Luglio 11th, 2018 Riccardo Fucile
SALVINI SUBISCE L’ARRIVO DELLA NAVE DICIOTTI A TRAPANI, MA CHIEDE IL CONTENTINO DI VENDERSI L’IMMAGINE DI DUE DISPERATI IN MANETTE SOLO PERCHE’ IN BASE ALLA CONVENZIONE DI GINEVRA NON POTEVANO ESSERE RICONSEGNATI AI CRIMINALI LIBICI E GIUSTAMENTE SI SONO RIBELLATI… LA PROCURA DI TRAPANI SI PRESTERA’ ALLA MESSINSCENA?
L’attesa è di capire su quali notizie di reato potrà lavorare il pm di Trapani a proposito di quei migranti accusati di gravi intemperanze.
Così Diciotti, il pattugliatore della Guardia Costiera che ha raccolto 67 persone dal rimorchiatore civile Vos Thalassa, ha fatto scendere i giri del motore.
Arriverà in porto giovedì mattina, anzichè nella serata di mercoledì, per dare più tempo alla procura di studiare il caso.
È la prima volta in cui, concretamente, la linea del Movimento 5 stelle prevale su quella di Matteo Salvini. O almeno in parte.
È stato il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli a forzare la mano e a indicare il porto di sbarco, competenza che spetterebbe al titolare del Viminale. Che al contrario aveva tuonato contro lo sbarco dei passeggeri della Diciotti. Configurando, così, una situazione paradossale, nella quale il governo italiano avrebbe impedito l’approdo a una nave non privata, ma della Guardia costiera.
Lo stesso Luigi Di Maio aveva dato una forte copertura politica al suo collega: “Se si tratta di una nave italiana intervenuta in una situazione che dovremo chiarire bisogna dare seguito e farla sbarcare. Non è immaginabile che noi chiudiamo i porti ad una nave italiana”.
Il cortocircuito, spiegano fonti dell’esecutivo, sarebbe stato determinato dalla fuga in avanti del ministro dell’Interno, che avrebbe tuonato contro i migranti raccolti dalla Diciotti minacciando il niet all’approdo non sapendo che si fosse trattato di un intervento a salvaguardia dell’equipaggio della Vos Thalassa.
Certo, il fronte interno al governo rimane aperto. Soprattutto dopo le parole del ministro della Difesa Elisabetta Trenta, che in mattinata, intervistata dal quotidiano dei vescovi Avvenire, aveva segnato una distanza nei confronti del Carroccio su questo versante: “Il Mediterraneo è sempre stato un mare aperto e continuerà ad esserlo. L’apertura è la sua ricchezza. La strada è regolamentare, non chiudere. La parola accoglienza è bella, la parola respingimenti è brutta. Poi accogliere si può declinare in mille maniere. E si può, anzi si deve, legare accoglienza a legalità “.
Anche per questo il segretario leghista non è intenzionato a cedere su tutta la linea. “Il porto per la nave sarà assegnato solo dopo che saranno fatti i nomi dei finti profughi che invece che in un albergo finiranno in prigione per le loro azioni a bordo della Vos Thalassa”, ha tuonato da Innsbruck, dove è in corso un vertice con gli omologhi europei.
Non è un caso che la prua della nave si stata puntata verso Trapani, dove ha sede una delle procure che per prime mise nel mirino le Ong per il loro lavoro nel Mediterraneo.
Nessuno conferma apertamente, ma a microfoni spenti viene spiegato che si ha piena contezza delle diverse sensibilità che albergano nei palazzi di giustizia a seconda delle città .
È nell’identificazione e nei capi d’accusa dei presunti facinorosi che si cela la soluzione della crisi.
Mentre all’orizzonte, nonostante la fiducia gialloverde profusa in queste ore, si materializza la possibilità di uno scenario che ha del surreale: la nave di un corpo militare dello Stato interdetta allo sbarco del proprio carico di vite unane dal governo dello stesso Stato a cui appartiene.
Vediamo se in un paese democratico e stato di diritto gli (eventuali) arresti saranno decisi dalla magistratura ancora indipendente o da un razzista.
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2018 Riccardo Fucile
SOLO PER LE PARTITE IVA CHE FATTURANO 100.000 EURO ED E’ PURE CONTRARIA ALLE NORME UE SUL VALORE AGGIUNTO
Il copione si ripete, e assume ogni giorno che passa le sembianze di una prassi sempre più
consolidata: grandi annunci ma provvedimenti al di sotto delle aspettative.
Dopo il decreto Dignità , dato per ultimato da settimane, poi ritoccato per mancanza di coperture e ancora assente in Gazzetta Ufficiale, tocca alla flat tax.
La Lega ha annunciato il “primo step della rivoluzione fiscale” del Governo del Cambiamento: “Questa mattina è stata presentata la nostra proposta di legge sulla Flat Tax che estende il regime minimo forfettario per tutte le partite Iva fino ad un volume d’affari di 100 mila”, ha informato il capogruppo del Carroccio alla Camera Riccardo Molinari.
Il disegno di legge punta a una estensione del regime a tassazione agevolata al 15% per le partite Iva che oggi viene applicato a esercenti e imprenditori che abbiano conseguito ricavi o compensi tra i 30mila (per i liberi professionisti) ai 50mila euro, a seconda dell’attività svolta.
Tecnicamente, più che un assaggio di flat tax (che dovrebbe invece andare a incidere principalmente sui redditi Irpef) la misura annunciata non è altro, quindi, che un’estensione di un regime fiscale già in vigore, con l’obiettivo – a parole – di semplificare adempimenti contabili e rendere più facile la vita a professionisti, imprese e start up.
Per queste ultime “l’aliquota prevista è del 5% per 3 anni estesa a 5 anni per gli under 35 e gli over 55”, ha detto Molinari.
Al momento, invece, la soglia del 5% vale per quattro anni indipendentemente dall’età dell’imprenditore.
Non solo: Molinari parla di tutte le partite Iva senza chiarire quali requisiti presenti nel vecchio regime verranno portati in quello nuovo, come il limite dei cinquemila euro alle spese per il lavoro dipendente ai 20mila euro di costi in beni strumentali.
In attesa di leggere il testo della proposta di legge, l’impressione è che di “rivoluzionario” in questa prima proposta in campo fiscale ci sia ben poco.
Ad oggi, stando alle dichiarazioni dei redditi del 2017, ad avere accesso al regime forfettario dei minimi sono circa 930mila contribuenti italiani.
L’innalzamento della soglia relativa ai compensi fino a 100mila euro porterà a un incremento della platea, a spanne, di circa 600/800mila partite Iva con accesso al regime forfettario.
In percentuale, stiamo parlando di poco più dell’1,5% di tutti i contribuenti italiani. Ben poca cosa a dispetto dei toni trionfalistici degli annunci di questi giorni e dell’attesa sapientemente alimentata sul fronte fiscale.
Non è detto poi che la proposta leghista abbia il via libera di Bruxelles.
Il regime dei minimi ha valenza sostitutiva dell’imposta sul valore aggiunto e l’Iva è imposta comunitaria: l’azione legislativa nazionale si deve perciò muovere all’interno del quadro normativo Ue, rispettando i paletti prefissati.
“L’Unione Europea fissa a 65mila euro il tetto di volume d’affari per alcuni dei soggetti passivi che chiedono il regime minimo”, dice all’HuffPost Enrico Zanetti, ex viceministro all’Economia.
Con la decisione 2013/678/UE, Bruxelles ha già accolto in passato una richiesta di deroga arrivata dall’Italia, portando da 30mila a 65mila il tetto di esenzione.
Per alzare ancora l’asticella serve l’ok dell’Ue, e non è detto che venga concesso, i tempi potrebbero essere lunghi.
“Per portare il monte fatturato a 100mila serve che una deroga della Commissione Ue. Al momento l’ultima decisione è stata assunta nel 2016 quando è stata prorogata fino al 2019 la possibilità di adottare il regime forfettario, e ha confermato al tempo stesso il tetto di 65mila. Ma alzarlo a 100mila al momento non è coerente con il quadro normativo dell’Ue”.
Prima dell’approvazione della proposta leghista servirà quindi una autorizzazione di Bruxelles, e se la richiesta non è stata ancora inoltrata, difficilmente arriverà un ok prima di novembre.
Per capire, nel 2016, quando il Governo Renzi ne richiese la proroga, a marzo aveva già avviato la procedura. Ora siamo a metà luglio.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 11th, 2018 Riccardo Fucile
COLPIREBBE TUTTE LE PENSIONI CON CONTRIBUTO A SALIRE A PARTIRE DALLO 0,35%
La Lega vuole tassare le pensioni.
Il Giornale ieri ha lanciato l’allarme in prima pagina per una proposta di Alberto Brambilla, ex sottosegretario al Welfare del Carroccio e presidente del Centro Studi Itinerari presidenziali: l’idea è quella di un contributo di solidarietà che destinerebbe le risorse raccolte ai non autosufficienti e a chi è senza lavoro.
Un contributo temporaneo, come quello chiesto all’epoca di Monti ai pensionati d’oro, e un’idea diversa dal cosiddetto ricalcolo proposto dal MoVimento 5 Stelle e che potrebbe rivelarsi illegittimo perchè definitivo (e quindi cozzerebbe contro i “diritti acquisiti” dei pensionati).
Itinerari Previdenziali ha infatti fatto i conti in tasca a Di Maio: «Abbiamo calcolato che se si considera il tetto dei 5.000 euro netti mensili le risorse ottenute sarebbero tra i 100 e i 120 milioni – spiega Brambilla –. Ma anche se, come sembra ormai orientato a fare Luigi Di Maio, il tetto scendesse a 4.000 euro netti, si otterrebbero 180-200 milioni. Mentre nella peggiore delle ipotesi il contributo di solidarietà vale un miliardo, nella migliore delle ipotesi si potrebbero anche superare i due miliardi». E come si arriva ad incassare due miliardi?
Il ricalcolo su base contributiva della parte dell’assegno non corrispondente alle somme versate (ovvero, la riforma di Di Maio) si tradurrebbe in tagli sostanziosi, ma a carico di pochi: il contributo di solidarietà invece, pur essendo di gran lunga inferiore (Brambilla ipotizza uno 0,35% di partenza sulle pensioni più basse, per poi procedere in modo proporzionale) verrebbe spalmato sulla quasi totalità degli assegni, escluse naturalmente le pensioni sociali, quelle di invalidità e quelle eccessivamente basse.
I conti della serva sul punto dicono che se si applicasse l’aliquota dello 0,35% al totale delle pensioni di vecchiaia e di reversibilità pagate dall’Inps (per un totale di 171 miliardi) si otterrebbero 600 milioni circa.
Una modulazione a scaglioni potrebbe quindi determinare un gettito superiore.
Ma è evidente che un contributo così fatto verrebbe chiesto a tutte le pensioni tranne quelle sociali, di invalidità e le più basse.
Gli scaglioni però potrebbero rendere decisamente più digeribile un contributo del genere, soprattutto se dall’altra parte c’è lo spauracchio del ricalcolo.
Lo schema proposto da Brambilla ha infatti significativi effetti diversi rispetto all’idea di Di Maio. Che è molto lontana dal riuscire a portare a casa un miliardo, come ha arditamente dichiarato il ministro dello Sviluppo e del Lavoro, ma ha anche una platea teorica interessante.
Attualmente solo il 4,1 % delle pensioni pagate è interamente coperto dai contributi. Con un ricalcolo contributivo generalizzato, e soltanto teorico per il momento, a perdere sarebbero innanzitutto i dipendenti dello Stato, della scuola, dell’università e le forze armate, iscritti alla Cassa trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato (Ctps), per un totale di 1.581.000 interessati.
Ma nei piani di Di Maio c’era un ricalcolo con il metodo contributivo (l’assegno viene definito il base ai contributi versati e non in base alle ultime retribuzioni) limitatamente alle pensioni oltre i 4.000 euro mensili netti.
Per arrivare a un miliardo di euro di incassi si dovrebbe colpire con un taglio tutti i pensionati che oggi ricevono uno o più assegni previdenziali per un importo complessivo superiore ai 4mila euro netti al mese.
Dunque, anche una vedova che percepisce la sua pensione di anzianità e quella di reversibilità del defunto marito, per fare un esempio.
E certamente questo miliardo recuperato — sempre che poi la Corte Costituzionale non abbia da ridire su di un intervento che chiaramente agisce su cosiddetti diritti acquisiti, cioè assegni che già si percepiscono da tempo — non basterà da solo a finanziare l’aumento a 780 euro mensili delle pensioni minime e sociali, come annunciato sempre da Di Maio.
E c’è anche da considerare un altro fattore: la flat tax.
Se il provvedimento venisse varato come annunciato, i risparmi che otterranno i pensionati d’oro attraverso la tassa piatta (fatta in realtà da due aliquote molto basse) saranno di gran lunga più cospicui dei tagli che subiranno le loro pensioni. Un paio di giorni fa però Repubblica ha fatto i conti di quali categorie sarebbero colpite dalla scure di Di Maio:
Ma al di là della flat tax e degli assegni ricchi, il 90% di tutte le figure del settore “Difesa, sicurezza e soccorso” percepisce una pensione più alta di quanto giustificato dai contributi versati.
Basandosi solo su questi subirebbe una riduzione compresa tra il 40% e il 60%.
Per esempio, un ufficiale della Marina andato in riposo a 52 anni nel 2010, in base ai piani del governo, vedrebbe il suo assegno passare dagli attuali 5.730 euro mensili a 2.750.
Guai anche per il personale della carriera prefettizia, che perderebbe il 40% sulla pensione lorda annua e per i diplomatici, che dovrebbero rinunciare in media al 29%.
Per i docenti universitari il calo medio è di circa l’11%, con il 28% degli assegni che verrebbe tagliato di più del 20%, mentre per i magistrati si avrebbe una riduzione media del 12%. Ma con casi molto alti.
Un magistrato di Cassazione, ritiratosi nel 2008 con 64 anni di età e 37 di anzianità , con una pensione lorda mensile 2015 di 9.755 euro, con il ricalcolo avrebbe un taglio di 2.735 euro mensili.
Per queste due categorie, le riduzioni risultano più moderate perchè l’età e l’anzianità media alla decorrenza, pari la prima a circa 67 anni (per i professori e 70 per i magistrati) e la seconda a 40 anni, sono più alte rispetto all’insieme delle pensioni dei dipendenti pubblici.
Come avrete notato, si tratta di categorie in grado di farsi sentire a più riprese ad alti livelli di governo. E in grado anche di andare in tribunale per i propri diritti acquisiti. Se passa il piano di Di Maio, ci sarà da divertirsi.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 11th, 2018 Riccardo Fucile
“NON SI MINA L’UNITA’ DELLO STATO E DELLE SUE ISTITUZIONI”
Dopo ore di braccio di ferro all’interno del governo tra Salvini, Toninelli e Di Maio, il caso della nave
Diciotti si chiuderà scon l’approdo al porto di Trapani. Ma il comandante della Guardia Costiera Gregorio De Falco non ha affatto gradito il modo in cui è stata gestita la vicenda.
“Una Nave della Marina Militare, della Guardia Costiera è una nave istituzionale – ha tuonato su Facebook il senatore pentastellato – Impedire che entri in un porto dello Stato, significa porre in contrapposizione lo Stato con sè stesso e minarne l’unitarietà . È inaccettabile”.
Il riferimento è alla linea dura auspicata da Matteo Salvini, contrario all’approdo della Diciotti in quanto “la guardia Costiera italiana non può sostituirsi a quella libica”.
De Falco era balzato agli onori della cronaca ai tempi del naufragio della Costa Concordia, con quel “vada a bordo c***o” urlato a più riprese durante la famosa telefonata con il capitano Schettino. Più di sei anni dopo ora siede tra i banchi pentastellati di palazzo Madama.
Da dove, come si vede, non risparmia attacchi anche alla “sua” stessa maggioranza.
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2018 Riccardo Fucile
PER 3 ELETTORI DEM SU 10 IL PARTITO DEVE CAMBIARE NOME… RENZI DOPPIATO DA GENTILONI, SECONDO E’ ZINGARETTI
Matteo Renzi piace solo a un elettore su dieci del Partito Democratico.
Lo sostiene un sondaggio dell’Istituto di analisi Izi su un campione di elettori, intervistato nei giorni scorsi.
Alla domanda “Per superare la crisi di consenso che il Pd sta attraversando, il Pd cosa deve fare?”, il 61,6% ha risposto che bisogna “rinnovare la propria classe dirigente”, così come il 71,1% degli elettori che si dichiarano di centrosinistra; invece, il 38,4% crede si debba “abbandonare il nome Pd”, come il 28,9% degli elettori di centrosinistra.
Alla domanda su chi debba essere il nuovo leader del centrosinistra, nel complesso degli elettori il 24,9% ha preferito Paolo Gentiloni, il 23,5% Nicola Zingaretti e solo il 10,3% Matteo Renzi.
Fuori dal podio Carlo Calenda (9,9%), e a seguire Maurizio Martina (9,3%), Laura Boldrini (7,5%), Debora Serracchiani (5,7%), Pierluigi Bersani (0,9%) e Matteo Orfini (0,8%). Gli indecisi sono il 22,2%.
Analoghi risultati per i soli elettori di centrosinistra: il 25,4% sceglie Paolo Gentiloni, il 24,3% Nicola Zingaretti; sale di poco Matteo Renzi, al 12,1%.
Completano la rosa Carlo Calenda (9,9%), Maurizio Martina (8,2%), Laura Boldrini (7,3%), Debora Serracchiani (4,1%), Pierluigi Bersani (1,2%) e Matteo Orfini (0,9%). Indecisi il 16,6%.
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2018 Riccardo Fucile
TRE DEI QUATTRO FIGLI AVUTI CON UNA “MADRE SURROGATA”, MA I CAMPIONI DELLA FAMIGLIA TRADIZIONALE HANNO UN DOPPIO STANDARD…SOLO GAY E LESBICHE SONO CONDANNABILI, NON UN ETEROSESSUALE MILIARDARIO
Per l’arrivo di Cristiano Ronaldo alla Juventus si è scomodato persino l’account ufficiale del
Ministero dei Trasporti — quello del concentratissimo Toninelli — che ieri si complimentava per il “colpo” dei bianconeri che sono riusciti ad assicurarsi l’ingaggio di CR7.
Aeroporti aperti per il campione portoghese, anche se il MIT poi farà sapere che il tweet era dovuto ad uno scambio di account (ma la concentrazione al Ministero rimane massima).
L’arrivo di Ronaldo era stato salutato con entusiasmo da Mario Adinolfi, fondatore del Popolo della Famiglia nonchè sfegatato tifoso juventino.
C’è però un dettaglio che forse non piacerà ad Adinolfi.
Ronaldo infatti è padre di quattro figli, tre dei quali però non sono figli della sua attuale compagna. Fino a qui niente di male.
Il problema è che tre di questi figli sono nati facendo ricorso alla pratica medica della gestazione per altri. Ovvero una gravidanza portata a termine da una cosiddetta “madre surrogata” volgarmente chiamata “utero in affitto”.
Qualcuno si ricorderà di come durante la battaglia per l’approvazione della legge sulle Unioni Civili si disse che questa avrebbe legalizzato il ricorso alla GpA (nonchè alla stepchild adoption).
Ovviamente non è avvenuto nulla di tutto questo è avvenuto nonostante i proclami degli organizzatori del Family Day (tra loro anche il senatore leghista Simone Pillon).
A chi gli chiedeva conto del suo doppio standard Adinolfi, in preda alla trance agonistica, ha risposto invitando a scindere i meriti di CR7 dalla sua vita personale. Eppure quando si è trattato di figli di coppie gay non è stato sempre così.
Per molti il ricorso alla maternità surrogata e all’utero in affitto è una prerogativa delle coppie omossessuali.
Le orrende polemiche sul figlio di Vendola e del suo compagno canadese lo dimostrano. Matteo Salvini e Giorgia Meloni proposero di non pagare il canone a causa della presenza al Festival di Sanremo di Elton John.
Come è noto anche il cantante britannico ha avuto due digli assieme al marito Dave Furnish.
In quell’occasione Adinolfi se la prese anche con Nicole Kidman, anche lei colpevole di aver avuto una figlia grazie ad una “madre surrogata”.
Nel 2017 a farne le spese furono Ricky Martin e Tiziano Ferro, che vennero definiti dall’onorevole leghista Alessandro Pagano «due testimonial della nazista pratica dell’utero in affitto».
Di che colpa si era macchiato Ferro? Di aver confessato di volere un figlio (e di essere omosessuale, à§a va sans dire).
Appena qualche giorno fa il senatore Pillon (fondatore del Family Day) ricordava come i figli di due padri e i figli di due madri fossero il frutto di un reato.
Per la verità Pillon racconta solo una parte della storia. Perchè ci sono paesi dove la gestazione per altri è regolamentata e legale (quindi non si commette un reato). Ed è noto che a ricorrere alla cosiddetta maternità surrogata non sono solo le coppie omosessuali ma anche (e forse soprattutto) quelle eterosessuali.
Eppure come fa ben capire il post del senatore Pillon se una coppia eterosessuale decide (e ce ne sono parecchio) di ricorrere alla gestazione per altri non commette alcun reato.
Forse perchè l’unità della famiglia naturale è preservata, almeno nell’apparenza? Stupisce quindi che i vari Meloni, Adinolfi e Salvini non abbiano speso una parola nei confronti dell’orrendo crimime commesso da Ronaldo.
Qualcuno vieterà a Ronaldo di parlare della sua famiglia? Qualche anno fa dopo la nascita del primo figlio Ronaldo disse «A mio figlio una madre non serve, gli basto io»; curioso che i difensori della famiglia naturale non abbiano emesso un fiato.
Il fuoriclasse del Real Madrid non ha mai confermato di aver fatto ricorso alla “maternità surrogata” (ma sappiamo che la madre non è la fidanzata del tempo Irina Shayk) per il primogenito Cristiano Jr, nato nel 2010: «La gente specula sul fatto che all’epoca frequentassi questa o quella ragazza o che sia ricorso a una madre surrogato ma non ho detto a nessuno la verità e mai lo farò. Quando Cristiano sarà cresciuto, gli racconterò quello che ho fatto e tutto quello che mi è passato per la testa in quel momento».
Qualcuno nel Popolo della Famiglia però paragonò i figli di Ronaldo a “tre cuccioli di cane”.
Diverso il caso dei due gemelli, avuti invece grazie ad una madre surrogata californiana (Ronaldo ha un quarto figlio nato dalla sua attuale compagna Georgina Rodriguez).
I due bambini sono nati quando Ronaldo aveva già iniziato la sua relazione con la Rodriguez. Scelte personali, sulle quali nessuno ha il diritto di mettere bocca (come per tutti).
Quello che è certo è la vicenda è piuttosto nota, ma come ha fatto notare su Twitter Vladimir Luxuria i campioni della famiglia naturale fondata sull’unione tra un uomo e una donna non hanno aperto bocca.
Se Ronaldo fosse stato omosessuale lo avrebbero senz’altro accusato di fare propaganda per l’utero in affitto. Ma invece è un eterosessuale ed un calciatore famosissimo.
Quindi ha diritto ad avere tutti i figli che vuole. Esattamente come dovrebbero averlo tutte le altre persone.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 11th, 2018 Riccardo Fucile
SOLO DUE RAGAZZINI ALLA FINE INTERVENGONO E LO BLOCCANO… MA E’ GIA’ LIBERO PERCHE’ NON E’ STATO COLTO “IN FLAGRANZA DI REATO”
Il Corriere della Sera pubblica oggi in prima pagina la lettera al giornale di Francesca, una donna che è stata molestata a Roma senza ricevere alcun aiuto dai passanti mentre l’uomo che l’ha aggredita alla fine non è stato arrestato:
Vorrei raccontarvi un doloroso caso di molestia sessuale che ha visto coinvolte me e un’altra donna in un popoloso quartiere di Roma Est. Erano le ore 21, una sera d’estate, c’era ancora luce, scendo dall’auto e mi dirigo verso casa dei miei amici. Avevamo in programma una festa in terrazza il giorno successivo, mi aspettavano per finire gli ultimi preparativi. La strada a senso unico che conduce al loro portone è poco trafficata, l’ho percorsa tante volte, sono tranquilla mentre penso a come disporre le fioriere di bambù per l’occasione e mi dirigo spedita. Vedo con la coda dell’occhio una persona dietro di me, penso sia il mio amico Guido, sapevo che sarebbe andato anche lui a dare una mano e penso: mi vorrà fare uno scherzo. Stavolta non mi farà saltare facendomi il suo solito solletico all’improvviso, così mi preparo: irrigidisco i muscoli del corpo e sono pronta a voltarmi quando all’improvviso sento una stretta da dietro con le braccia, delle mani iniziano convulsamente a palpeggiarmi i seni scendendo giù sulle parti intime. Non era Guido. Mi giro di scatto, inizio a gridare e scalciare alla rinfusa, mi trovo davanti un individuo di mezza età , mingherlino, che si ritrae, abbassa lo sguardo, alza le mani al cielo
La donna racconta di aver gridato e scalciato finchè l’aggressore non l’ha lasciata per dirigersi verso una piazza affollata.
Lei lo insegue e continua a gridare ma nessuno si gira verso di lei nè viene ad aiutarla o a chiederle cosa sia successo o a offrirle aiuto, nemmeno gli avventori di un bar a cui la donna racconta quello che è successo.
Mi trovo davanti una folla di lobotomizzati; degli automi. È tutto così allucinante, mi gira la testa, tremo, una rabbia mai provata prima prende il sopravvento sullo spavento e il dolore per l’aggressione. Questa rabbia mi dà la forza di inseguirlo per 500 lunghissimi metri, i 500 metri più lunghi e strazianti della mia vita.
Finalmente due ragazzini sul motorino accorrono in soccorso e lo bloccano: avranno 14 anni. Riesco a chiamare il 112 e gli amici che mi aspettavano a casa.
Arrivano tutti, i miei amici, la polizia, e i passanti automi che si fermano a sbirciare come gli anziani sui cantieri mentre racconto l’accaduto ai poliziotti, si avvicina una ragazza dicendo sconvolta che quell’individuo l’aveva molestata pesantemente strizzandole forte il seno mentre usciva dal bar di fronte, appena 10 minuti prima.
La donna va a sporgere denuncia e lì apprende che un’altra signora aveva fatto la stessa cosa il giorno prima; il pubblico ministero di ruolo in quel momento è anche lei una donna e questo la rincuora.
Ma più tardi Francesca viene a sapere che l’uomo non può essere arrestato perchè non è stato colto “in flagranza di reato”.
E ancora mi chiedo perchè una pubblico ministero non possa evitare che un individuo con evidenti problemi psichici, soggetto a conclamati raptus criminali, dopo tre denunce di molestie a distanza di 24 ore, se ne vada in giro libero di aggredire altre donne e ragazzine del quartiere.
E soprattutto spiegatemi perchè la società in cui viviamo si è rivelata come un grande silenzioso deserto dall’indifferenza imperante.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 11th, 2018 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DEGLI INTERNI TEDESCO CHE AVEVA GIOITO PER AVER RIMPATRIATO 69 RICHIEDENTI ASILO AFGHANI ORA PUO’ BRINDARE
La vicenda è stata raccontata da Handelsblatt: nel giorno del suo 69esimo compleanno il ministro
dell’Interno Horst Seehofer, che aveva minacciato di far cadere la Merkel salvo poi rimangiarsi tutto qualche giorno fa, si era rallegrato del rimpatrio in Afghanistan di 69 richiedenti asilo avvenuto nel giorno del suo compleanno (è nato il 4 luglio).
La storia del rimpatrio dei 69 richiedenti asilo aveva suscitato polemiche in Germania perchè l’Afghanistan non è un paese pacificato — e quindi non poteva essere considerato sicuro per i richiedenti asilo — e perchè un accordo con Kabul prevedeva che i rimpatri non avvenissero per più di cinquanta persone in contemporanea.
Ma ora la storia ha avuto uno sviluppo imprevedibile: uno dei richiedenti asilo tornato in Afghanistan nei primi giorni di luglio si è impiccato.
Un dirigente del ministero dei rifugiati di Kabul ha fatto sapere che è stato trovato morto nella stanza allo Spinsar Hotel che gli era stata fornita dall’Organizzazione Internazionale per la Migrazione (IOM), che ha confermato successivamente il decesso.
Il 23enne era arrivato dalla provincia di Balkh e aveva vissuto in Germania per otto anni, più precisamente ad Amburgo.
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2018 Riccardo Fucile
BEATE ZSCHAEPE. UNICO MEMBRO IN VITA DELLA NSU, E’ STATA GIUDICATA RESPONSABILE ANCHE DI DUE ATTENTATI DINAMITARDI E 15 RAPINE
È stata giudicata colpevole e condannata all’ergastolo Beate Zschaepe, 43 anni, la terrorista di destra ancora in vita della cellula neonazista Nsu, sotto processo da 5 anni in Germania.
Lo ha deciso il tribunale di Monaco, in una sentenza attesa con grande interesse dall’opinione pubblica tedesca e dalla stampa internazionale.
Il gruppo era accusato di 10 omicidi a sfondo razziale di cittadini turchi e greci e di una poliziotta tedesca, e di due attentati dinamitardi con decine di feriti e circa 15 rapine. I crimini sono stati commessi fra il 2000 e il 2007
Sotto processo c’erano anche altri 4 imputati, tutti condannati.
Ralf Wohlleben dovrà scontare una pena di dieci anni di carcere per aver procurato le armi alla cellula criminale neonazista ed essersi reso corresponsabile dei delitti
Condannato a tre anni di detenzione Holger G., a due anni e sei mesi Andrè E.. Carsten S. dovrà invece scontare tre anni di carcere minorile.
Non ci sono indizi che Beate Zschaepe, principale imputata, abbia partecipato materialmente agli omicidi, ma per i giudici “era a conoscenza di tutto, ha condiviso gli atti e a suo modo ha collaborato e co-guidato la cellula.
Con la sentenza di oggi, si chiude uno dei processi più lunghi del dopoguerra tedesco, ma ci si attende che gli avvocati degli imputati impugnino il giudizio e ne chiedano la revisione davanti alla Corte federale.
Il tribunale di Monaco ha anche privato la 43enne della possibilità di chiedere la libertà condizionale per 15 anni, a causa della “particolare gravità ” delle sue colpe.
(da agenzie)
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