IL DECRETO DIGNITA’ SI E’ PERSO
MANCA LA BOLLINATURA CHE CERTIFICHI CHE ESISTONO LE COPERTURE
Il Decreto Dignità è sparito. A una settimana dalla sua approvazione in consiglio dei ministri, emendato di gran parte dei provvedimenti promessi in sede di presentazione su Facebook, il provvedimento ancora giace alla Ragioneria Generale dello Stato perchè manca la cosiddetta bollinatura, ovvero l’atto con cui si certifica la presenza delle necessarie coperture per le norme approvate.
Di problemi con il modo in cui vengono finanziate le maggiori spese e le maggiori entrate si era parlato dalla fine di giugno, quando il provvedimento era entrato in CDM ma non ne era uscito con l’approvazione proprio a causa della mancanza delle coperture.
Tre giorni dopo il consiglio dei ministri aveva comunque dato l’ok al provvedimento, nonostante le molte perplessità su questioni tecniche come le causali dei contratti a termine.
Oggi, dice il Corriere della Sera in un articolo di Lorenzo Salvia, non sono ancora arrivati tutti gli elementi necessari per una valutazione approfondita, c’è ancora qualche riflessione in corso sul calo del gettito dell’IVA causato dallo stop alla pubblicità di giochi e scommesse.
Ma non bastano certo gli aspetti tecnici a spiegare un’attesa di una settimana. Il problema è politico. Alla luce del sole c’è lo scontro tra la Lega e il MoVimento 5 Stelle, con il partito di Matteo Salvini contrario a quella stretta sui contratti a termine criticata dagli imprenditori ma fortemente voluta invece da Luigi Di Maio. Con il Carroccio che quasi per ritorsione rilancia i voucher, e cioè quei buoni per pagare i lavoratori a ore che, nella graduatoria della precarietà , sono ancora più flessibili dei contratti a termine.
Ma i problemi ci sono anche tra Giovanni Tria e Luigi Di Maio.
«Mi auguro che nessuno voglia metterci i bastoni tra le ruote», ha detto Di Maio al termine del vertice dei ministri economici; «Nessun bastone tra le ruote ma non si può fare un annuncio al giorno», ha risposto il titolare di via XX Settembre.
Il tutto accade mentre è ormai passata la data del 5 luglio che doveva rappresentare il giorno dell’ok definitivo alla cosiddetta riforma dei vitalizi alla Camera.
Anche qui la maggioranza (ovvero: la Lega) ha chiesto “approfondimenti legislativi”, ovvero di avere la certezza che dopo l’approvazione, in caso di successiva bocciatura, non debba essere chi ha approvato la norma a dover pagare per l’ammanco.
Roberto Petrini su Repubblica si addentra nella spiegazione del motivo del blocco: nel mirino degli osservatori c’è il cuore del provvedimento, cioè il “contrasto dell’abuso” dei contratti a tempo determinato che dovrebbe avvenire ricorrendo al tetto dei 24 mesi (invece degli attuali 36), all’introduzione delle causali dopo i primi 12 mesi e alla penalizzazione dello 0,5 di contributi per ogni rinnovo.
La stretta dovrebbe ridurre il numero di questi contratti a termine: la relazione tecnica, che correda il provvedimento attualmente alla firma del Quirinale, non fa una stima del numero di contratti a termine che verranno meno.
Tuttavia si sa che oggi questi contratti danno un gettito di 300-400 milioni all’anno perchè sono sottoposti dalla scorsa legislatura al pagamento dell’Irap sul lavoro (che invece non c’è sul tempo indeterminato) e all’incremento di 1,4 per cento dei contributi. Gian Marco Centinaio, ministro dell’Agricoltura, in un’intervista al Corriere non nega i problemi riguardo la bollinatura:
«Credo stiano cercando di capire il più velocemente possibile i punti di forza e di debolezza e di conseguenza le cose che si possono modificare».
Dietro questo ritardo c’è la mancanza di coperture?
«Questo non lo so».
O il ritardo dipende più dallo scontro fra Lega e M5S sui contratti a termine?
«E vero che gli imprenditori del Nord hanno posto delle questioni. Ma è anche vero che le stesse sollecitazioni sono arrivate ai Cinque Stelle»
Con le nuove norme, ipotizzando che un quarto dei contratti non venga rinnovato, si perderebbero circa 100 milioni di gettito. Non si tratta di una cifra enorme, ma la relazione tecnica non ne tiene conto. Come pensa il governo di far fronte a questo «eventuale minor gettito»? Il meccanismo del provvedimento è quello della “speranza nel futuro”, ovvero di una copertura di carattere macroeconomico e non puntuale con tagli di spese, aumento di entrate o spostamenti di poste di bilancio. “Come dire che si ritiene sicuro che molti datori di lavoro, visti i costi, trasformeranno i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato e che solo in base a questa speranza si consumerà di più”, conclude il quotidiano.
(da “NextQuotidiano”)
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