Ottobre 24th, 2019 Riccardo Fucile
DUE TESTIMONIANZE DALLA FABBRICA RUSSA DI BUFALE PER ORIENTARE L’OPINIONE PUBBLICA ITALIANA
Piazzapulita completa in qualche modo l’inchiesta di Report e parla della propaganda dei russi via
social network e dei loro legami con l’estrema destra italiana.
Le telecamere del programma di Corrado Formigli arrivano vicinissime alla fabbrica dei troll che era stata costruita in Russia per favorire la propaganda politica di Vladimir Putin.
Un fenomeno che, tuttavia, non era circoscritto esclusivamente alla Russia, ma che arrivava anche in altri Stati d’Europa, ad esempio l’Italia.
Secondo i testimoni — un ex lavoratore nella fabbrica dei troll e un giornalista della BBC che è riuscito a infiltrarsi all’interno della stessa fabbrica — il sistema era semplice: bisognava prima scrivere delle fake news, poi creare dei meme virali, infine spammarli sui social network di tutto il mondo. Tra questi, anche quelli italiani.
«Circa 18mila tweet in questo periodo — dice il giornalista della BBC — erano scritti in italiano da profili registrati in Russia. Avevano i nomi delle squadre italiane Juventus, Inter, Milan oppure avevano nei nickname i titoli dei più importanti programmi di cucina. Riuscivano ad attirare audience interessata al calcio e alla cucina, per poi indottrinarla anche attraverso la politica».
Un esempio di questo genere è l’articolo «Salvini: “Senza Putin l’Isis sarebbe arrivata a Napoli”» postato con questi criteri di condivisione. I sistemi utilizzati, molto spesso, sono bot, ovvero macchine che producono messaggi in serie da postare dappertutto e in maniera ripetitiva.
Uno dei gestori di software di questo tipo ammette: «In Italia, i partiti che hanno maggiore successo sui social network hanno utilizzato questo sistema. Diciamo che il partito al momento più forte ha impiegato bot».
Il nome della Lega non viene mai fatto, ma il riferimento sembra essere piuttosto chiaro.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2019 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE HA SALVATO L’EURO, MA E’ STATO LASCIATO SOLO DAI GOVERNI UE… DEFINITO “IL MIGLIOR BANCHIERE CENTRALE SULLA FACCIA DELLA TERRA” DAL PREMIO NOBEL KRUGMAN, DRAGHI HA RESO LUSTRO ALL’ITALIA NEL MONDO
Mario Draghi è l’uomo delle crisi, quello che ti riacciuffa dal pozzo in cui sei precipitato e ti indica la strada, quello che quando la speranza ha abbandonato gli altri lui sa cosa fare.
Si potrebbe quasi dire che nella sua trentennale carriera questo è stato il suo vero mestiere.
Nel 1992 da direttore generale del Tesoro ha contribuito ad affrontare il più grande shock finanziario mai capitato all’Italia, nel 2006 è stato chiamato alla guida della Banca d’Italia per risollevarne la reputazione caduta fin troppo in basso durante il regno di Antonio Fazio, nel 2012 come presidente della Bce ha salvato l’euro dall’autodistruzione.
Quando la prossima settimana, raccolte le sue ultime cose, uscirà definitivamente dal suo ufficio al 40mo piano della Eurotower, dire che lascerà un vuoto è dir poco.
Al momento di assumere l’incarico di presidente della Bce nel novembre del 2011 l’euro era nella tempesta, la crisi della Grecia aveva contagiato Italia e Spagna, il sistema della moneta unica poteva saltare e nessuno, nè i governi, nè gli organismi internazionali nè gli studiosi di tutte le scuole di pensiero sapevano cosa fare, molti pronosticavano il crollo dell’intero sistema nell’arco di pochi mesi.
Con quelle poche parole pronunciate il 26 luglio del 2012 a Londra davanti a un pubblico attonito – “Faremo qualunque cosa per salvare l’euro e credetemi basterà ” – Draghi riuscì ad arginare la speculazione, riportare la calma sui mercati e passare alla controffensiva, avviando una politica di tassi d’interesse minimi o negativi e immettendo nel sistema circolatorio dell’economia europea una enorme massa di denaro con il Quantitative easing.
L’obiettivo era una crescita nella stabilità finanziaria. Tutto ciò gli è stato possibile grazie al sostegno o meglio alla non opposizione della cancelliera Angela Merkel e della Francia dato che la Bundesbank e i media tedeschi lo hanno sempre ferocemente avversato. Un comportamento questo che è stato per lui un cruccio costante.
Ma dato che come diceva Milton Friedman nessun pasto è gratis, anche il salvataggio dell’euro ha avuto un costo che non si misura solo nella ostilità dell’opinione pubblica del paese europeo leader.
Per far crescere l’Europa e rianimare l’inflazione quel tanto che basta ad allontanarsi dalla linea di demarcazione della deflazione Mario Draghi ha dato fondo con creatività a tutto l’armamentario di una politica monetaria espansiva.
Ha messo in campo gli Omt, ovvero gli acquisti di titoli di Stato dei paesi in affanno sotto condizioni, un programma generalizzato di interventi sul mercato dei debiti sovrani con volumi e tempi predeterminati ma senza condizioni (il Quantitative easing), la riduzione dei tassi sui depositi delle banche presso la Bce a livelli negativi in modo da stimolarle a utilizzare la liquidità nel finanziamento dell’economia e non parcheggiarla a Francoforte. Più molto altro.
Ma come diceva Guido Carli negli anni Sessanta “il cavallo non ha bevuto”. L’economia europea dopo un biennio di ripresa nel 2016-2017 è tornata a rallentare ed ora si avvia alla recessione. Draghi che aveva rimesso nella cassetta degli attrezzi il Qe è stato costretto a riprenderlo in mano in fretta e furia.
L’eredità che Super Mario lascia al suo successore è dunque pesante. Intanto Christine Lagarde con ogni probabilità si troverà a convivere per anni con il fantasma di quello che il premio Nobel Paul Krugman ha definito “il miglior banchiere centrale sulla faccia della Terra”.
Ogni sua mossa sarà misurata in rapporto a quello che avrebbe fatto Draghi, nonostante il suo compito sia per certi versi anche più difficile di quello del suo predecessore. E questo perchè la cassetta degli attrezzi utili a tirare su l’economia dalle sabbie del suo immobilismo sembra essersi esaurita e Madame Christine dovrà inventarsi qualche nuovo strumento da impiegare nella lotta a questa strisciante stagnazione nella quale sembra essere precipitata l’economia europea.
Molto dipenderà anche dal comportamento dei governi europei. Se essi riusciranno in modo coordinato ad azionare la leva della politica fiscale per la crescita, il lavoro della Lagarde sarà facilitato. Ma se resterà come è stato per molti anni Draghi sola, il suo sarà un mandato molto impegnativo.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 24th, 2019 Riccardo Fucile
SI RIPASSI LA STORIA DELL’UMBRIA: SANT’EMILIANO ERA ARMENO E SUBI’ IL MARTIRIO PERCHE’ ALLORA I DECRETI SICUREZZA SI CHIAMAVANO PERSECUZIONI
Le prova proprio tutte, l’ex ministro della Propaganda. Dopo aver per anni incarnato il perfetto
assaggiatore di sagre, fiere e feste, aspirante giurato a qualsiasi talent gastronomico (ma la trasmissione di riferimento sembra piuttosto la celeberrima “Man vs Food”, epica sfida dell’uomo ai piatti più enormi del pianeta e alla civiltà del colesterolo tutta), ora ci prova con uno dei capisaldi della televisione italiana.
Pensate che choc, vederlo uscire da uno degli alberi più belli del mondo, l’ulivo millenario umbro di Bovara, in perfetto assetto da “Ulisse” (mancava giusto la sigla).
Didascalico, persino pedagogico, albertangiolesco fino alla parodia (e infatti i social si sono scatenati, con l’hashtag #AlbertoAngela. Che Apollo e Atena, dei della sapienza e della conoscenza, ci perdonino) l’ex ministro dei Condimenti, in missione Campagna (letteralmente) Elettorale Umbra, abbraccia l’ulivo, non senza averci prima fatto una lezioncina su tradizioni, cultura e usi locali, di cui i sovranisti e leghisti si sono proclamati protettori, citando il veneratissimo patrono Sant’Emiliano.
Ma, ahinoi, le copie non sono mai gli originali (figuriamoci le brutte copie).
Se fosse stato davvero Alberto Angela, a uscire dall’ulivo e magnificarci le tradizioni locali dell’Umbria, ci avrebbe raccontato che Sant’Emiliano era armeno, e venne da molto, molto lontano per diventare vescovo e subire il martirio, nel 304.
Perchè all’epoca, caro ex ministro del Bignami, i decreti sicurezza erano editti, e si chiamavano “persecuzioni”. Quasi come oggi.
Mai evocare la storia, se non la conosci. Bacioni.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 24th, 2019 Riccardo Fucile
VIAGGIO NEL PAESE DI SAN FRANCESCO CHE FA ARGINE ALL’ASSALTO RAZZISTA… UN ELETTORE DI SALVINI ALLE EUROPEE: “VOTERO’ BIANCONI PERCHE’ CONOSCO I CANDIDATI DI SALVINI, IMMAGINO COSA COMBINEREBBERO”
Il lupo di San Francesco oggi è Salvini ma questa volta il Santo non vuole ammansirlo, bensì tenerlo fuori dalla città .
E allora chi lo avrebbe mai detto che Assisi, il centro di spiritualità le cui pietre costituiscono un sito inserito nella lista del Patrimonio mondiale, potesse finire al centro di uno scontro politico.
Assisi, in verità , è anche uno dei più solidi avamposti politico culturali che si ritrova ogni anno agli incontri del Cortile di San Francesco, un appuntamento che rafforza l’autorità dell’attuale pontifice, che trova così in Assisi la sua Stalingrado nella battaglia contro il sovranismo.
Eppure dentro il Sacro Convento aspettano in silenzio le elezioni di domenica, dove la destra a trazione salviniana, guidata dalla senatrice leghista Donatella Tesei tenta il colpaccio ai danni di un centrosinistra che ha siglato un patto con i cinquestelle riproponendo l’alleanza di Palazzo Chigi con in testa alla coalizione l’imprenditore di Norcia, Vincenzo Bianconi.
“Benvenuti ad Assisi, città della Pace”, si legge prima di entrare ad Assisi. E dopo cento metri la frase si può rileggere: “Benvenuto ad Assisi, città della pace”.
Ed è come se questa affermazione voglia tenere a distanza di sicurezza quel “diavolo” di Matteo Salvini, il Capitano leghista che da settimane consuma ogni piazza di questo regione rossa, che nel giro di pochi anni si è trasformata in un fortino di centrodestra.
La coalizione guidata da Salvini già governa a Terni, Todi, Perugia, Foligno, Orvieto, Umbertide.
Alle Europee dello scorso maggio qui il Carroccio ha sfiorato il 40 per cento.
Ma Assisi è un’altra cosa, confida al telefono Stefania Proietti, sindaco civico della città di San Francesco, sostenuta dal Partito democratico: “Assisi — si sgola — non l’ha visto mai Salvini”.
E forse verrebbe da dire non lo vuole vedere.
“Credo — insiste – non verrà più visto che ormai la campagna elettorale sta per finire. Ecco, l’ondata salviniana la stanno vivendo altri”.
Proietti assicura di non avere mai incontrato il leader del Carroccio, nè pubblicamente, nè privatamente. Quasi se ne vanta: “No, no”, risponde alla domanda. Ed è un modo di dissimulare che si registra attraversando le vie limitrofe al Sacro Convento.
Una direttrice di un istituto, ad esempio, entra in un bar e a un amico sussurra: “Sono abbastanza terrorizzata perchè Salvini è un incubo”. Incubo e diavolo, siamo oltre il Lupo.
E in via San Francesco persino il proprietario di un bar che alle europee ha votato per il leader del Carroccio, ora per il match delle regionali dice no alla destra in maniera forte e chiara. E perchè? “Io sono un elettore di Matteo ma voterò per il centrosinistra, voterò per Vincenzo Bianconi. E sa perchè? Perchè la sinistra, al netto di tutto, a livello locale, regionale, sa governare. Funziona tutto in questa regione. Conosco gli amministratori di Salvini qui e posso solo immaginare cosa combinerebbero. Spero solo e soltanto che il Signore e San Francesco ci proteggeranno”.
E sempre di Assisi è Claudio Ricci, colui che alle regionali del 2015, sempre da civico moderato, ma sostenuto dalle sigle del centrodestra, sfidò Catiuscia Marini.
Ora Ricci, ingegnere trasportista con una lunga esperienza nell’amministrazione — è stato al comune di Assisi per lunghi 19 anni come vicesindaco e sindaco — gioca a fare il terzo incomodo, il guastafeste
per arginare la destra a trazione salviniana. Ricci infatti si candida in solitudine con l’appoggio di tre liste civiche. “Ma altro che terzo incomodo, io sono molto di più. Chi come me è molto noto avrà un ottimo risultato”, sorride prima di sciorinare un lungo programma di governo che va dall’eliminazione delle spese superflue “da destinare allo sviluppo” alla diminuzione dell’Irpef.
Più crescerà la percentuale di Ricci, più scenderà quella della Tesei, è l’assioma che ripetono ai piedi della Basilica di San Francesco. “Perchè Ricci, da moderato, toglierà voti a Forza Italia e alla Lega”.
Qui impazza una tradizione moderata.
Qui Silvio Berlusconi, che nel 1994 nessuno voleva riceverlo, si è presentato ieri per far visita ai francescani e gli ha sussurrato: “Stiamo cercando di portare Salvini al centro. Questa è la manovra”. Qui c’è il sospetto che un pezzo di partito democratico – che è uscito dal Nazareno dopo l’inchiesta sulla sanità starebbe votando – stia facendo sotto traccia campagna elettorale per la candidata Tesei. Impazzano i veleni e le veline, ma l’unica cosa certa resta Assisi. Con i suoi riti, le sue preghiere, i suoi silenzi. “Benvenuti ad Assisi, città della pace”.
E argine al sovranismo salvianiano.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2019 Riccardo Fucile
BOCCIATA PER SOLI 2 VOTI UNA MOZIONE CHE RICHIAMAVA AL RISPETTO DELLE NORME INTERNAZIONALI VIGENTI, DECISIVI 14 ASTENUTI GRILLINI… STANNO ANCORA A DIFENDERE I DECRETI SICUREZZA CRIMINALI DEL LORO EX COMPAGNO DI MERENDE
Non è passata per soli 2 voti, in aula a Strasburgo, la risoluzione di ‘Socialisti&Democratici’, Liberali
(Renew Europe), Verdi e sinistra del Gue che chiedeva, tra le altre cose, porti aperti alle ong che soccorrono migranti in mare e si esprimeva contro la criminalizzazione delle ong.
Bocciata con 290 no contro 288 sì, 36 gli astenuti tra i quali anche i 14 del Movimento cinquestelle che avevano prima assicurato il loro sostegno dopo aver presentato un emendamento anti-Carola Rackete, la capitana tedesca che a giugno, senza autorizzazione allo sbarco, ha condotto in porto a Lampedusa la nave Sea Watch con 53 migranti a bordo. Caduto il loro emendamento, si sono sfilati.
I fatti stanno così: la risoluzione su ‘Ricerca e soccorso’ nel Mediterraneo era stata approvata in Commissione Libe da tutti i gruppi progressisti. Ma il Movimento aveva offerto il proprio sostegno a patto che fosse approvato un emendamento che chiedeva porti aperti nel rispetto delle “convenzioni internazionali e di tutte le norme applicabili”. Una formula vaga che ieri l’eurodeputata pentastellata Ferrara spiegava in questi termini davanti alle tv e alla stampa italiana a Strasburgo: “Vogliamo rifarci a quelle che sono le normative internazionali in materia, le convenzioni internazionali e le leggi nazionali applicabili ai diversi casi. Questo è ciò che deve rappresentare la bussola per le operazioni di sbarco”.
“Leggi nazionali”. Dunque anche le leggi sulla sicurezza di Salvini.
Di fatto un emendamento anti-Carola, per impedire altri casi come quello della Sea Watch che, dopo oltre due settimane di mare aperto con 53 migranti a bordo, ha potuto sbarcare a Lampedusa per la decisione ferma della Capitana Rackete di sfidare i divieti di Salvini. Non è una forzatura giornalistica: è nelle cose, almeno per come le ha spiegate ieri Ferrara.
Diversa, se non opposta, l’interpretazione dei socialisti e dei Verdi che pure avevano firmato l’emendamento M5s. “Per noi il riferimento è soltanto alle convenzioni internazionali e non alle leggi di Salvini, che non appoggiamo assolutamente”, ci diceva ieri la Verde tedesca Alexandra Geese, stranita dalle dichiarazioni di Ferrara.
Così anche il Dem Pierfrancesco Majorino: “E’ questa l’interpretazione corretta: nel rispetto delle convenzioni internazionali e basta”.
Polemica di ieri sera: oggi l’emendamento in questione non è stato messo ai voti. E’ caduto perchè i Liberali ne hanno presentato un altro che chiedeva l’apertura dei porti “alle navi delle ong che hanno effettuato operazioni di salvataggio e intendono far sbarcare i passeggeri”. Stop. Questo emendamento è passato.
Ma a questo punto per il M5s l’accordo non c’era più. Perchè volevano la specifica “tutte le norme applicabili”, che per i pentastellati significa, come ha spiegato ieri Ferrara: anche le leggi di Salvini, ancora in vigore.
Per chi ha dimestichezza con il diritto, le leggi e convenzioni internazionali che l’Italia ha sottoscritto sono prevalenti sul diritto nazionale. In pratica i decreti sicurezza di Salvini sono carta igienica . Evidentemente il M5s ama la cellulosa padana.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2019 Riccardo Fucile
CON GLI SBARCHI AUTONOMI NE ARRIVANO A DECINE OGNI GIORNO, QUANDO LI SALVA UNA ONG IL GOVERNO HA PAURA DEL SEQUESTRATORE DI PERSONE (CHE SENZA IL LORO AIUTO SAREBBE IN GALERA DA TEMPO)
Il governo della discontinuità presieduto da Giuseppe Conte si è insediato da quasi due mesi. Ma sul fronte dell’immigrazione non è cambiato praticamente nulla.
I Decreti Sicurezza sono ancora lì, oggi al Parlamento Europeo il M5S si è astenuto — consentendo così di affossarla — su una risoluzione che ribadiva che i porti sono aperti.
E soprattutto alle imbarcazioni delle ONG che salvano vite umane nel Mediterraneo viene riservato il medesimo trattamento di quando al Viminale c’era Salvini.
O meglio: le navi vengono tenute al largo, senza nemmeno il ricorso a divieti e proclami su Twitter.
Il caso di questi giorni è quello della Ocean Viking, l’imbarcazione di Sos Mediterranee e Medici Senza Frontiere che è ancora in attesa che le autorità marittime assegnino un luogo sicuro per lo sbarco delle 104 persone salvate venerdì scorso in acque SAR libiche.
I migranti erano a bordo di un gommone in difficoltà , a bordo della Ocean Viking ci sono 10 donne (nove viaggiano da sole, senza il marito) e 40 minori (di cui due bimbi piccoli). Il 30% dei minori è “non accompagnato”, quindi ha diritto ad ottenere lo status di rifugiato.
La situazione è sempre la stessa: le autorità libiche hanno assegnato Tripoli come place of safety ma la ONG ha rifiutato e ha quindi fatto rotta verso nord. Italia o Malta quindi, ma nessuno per il momento ha voluto farsi carico dei migranti. Le timide aperture dell’accordo di Malta, che deve essere ancora ratificato, sembrano ormai un lontano ricordo.
La giornalista di Avvenire Ilaria Solaini è a bordo della Ocean Viking e questa mattina ha twittato una notizia che nei quattordici mesi di governo gialloverde abbiamo sentito spesso: ieri il MRCC Roma, operato dalla nostra Guardia Costiera ha rifiutato di collaborare al sbarco delle 104 persone soccorse. Non c’è stato nemmeno bisogno di farlo sapere ai quattro venti.
La strategia del nuovo governo è tacere sulle operazioni di salvataggio delle ONG, così come Salvini taceva sugli sbarchi dei migranti che arrivavano da soli a bordo di barchini e barconi.
Sulla Ocean Viking la situazione è sempre la stessa: precaria. Persone che hanno subito indicibili sofferenze sono costrette a rimanere in mezzo al mare mentre il tempo continua a peggiorare.
Non c’è alcun motivo per continuare questa moina. Ci sono centoquattro motivi per non rimandare i migranti in Libia. Non si capisce per quale ragione il governo si stia comportando così. È per evitare di far segnare dal Viminale che sono sbarcate un centinaio di persone?
È la paura che Salvini strumentalizzi quello sbarco per raccontare che il governo trasferirà tutti i migranti in un borgo umbro? La risposta non può essere questa. Altrimenti significherebbe che un partito di opposizione riesce a tenere in scacco la maggioranza e il governo senza fare nulla, anzi raccontando solo balle.
Anche perchè nel frattempo non è che in Italia di migranti non ne siano arrivati. Lo certifica il bollettino del Viminale sul numero degli sbarchi: 118 arrivi il 21 ottobre, 67, il 22 e 46 oggi. E allora dove è il problema?
Il problema, come sempre, è che quei 104 migranti sono stati salvati da una ONG. Perchè come riferisce Sergio Scandura i 67 naufraghi tratti in salvo dal rimorchiatore Asso 29 (dell’italiana ENI) sono stati presi in carico da Nave Diciotti della Guardia Costiera, che li ha fatti sbarcare a Pozzallo.
Al porto gli operatori dell’UNHCR hanno raccolto le testimonianze di torture subite dai migranti
Nell’andare in soccorso della Asso 29 la Diciotti ha incrociato la rotta della Ocean Viking, senza fermarsi. Perchè? Perchè mentre il MoVimento 5 Stelle si vanta di essere “ago della bilancia” in Europa in Italia la gestione dei flussi migratori e dei soccorsi la fa ancora Salvini.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2019 Riccardo Fucile
LA NORMALE ESIBIZIONE DEL CANTANTE ITALIANO DAVANTI AI DEPUTATI DELL’EUROPARLAMENTO CREA SCOMPENSI MENTALI AGLI PSICOPATICI RAZZISTI
Ieri sera Mahmood si è esibito a Strasburgo per i deputati dell’Europarlamento. Un’occasione per
lanciare il tour europeo del vincitore dell’ultima edizione di Sanremo e per far vedere che le istituzioni europee sono “attente” ai giovani e che il Parlamento — per citare le parole del Presidente David Sassoli — «non è chiuso in sè stesso ma il più possibile aperto alle istanze sociali, culturali, artistiche».
La si può raccontare e presentare come si vuole ma di fatto è stato un semplice, banale, normale concerto.
Naturalmente agli esperti di piano Kalergi non la si fa, perchè loro sono tipi molto attenti ai dettagli.
E così mentre all’europarlamentare M5S Dino Giarrusso non sfuggiva il fatto che il cantante fosse “vestito da iena” (chiaramente un segno di devozione e reverenza verso Dino “detto Iena” Giarrusso) ad altri è balzato subito all’occhio una cosa che molti hanno tentato di nascondere: Mahmood non è un nome italiano.
Il che il realtà non rileva nulla visto che al Parlamento Europeo non ci sono solo italiani. Ma vale la pena di ricordare che Mahmood è il nome d’arte di Alessandro Mahmoud, che purtroppo per quelli che predicano contro l’invasione è italianissimo.
Ma il nostro mirabile utente Twitter con tricolore nel profilo che riferendosi a Mahmood e Sassoli commenta: «questi sono i personaggi che vogliono in Europa di merda». Chissà che cosa voleva dire davvero.
Altrove invece altri utenti speciali si interrogano su quali doti abbia questo Mahmood (oltre al fatto di aver vinto Sanremo?) e si chiedono come mai tanti altri artisti “molto più dotati” non siano andati a Strasburgo.
Anche perchè diciamocelo, cosa c’entra Mahmood con la tradizione musicale italiana? È evidente che è tutto manovrato. «Ci mancavano i cantanti di Stato», commenta sconsolato un utente che rimpiange i bei tempi andati (in cui non succedeva assolutamente nulla, ma tant’è).
Si continua con quelli che ci spiegano che è la sinistra che “vuole farne un esempio” e che i soliti Poteri Forti usano Mahmood come “bandierina da sventolare”.
Un nostalgico di artisti italiani d’altri tempi rimpiange invece Jimi Hendrix e il suo inno (USA) lisergico. All’epoca sì che i giovani compravano musica vera e non “musica allineata” alle direttive europee (tanto lo sanno tutti che ci dicono come devono essere le zucchine!).
E sappiamo bene che se Mahmood avesse osato cantare l’Inno Nazionale sicuramente ci sarebbe stato qualcuno che non avrebbe gradito la reinterpretazione gridando allo scandalo.
Non manca per forza di cose il razzista che si chiede se questa sia l’Unione Europea o l’unione africana (battuta da applausi) anche se Mahmood è nato in Italia (ma lo sappiamo bene che non basta nascere in Italia per essere italiani) da madre italiana (ah!).
Il migliore rimane senza dubbio quello che denunzia la vergognosa messinscena di questo fenomeno da baraccone che «in realtà è solo un cantante con una bella voce».
Il che se ci si pensa bene è tutto quello che si chiede di essere ad un cantante.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 24th, 2019 Riccardo Fucile
“7 ASSISTENTI SOCIALI INDAGATI SU 2.600 SONO ECCEZIONI SU CUI FARA’ CHIAREZZA LA MAGISTRATURA”
In Emilia-Romagna “non c’è un sistema organizzato o deviato” sull’affido dei minori, ma “non mi sento di escludere che in Val d’Enza, come in altre parti d’Italia, non siano avvenuti fenomeni di deragliamento”.
A sottolinearlo è Giuseppe Boschini, presidente della commissione regionale d’inchiesta istituita dalla Regione Emilia-Romagna ad agosto, dopo l’inchiesta sugli affidi. I lavori della commissione si concluderanno a metà novembre e per la fine del mese è attesa la relazione finale.
In Emilia-Romagna, secondo i dati del Sisam, il sistema informativo regionale sui minori, al 31 dicembre 2017, erano 2.970 i minori fuori dalle famiglie, 2.991 nel 2016.
Questo vuol dire — ha precisato Boschini — “che sono fuori famiglia 2,7 minori ogni mille”. Un dato in linea con la “media nazionale che è del 2,6 per mille, con punte del 3,1 per mille in Sicilia e oltre il 5 per mille in Liguria.
In Francia, poi, la media è del 9,5 per mille e in Germania del 9,6”. In Emilia-Romagna, a fine 2017, erano 1.529 i minori in affido e 1.441 in comunità . Di questi 1.529, 735, ovvero il 48%, erano in affido giudiziale a tempo pieno extra familiare. Per Boschini si tratta di “una sostanziale stabilità rispetto agli anni precedenti”.
“I fatti di Bibbiano — precisa Boschini — li accerterà la magistratura e fanno riferimento a responsabilità individuali. In Emilia-Romagna ci sono sette assistenti sociali indagati su 2600, questo ci fa capire che, affianco a casi di cui parliamo sempre, c’è un sistema silenzioso che va aiutato”.
“Dobbiamo capire co’s’è successo in quei luoghi — ammette Boschini — ma i numeri non ci dicono che esista lì un’anomalia ma che c’è bisogno di ringhiere normative e organizzative perchè non accadano più casi del genere”.
“Dai lavori della commissione, infatti — avverte Boschini -, sta emergendo un quadro del sistema dei minori nazionale che ha parecchi problemi dal punto di vista normativo e organizzativo. Il sistema è migliorabile”.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2019 Riccardo Fucile
SOLO IL 33% E’ MUSULMANO
Invasione sì, ma di luoghi comuni. Per mettere a tacere un certo tipo di propaganda che instilla nel
popolo italiano la ‘paura’ di perdere le proprie radici basterebbe basarsi sui numeri e non sui proclami basati su quello che si vuole far credere.
E così il Dossier Statistico Immigrazione 2019 mostra dati incontrovertibili e che non lasciano il passo a dichiarazioni di piazza che, spesso e volentieri, sfociano in grida di rabbia (per usare un eufemismo) sui social. Gli stranieri in Italia, infatti, sono per la maggior parte cristiani.
L’opinione comune, anche leggendo gli ultimi sondaggi elettorali, si è fatta influenzare da proclami che parlando di invasione va a stuzzicare i più biechi istinti.
Ma i dati parlano chiaro: il capitolo dedicato alle religioni nel Dossier Statistico Immigrazione 2019 parla di un 55% di stranieri in Italia che si professano cristiani. Una maggioranza schiacciante rispetto alle credenze popolare.
Insomma, non tutti gli stranieri in Italia sono musulmani e quelli che sono qui, per la maggior parte, porta avanti un islam culturale con pochi riferimenti alle terre d’origine.
Per farla breve: molti di loro seguono il ramadan e partecipano ad alcuni momenti comunitari. Nulla di più. E questi islamici, che vengono dipinti come gli invasori del nostro Paese, rappresentano solamente il 33% degli stranieri in Italia.
Non il 100% come invece sembrerebbe palese partecipando, ascoltando o vedendo uno dei tanti comizi di piazza o profilo social di determinati esponenti politici.
Lo stop all’invasione, dunque, si trasforma in un boomerang perchè, seguendo i vari discorsi sovranisti, si dovrebbe limitare l’accesso in Italia a moltissimi stranieri di fede cristiana.
Numeri che evidenziano come, spesso e volentieri, i luoghi comuni sono l’unico credo seguito da molti politicanti italiani.
(da agenzie)
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