Maggio 21st, 2018 Riccardo Fucile
IL PREMIER NON PUO’ ESSERE UN RE TRAVICELLO CHE REGNA MA NON GOVERNA E UN ESECUTORE DI UN CONTRATTO EXTRAPARLAMENTARE FONDATO SU DEFICIT E VIOLAZIONE DELLE NORME EUROPEE… SUL NO A SAVONA MINISTRO DELL’ECONOMIA PUO’ SALTARE TUTTO
Andando al punto: è evidente che se non ci fossero stati ancora problemi o nodi da sciogliere, Sergio
Mattarella avrebbe convocato, già per la giornata di domani, il professor Giuseppe Conte per il conferimento dell’incarico.
E invece il capo dello Stato, prima di dare l’incarico, ha deciso di ascoltare i presidenti di Camera e Senato, per una “riflessione” sul passaggio finale di questa lunga e delicata crisi.
Una mossa, in controtendenza rispetto ai toni trionfalistici dei due partner del governo carioca che già alla Vetrata hanno dato per scontato ciò che scontato non è e spingendosi, come nel caso di Di Maio, ad incoronare il nuovo premier in una conferenza stampa on the road all’uscita dal Quirinale.
È una frenata quella di Mattarella perchè, appunto, ci sono ancora nodi sostanziali da sciogliere.
Detta in modo un po’ tranchant: può anche non esserci un veto sul professor Conte, come effettivamente non c’è, ma la questione non è riducibile a un nome, presentato come un esecutore di una linea e di un programma stabilito dai due leader di partito.
Il tema di fondo è il governo: la sua credibilità , la sua forza, la sua collocazione internazionale.
E c’è un motivo se, nel corso dei colloqui, il capo dello Stato ha fatto presenti alle delegazioni le sue preoccupazioni per i conti pubblici, ora che è ripresa l’effervescenza dei mercati.
E se ha ricordato ai due ruggenti leader l’articolo 95 della Costituzione: “Il presidente del consiglio dei ministri dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”.
Non un esecutore di un contratto extraparlamentare ma il responsabile, sulla base di un programma votato dal Parlamento, del governo, della sua maggioranza, della collegialità dei ministri.
Ha cioè un ruolo di direzione politica, non di obbedienza ai leader che lo hanno scelto.
Non è un mistero che, per una figura del genere, fosse auspicata una soluzione politica, che avrebbe avuto la forza della legittimazione, in mancanza di una “credibilità ” e di uno “standing internazionale” già acquisiti.
In assenza di entrambi i requisiti — standing e legittimazione — si rischia dare al mondo l’impressione ricavata a caldo da Financial Times, che così ha bollato il nome del nuovo possibile premier italiano: “Un principiante”.
E si rischia di darla se un premier debole non è affiancato da una squadra che abbia un profilo autorevole e definito, in relazione agli asset fondamentali, dalla collocazione internazionale alle garanzie sulla gestione dei conti pubblici.
E si capisce cosa ci sia dietro quell’invito di Mattarella alla responsabilità sul tema dell’Economia.
Perchè qualche danno è stato già prodotto.
I mercati, che non sono uno strumento nelle mani di quattro complottardi, hanno già cominciato a “prezzare il rischio Italia”, perchè — come avvenuto nella Grecia di Tsipras – non occorre aspettare i provvedimenti, ma bastano l’euforia degli annunci a incrinare il rapporto di fiducia: un contratto di governo che, a fronte di ingenti parametri di spesi certi offre coperture incerte, un nome del premier che, appena circolato, non ha contribuito a rasserenare mercati e investitori, da ultimo indiscrezioni di nomi di ministri che annunciano tensione con l’Europa proprio sul tema della tenuta dei conti pubblici.
Ecco il punto.
Di ministri se ne parlerà ufficialmente col presidente incaricato, ma è già ipotizzabile che se in quella lista dovesse comparire il nome di Paolo Savona, che in queste ore circola con sempre maggiore insistenza, è inevitabile che qualche problema si potrebbe porre, perchè l’economista, una volta di provata fede ciampiana, è diventato un alfiere delle posizioni anti-europeiste e delle teorie dello sforamento del deficit.
È questo il vero punto di tensione che si registra, parlando con fonti dei partiti se, ancora prima di salire al Colle, Matteo Salvini affidava ai suoi questo ragionamento: se Mattarella non fa passare Paolo Savona, si può anche far saltare tutto e tornare al voto, perchè non possiamo farci imporre il ministro dell’Economia.
Ecco il punto politicamente rilevante, in un governo in cui il premier assomiglia a un “re travicello”, che regna ma non governa.
E dove governano i due leader di partito, nelle vesti di due ingombranti sub-premier. L’uno, Salvini a capo di quel ministero dell’Interno che, come accaduto con Minniti, è diventato, nei fatti e nella percezione, un super-ministero che sulla sicurezza e sui migranti condiziona anche Esteri e Giustizia.
L’altro, Di Maio, a capo di un super-ministero formato da Welfare e Sviluppo che si configura come un grande polo di spesa da cui passano i principali punti del contratto che ha fatto impennare lo spread.
Il ministero dell’Economia è il vero cuore pulsante, da cui dipende l’intera operazione, perchè è chiaro che un rigorista attento al tema delle coperture renderebbe esangue sia la retorica antieuropeista di Salvini sia il programma di spesa di Di Maio.
E più in generale definisce il profilo del governo lì dove la sbiadita figura del titolare dell’azione del governo non aiuta a farlo, nel rapporto con l’Europa e sul tema delle coperture.
La “riflessione”, e con essa la frenata impressa da Mattarella, è tutta qui.
Siamo al dunque. Al tema dell’interesse nazionale, che il custode della Costituzione deve garantire.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 21st, 2018 Riccardo Fucile
L’HOT SPOT ALLO ZEN NON LO VUOLE NESSUNO, MA LE MOTIVAZIONI SONO DIVERSE
Entrambi sono contrari all’apertura di un hotspot per migranti nel quartiere popolare dello Zen. Ma lo sono in modo concettualmente diverso.
La posizione sull’immigrazione del Movimento 5 stelle divide i consiglieri comunale di Palermo.
Da una parte c’è l’ex candidato sindaco alle amministrative dello scorso anno, Ugo Forello, dall’altra Igor Gelarda, suo sfidante alle primarie.
Il primo è il fondatore di Addiopizzo, l’associazione antiracket che nei primi anni duemila guidò la ribellione contro le estorsioni ai commercianti in città .
Il secondo, invece, è un poliziotto e si era avvicinato al Movimento quando Beppe Grillo aveva rilanciato sul blog la denuncia del sindacato Consap, da lui guidato: le forze di polizia — diceva il sindacalista- non avrebbero avuto gli strumenti essenziali per far fronte al rischio contagio da tubercolosi mentre svolgevano il servizio di accoglienza per i migranti.
A far deflagrare la polemica adesso è appunto il centro per migranti che il governo nazionale vorrebbe costruire allo Zen, il quartiere popolare a nord della città .
Sia Gelarda che Forello si sono schierati contro l’hotspot allo Zen ma si sono spaccati sulle politiche da adottare per fronteggiare il fenomeno migratorio.
“La tutela dei diritti umani per noi viene prima di tutto. Per questo non crediamo che l’hotspot sia lo strumento adatto per accogliere e aiutare i migranti. Palermo non ha bisogno di luoghi in cui vengono violati i diritti fondamentali e che offrono poche garanzie a chi vi è ospitato”, era la linea indicata da Forello, capogruppo del M5s al consiglio comunale del capoluogo. Posizione condivisa da quattro consiglieri: Giulia Argiroffi, Concetta Amella, Viviana Lo Monaco e Antonino Randazzo.
Diversa l’opinione di Gelarda, che ha attaccato gli apparteneneti al suo stesso partito. “Apprendo con stupore e mio malgrado, che sull’immigrazione la posizione del gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle di Palermo è diversa rispetto a quella del Movimento nazionale. Lascerei al nuovo governo, che sembra avere le idee ben chiare su come affrontare la vicenda immigrazione, stabilire di cosa ha bisogno la nostra nazione in tema di politica dell’accoglienza”, dice il poliziotto.
Gelarda in pratica ha confermato il suo parere contrario all’apertura di un hotspot a Palermo, ma citando la “chiara volontà ” del nuovo governo targato M5s-Lega (che per la verità ancora non c’è) di “dare una stretta al fenomeno migratorio, con una vera politica di rimpatri”
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 21st, 2018 Riccardo Fucile
DOVE POTEVA ACCADERE SE NON A GENOVA DOVE IL DELIRIO SOVRANISTA SI STA COPRENDO DI RIDICOLO? … L’AGENZIA DEI SERVIZIO CONDANNATA A PAGARE 3000 EURO E A MODIFICARE IL BANDO
Il bando dell’Agenzia servizi Territoriali che cerca giardinieri, purchè italiani, è discriminatorio. 
Lo ha stabilito una sentenza del tribunale civile di Torino che ha condannato l’agenzia a modificare il bando.
L’offerta di lavoro viene pubblicata a metà ottobre dall’agenzia servizi territoriali di Genova: l’Aster cerca operai da assumere con un contratto di apprendistato per 30 mesi dopo un periodo di prova di tre mesi e un percorso formativo di 120 ore.
Ci sono alcuni paletti: per accedere al bando occorre essere maggiorenni ma under 30, avere un diploma di scuola secondaria a indirizzo agrario o un titolo di studio di scuola professionale; e poi essere cittadini italiani non esclusi dall’elettorato politico attivo.
Al massimo il bando accetta candidati con cittadinanza di uno dei paesi dell’Unione europea.
Sono questi ultimi due i punti che hanno fatto saltare sulla sedia gli avvocati dell’Asgi, Associazione studi giuridici sull’immigrazione, che hanno fatto ricorso contro il bando.
L’associazione ha sede legale a Torino e per questo il tribunale competente è quello del capoluogo piemontese, anche se la genovese Aster ha provato a sollevare un difetto di giurisdizione.
Gli avvocati Alberto Guariso, Livio Neri e Marta Lavanna hanno sostenuto che la formula con cui è stato concepito il bando sia stata discriminatoria e il giudice ha dato loro ragione, condannando l’azienda genovese a pagare all’Asgi circa tremila euro.
Spesso i migranti e i richiedenti asilo vengono impiegati con la formula dei “lavori socialmente utili” in lavori molto simili a quelli proposti dal bando dell’azienda territoriale genovese, ed è anche per questo che la formula scelta nel bando – che esclude i cittadini extracomunitari anche in possesso di un permesso di soggiorno e di lavoro – ha fatto suonare i campanelli d’allarme dell’associazione torinese.
“E’ un atto discriminante da parte del datore di lavoro – scrive il giudice Ludovico Sburlati – ogni comportamento che produce un effetto di pregiudizio sui lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una cittadinanza”.
Il giudice ha condannato l’azienda a cambiare i termini del bando “indicando che è consentita la partecipazione anche a tutti i cittadini di paesi terzi in possesso di un titolo di soggiorno che consenta l’accesso al lavoro, e fissando un nuovo termine per la presentazione delle domande”.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 21st, 2018 Riccardo Fucile
NON ESISTE NEANCHE L’AIUTO AGLI ENTI LOCALI PER FINANZIARE POLITICHE DI WELFARE FAMILIARE
Diritti civili dimenticati e politiche sociali ancora troppo timide.
Per i primi neppure un cenno tra i punti del contratto di governo tra 5 Stelle e Lega, che riesce a tenere ancora sepolte le leggi sull’eutanasia e quella sullo ius soli.
È prevista, invece, una spesa fino a 17 miliardi di euro per le politiche della famiglia. È l’unica cifra messa nera su bianco, perchè non vengono in alcun modo indicate le risorse con cui, ad esempio, verrebbero stanziati rimborsi per asili nido e baby sitter, fiscalità di vantaggio, ma anche l’aiuto agli enti locali per finanziare politiche di welfare familiare.
Fa discutere, in questa direzione, la previsione del sostegno per servizi di asilo nido in forma gratuita a favore però solo delle famiglie italiane. Un provvedimento che rischia di essere incostituzionale.
NON CI SONO I DIRITTI
Grandi assenti dal contratto di governo sono i diritti civili. Lo aveva previsto e dichiarato in un’intervista a LaPresse l’onorevole Monica Cirinnà , prima firmataria della legge che ha introdotto le unioni civili in Italia e promotrice del ddl ‘Contrasto all’omofobia e alla transfobia’.
“Con un governo M5S-Lega non ci sarà alcun progresso a riguardo” ha detto solo un paio di settimane fa parlando proprio del ddl approvato alla Camera il 19 settembre 2013, approdato in Senato pochi giorni dopo e lì dimenticato. Nel contratto manca anche la legge sull’eutanasia, che avrebbe dovuto seguire quella sul biotestamento approvata a dicembre scorso, dopo 11 anni di battaglie. La legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell’eutanasia è stata depositata il 13 settembre 2013 e, dopo quattro anni e mezzo, giace ancora in Parlamento senza che sia stata mai discussa. E resta tuttora, stando al contratto, fuori dalle priorità di un eventuale governo formato da Movimento 5 Stelle e Lega.
LO IUS SOLI MORTO E SEPOLTO
Stessa sorte toccata anche ad altre leggi, come quelle sull’apologia al fascismo e sullo Ius Soli. Sostenuto da Pd, Mdp e Sinistra italiana, il provvedimento è stato approvato alla Camera nel 2015, ma al Senato la discussione non è mai iniziata, soprattutto a causa dell’opposizione di Lega Nord che ha presentato decine di emendamenti, Forza Italia e Alternativa Popolare.
Morto e sepolto, senza speranza di essere ripescato dopo che a dicembre scorso Palazzo Madama non ha fatto neppure finta di discutere la legge. È mancato il numero legale: hanno esultato dai banchi della destra, sono rimasti in silenzio quelli di sinistra.
Poi la polemica con Liberi e uguali che ha dato la colpa al Pd e l’attacco dei dem al Movimento 5 stelle, mentre l’Unicef chiedeva scusa “agli 800mila compagni di classe dei nostri figli”.
POLITICHE SOCIALI
Accanto alla misura del reddito di cittadinanza, nel contratto si fa riferimento anche alle ‘Politiche per la famiglia e la natalità ‘ per sostenere le quali, invece, si prevede una spesa fino a 17 miliardi di euro.
Partiamo dal testo. “È necessario rifinanziare gli enti locali — c’è scritto nel contratto — dando priorità al welfare familiare (come ad esempio il sostegno per servizi di asilo nido in forma gratuita a favore delle famiglie italiane, le politiche per le donne, per gli anziani e la terza età , il sostegno alle periferie), in un’ottica di sinergia tra tutte le componenti dello Stato per raggiungere gli obiettivi di sviluppo economico di qualità e per far uscire il Paese dalla crisi economica”.
ESCLUSE LE FAMIGLIE STRANIERE
Intanto sta già suscitando polemiche la correzione apportata durante le ultime ore della trattativa e con la quale si escludono le famiglie straniere da ogni tipo di aiuto. Nelle prime bozze, invece, tutte le misure previste che avevano come obiettivo l’incremento della natalità erano destinate anche le famiglie straniere residenti in Italia da almeno 5 anni.
Anche se la linea di Salvini finora ha prevalso, potrebbe sollevare dubbi di incostituzionalità , dato che i cittadini stranieri pagano le tasse comunali e quelle sul reddito.
Oggi negli asili nido comunali si entra in base a una graduatoria aperta a tutti i bambini, mentre l’ammontare della retta viene calcolato in base alla dichiarazione dei redditi.
IL SOSTEGNO ALLE MADRI
Un’altra riflessione riguarda il riferimento alle donne. Intanto perchè quello sulle Politiche per la famiglia è l’unico punto del contratto (fatta eccezione per la proroga della misura sperimentale ‘opzione donna’) dove le donne vengono menzionate, mentre questo aspetto è strettamente connesso con la questione dell’occupazione femminile.
“Occorre introdurre politiche efficaci per la famiglia — si legge — per consentire alle donne di conciliare i tempi della famiglia con quelli del lavoro, anche attraverso servizi e sostegni reddituali adeguati”.
Da un lato si mette a fuoco il problema, dall’altro si dà per scontato che spetti alla donna conciliare la professione con le esigenze familiari.
D’altro canto in Italia, stando ai dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro, sale il numero delle mamme lavoratrici che si dimettono per motivi legati alla cura della famiglia. Tra le cause padri che non sfruttano il congedo parentale, nessuna parità nello svolgimento delle faccende domestiche, pochi (e troppo cari) asili nido.
Tra le priorità indicate nel contratto “l’innalzamento dell’indennità di maternità , un premio economico a maternità conclusa per le donne che rientrano al lavoro e sgravi contributivi per le imprese che mantengono al lavoro le madri dopo la nascita dei figli”.
Passi timidi per tamponare il macigno di un’occupazione femminile ferma al 52,5%. Nel contratto, ad esempio, non c’è alcun obbligo per le aziende a mantenere al lavoro le donne che hanno partorito, nè sono previste sanzioni per chi le licenzia.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2018 Riccardo Fucile
IL TWEET DI MARINE LE PEN E L’INCONTRO PREVISTO DI SALVINI CON LO XENOFOBO BANNON, CACCIATO PERSINO DA TRUMP
Esulta Marine Le Pen per le notizie sull’imminente governo Lega-M5S provenienti da Roma: “Dopo il
Fpoe in Austria – si legge in un tweet della presidente del Front National – la Lega in Italia. I nostri alleati arrivano al potere e aprono prospettive strabilianti, innanzitutto con il grande ritorno delle Nazioni!”.
Steve Bannon, l’ex stratega di Donald Trump, sarà in Italia in settimana per incontrare il leader della Lega Nord, Matteo Salvini.
Lo riporta l’agenzia Bloomberg, nell’ambito di un’intervista all’ex consigliere della Casa Bianca.
Bannon è stato allontanato persino da Trump perchè considerato troppo estremista e xenofobo, è detto tutto.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2018 Riccardo Fucile
IL GIORNALE HA SOTTOLINEATO COME UN’ONDATA DI VENDITE SI E’ ABBATTUTA SUI TITOLI DI STATO ITALIANO DOPO L’IPOTESI DEL CONTRATTO TRA I DUE CAZZARI
Un principiante della politica proposto come premier italiano (Political novice Giuseppe Conte proposed as Italy’s Pm).
Questo il titolo del Financial Times che apre l’edizione online su Giuseppe Conte, il candidato presentato da M5s e Lega come presidente del Consiglio al Quirinale.
Ora, scrive ancora il quotidiano finanziario londinese, sarà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a decidere se affidargli il mandato di formare il governo. Il giornale ricorda ancora che da quando i due partiti, definiti “populisti”, hanno trovato l’intesa sul contratto di governo un’ondata di vendite si è abbattuta sui titoli di stato italiani facendo impennare lo spread.
(da agenzie)
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Maggio 21st, 2018 Riccardo Fucile
L’AVVISO AGLI INVESTITORI: LA SOCIETA’ DI CONSULENZA FINANZIARIA ANALIZZA LA RISPOSTA DEI MERCATI
Diversificare “il più possibile” i propri investimenti, non legando anche il proprio risparmio alla sorte
delle vicende politiche italiane.
Nel giorno in cui Piazza Affari affonda a -1,5% e lo spread schizza a quota 187 punti, con i rendimenti dei Btp decennali ai massimi da tre anni e mezzo, arriva un avvertimento chiaro agli investitori.
Lo manda la società di consulenza finanziaria Moneyfarm, che avverte sul rischio Italia.
Perchè esiste il rischio Italia? “Non si può fare a meno di notare che il differenziale con i bund tedeschi è rimasto costantemente, negli ultimi anni, il più alto dell’area Eurozona (a parte quello greco). In termini di valutazione del rischio sovrano, quando e si è parte di un sistema interconnesso, come è il caso dell’Italia nei confronti dell’Unione Europea, trovarsi nelle posizione di essere percepiti come la componente più problematica del gruppo di riferimento non è mai positivo”, spiega Moneyfarm. “Questo perchè automaticamente si diventa l’elemento più esposto in caso di crisi esogene e si è sottoposti a un livello di attenzione superiore”, aggiunge la società di consulenza.
“L’Italia si trova al momento in questa scomoda posizione. Ora che si avvicina la fine del Quantitative Easing, ciò che tutti guarderanno è il livello di disciplina fiscale che il governo saprà garantire e i rapporti con l’Unione Europea”, si legge ancora nel report.
A pesare, secondo Moneyfarm, sono le coperture del contratto di governo messo a punto da Lega e 5 Stelle.
“Qualsiasi agenda politica deve porsi il problema delle risorse: se legittimamente si sceglie di adottare il debito come strada per attuare il proprio programma, bisogna allora tenere in grande considerazione la percezione di coloro a cui si intende chiedere i soldi a prestito. Questo vuol dire che la percezione dei creditori sia necessariamente corretta e accurata? No, anzi spesso è piuttosto approssimativa, ma ciò non vuol dire che sia irrilevante e che sia saggio ignorarla”.
Il programma, secondo Moneyfarm, prevede un gran numero di misure fiscali che si preannunciano piuttosto costose.
Flat tax con creazione di due aliquote Irpef per lavoratori e imprese (15% e 21%), questa misura dovrebbe accompagnarsi all’eliminazione delle varie detrazioni fiscali (in realtà questa intenzione, che era stata annunciata nel programma, appare in maniera piuttosto generica all’interno del contratto, come un’indicazione alla semplificazione del sistema fiscale).
Il reddito di cittadinanza per sostenere i cittadini in condizione di povertà , limitato a due anni a cui si dovrebbe accompagnare il rafforzamento dei centri dell’impiego.
Lo scardinamento delle clausole di salvaguardia (12,5 miliardi per quest’anno) e il superamento della legge Fornero sulle pensioni.
A queste misure si accompagnerebbe l’eliminazione delle accise benzina anacronistiche, il rimpatrio dei migranti tramite aereo, l’assunzione di nuove forze dell’ordine, investimenti pubblici per 6 miliardi, la riforma del Jobs act, investimenti alle famiglie.
“Insomma – sottolinea la società di consulenza – il conto di tutte queste misure è piuttosto salato. L’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani presso l’Università Cattolica stima una spesa a regime dai 105 ai 125 miliardi, intorno al 5% del Pil ogni anno (a cui dovrebbe essere aggiunta la spesa di rimpatrio dei migranti). Anche considerando solo le misure più care ai partiti (flat tax, reddito di cittadinanza, legge Fornero e clausole Iva) la spesa prevista si aggira intorno ai 90 miliardi. Al contrario le coperture indicate nel programma – come il taglio dei costi della politica e delle pensioni d’oro — oltre all’abolizione delle misure che i nuovi provvedimenti dovrebbero sostituire (le detrazioni “aggredibili” ammontano a 26 miliardi di euro), ammonta venti e i trenta miliardi. Visto che il programma non specifica delle tempistiche sicure, si presume che si opterà per una sua attuazione graduale e selettiva. Certamente la crescita del Pil potrebbe alleggerire l’effetto di queste misure sui conti pubblici. Tuttavia queste misure, così come sono state presentate, non sembrano compatibili con la traiettoria di controllo e di riduzione del debito.
“Questo scetticismo può generare due tipi di interpretazione da parte degli investitori, si legge nel report. Il primo è quello di chi non crede che questo programma possa essere realistico e che quindi in fase di implementazione verranno posti dei paletti, individuate delle priorità con un’azione selettiva che diluisca l’effetto sui conti pubblici. Il secondo è di chi crede che questo programma porterà il Paese verso il dissesto finanziario”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 21st, 2018 Riccardo Fucile
PER L’AGENZIA DI RATING CON IL GOVERNO DEI DUE CAZZARI AUMENTERANNO DEFICIT E DEBITO… MILANO PEGGIORE LISTINO IN EUROPA
Nel giorno in cui prende quota il nome di Giuseppe Conte come possibile presidente del Consiglio e arriva l’allarme dell’agenzia di rating Fitch, i mercati mostrano ancora segnali di forte nervosismo: Piazza Affari chiude a -1,52 per cento.
Lo spread schizza a quota 187 e soprattutto il rendimento del Btp decennale sale fino al 2,41%, ai massimi da tre anni e mezzo.
Il ‘contratto’ di governo alla base di un governo Lega-M5S “aumenta i rischi per il profilo di credito sovrano, in particolare attraverso un allentamento di bilancio e un potenziale danno alla fiducia”, scrive Fitch, secondo cui “è incerto in che misura questi rischi si tradurranno in una valutazione creditizia più debole, dipenderà dalla capacità del governo di realizzare il suo programma”.
L’agenzia di rating spiega che il rischio politico era stato un fattore cruciale nella bocciatura dell’Italia decisa nell’aprile 2017, quando il rating fu portato a BBB con outlook stabile (confermato il 16 marzo scorso).
Fitch fa notare che il reddito di cittadinanza, la flat tax e cambiamenti all’età pensionabile “aumenterebbero significativamente il deficit dal 2,3% del pil dello scorso anno”.
Secondo l’agenzia, le misure proposte per aumentare le entrate fiscali “non controbilancerebbero questi impegni e il programma non è in linea con l’obiettivo di riduzione del debito pubblico del governo in arrivo”.
Fitch si aspetta di conseguenza che l’anno prossimo il deficit superi il 2% del pil previsto in primavera.
Il debito pubblico “estremamente alto”, al 131,8% del pil a fine 2017, è considerato un fattore cruciale che tiene a freno il rating sul nostro paese.
Fitch sostiene che un’uscita dall’eurozona sia “altamente improbabile” vista l’attenuazione delle politiche anti-euro nella versione finale del programma.
“Tuttavia, la loro presenza in una bozza iniziale sottolinea l’antipatia che M5S e lega nutrono per l’euro e la loro disponibilità a fare marcia indietro rispetto alle regole fiscali Ue”.
Alcuni dati mostrano l’incremento del rischio Italia. Il mercato appare preoccupato per i piani di spesa del nuovo governo e vede una maggiore possibilità di default, rendendo la protezione più costosa.
Sebbene il livello di 130 punti base dell’Italia sia ancora lontano dal massimo da 10 anni di quasi 600 registrati durante la crisi della zona euro nel 2011 e nel 2012, il ritmo dell’aumento dei cds è spia del clima di crescente preoccupazione degli investitori.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 21st, 2018 Riccardo Fucile
“SARA’ BATTAGLIA IN PIAZZA”… COMINCIA LO SPETTACOLO, SALVINI FARA’ MANGANELLARE GLI OPERAI?
«Sant’Ilario è una bella zona, siamo pronti ad andarci in massa qualora il contratto di programma tra
Lega e M5s dovesse confermare la volontà di chiudere l’Ilva».
Lo afferma Armando Palombo, delegato Fiom Cgil, dopo che Lorenzo Fioramonti, consulente economico di Luigi Di Maio, indicato quale ministro dell’Economia in pectore, ha annunciato che i 5S sono per una chiusura programmata dell’Ilva con riconversione economica.
A Sant’Ilario vive Beppe Grillo, padre del M5s.
«Sono sconcertato – prosegue Palombo – qui parlano persone che non conoscono le reali situazioni. A Genova abbiamo fatto un accordo di programma, non ci fidavamo della politica allora, figuriamoci ora. Siamo pronti a manifestare con tutte le nostre forze».
Palombo è stato contattato dalla tv Primocanale che ha sentito anche altri sindacalisti. Antonio Apa, segretario generale Uilm, dice: «Dell’ipotesi chiusura c’è scritto testualmente nel contratto, non solo nel blog del M5s. Bisogna vedere qual è l’idea di green economy che hanno in mente».
Per Alessandro Vella, segretario generale Fim Cisl spiega: «È possibile ambientalizzare e allo stesso tempo mantenere la sidurergia in Italia. Ma se il programma del nuovo governo sarà quello prospettato della chiusura, sarà battaglia in piazza».
All’Ilva di Cornigliano lavorano circa 110 persone, mentre altri 370 sono impegnati in lavori socialmente utili in base a un accordo sulla cassa integrazione.
(da “il Secolo XIX”)
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