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GIORGIA LINARDI (SEAWATCH) RACCONTA LE TORTURE ACCERTATE NEI LAGER LIBICI

Luglio 21st, 2018 Riccardo Fucile

LA DRAMMATICA TESTIMONIANZA A LA7: “I BAMBINI NEI CENTRI DI DETENZIONE LIBICI MUOIONO”

“Io non mi vergogno di essere una ‘pirata umanitaria’, se questo significa sottrarre persone a un sistema per cui, una volta che vengono riportate in Libia, sono soggette a un regime di detenzione arbitraria illimitata, senza alcun diritto a vedere un avvocato o a essere soggette a un giusto processo”.
Così a L’Aria che Tira Estate (La7) esordisce Giorgia Linardi, portavoce della ong SeaWatch in Italia, in una sofferta testimonianza sulle condizioni disumane nei campi di detenzione libici.
E spiega: “Non ci rendiamo conto che quello che arriva, al di là  del Mediterraneo e nel Mediterraneo, è una scrematura enorme delle persone che partono, perchè la gran parte muore nel deserto e nei centri di detenzione in Libia. C’è una quantità  infinita di centri di detenzione informali dove le persone sono tenute in cattività , ma non c’è una distinzione netta tra quelli ufficiali e quelli non ufficiali. Il controllo del governo libico è nominale, ma non sempre effettivo. E usiamo delle categorie che non esistono, come il concetto di Guarda Costiera Libica“.
Linardi racconta: “Nei centri di detenzione libici le persone vivono in 40 cm di spazio, hanno una tazzina dove fanno pipì e poi la lanciano sul muro perchè si crea un po’ di umidità  e non si muore di caldo”.
Giorgia Linardi continua: “Le torture possono essere definite anche menzogne, ma non quando sono visibili sul corpo delle persone. Abbiamo visto le schiene di persone torturate, come nel caso di un ragazzo 26enne che è stato torturato in un centro di detenzione mattina e sera. Aveva delle cicatrici spesse due dita”.
E aggiunge: “Una donna nel centro di Sorman, uno dei centri di detenzione ufficiali, dove erano rinchiuse circa 500 donne, ha raccontato di aver assistito al parto di una compagna e dopo il parto il suo cordone ombelicale è stato reciso con un pezzo di vetro. Altre donne sono state picchiate e una donna ha partorito per via delle percosse sulla pancia. Nemmeno le donne incinte vengono risparmiate. E i bambini nei centri di detenzione muoiono”

(da “il Fatto Quotidiano”)

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SONDAGGIO IXE’: E’ FINITA LA PACCHIA PER LA LEGA, M5S TORNA IN TESTA

Luglio 21st, 2018 Riccardo Fucile

CONTINUA A SALIRE LA PERCENTUALE DI ITALIANI CHE VOGLIONO RESTARE IN EUROPA… BOCCIATA LA FLAT TAX

Interessanti alcuni movimenti tellurici dentro l’opinione pubblica.
In primo luogo, in materia economica, affiora una certa cautela: circa 1/4 degli italiani ritiene che le proposte formulate in campagna elettorale siano sostenibili; una percentuale analoga pensa che ci siano le risorse solo per una parte di esse.
In secondo luogo, su reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni osserviamo un relativo indebolirsi delle posizioni più radicali, rispetto all’aprile scorso.
In terzo luogo molto interessante invece appare il dato su un’ipotetica uscita dall’euro: dal febbraio scorso, a ridosso del voto, la quota di contrarietà  a uscire dall’euro è passata dal 52% al 68%, mentre la quota di antieuropeisti convinti si è progressivamene dimezzata fino a crollare al 17%
I dati tuttavia, fanno supporre che arruolare l’Italia fra i ‘sovranisti’ per molti versi è operazione impropria, a dispetto delle perplessità  e dell’insofferenza che molti italiani esprimono verso l’Europa.
Sulla flat tax è contrario il 45% degli italiani, favorevole solo il 38%
Veniamo ai partiti.
La Lega si è bloccata al 28%, la crescita non c’e’ più, mentre recupera qualcosa il M5S che si attesta al 29,2%.
Nel centrodestra risale un pochino Forza Italia al 9,6%, stabile Fdi.
A sinistra il Pd è sceso ancora al 18,2%, la Bonino regge al 2,3%, Leu al 2,6%, Potere al Popolo all’1,9%

(da “Huffingtonpost”)

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“DI MAIO ANNULLI LA GARA ILVA O È UN QUAQUARAQUÀ”: CALENDA SFIDA DI MAIO IN TV

Luglio 21st, 2018 Riccardo Fucile

CANTONE SI SMARCA DAL M5S: “GOVERNO NON MI USI PER ANNULLARE LA GARA” … CALENDA RIVELA: “I RILANCI DI ACCIAITALIA FATTI A GARA CHIUSA, L’AVVOCATURA CERTIFICO’ CHE NON POTEVANO ESSERE ACCETTATI”

Il “pasticcio” su Ilva lo fa la politica. Che litiga, giorno dopo giorno, sul futuro della più grande acciaieria d’Europa – un tassello fondamentale dell’intero sistema industriale italiano – e dei suoi lavoratori.
Continua la bagarre fra Luigi Di Maio e Carlo Calenda, con il primo che, ricevuta la lettera dell’Anac che solleva dubbi sull’aggiudicazione del gruppo siderurgico accusa il suo predecessore per il “pasticcio” della gara, e il secondo che lo sfida a singolar tenzone in tv.
“Caro @luigidimaio mercoledì sarò a ‘In Onda’. Facciamo un bel confronto posato e costruttivo su Decreto ‘Dignita e Ilva?” è la proposta lanciata via Twitter da Carlo Calenda.
“Dice balle. La stessa Anac spiega che la gara è valida e non ci sono gli estremi per annullarla. L’unico modo per farlo è invocare l’interesse generale. Di Maio può farlo in qualsiasi momento, così come potevo farlo io. Certo, questo lo esporrebbe a delle conseguenze, compresa l’eventuale richiesta di risarcimento da parte della società  vincitrice. Se Di Maio pensa che sia illegittima annulli la gara”. […] “Sono solo “chiacchiere che servono a prendere tempo rispetto alla promessa elettorale di chiudere l’Ilva e all’incapacità  adesso di gestire questa situazione”.
Sul rilievo espresso da Di Maio, secondo cui l’offerta di Acciaitalia era la migliore, Calenda replica:
“Pochi ricordano che la cordata AcciaItalia l’ha fatta Cdp su richiesta del governo. Dunque sul piano teorico quello che dice Anac è comprensibile ma sul piano pratico è un rilievo inesistente. Tutti noi volevamo che Cdp vincesse altrimenti non l’avremmo fatta scendere in campo, ma non al punto da truccare una gara. Ho chiesto un parere all’avvocatura dello Stato sulla possibilità  di tenere in conto i rilanci fatti a gara chiusa da AcciaItalia. Il parere è stato negativo”.
L’unica strada per permetterle di migliorare l’offerta, prosegue Calenda, “era annullare la gara e ripartire”, ma l’Avvocatura disse che “questo ci avrebbe esposto al rischio di una causa da parte di Mittal, la necessità  di rifinanziare l’amministrazione straordinaria, noi valutammo per almeno 300 milioni, e perdere molti mesi. Il tutto per 50 milioni in più, perchè tale era il rilancio di AcciaItalia? Siamo seri”.
Chi non ci sta a essere messo in mezzo alla contesa politica è Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità  Anticorruzione. Il suo parere sulla gara per Ilva, dice in un’intervista al Corriere della Sera, non non può giustificarne l’annullamento perchè “non contiene soluzioni che, invece, vengono lasciate al governo che dovrà  effettuare autonome valutazioni”.
“Quando il ministro Di Maio, che è da sempre fautore della massima trasparenza, pubblicherà  la nostra nota e la sua richiesta sarà  tutto più chiaro. Una decina di giorni fa ho incontrato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Fra le altre cose mi ha parlato della vicenda Ilva e di possibili criticità  nella gara, anticipandomi che ci avrebbero chiesto un parere. Ho prospettato che forse non eravamo competenti ma lui ha evidenziato profili di nostra spettanza. Non abbiamo fatto accertamenti, nè potevano farli. Nel parere spieghiamo che abbiamo agito per spirito di leale collaborazione istituzionale e sulla scorta dei dati fornitici, solo per esprimere una posizione giuridica”.

(da “Huffingtonpost”)

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FIUME, RITROVATA FOSSA COMUNE DI ITALIANI UCCISI DAI PARTIGIANI DI TITO

Luglio 21st, 2018 Riccardo Fucile

RITROVATI I CORPI DI UN CARABINIERE E ALTRI DIECI ITALIANI…   I CAZZARI SOVRANISTI CHE FACEVANO IL TIFO PER LA CROAZIA ESULTERANNO ANCHE OGGI?

Uno scavo in una zona isolata a una decina di chilometri da Fiume, in Croazia, resti umani che affiorano e una tragedia storica che si riapre, a oltre 70 anni di distanza. Appartengono quasi certamente a cittadini italiani trucidati da partigiani jugoslavi nei giorni immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale le ossa venute alla luce a Kastav – Castua in italiano – da una fossa comune individuata al culmine di una ricerca storica cominciata addirittura negli anni ’90.
Le operazioni sono terminate il 10 luglio scorso, secondo quanto reso noto da Onorcaduti, l’organismo che fa capo al ministero della difesa italiano che si occupa proprio della ricerca delle vittime di guerra e della loro memoria.
Le ossa riportate alla luce appartengono a una decina di persone : tutte sarebbero state uccise nel corso di una azione portata a segno dai titini il 4 maggio del 1945 contro gli italiani residenti nella zona di Fiume
Zagabria (finalmente) collabora
La ricerca di quelle vittime innocenti era stata promossa dalla Società  di Studi Fiumani e dalle associazioni degli esuli giuliano-dalmati e delle vittime delle foibe.
La fossa comune di Castua era stata inizialmente localizzata in base a testimoni sopravvissuti, in particolare quella di una sacerdote croato.
Agli scavi, cominciati nel mese di maggio, hanno collaborato anche le autorità  del governo di Zagabria e questa viene considerata una novità  di rilievo: in passato gli ex jugoslavi avevano opposto molte resistenze alla ricerca della verità  sulle uccisioni degli italiani fino all’accordo raggiunto nel 2011 tra l’allora presidente Giorgio Napolitano e il suo omologo croato Ivo Josipovic.
Gigante e gli altri
I resti riportati alla luce sono stati trasferiti all’istituto di medicina legale di Fiume per una più compiuta analisi. Se la ricostruzione storica è esatta, tuttavia, quelle vittime potrebbero avere presto una identità .
Potrebbe trattarsi dell’allora podestà  di Fiume e senatore Riccardo Gigante (che aderì alla repubblica di Salò ma fu contrario all’italianizzazione forzata dell’Istria), del giornalista Nicola Marzucco, del maresciallo della Guardia di Finanza Vito Butti e del brigadiere dei carabinieri Alberto Diana, oltre ad altri civili.
Secondo le testimonianze dell’epoca tutti vennero trucidate in una rappresaglia dei partigiani di Tito tra il 3 e il 4 maggio del 1945 ma il luogo della loro sepoltura non era mai stato individuato fino a oggi.
Sarebbero dunque di Gigante e degli altri connazionali nella fossa comune di Kastav. Furono questo e molti altri episodi simili a provocare, nel periodo successivo al termine delle ostilità , il grande esodo degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia.

(da “il Corriere della Sera”)

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I PROFUGHI ANNEGATI AL LARGO DI LINOSA, LA PROCURA DI AGRIGENTO APRE UN’INCHIESTA PER ACCERTARE LE RESPONSABILITA’

Luglio 21st, 2018 Riccardo Fucile

PERCHE’ I QUATTRO SI SONO GETTATI IN MARE PER CERCARE DI RAGGIUUNGERE LE NAVI ITALIANE? SONO ANNNEGATE ALTRE PERSONE? QUALE LA CAUSA DEL RITARDO NEI SOCCORSI?

La procura di Agrigento ha aperto un fascicolo conoscitivo sui quattro somali scomparsi in mare che viaggiavano sul barcone dei 450, soccorso sabato al largo di Linosa, dopo ore di stallo.
I magistrati, guidati dal procuratore Luigi Patronaggio, vogliono capire quando, perchè e in che punto, si siano gettati in acqua.
E soprattutto se il numero di chi manca all’appello sia più alto.
Adesso, la procura di Agrigento, competente perchè il fatto sarebbe accaduto tra Linosa e Lampedusa, vuole vederci chiaro.
Anche perchè il gip di Ragusa convalidando i fermi per gli 11 presunti scafisti del barcone individuati dalla squadra mobile, dopo lo sbarco a Pozzallo, ha fatto cadere l’accusa del reato di morte come conseguenza di altro delitto perchè i migranti si sarebbero tuffati volontariamente.
Tutto inizia alle 4,25 del 13 luglio, quando un’imbarcazione zeppa di migranti viene segnalata al Maritime rescue coordination center italiano, mentre è ancora in zona maltese.
Il caso esplode con un tweet del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Alle 16,30 di venerdì scorso annuncia sul social: “Da stamattina c’è una nave nelle acque di Malta. In Italia non può e non deve venire”. Da quel momento inizia lo stallo.
“Alle ore 20,30 del 13 luglio — annota la squadra mobile di Ragusa – il pattugliatore della guardia di finanza Monte Sperone procedeva in ausilio alla vedetta V2067 del Roan di Palermo, impegnata in un’attività  di contrasto all’immigrazione clandestina, in quanto era stato intercettato un peschereccio con a bordo numerosi cittadini extracomunitari proveniente dalla Libia”.
I migranti nel barcone sono stremati, vedono la nave ma non succede nulla, stanno finendo cibo e acqua.
Sono al centro di uno scontro politico. “Alle ore 1,42, il pattugliatore P.01 ammainava entrambi i battelli di servizio al fine di soccorrere alcuni migranti presenti in acqua e successivamente abbordare il peschereccio per ristabilire l’ordine ed operare il soccorso, poichè parte dei passeggeri si era tuffato per raggiungere a nuoto le navi italiane”, continua la ricostruzione della polizia.
Trentaquattro migranti sono stati soccorsi da due motovedette della Capitaneria di porto e una della Guardia di finanza.
Vengono trasbordati nella nave “Monte Sperone” delle fiamme gialle, in cui poco dopo ne saranno accolti altri, per un totale di 257 persone di cui 18 bambini, 48 donne e 191 uomini.
Alle 5 del mattino arriva anche il pattugliatore Protector di Frontex e prende a bordo gli altri migranti rimasti sul barcone.
Quando domenica i profughi arrivano a Pozzallo si scopre la tragedia. L’Oim denuncia quattro morti, poi arriva la conferma della polizia: dei parenti raccontano la morte in mare di quattro familiari, tra cui un minorenne, “che non sono riusciti a raggiungere l’imbarcazione di soccorso e che per questo si sono perse le loro tracce”. Quando e perchè si sono gettati in mare?
Quale e quanto era lontana la nave vista dai migranti prima di tuffarsi?
Ci sono altri scomparsi? Sono alcune domande a cui i magistrati della procura di Agrigento vogliono dare risposte, collaborando con i colleghi della procura di Ragusa.

(da “La Repubblica”)

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LA QUARTA VERSIONE DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA: “MADRE E BIMBO ERANO GIA’ MORTI, IN ACQUA NON C ‘ERA NESSUN ALTRO”

Luglio 21st, 2018 Riccardo Fucile

ORA LA GUARDIA COSTIERA LIBICA AMMETTE DI AVER AFFONDATO IL BARCONE… RECUPERARE I DUE CORPI PER LORO “ERA INUTILE DATO CHE ERANO MORTI” E JOSEFA NON L’AVREBBERO VISTA: MA ANDATE A PRENDERE PER IL CULO I VOSTRI PARI

“Abbiamo lasciato in mare solo i due corpi senza vita di una donna e un bambino dopo aver provato invano a rianimarli: erano morti e portarli a terra non aveva senso, ma oltre loro non c’era nessun altro in acqua”.
L’ultima versione libica della tragica vicenda del salvataggio di Josefa, dopo 48 ore in mare al largo della Libia, arriva dal colonnello della Guardia Costiera di Misurata, Tofag Scare, attraverso un’intervista a La Stampa.
“Lunedì 16 luglio all’ora di pranzo abbiamo ricevuto una chiamata dal mercantile spagnolo Triades che ci segnalava un’imbarcazione in difficoltà  tra Khoms e ci siamo mossi per intervenire, ne abbiamo tirati a bordo 165, maschi e femmine, tutti — sostiene al quotidiano torinese
La versione del colonnello libico non è che l’ultima fornita da Tripoli per smentire le accuse della ong Open Arms, secondo la quale le motovedette hanno distrutto il barcone di migranti e lasciato in mare quelli che si rifiutavano di salire a bordo.
E spingono il deputato Erasmo Palazzotto, che si trova a bordo della nave della Proactiva, a chiedere a Matteo Salvini di scusarsi “davanti alle agghiaccianti dichiarazioni del comandante della Guardia Costiera Libica” che “nei fatti conferma la versione di Open Arms”.
“Se fossimo in un Paese serio, dovrebbe anche rassegnare immediatamente le sue dimissioni- Non è accettabile che davanti ad una tragedia come questa il ministro degli Interni dia credito a criminali che hanno già  fornito 4 versioni diverse sostenendo insieme al Governo italiano che vi era stato un solo intervento di recupero. Ci troviamo nella migliore delle ipotesi davanti ad un Ministro incompetente che apre la bocca senza sapere di cosa parla, nella peggiore di una consapevole complicità  con i libici nel tentativo di depistaggio per coprire le proprie responsabilità ”.
Intanto domani, dopo l’arrivo a Palma de Maiorca, l’equipaggio dell’Astral, la nave che si è occupata del soccorso a Josefa e del recupero dei due cadaveri, ha annunciato una conferenza stampa
Secondo la ong, “questo episodio e l’esponenziale aumento del numero di morti nel Mediterraneo degli ultimi mesi” sono la “conseguenza diretta della criminalizzazione delle Ong impegnate in operazioni di soccorso nel mar Mediterraneo. L’obiettivo è quello di legittimare le milizie libiche, finanziate dall’Italia e dalla Ue, e ridurre in questo modo il numero di arrivi in Europa”.

(da agenzie)

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OPEN ARMS ATTRACCA IN SPAGNA: “JOSEFA E’ AL SICURO, ORA DENUNCIAMO I LIBICI E IL GOVERNO ITALIANO”

Luglio 21st, 2018 Riccardo Fucile

NON SOLO LA GUARDIA COSTIERA LIBICA, ORA ANCHE CONTE, TONINELLI E SALVINI RISCHIANO IL PROCESSO PER OMICIDIO COLPOSO

La nave Open Arms è entrata nel porto di Palma di Maiorca.
L’imbarcazione della Ong Proactiva che nei giorni scorsi ha recuperato i cadaveri di una donna e di un bambino al largo della Libia e salvato Josefa, la donna di origini camerunensi rimasta per due giorni in mare tra i resti di un gommone, ha concluso la sua lunga navigazione dopo le polemiche con la Guardia costiera libica e il governo italiano.
“Dopo quattro giorni di navigazione – ha scritto il fondatore della Ong Oscar Camps sul suo account Twitter – la nave entra finalmente nel porto sicuro di Palma di Maiorca. Ora denunceremo la Libia e l’Italia per omicidio colposo”.
Nei giorni scorsi il patron della Proactiva aveva risposto polemicamente a un post scritto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini su Facebook: “Perchè vanno in Spagna, hanno qualcosa da nascondere?” aveva ipotizzato il leader leghista.
Secca la replica di Camps: “Andiamo in Spagna perchè dopo aver messo in discussione il nostro comportamento e aver definito una fake news il fatto che i libici avessero abbandonato in mare una donna e il suo bambino, l’Italia non è per noi un porto sicuro”.
“Non è stata una navigazione di piacere, anche per la presenza a bordo dei deceduti, ma il mare per fortuna è stato tranquillo” ha detto all’arrivo Riccardo Gatti, portavoce di Proactiva Open Arms, aggiungendo che è prevista una conferenza stampa.
Gatti, che è anche capitano della Astral, ha spiegato che dopo lo sbarco le autorità  spagnole hanno preso in carico Josefa che “è stata ricoverata in ospedale e sarà  protetta in quanto testimone oculare del naufragio”.
La donna, a quanto ha riferito Gatti, “si sta lentamente riprendendo dal punto di vista fisico”, mentre non si può quantificare quanto tempo servirà  a superare lo shock psicologico.
“Josefa ancora non cammina – ha continuato il comandante – ma ieri ha mangiato per la prima volta da sola, senza che la imboccassimo”. Inoltre, “ha iniziato anche a parlare a voce più alta e a riprendere la mobilità  degli arti inferiori”, di cui aveva perso la sensibilità  a causa dell’ipotermia e dell’inalazione di benzina e di acqua di mare, ha concluso Gatti.

(da agenzie)

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L’AMMIRAGLIO CHE SFIDA I RAZZISTI: “NOI SIAMO MARINAI ITALIANI, ABBIAMO DUEMILA ANNI DI CIVILTA’, UN NAUFRAGO PER NOI E’ LA PRIORITA'”

Luglio 21st, 2018 Riccardo Fucile

L’AMM. PETTORINO E’ A CAPO DELLA GUARDIA COSTIERA ITALIANA , ORGOGLIO DELLA NAZIONE: 11.000 UOMINI E DONNE CHE HANNO SALVATO NEL 2017 115.000 PERSONE, DI CUI 28.000 PROFUGHI

Prima si chiamavano le ‘magistrature del mare’ quando ancora esistevano le Repubbliche Marinare. Poi con l’Unità  d’Italia nel 1865 nacque la Guardia Costiera che ha per statuto, e ai sensi del Codice di navigazione, della convenzione di Amburgo e di di Montego Bay, la salvaguardia delle vite umane in mare.
Un corpo formato da 11mila tra uomini e donne guidato dal febbraio del 2018 dall’ammiraglio ispettore capo Giovanni Pettorino
Pettorino, 62 anni, originario di Ischia, sposato e padre di due figli, laurea in Scienze politiche e specializzazione in Diritto internazionale marittimo, dal 3 ottobre 2015 era direttore marittimo della Liguria e comandante del porto di Genova. Poi la nomina a capo del Corpo.
Mercoledì scorso la Guardia Costiera italiana ha celebrato i 153 anni di vita. Ed è stato a quel punto che l’ammiraglio ha preso la parola davanti al ministro Danilo Toninelli e al presidente della Camera Roberto Fico per dire che c’è un «principio non scritto che risiede nell’animo di ogni marinaio: quello di prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare».
Come riporta L’ Avvenire Pettorino ha ricordato un episodio che è vanto di tutti i marinai. Ovvero “la rievocazione del leggendario comandante siciliano Salvatore Todaro, che durante la Seconda guerra mondiale affondò una nave militare belga per poi salvarne l’equipaggio. Todaro, come ha ricordato Pettorino, venne «violentemente apostrofato» dall’ammiraglio alleato tedesco Karl Donitz, che irrise l’ufficiale italiano definendolo «don Chisciotte del mare» e minacciando gravi conseguenze per avere tratto in salvo i nemici, mettendo a rischio il suo stesso equipaggio. Il perchè di quella disobbedienza lo spiega Pettorino, guardando negli occhi gli esponenti politici sulla tribuna e facendo propria la risposta di Todaro: «Noi siamo marinai, marinai italiani, abbiamo duemila anni di civiltà , e noi queste cose le facciamo»
Già  quando si era insediato l’ammiraglio aveva ribadito che la Guardia costiera è «un’organizzazione unica», «gloriosa ed amata», «un’eccellenza del nostro Paese».
Un concetto rilanciato dal suo predecessore l’ammiraglio Melone nel suo discorso di commiato che aveva ricordato che «solo nel 2017 sono stati soccorsi più di 28 mila migranti mentre 115 mila sono le persone portate in salvo complessivamente in operazioni coordinate dal Comando generale: risultati importantissimi che non si sarebbero potuti concretizzare senza lo straordinario sforzo operativo ed organizzativo offerto dalle donne e dagli uomini della Guardia costiera».
“Noi continuiamo ad operare secondo quelle che sono le convenzioni internazionali del mare — ha spiegato Pettorino — Vale a dire la convenzione di Amburgo, in particolare, e la convenzione di Montego Bay. Convenzioni che l’Italia ha ratificato con legge e la cui applicazione, quindi, è obbligatoria. Per noi e per tutti i Paesi che le hanno firmate”.
“Abbiamo risposto sempre, sempre rispondiamo e sempre risponderemo a ciascuna chiamata di soccorso – ha dichiarato l’ammiraglio meno di un mese fa all’Ansa – “Per noi della Guardia Costiera è un obbligo giuridico ma anche un obbligo che sentiamo moralmente perchè tutti gli uomini di mare, da sempre e anche in assenza di convenzioni, hanno portato soccorso e aiuto a chi si trova in difficoltà  in mare. Noi non abbiamo mai lasciato solo nessuno in mare”.

(da Globalist)

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“IN LIBIA I BARCONI VENGONO AFFONDATI CON I MIGRANTI ANCORA A BORDO”: LA CONFERMA DA FONTI MILITARI

Luglio 21st, 2018 Riccardo Fucile

IL GOVERNO ITALIANO FINANZIA E SI RENDE COMPLICE DEI CRIMINALI DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA … CHI COPRE LA VERITA’ AI MASSIMI LIVELLI VA INCRIMINATO

Il salvataggio del 17 luglio scorso, quando l’imbarcazione dell’Ong Open Arms si era trovata di fronte a uno scenario apocalittico con i resti di un gommone, una sola superstite e due cavaderi di una donna e un bambino, aveva fatto presagire scenari inquietanti.
Ora l’ipotesi che la Guardia costiera libica distrugga i barconi dei migranti con loro ancora a bordo perchè si rifiutano di tornare verso Tripoli si fa ogni giorno sempre più concreta.
Lo rivelano fonti militari al Fatto Quotidiano, con la promessa di rimanere anonime. Gli autori dell’articolo sono Fabrizio D’Esposito e Antonio Massari:
Barconi affondati mentre i migranti sono ancora a bordo. È questo che accade nelle acque del Mediterraneo quando la Guardia costiera libica interviene per i soccorsi. Il motivo: quando le motovedette libiche si avvicinano ai barconi, i migranti, che non vogliono essere riportati in Liba, rifiutano di essere trasportati sulle imbarcazioni della Guardia costiera. E a quel punto, per convincerli ad accettare il soccorso, è ormai prassi che i militari libici inizino le operazioni per affondare la barca. Una prassi disumana, che s’è ripetuta in parecchi salvataggi, rivelata al Fatto, con la promesse dell’anonimato, da più fonti militari.
All’indomani del salvataggio di Josefa, la migrante camerunense che in molti hanno imparato a conoscere attraverso quell’immagine forte di lei con lo sguardo perso nel vuoto e intriso di paura, a Open Arms hanno utilizzato parole molto forti: “I libici hanno lasciato morire quella donna e quel bambino. Sono assasini arruolati dall’Italia“.
Il Viminale ci ha messo poco tempo a bollare l’affermazione come fake news ma molto di più a rilasciare dichiarazioni che facessero chiarezza su quello che è successo il 17 luglio in mare.
Nel frattempo, invece di continuare a ribadire la sicurezza della Libia e dei suoi porti, sarebbe meglio che qualcuno si interrogasse sul perchè i migranti preferiscano affrontare la morte quasi certa piuttosto che ritornare da dove sono partiti.
E sarebbe ora che la Magistratura apra una indagine.

(da agenzie)

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