Destra di Popolo.net

PICCHIATO PORTABAGAGLI AFRICANO A VENEZIA: I DUE RAZZISTI TOSSICI INNEGGIAVANO A SALVINI, IL LORO ISPIRATORE

Luglio 10th, 2018 Riccardo Fucile

COLPITA ANCHE UNA TURISTA CHE L’HA DIFESO, LA VERGOGNA DEI VIGILI CHE NON INTERVENGONO DI FRONTE ALL’AGGRESSIONE… QUANDO QUALCUNO INIZIERA’ A REAGIRE VEDREMO QUANTI RAZZISTI USCIRANNO ANCORA DI CASA

Era già  capitato, in passato, che tra i portabagagli che assistono i turisti in visita alla città  scoppiassero delle risse per il controllo del territorio.
Ma il regolamento di conti che c’è stato martedì mattina, ha finito per coinvolgere una donna di 55 anni, che fa la guida turistica in Vaticano, e che è stata colpita con un pugno da due energumeni che, nel mezzo del parapiglia, hanno urlato frasi come «Viva Salvini» e «Sei nel Paese di Salvini». Il racconto della vittima è stato confermato anche da un noto avvocato veronese che, per caso, ha assistito all’intera scena.
Lei è Maria Pilar, 55 anni, di origini spagnole anche se vive a Roma da quasi trent’anni.
Ieri era arrivata in nave dalla Croazia, e con un’amica doveva raggiungere la stazione per lasciare in custodia i propri bagagli alcune ore, prima di raggiungere l’aeroporto e tornare a casa.
«Un ghanese di vent’anni si è offerto di aiutarci con le valige — racconta — e con lui abbiamo percorso l’ultimo tratto di strada».
L’aggressione è avvenuta intorno a mezzogiorno, appena giunti alla stazione. «Un tizio si è subito scagliato contro quel ragazzo, gridandogli “Abusivo! Negro! Cosa stai facendo?”. Poi ha chiamato un suo compare che è arrivato come una furia, ha afferrato l’africano e gli ha dato una tremenda capocciata in testa, poi un calcio in pancia e un pugno sulle costole…».
A quel punto le due donne sono intervenute per difendere il ragazzo. «Se la sono presa anche con me. Hanno cominciato a gridare insulti di ogni tipo, e dicevano che mentre loro pagano le tasse io invece favorivo gli abusivi. “Sei una comunista di m.”, mi ripetevano. Ho risposto che quel giovane ci stava semplicemente aiutando con i bagagli, ma uno di loro mi ha dato un pugno in faccia. E intanto strillavano “Salvini! Salvini! Questo è il Paese di Salvini! Questa è l’Italia, è nostra!”».
Mentre racconta l’episodio, Pilar è ancora sotto choc. «Ho detto a quei due che anch’io ero straniera, anche se vivo in Italia da tanto tempo e pago le tasse esattamente come loro. E quegli uomini ripetevano “Allora vattene anche tu, fuori dall’Italia!”. Sono sconvolta».
I due uomini — spiega la donna — avevano un cartellino che contraddistingue i porteur autorizzati a lavorare a Venezia. «Dopo l’aggressione se ne sono andati senza che nessuno dei vigili, che pure erano presenti almeno mentre mi insultavano, abbia mosso un dito per fermarli. Quando ho chiesto spiegazioni, gli agenti della polizia locale mi hanno risposto che già  conoscevano i loro nomi…».
Il ragazzo ghanese, invece, si è allontanato sanguinante. «Era ferito gravemente». Anche Pilar – che ha avuto il sangue freddo di fotografare i porteur – ha rifiutato di andare in ospedale: «Il mio volo per la Spagna partiva dopo poche ore, non potevo rischiare di perderlo. Appena tornerò in Italia, il 19 luglio, sporgerò querela».
Il racconto è confermato dall’avvocato Paolo Tacchi Venturi: «È stato terribile: un’aggressione in pieno giorno! La signora chiedeva “Ma che razza di Paese stiamo diventando?” e loro ripetevano: “È il paese di Salvini! Viva Salvini!”.
Eppure, l’aspetto agghiacciante di tutta questa vicenda, è un altro: nessuno è intervenuto per fermare quei due energumeni, neppure la polizia locale». Il comandante della polizia locale Marco Agostini assicura: «Stiamo indagando sul caso. Gli agenti, arrivati quando le presunte violenze erano già  avvenute, non sono intervenuti semplicemente perchè i due soggetti sono noti e si rischiava di aggravare la tensione e di creare problemi di ordine pubblico. Si tratta di due porteur tossicodipendenti di 37 e 41 anni, già  implicati in risse simili».

(da “il Corriere della Sera”)

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METTIAMO I CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ANCHE ALLE CAYMAN, A BANGKOK E IN LUSSEMBURGO, BASTA CON I DELINQUENTI, I PEDOFILI E I RICICLATORI DI DENARO RUBATO

Luglio 10th, 2018 Riccardo Fucile

PRIMA DI FAR ENTRARE UN EUROPEO IN AFRICA NECESSARIO SAPERE SE VA PER LAVORARE O PER FOTTERE BAMBINE MINORENNI, IMBOSCARE DENARO ILLECITO, TRAFFICARE IN DROGA, ARMI E SCORIE, CORROMPERE

Il professor Massimo Angelini, filosofo, storico ed editore a Genova ha scritto un post su Facebook che potrebbe essere uno spunto per il solerte ministro dell’Interno, Matteo Salvini, affinchè vada fino in fondo nella sua idea di fare centri diffusi d’identificazione per “stanare   i delinquenti” per poi espellerli immantinente dal nostro sacro suolo patrio con procedura d’urgenza.
Metodo eccellente da applicare su scala mondiale.
Scrive Massimo Angelini, il quale mi autorizza a pubblicare integralmente.

Bene: prendendo spunto da una lettera di padre Mauro Armanino, mi sono convinto che i centri di identificazione e le piattaforme di sbarco CI VOGLIONO, ci vogliono per tutti, perchè è giusto identificare i veri motivi per i quali si va in un altro paese: per lavorare o per delinquere?
Cos’è questa storia della libera circolazione delle persone, neanche fossero merci? Bisogna bloccare alla frontiera gli italiani, i tedeschi, gli americani che vanno in Tailandia, a Cuba, in Brasile, trattenerli in un centro temporaneo di identificazione, e prima di farli entrare (o rispedirli a casa) bisogna sapere se vanno a lavorare oppure a portare un turismo rispettoso o se invece ci vanno per fottere bambine e bambini.
Ci vogliono centri di identificazione alle frontiere della Svizzera, di Lussemburgo, delle Isole Cayman e di tutti i covi fiscali per trattenere qualche giorno chi porta denaro e, prima di farlo entrare, sapere se è frutto di riciclaggio o evasione.
Ci vogliono alle frontiere dei paesi centrafricani per essere certi di non fare entrare avventurieri, bracconieri, trafficanti.
Ci vogliono alle frontiere di TUTTI i paesi in via di occidentalizzazione (sissignori: non sono paesi in “via di sviluppo” ma di occidentalizzazione) per bloccare — giorni o settimane, solo quanto sia necessario e non di più — chi arriva dall’Europa, dalla Russia, dagli Stati Unti, dalla Cina, dal Giappone e, senza farsi sviare dagli abiti e dai modi così belli e puliti, controllare che non sia un mediatore o un trafficante di denaro, di droga, di persone, di armi, di terreni, di risorse, di scorie e rifiuti tossici, di minerali e materiali preziosi (senza i quali i cellulari e i computer con i quali scriviamo veleno sul mondo rapinato dai quali sono estratti non funzionerebbero) uno speculatore finanziario, un giocatore di risiko sulla pelle del mondo più povero, un monopolista, uno spacciatore di semi sterili o di iniziative pseudoumanitarie, un corruttore di governi, un accaparratore di giacimenti di pesce o di petrolio (che chi ci abita non potrà  più pescare o estrarre perchè non gli appartengono più, come la terra su cui poggia i piedi, e ringrazi la nostra democrazia umanitaria che permettiamo che ci cammini sopra)…
Il ragionamento è chiaro e ora la faccio breve: SONO PER I CENTRI DI IDENTIFICAZIONE, mi piacciono, li desidero in ogni aeroporto, comprese le Maldive e le Seychelles: è ora di finirla di fare circolare liberamente i delinquenti, i nullafacenti palestrati e gli stupratori.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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FRATELLI D’ITALIA PERDE PEZZI: L’ESODO DEGLI ELETTI DA ROMA A MILANO TRA POLEMICHE CON LA MELONI E LA TENTAZIONE LEGA

Luglio 10th, 2018 Riccardo Fucile

DOPO I ROMANI SANTORI E IADICICCIO SI ALLUNGA LA LISTA DI ESPONENTI DI PARTITO…   PRENDE LE DISTANZE ANCHE JONGHI LAVARINI

“Se sei nomade devi nomadare”. “Dopodichè, quando hai finito di nomadare, transumi e vai”, diceva Giorgia Meloni qualche settimana fa puntualizzando la sua posizione sui Rom.
Ma, ironia della sorte, il contrappasso della transumanza ha finito per abbattersi su Fratelli d’Italia.
L’emorragia, non solo nei sondaggi, parte dalla Capitale. Dove due pezzi da novanta del partito romano, l’ex consigliere regionale, Fabrizio Santori, e uno dei fondatori di FdI, Federico Iadiciccio, hanno già  sbattuto la porta suonando il liberi tutti.
Seguiti da un plotone di ammutinati che, per ora, si è accomodato nei gruppi misti delle rispettive assemblee di elezione. In attesa di traslocare, molto probabilmente, nella Lega.
Per ora, hanno fatto i bagagli due consiglieri comunali, Francesco Figliomeni e Maurizio Politi. E dieci consiglieri circoscrizionali: dal V Municipio (Emiliano Corsi e Giusy Guadagno) all’XI (Daniele Catalano); dal XII (Giovanni Picone, Marco Giudici e Francesca Grosseto) al II (Giuseppe Scicchitano e Sandra Bertucci); dal VII (Flavia Cerquoni) al XIV (Fulvio Accorinti).
DA ROMA A MILANO
E non finisce qui. Perchè se a Roma Fratelli d’Italia piange, di certo a Milano non ride. Nel capoluogo lombardo, a guidare la rivolta interna contro “la gestione verticistica (privatistica) del partito” e invocando “partecipazione, trasparenza, rinnovamento e meritocrazia”, è il movimentista ed esponente storico della destra milanese Roberto Jonghi Lavarini.
La richiesta indirizzata direttamente alla Meloni è chiara: convocare subito il congresso cittadino e quello provinciale. “Qui a Milano, dove finora non ci sono state defezioni, sta in sostanza avvenendo ciò che è già  accaduto a Roma — dichiara a ilfattoquotidiano.it Jonghi Lavarini —. Fatte ovviamente le dovute proporzioni, considerato che non abbiamo eletto consiglieri comunali, invito i vertici del partito a non commettere l’errore di derubricare il caso a semplice rivolta dei delusi”.
Il punto, al contrario, sarebbe politico. “La vera questione è la gestione verticistica del partito, affidata a ras locali, tanto a Roma, quanto a Milano — prosegue —. Dove i referenti del partito vengono scelti per cooptazione con un sistema che di democratico e meritocratico ha ben poco. Una piega che, purtroppo, si sta allargando anche al resto d’Italia”.
Una situazione che spinge Lavarini a lanciare un vero e proprio ultimatum: “O si costruisce un partito vero, attraverso assemblee costituenti e congressi locali, o i militanti di destra troveranno altre strade per fare politica: noi, del resto, abbiamo una mentalità  guerriera e non ci si può chiedere di piegarci al servilismo — avverte —. Invece, la Meloni continua a rincorrere Salvini, rischiando però di trasformare FdI nella ruota di scorta della Lega”.
Per uscire dall’angolo e scongiurare lo sgretolamento di FdI, non ci sono alternative: “L’anno prossimo ci sono le elezioni europee e dobbiamo fare fronte comune con Matteo Salvini e Marine Le Pen”, conclude Jonghi Lavarini, indicando nella nascita di una sorta di Super Lega l’orizzonte verso il quale il partito dovrebbe puntare.
DESTINAZIONE LEGA
E a Roma? Con un lungo post su Facebook, è stato Iadicicco in persona a spiegare le ragioni del “sofferto” addio a Fratelli d’Italia, annunciando anche la nascita dell’associazione Italia Comunità . “Da molto non condividevamo alcune fondamentali scelte di posizionamento politico, la strutturazione di un partito ideologico in un’epoca post ideologica. A questo va aggiunta, l’incapacità  del partito qui a Roma di aprirsi veramente, profondamente ad altre esperienze, lasciarsi contaminare per crescere — spiega Iadicicco —. Non credo sia avvenuto per volontà  esplicita, molto probabilmente per un riflesso incondizionato, per un’abitudine consolidata, sedimentata in un modo di gestire le cose, ma purtroppo è avvenuto. Abbiamo provato ad offrire un cambiamento ma non ci siamo riusciti e non crediamo ci siano più margini, per questo usciamo”.
Per ora, come detto, i dodici fuoriusciti dalle amministrazioni capitoline resteranno nel gruppo Misto. Ma sono in tanti a dare per scontato che, viste le premesse, di qui a breve, l’approdo nella Lega sarà  inevitabile. E non solo a Roma.
Giovedì 12 luglio, infatti, è stata convocata a Milano una riunione di Europa dei Popoli, l’associazione culturale di Mario Borghezio, per presentare il nuovo progetto editoriale (Idee per l’Europa dei Popoli). Ma sarà  anche l’occasione per un confronto tra i quadri locali di Fratelli d’Italia in fermento e i vertici locali della Lega.
Che sia l’anticamera dell’approdo di un pezzo della destra milanese nelle file del Carroccio? Più di qualcuno è pronto a scommetterci.
Insomma, la “transumanza” è già  cominciata. La Meloni è avvisata.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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SONDAGGIO SKY TG24: IL 74% DEGLI ITALIANI NON VUOLE USCIRE DALL’EURO

Luglio 10th, 2018 Riccardo Fucile

ANCHE I CAZZARI LEGHISTI E GRILLINI HANNO PAURA DI PERDERE I LORO AMATI EURINI IN BANCA E ADESSO SOLO IL 22,5% VUOLE TORNARE ALLA LIRA

Poco più di un terzo degli italiani vorrebbe un referendum sull’euro, e anche nel caso in cui si andasse al voto, solo il 22,5% sarebbe favorevole ad abbandonare la moneta unica.
Questi i risultati principali del sondaggio sul rapporto tra italiani e euro realizzato dall’istituto di ricerca Quorum/YouTrend per Sky TG24, diffuso dalla testata all’interno dello speciale “Euro sì, euro no. La parola agli italiani”.
Il popolo pro-euro appare dunque di gran lunga più numeroso di quello anti-euro. Un fatto che riguarda gli elettori di tutti i principali partiti, seppur con percentuali diverse: se nel Pd i favorevoli alla moneta unica sono il 94,1%, sono propensi a restare nell’eurozona anche il 68,4% degli elettori del M5S, il 63,1% di quelli della Lega e il 73,6% dei militanti di Forza Italia.
Per quanto riguarda l’estrazione sociale dei partecipanti al sondaggio, i meno euroscettici risultano essere i laureati (83,1% a favore del “remain”), mentre più di un disoccupato su tre voterebbe per un’Italexit (33,8%).
In caso quest’ultima si verificasse comunque, quasi la metà  degli intervistati (46,2%) toglierebbe i risparmi dal proprio conto in banca.
Il rapporto analizza infine anche il rapporto del nostro paese con la Germania: se la maggior parte degli intervistati imputa alle scelte dei governi italiani la responsabilità  della situazione economica nazionale, rimane comunque una quota rilevante (26%) che fa risalire tali responsabilità  alle influenze tedesche.

(da agenzie)

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IL DIRETTORE DELL’OSPEDALE PEDIATRICO MEYER: “CHE DIFFERENZA C’E’ TRA I BAMBINI DELLA THAILANDIA E I FIGLI DEI MIGRANTI?”

Luglio 10th, 2018 Riccardo Fucile

PARTECIPAZIONE PER LA SALVEZZA DEI PRIMI, SPERANZA CHE AFFOGHINO PER I SECONDI

Alberto Zanobini, direttore generale dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, ha scritto oggi una lettera per chiedersi quale sia la differenza tra i piccoli calciatori della Thailandia intrappolati in una grotta per i quali il mondo e l’Italia sono rimasti per giorni con il fiato sospeso prima dell’inizio delle operazioni di salvataggio, e i piccoli migranti che si trovano sui gommoni in attesa di essere salvati:
Mi chiedo che cosa abbiano di diverso i bambini thailandesi bloccati da giorni nelle grotte rispetto ai piccoli migranti che vagano nei gommoni nel mediterraneo, in attesa anch’essi di essere salvati. Che cosa scatta di diverso nella psicologia di noi occidentali?
Perchè mentre il primo caso sollecita in tutti noi il tifo per il salvataggio, il secondo in vari strati della popolazione non attiva gli stessi meccanismi paterni e materni di solidarietà  e vicinanza?
Non siamo forse padri e madri anche dei piccoli africani in fuga e disperatamente in cerca di accoglienza allo stesso modo dei giovani thailandesi la cui vicenda da giorni ha mobilitato tutto il mondo per il loro salvataggio?
Forse perchè in questo ultimo caso all’uscita del tunnel una casa lontana che non è la nostra li accoglierà ?
Madri e padri che in ansia li aspettano li riabbracceranno e dunque non coinvolgeranno da vicino le nostre vite e le nostre case.
Come umani dovremmo sapere ricercare nel profondo di noi stessi i sentimenti di paternità  e maternità  per ogni piccola creatura sofferente nel pianeta, anche se questa è più vicina e per questo apparentemente più minacciosa.

(da agenzie)

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LA BUFALA GIORNALISTICA SUI VIP, LO SDEGNO DI MARCO D’AMORE: “MAI DETTO NO AD ACCOGLIERLI E MI TROVO IN UN ELENCO TAROCCATO”

Luglio 10th, 2018 Riccardo Fucile

“CALUNNIATO DA UN QUOTIDIANO PER UNA FRASE CHE NON HO MAI DETTO, MI SONO ROTTO IL CAZZO, ORA TIRATE FUORI LA REGISTRAZIONE”

Sfogo di Marco D’Amore su Instagram. “Mi sono rotto il c.”, scrive l’attore napoletano, riguardo una “calunnia” che dice di aver subito in prima persona da un quotidiano online.
In un lungo post sul social network fotografico, d’amore scrive “Mi chiama una sedicente appartenente ad una associazione benefica (non mi dice il suo nome nè il nome dell’associazione, tantomeno come ha reperito il mio numero) mi chiede se sono disponibile ad accettare in casa mia un migrante”.
D’Amore non abbocca: “Le rispondo – prosegue –   che nel rispetto della sua nobile attività  e nel rispetto della mia intelligenza ho necessità  di saperne di più della cosa che mi viene esposta in maniera generica ed approssimativa. Dunque la invito a contattare le persone preposte a raccogliere per me questo tipo di richieste”.
Dopo poco, l’epilogo: “Il Tempo” e “Caserta News” sparano a zero, titolando che io e altri “radical chic” ci siamo rifiutati di accogliere la richiesta umanitaria. Ho messo questa foto perchè io ci metto la faccia. Invito i direttori delle due testate a rendere pubblica la registrazione della mia telefonata! La libertà  e il grado di democrazia di una Nazione si misurano anche dalla sincerità  e dalla onestà  della Stampa”.
Un consiglio a D’Amore: una bella querela in sede civile e una richiesta di un milione di euro di danni. Vedrà  che nessun razzista gli romperà  più i coglioni.

(da agenzie)

argomento: denuncia | Commenta »

IRRESISTIBILE GIORGIA: LA MELONI DIVENTA IL NUOVO ZIMBELLO DEL WEB

Luglio 10th, 2018 Riccardo Fucile

TUONARE CONTRO I RADICAL CHIC QUANDO SI GUADAGNA 98.000 EURO L’ANNO E SI OSTENTANO LE BORSE DI LUOIS VUITTON NON LE VIENE PERDONATO

Nulla. Nella lotta continua per la visibilità  le ha provate tutte. Ma ogni volta le va male. Irresistibile Giorgia.
Ora, dopo l’epopea di Gasparri, la nuova regina dei social è Giorgia Meloni, la ‘fratella’ italiana nonchè patriota che si è ridotta a urlare più forte di Salvini per mantenere ‘un posticino al sole’ nella sedicente estrema destra italiana
Così, tentando di deridere i poveri annegati mentre cercavano di raggiungere l’Unione Europea, l’alto giorno si è fatta fotografare (con tanto di ritocchino fotoshop per apparire fresca come alla prima comunione quale splendida berlusconcina che è…) con la maglietta rossa dicendo: peccato che non ho il Rolex o un attico a New York.
Detto da una che ha dichiarato 98 mila euro nel 2017 già  faceva ridere
Ma la rete non perdona: così è spuntata una costosa borsa firmata Louis Vuitton con la quale la deputata e leader di Fratelli d’Italia venne immortalata in una foto scattata   in Parlamento. E vai col tormentone: “Rolex è radical chic, borsa Louis Vuitton è popolo”.
Senza dimenticare il ruolo nella Meloni per sostenere Silvio Berlusconi che non è radical, non è chic ma è un nababbo che vive nel lusso tra ville per l’Italia e per il mondo e corte dei miracoli di adulatori magari 3-4 mila euro a serata come un Trimalcione moderno.
Così la Meloni è diventata – a furor di popolo- lo zimbello del web. Perchè chi di social ferisce, di social perisce: così sono arrivati i commenti.
– In quanto umile lavoratrice nella moda vorrei confermare che la Vuitton della #Meloni viaggia sui 1000/1500 euro
– La #Lega di cui #Salvini era dirigente e la destra della #Meloni, fecero parte dei governi #Berlusconi. La seconda fu anche ministro. Gli “italiani poveri” di cui i due si riempiono continuamente la bocca, sono poveri a causa di quei governi, che portarono l’Italia in recessione
– “Mettono la #magliettarossa, ma hanno il rolex e l’attico a New York”: così, sull’iniziativa lanciata da don Ciotti, i vari Grillo (420.807€ dich. nel 2017), Santanchè (391.640€), Meloni (98.421€) e, appena lasciata la California, el guapo del pueblo Di Battista (113.471€)
– La Meloni indossa una #magliettaazzurra per i 5milioni di poveri italiani.
Quindi, come funziona, adesso noi #radicalchic dovremmo dire: “Ospitateli a casa vostra e risolviamo il problema”, giusto
– Ecco, c’è un tweet che racconta meglio di mille altri il disagio culturale e politico in cui ci siamo infilati. È quello di Giorgia Meloni.
– Faccio l’infermiera per 1400€ mese.
Non ho il #Rolex.
Non ho ville sparse per il mondo.
Non ho il conto in banca di #Salvini o della #Meloni.
Io e tutta la mia famiglia indossiamo la #magliettarossa.
#radicalchic sto par de balle.
– Ormai a Meloni è vittima de se stessa. È rimasta c n partito ridicolo de 15 iscritti, pisciata da Salvini, snobbata da Berlusconi. Nun se la in… nessuno, l’unico modo che je resta pe attira l’attenzione è fasse cojona su Twitter. #vatteariponeGiorgè

(da Globalist)

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INDAGINE DI RICICLAGGIO PER I FONDI DELLA LEGA E LA PISTA DEL LUSSEMBURGO

Luglio 10th, 2018 Riccardo Fucile

SCENDONO IN CAMPO GLI ISPETTORI DELL’UIF, UNITA’ SPECIALIZZATA NEL CONTRASTO AL RICICLAGGIO E AL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO INTERNAZIONALE: LA PACCHIA STA PER FINIRE

Dieci milioni di euro.
Gli ispettori dell’Uif — letteralmente l’Unità  di informazione finanziaria — detective altamente specializzati nel contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo internazionale da oggi scendono in campo a fianco della Procura per indagare sul presunto trasferimento illecito all’estero di parte dei 49 milioni di euro della truffa Bossi-Belsito.
La discesa in campo di Bankitalia serve a indagare su dieci milioni di euro trasferiti in un fondo fiduciario in Lussemburgo che secondo gli inquirenti potrebbero costituire una traccia significativa dei soldi della Lega scomparsi.
Per farlo dovranno studiare l’archivio bancario sequestrato a metà  giugno nella sede centrale della banca Sparkasse di Bolzano.
«L’ultimo movimento di denaro riconducibile alla Lega — spiega alla Stampa oggi una qualificata fonte investigativa — risale a due anni fa. Quando i conti del partito vennero poi chiusi».
Da allora tecnicamente Lega e Sparkasse non avrebbero più dovuto effettuare operazioni bancarie insieme.
Dall’analisi dei flussi si cercherà  di capire se quello che sostiene la dirigenza della banca («Quei soldi sono frutto di nostri investimenti e non hanno nulla che vedere con il partito», è stato più volte ribadito) corrisponda alla realtà  oppure no.
Sotto la lente c’è il trasferimento di dieci milioni di euro e il rientro successivo di tre milioni, operazione che ha fatto scattare l’alert di Bankitalia mettendo all’attenzione degli investigatori l’intera operazione.
Che si va a intrecciare con l’indagine per riciclaggio aperta a Genova dall’esposto presentato dall’ex revisore contabile Stefano Aldovisi.
Quest’ultimo, che si era visto aggredire il suo patrimonio personale nell’ambito dell’affaire rimborsi elettorali, aveva evidenziato ai magistrati come La Lega di fatto avesse ben più dei tre milioni di euro trovati sui conti.
Spiega oggi Repubblica che il 13 aprile la Procura ha spedito a Bolzano le Fiamme Gialle per perquisire Sparkasse e trovare prove su quel “transito” verso il fondo di investimento Phaurus Management.
Anche se Gerhard Brandstaetter, presidente della banca, afferma che quei movimenti con la Lega non c’entrano nulla.   Sotto la lente ci sono venti società  satelliti, ma non solo:
Era stato lo stesso revisore ad evidenziare la presenza di società , onlus e associazioni «satelliti» riconducibili al Carroccio al centro di movimenti quantomeno da approfondire.
E ora nel mirino dei pm genovesi che, oltre ad indagare per il riciclaggio stanno anche cercando di recuperare i fondi elettorali truffa per quasi 50 milioni di euro, sono finite una ventina di società  della «galassia Lega».
Si dovrà  capire in pratica se abbiano ottenuto soldi dal partito o per il partito e se siano o meno soggetti autonomi.
Una di queste, la Onlus Più Voci, era finita nel mirino dei pubblici ministeri romani che indagavano sul sistema Parnasi per una serie di finanziamenti intorno ai duecentocinquantamila euro.
Il 16 luglio intanto il tribunale del Riesame si deve pronunciare sul sequestro dei conti delle sedi territoriali del partito.

(da “NextQuotidiano”)

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IL DECRETO DIGNITA’ SI E’ PERSO

Luglio 10th, 2018 Riccardo Fucile

MANCA LA BOLLINATURA CHE CERTIFICHI CHE ESISTONO LE COPERTURE

Il Decreto Dignità  è sparito. A una settimana dalla sua approvazione in consiglio dei ministri, emendato di gran parte dei provvedimenti promessi in sede di presentazione su Facebook, il provvedimento ancora giace alla Ragioneria Generale dello Stato perchè manca la cosiddetta bollinatura, ovvero l’atto con cui si certifica la presenza delle necessarie coperture per le norme approvate.
Di problemi con il modo in cui vengono finanziate le maggiori spese e le maggiori entrate si era parlato dalla fine di giugno, quando il provvedimento era entrato in CDM ma non ne era uscito con l’approvazione proprio a causa della mancanza delle coperture.
Tre giorni dopo il consiglio dei ministri aveva comunque dato l’ok al provvedimento, nonostante le molte perplessità  su questioni tecniche come le causali dei contratti a termine.
Oggi, dice il Corriere della Sera in un articolo di Lorenzo Salvia, non sono ancora arrivati tutti gli elementi necessari per una valutazione approfondita, c’è ancora qualche riflessione in corso sul calo del gettito dell’IVA causato dallo stop alla pubblicità  di giochi e scommesse.
Ma non bastano certo gli aspetti tecnici a spiegare un’attesa di una settimana. Il problema è politico. Alla luce del sole c’è lo scontro tra la Lega e il MoVimento 5 Stelle, con il partito di Matteo Salvini contrario a quella stretta sui contratti a termine criticata dagli imprenditori ma fortemente voluta invece da Luigi Di Maio. Con il Carroccio che quasi per ritorsione rilancia i voucher, e cioè quei buoni per pagare i lavoratori a ore che, nella graduatoria della precarietà , sono ancora più flessibili dei contratti a termine.
Ma i problemi ci sono anche tra Giovanni Tria e Luigi Di Maio.
«Mi auguro che nessuno voglia metterci i bastoni tra le ruote», ha detto Di Maio al termine del vertice dei ministri economici; «Nessun bastone tra le ruote ma non si può fare un annuncio al giorno», ha risposto il titolare di via XX Settembre.
Il tutto accade mentre è ormai passata la data del 5 luglio che doveva rappresentare il giorno dell’ok definitivo alla cosiddetta riforma dei vitalizi alla Camera.
Anche qui la maggioranza (ovvero: la Lega) ha chiesto “approfondimenti legislativi”, ovvero di avere la certezza che dopo l’approvazione, in caso di successiva bocciatura, non debba essere chi ha approvato la norma a dover pagare per l’ammanco.
Roberto Petrini su Repubblica si addentra nella spiegazione del motivo del blocco: nel mirino degli osservatori c’è il cuore del provvedimento, cioè il “contrasto dell’abuso” dei contratti a tempo determinato che dovrebbe avvenire ricorrendo al tetto dei 24 mesi (invece degli attuali 36), all’introduzione delle causali dopo i primi 12 mesi e alla penalizzazione dello 0,5 di contributi per ogni rinnovo.
La stretta dovrebbe ridurre il numero di questi contratti a termine: la relazione tecnica, che correda il provvedimento attualmente alla firma del Quirinale, non fa una stima del numero di contratti a termine che verranno meno.
Tuttavia si sa che oggi questi contratti danno un gettito di 300-400 milioni all’anno perchè sono sottoposti dalla scorsa legislatura al pagamento dell’Irap sul lavoro (che invece non c’è sul tempo indeterminato) e all’incremento di 1,4 per cento dei contributi.   Gian Marco Centinaio, ministro dell’Agricoltura, in un’intervista al Corriere non nega i problemi riguardo la bollinatura:
«Credo stiano cercando di capire il più velocemente possibile i punti di forza e di debolezza e di conseguenza le cose che si possono modificare».
Dietro questo ritardo c’è la mancanza di coperture?
«Questo non lo so».
O il ritardo dipende più dallo scontro fra Lega e M5S sui contratti a termine?
«E vero che gli imprenditori del Nord hanno posto delle questioni. Ma è anche vero che le stesse sollecitazioni sono arrivate ai Cinque Stelle»
Con le nuove norme, ipotizzando che un quarto dei contratti non venga rinnovato, si perderebbero circa 100 milioni di gettito. Non si tratta di una cifra enorme, ma la relazione tecnica non ne tiene conto. Come pensa il governo di far fronte a questo «eventuale minor gettito»? Il meccanismo del provvedimento è quello della “speranza nel futuro”, ovvero di una copertura di carattere macroeconomico e non puntuale con tagli di spese, aumento di entrate o spostamenti di poste di bilancio. “Come dire che si ritiene sicuro che molti datori di lavoro, visti i costi, trasformeranno i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato e che solo in base a questa speranza si consumerà  di più”, conclude il quotidiano.

(da “NextQuotidiano”)

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