTRIA BOCCIA LA MISURA DEI GRILLINI: “COSTA 30 MILIARDI”

Maggio 2nd, 2018 Riccardo Fucile

DURO GIUDIZIO DEL CENTRO STUDI: “ANDREBBE ANCHE A INDIVIDUI NON POVERI E DISINCENTIVA IL LAVORO”

Reddito di cittadinanza? No, grazie.
La bocciatura della misura proposta dai 5 Stelle arriva dal Centro studi di Confindustria.
Il reddito di cittadinanza, spiega il Csc, potrebbe costare molto (30 miliardi di euro o più rispetto ai già  elevati 17 miliardi prospettati dal M5S) e “comportare uno spreco ingente di risorse pubbliche, poichè verrebbe concesso anche a individui che poveri non sono”.
In un rapporto, il Centro studi sottolinea che sarebbe sbagliato “affrettarsi a sostituire” il reddito di inclusione (Rei). Con il reddito di cittadinanza invece – dice il Csc – sarebbe “alto il rischio che disincentivi il lavoro”.
In Italia – ricorda il Centro studi di viale dell’Astronomia – la povertà  è cresciuta molto con la crisi con 1,6 milioni di famiglie in povertà  assoluta per un totale di quasi 5 milioni di individui. L’indigenza- spiega – “è legata a doppio filo alla bassa partecipazione al mercato del lavoro”.
Da gennaio è attivo il Reddito di inclusione, uno strumento universale di contrasto alla povertà  su scala nazionale.
Il Rei è disegnato per raggiungere le famiglie in povertà , attraverso soglie di accesso sia reddituali sia patrimoniali.
Tuttavia – prosegue il Csc “è partito con scarsi finanziamenti (2,1 miliardi di euro nel 2018) e si stima che potrà  coprire solo la metà  della platea”.
Il reddito di cittadinanza secondo la proposta avanzata dal Movimento Cinque stelle nel 2013 (e al centro della campagna elettorale) coprirebbe – ricorda il Csc – una platea più ampia (2,8 milioni di famiglie) e garantirebbe un beneficio molto più elevato (fino a 780 euro mensili per un single, rispetto ai 188 del Rei).
Secondo il Centro studi di Confindustria è “alto il rischio” che il reddito di cittadinanza “disincentivi il lavoro, dato l’elevato importo del beneficio e l’assenza di un meccanismo di cumulo con il reddito da lavoro. Per incentivare la partecipazione, inoltre, prevede solo l’obbligo di iscrizione ai Centri per l’Impiego, strutture che necessitano di una profonda e costosa riforma per poter garantire risultati apprezzabili nel facilitare l’avviamento al lavoro”.
“Ad oggi affrettarsi a sostituire uno strumento appena partito – conclude la nota – significherebbe creare incertezza e allungare i tempi di implementazione. Più opportuno darsi il tempo per condurre una seria valutazione, specie delle modalità  di attivazione al lavoro, e nel frattempo indirizzare le risorse per aumentare platea e beneficio”.

(da “Huffingtonpost”)

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HANNO RUBATO PURE GLI ANGIOLETTI IN RICORDO DELLA FAMIGLIA FRANCESE MORTA NEL ROGO SULL’A21

Maggio 2nd, 2018 Riccardo Fucile

NELLA PADAGNA ACCADE ANCHE QUESTO, NESSUN RISPETTO PER LE VITTIME DI UNA TRAGEDIA: ERANO CINQUE STATUINE, UNA PER OGNI VITTIMA

Rubare delle statuine acquistabili online per pochi euro è di per sè incomprensibile. Ma il gesto diventa tanto più odioso se si considera la storia che quegli oggetti avevano.
Sono spariti due dei cinque angioletti che erano stati messi lungo sull’autostrada A21 Torino-Brescia all’altezza del comune di Montirone (nel Bresciano).
In quel punto lo scorso gennaio si era verificato un tamponamento che aveva provocato l’incendio di un’autocisterna carica di benzina e la morte di sei persone, cinque delle quali appartenenti alla stessa famiglia francese, composta da tre adulti e due bambini. I parenti avevano deciso di ricordarli così, con una statuina per ogni membro del nucleo familiare.
Il post di denuncia sul gruppo ‘Sei di Montirone se’
“In tempi di crisi si ruba pure ai morti. La cosa mi addolora perchè non avrei mai pensato che lo scarso rispetto, addirittura per i defunti, potesse giungere a tali terribili livelli nel nostro Paese” ha scritto sul gruppo Facebook ‘Sei di Montirone se’ la persona (che vuole rimanere anonima) incaricata dai familiari delle vittime dell’incidente di controllare periodicamente gli angioletti e di spostarli nel caso in cui fosse stato necessario per i lavori di rifacimento della strada.
L’uomo ha postato le foto di tutte le statuine nella posizione originaria e delle tre rimanenti dopo il furto, concludendo con un’amara riflessione: “Ora la cosa devastante è comunicare alla famiglia francese l’accaduto”.
Lo sfogo non ha lasciato indifferenti gli utenti che hanno letto la notizia sul gruppo Facebook, in poche ore sulla pagina si sono succedute decine di commenti addolorati e indignati e ha preso il via una gara di solidarietà  per acquistare nuovi angioletti: “Piuttosto che dare un dispiacere ai parenti delle vittime ricompriamoli, sperando che il gesto di qualche cretino non si ripeta” ha suggerito qualcuno e altri si sono addirittura messi a disposizione per donare delle statuine simili che avevano già  in casa.
“Cercherò di recuperare gli angioletti mancanti e poi li sistemerò in modo più sicuro” ha scritto la persona che ha pubblicato lo sfogo su Facebook, ringraziando tutti i partecipanti al dibattito sui social per “la solidarietà  sincera”.

(da agenzie)

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BUON SANGUE NON MENTE: BUFERA SULLA FABBRICA DI SCARPE DI IVANKA TRUMP IN CINA, SFRUTTA GLI OPERAI

Maggio 2nd, 2018 Riccardo Fucile

L’AZIENDA CINESE ORA HA DELOCALIZZATO IN ETIOPIA: CONDIZIONI DI LAVORO AL LIMITE DELLA SCHIAVITU’

Produceva le scarpe disegnate da Ivanka Trump, prima che il padre diventasse presidente degli Stati Uniti costringendola a cambiare fornitore.
È una delle star di Amazing China, il documentario di propaganda voluto dal governo cinese per celebrare le glorie dell’economia nazionale.
Ma ora si scopre che il successo del colosso cinese Huajian, il primo produttore di scarpe e articoli di pelletteria nel mondo, nasconde una realtà  di sfruttamento.
I suoi lavoratori in Etiopia, dove l’azienda ha delocalizzato buona parte degli impianti, hanno denunciato all’Associated Press di essere pagati 51 dollari al mese, maltrattati dai capi e costretti a turni interminabili, senza la possibilità  di costituire organizzazioni sindacali.
“Non mi resta nulla alla fine del mese”, dice Ayelech Geletu, 21 anni, operaio dello stabilimento alle porte di Addis Abeba.
A cui fanno eco diversi colleghi: “Ci sono agenti chimici che feriscono mani e occhi, non ti forniscono guanti protettivi e se rifiuti di lavorare senza ti licenziano”.
Una versione molto diversa dai grandi sorrisi e i pollici all’insù mostrati dagli stessi lavoratori nelle immagini di Amazing China, con tanto di sottotitolo sul “meraviglioso futuro dell’umanità “.
Un bell’imbarazzo per gli autori del documentario pensato per esaltare i successi della Cina di Xi Jinping (che compare 30 volte in 90 minuti), rilasciato non a caso pochi giorni prima della modifica costituzionale che lo ha reso presidente a vita e pompato al botteghino costringendo tutti gli iscritti al partito e i dipendenti delle aziende di Stato ad andare a vederlo.
Il motivo per cui Huajian abbia scelto di produrre in Etiopia, dove non esiste un salario minimo, non è un mistero.
È lo stesso per cui tante aziende italiane, nei primi anni 2000, hanno spostato i loro stabilimenti in Cina: risparmiare. Eppure la propaganda ufficiale del Dragone presenta i suoi investimenti in Africa nell’ambito della nuova Via della seta come un modello di inclusione e sviluppo condiviso.

(da “La Repubblica”)

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L’AUTISTA ATAC: “MI VERGOGNO, I CITTADINI MI PAGANO PER LAVORARE, MA NON POSSIAMO FARE UN KM PERCHE’ NON CI SONO VETTURE”

Maggio 2nd, 2018 Riccardo Fucile

ATAC ROMA, TUTTE LE SEGNALAZIONI DI GUASTI ALLE VETTURE

«La partenza è stata anticipata di 2′ in quanto si è resa indisponibile per guasto la vettura precedente, ci scusiamo per il disagio»; «Linea bus 087 momentaneamente non attiva per guasto vetture»; «Le due corse sono saltate causa guasto vetture, buona serata».
Il profilo Twitter Infoatac, che aggiorna in tempo reale sulla rete e sui servizi di ATAC, da molti giorni ormai somiglia a un cimitero.
Si moltiplicano le segnalazioni di guasto vetture, che riguardano sia gli autobus che i tram. Così il numero di bus in circolazione precipita vertiginosamente con le ovvie conseguenze sul servizio.
Cosa sta succedendo?
Micaela Quintavalle del sindacato grillino Cambia-Menti lo ha spiegato nei giorni scorsi sul suo profilo Facebook, scusandosi con gli utenti per i disagi: «Mi vergogno. Ho iniziato il mio turno alle 14.58. Ora sono al capolinea nella sede dei vigili che gentilmente mi hanno permesso di sbobbinare al caldo le lezioni di patologia generale. Alle 20.46 dovrei avere la vettura per effettuare l’ ultima corsa prima della smontata alle 22.11. Mi vergogno. Fino adesso l’azienda mi sta pagando. E col bus non ho fatto un chilometro. Mi vergogno perchè i cittadini pagano me ed i miei colleghi che sono venuti a lavorare ma che non possono effettuare chilometri perchè non hanno vetture. Mi vergogno perchè sto facendo al capolinea ciò che avrei potuto fare in biblioteca. Con la differenza che sono retribuita».
La manutenzione delle vetture ATAC da marzo è infatti ferma: è scaduto infatti il contratto di appalto che affida alla ditta Corpa il servizio di manutenzione e recupero. Contrariamente a quanto accaduto in passato, non è stata disposta alcuna proroga del servizio in attesa dell’esito del nuovo bando di gara approntato da ATAC.
Il mancato rinnovo del contratto di appalto ha causato il licenziamento dei 140 lavoratori che si occupavano della manutenzione e del ritiro in strada dei mezzi.
Una lettura che ATAC ha contestato: “Corpa, regolarmente pagata da noi — scriveva due mesi fa l’azienda di trasporti in una nota — , ha rifiutato ieri l’accordo da tempo proposto da Atac e condiviso da Corpa nei termini essenziali fin dal dicembre 2017”. “La mancata erogazione del servizio da parte di Corpa è illegittima e comporterà  la sospensione di tutte le intese con il fornitore”.La situazione è talmente drammatica che alcuni dati ufficiosi parlano di 980 bus (servizio al 74%) e 45 tram (64%) in circolazione per ATAC, mentre Roma TPL ha in funzione 320 bus (l’86%).

(da “NextQuotidiano”)

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