DRAGHI SUPER MA IL CAVALLO NON HA BEVUTO
IL GOVERNATORE HA SALVATO L’EURO, MA E’ STATO LASCIATO SOLO DAI GOVERNI UE… DEFINITO “IL MIGLIOR BANCHIERE CENTRALE SULLA FACCIA DELLA TERRA” DAL PREMIO NOBEL KRUGMAN, DRAGHI HA RESO LUSTRO ALL’ITALIA NEL MONDO
Mario Draghi è l’uomo delle crisi, quello che ti riacciuffa dal pozzo in cui sei precipitato e ti indica la strada, quello che quando la speranza ha abbandonato gli altri lui sa cosa fare.
Si potrebbe quasi dire che nella sua trentennale carriera questo è stato il suo vero mestiere.
Nel 1992 da direttore generale del Tesoro ha contribuito ad affrontare il più grande shock finanziario mai capitato all’Italia, nel 2006 è stato chiamato alla guida della Banca d’Italia per risollevarne la reputazione caduta fin troppo in basso durante il regno di Antonio Fazio, nel 2012 come presidente della Bce ha salvato l’euro dall’autodistruzione.
Quando la prossima settimana, raccolte le sue ultime cose, uscirà definitivamente dal suo ufficio al 40mo piano della Eurotower, dire che lascerà un vuoto è dir poco.
Al momento di assumere l’incarico di presidente della Bce nel novembre del 2011 l’euro era nella tempesta, la crisi della Grecia aveva contagiato Italia e Spagna, il sistema della moneta unica poteva saltare e nessuno, nè i governi, nè gli organismi internazionali nè gli studiosi di tutte le scuole di pensiero sapevano cosa fare, molti pronosticavano il crollo dell’intero sistema nell’arco di pochi mesi.
Con quelle poche parole pronunciate il 26 luglio del 2012 a Londra davanti a un pubblico attonito – “Faremo qualunque cosa per salvare l’euro e credetemi basterà ” – Draghi riuscì ad arginare la speculazione, riportare la calma sui mercati e passare alla controffensiva, avviando una politica di tassi d’interesse minimi o negativi e immettendo nel sistema circolatorio dell’economia europea una enorme massa di denaro con il Quantitative easing.
L’obiettivo era una crescita nella stabilità finanziaria. Tutto ciò gli è stato possibile grazie al sostegno o meglio alla non opposizione della cancelliera Angela Merkel e della Francia dato che la Bundesbank e i media tedeschi lo hanno sempre ferocemente avversato. Un comportamento questo che è stato per lui un cruccio costante.
Ma dato che come diceva Milton Friedman nessun pasto è gratis, anche il salvataggio dell’euro ha avuto un costo che non si misura solo nella ostilità dell’opinione pubblica del paese europeo leader.
Per far crescere l’Europa e rianimare l’inflazione quel tanto che basta ad allontanarsi dalla linea di demarcazione della deflazione Mario Draghi ha dato fondo con creatività a tutto l’armamentario di una politica monetaria espansiva.
Ha messo in campo gli Omt, ovvero gli acquisti di titoli di Stato dei paesi in affanno sotto condizioni, un programma generalizzato di interventi sul mercato dei debiti sovrani con volumi e tempi predeterminati ma senza condizioni (il Quantitative easing), la riduzione dei tassi sui depositi delle banche presso la Bce a livelli negativi in modo da stimolarle a utilizzare la liquidità nel finanziamento dell’economia e non parcheggiarla a Francoforte. Più molto altro.
Ma come diceva Guido Carli negli anni Sessanta “il cavallo non ha bevuto”. L’economia europea dopo un biennio di ripresa nel 2016-2017 è tornata a rallentare ed ora si avvia alla recessione. Draghi che aveva rimesso nella cassetta degli attrezzi il Qe è stato costretto a riprenderlo in mano in fretta e furia.
L’eredità che Super Mario lascia al suo successore è dunque pesante. Intanto Christine Lagarde con ogni probabilità si troverà a convivere per anni con il fantasma di quello che il premio Nobel Paul Krugman ha definito “il miglior banchiere centrale sulla faccia della Terra”.
Ogni sua mossa sarà misurata in rapporto a quello che avrebbe fatto Draghi, nonostante il suo compito sia per certi versi anche più difficile di quello del suo predecessore. E questo perchè la cassetta degli attrezzi utili a tirare su l’economia dalle sabbie del suo immobilismo sembra essersi esaurita e Madame Christine dovrà inventarsi qualche nuovo strumento da impiegare nella lotta a questa strisciante stagnazione nella quale sembra essere precipitata l’economia europea.
Molto dipenderà anche dal comportamento dei governi europei. Se essi riusciranno in modo coordinato ad azionare la leva della politica fiscale per la crescita, il lavoro della Lagarde sarà facilitato. Ma se resterà come è stato per molti anni Draghi sola, il suo sarà un mandato molto impegnativo.
(da “Huffingtonpost”)
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